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Autore: Dark Magic    28/11/2010    4 recensioni
Questa fiction è un momento mancato della shot "Parole false". Bella è a capo del giornalino scolastico e si occupa dell'angolo delle storie scritte da altri studenti del liceo. Un giorno, in seguito ad alcune storie scritte da alcuni scrittori,e ad un'idea del suo ragazzo, decide di dare una svolta alla sua vita. Crea una storia fuori dal comune...
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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un amore anticonvenzionale

Un amore anticonvenzionale

È incredibile, sono ovunque!

Neanche il tempo di voltarti che te li trovi alle spalle, specialmente se sono di genere femminile. Pensano che dopo uno sguardo o un battito di ciglia dolci, proprio come quelle lunghe del cerbiatto più famoso al mondo, Bambi, si risolva tutto.

“E vissero felici e contenti”

Perché? Prima avevano avuto reali o quantomeno problemi di una certa entità?

Per non parlare dello stormo di lettori che li seguono assiduamente, senza farglielo notare. Questo significa che a loro va bene così.

Con rabbia, strappo la carta che avvolge ciò che dovrebbe essere la mia merenda: un misero snack! Ma anche dietro questa scelta del “quasi” digiuno, c’è un motivo.

Legato come sempre al mio problema principale: oche e galline. Sì, perché a volte si trasformano le persone, retrocedendo invece di andare avanti.

Con svogliatezza mastico il mio pranzo, mentre sento, come dolce sottofondo musicale, lo schiamazzo dei miei coetanei urlare per i corridoi e rincorrersi come se fossero dei bambini dell’asilo.

Sono seduta sul tetto dell’edificio scolastico e osservo l’uomo che con maestria ha rubato il mio cuore e il pallone all’avversario.

Eh, sì. Lui gioca nella squadra di calcio della scuola, e in questo momento sta disputando una partita d’allenamento. Lo vedo correre con eleganza ed estrema facilità, mentre sicuramente le gocce di sudore imperlano la sua fronte candida. Da qui, noto, con una certa difficoltà, la maglietta bagnata che si modella perfettamente al suo fisico. Non è mai stato un ragazzo robusto o con un particolare fisico, simile a chi fa costantemente palestra. È un ragazzo normale che gioca a calcio, con un fisico asciutto, nella norma, con i muscoli leggermente in evidenza. Un ragazzo comune, dunque.

Se non fosse per la sua straordinaria bellezza.

Eccolo mentre dribbla un avversario e poi un altro. Con destrezza si fa largo fra i giocatori dell’altra squadra e si avvicina alla porta, pronto a calciare. Un giocatore dell’altra squadra corre con una velocità incredibile verso di lui. Jasper, il vice capitano, nonché il miglior amico del mio ragazzo, Edward. I suoi compagni lo avvertono con urla fuori dal comune e lui, accortosi dell’agguato, effettua un pallonetto e si alza in aria, con il pallone ancorato ai suoi piedi. In questo modo ha evitato l’entrata in scivolata di Jasper, ma ecco gli altri giocatori correre in difesa per fermarlo o aiutare il portiere, Emmett.

Emmett ha una stazza enorme, proprio quella di un ragazzo che pratica i pesi. Insomma, non mingherlino come quella testa rossa che mi ritrovo per ragazzo. Già mi immagino le risate di tutti i suoi compagni di squadra se a gran voce lo chiamassi così. Un piccolo risolino mi sfugge dalle labbra di fronte alla scena.

«Vai così, Edward!» incitano i suoi compagni, mentre lo vedo dare le spalle alla porta avversaria, ma restare comunque fermo sullo stesso punto.

Ma cosa…?

La mia muta domanda ottiene risposta immediatamente: una rovesciata. La mia tecnica preferita.

La tecnica più spettacolare, a mio avviso.

L’eleganza, la movenza nei gesti per compierla… è davvero eccezionale. La rovesciata la effettua solo poche volte: durante il torneo o in partite come queste. Solo quando sa che io sono presente, o semplicemente lo osservo da lontano. Quella che più mi emoziona, un gesto nostro, un gesto che dimostra che anche lui da lontano mi osserva.

Con questa tecnica vuole dedicarmi il gol che entro pochi istanti metterà a segno.

La palla si solleva in aria, salta con entrambi i piedi uniti e, in volo, li separa, pronto per calciare; il suo piede destro tocca la palla, non dolcemente, ma con furia e potenza. Una rotazione perfetta del suo corpo e la palla sfreccia verso la porta di Emmett.

Ed è gol. La palla è finita dritto verso l’incrocio dei pali, il punto più difficile da difendere per un portiere delle fattezze di quel simpatico orso.

«Accidenti, Edward! Non stiamo giocando in un torneo!» esclama con furia Emmett, mentre si prepara a tirare il pallone con furia ceca. Edward, per tutta risposta, solleva le spalle con indifferenza, alquanto sofferta dal nostro amato portiere che colpisce la palla e velocemente si avvicina alla figura del capitano. Con un sorriso impertinente si mette in posizione e, con entrambe le mani, lo afferra saldamente davanti al petto. Il suo corpo, dovuto all’urto con il pallone, si sposta indietro, proprio come nei cartoni animati, provocando sul terreno lo slittamento dei suoi piedi.

I suoi compagni lo osservano con sguardo sognante e le ragazze sospirano ad ogni suo più piccolo movimento. L’unico irritato è Emmett, che lo osserva furente.

Edward alza lo sguardo, fino ad incontrare il suo, e un sguardo divertito fa capolino sul suo volto. Si mette di nuovo in posizione eretta e il pallone finisce tra il suo braccio destro ed il fianco, nella tipica posizione da calciatore a riposo.

«Questa è una parata, Emmett. Forse dovrei farlo io il portiere, non credi?» gli domanda a gran voce, facendosi sentire da tutti, persino da me, curiosa della scena divertente che sta recitando come spettacolo del giorno.

Uno sguardo di sfida ed uno furente, cosa ne uscirà? Semplice!

Edward che ride come un pazzo e corre a gran velocità fuori dal campo, seguito da un Emmett furioso come non mai per la figura che ha fatto davanti a Rosalie, il capitano delle cheerleader, la sua ragazza da qualche mese. Una ragazza alta, con un fisico perfetto, senza un filo di grasso, con i capelli biondi lucenti come fili di grano che accarezzano con delicate onde la schiena sulla quale è stampata, in un’elegante grafia, la scritta: Forks High School. Semplice e diretto. Soltanto un leone che, in una posa da cacciatore, si staglia dietro la scritta, rendendola ancor più bella.

Il suo viso è pallido e perfetto senza traccia d’impurità, come capita a volte alle sue “graziose” compagne che, non essendo notate dai ragazzi della squadra, soprattutto Edward, Jasper ed Emmett, si infilano la testa direttamente nella trousse di trucchi firmati, rendendo il risultato davvero inguardabile.

Nel frattempo, distratta dalla graziosa ed esilarante scenetta offerta gratuitamente dal mio ragazzo, sento come un eco lontano, il suono stridulo ed insistente della campanella che mi annuncia la fine della mia pausa mentale, dato che adesso mi aspetta il mio amato giornalino scolastico.

Raccolgo tutte le mie cose e scendo giù per le scale. In corridoio non c’è anima viva, dato che le lezioni sono appena cominciate, così, persa in pensieri privi di particolare interesse, attraverso l’ala est dell’edificio, in direzione della redazione, dove ad attendermi ci sarà Alice, che si occupa con me del settore scandalistico e dell’angolo moda, data la sua particolare insistenza sull’argomento. Aveva fatto il diavolo a quattro per ottenere quel piccolo ritaglio sul giornale e adesso gode di una notevole popolarità tra le ragazze di tutto il liceo, tranne me e qualche altra povera sventurata che, appena sente la parola “shopping”, inorridisce fino alla punta dei capelli. Mentre sono a metà strada dalla mia meta, mi sento afferrare per il braccio destro da una stretta salda e sicura. Dall’angolazione in cui mi trovo, non riesco a scorgere il viso, e il panico mi assale, dovuto ai film mentali che la mia mente sta partorendo in questo istante. Così, dopo un attimo di smarrimento, prendo un profondo respiro, in modo tale da emettere un urlo capace da far impallidire perfino un fantasma. Ma l’uomo in questione - perché sono sicura si tratti di un “Lui” -, mi tappa la bocca con una mano e un profumo familiare e rassicurante mi arriva alle narici.

Lui, il mio Edward. Mi trascina con un andamento zoppicante in un ripostiglio ben nascosto, dove gli inservienti tengono il necessario per rendere vivibile l’ambiente scolastico. Con un rumore secco, chiude la porta a chiave e infila quest’ultima nella tasca. Una piccola lampadina viene accesa e noto che è uscito da poco dallo spogliatoio. I suoi capelli leggermente bagnati e profumati, ricadono in alcune ciocche sul volto, rendendolo ancor più seducente ai miei occhi. Il suo corpo è ancora avvolto nell’accappatoio, bianco come la neve. Con un sorriso malizioso si avvicina e mi abbraccia con delicatezza. Le mie braccia, come telecomandate, si stringono alla sua vita, ricambiando il suo gesto affettuoso. Peccato che non sia sempre così, perché non appena apre la bocca, l’effetto romantico, se ne ho scorto anche solo l’ombra, svanisce come neve al sole.

«Non sono sexy vestito, o per meglio dire, “svestito” in questa maniera?» mi sussurra in un orecchio con voce leggermente roca.

Ecco che il suo lato sfacciato prende il sopravvento. Non che lo detesti, ma alle volte, unito alla situazione un po’ ambigua come questa, lo rende fastidioso e lui lo sa perfettamente. Altrimenti non si spiegherebbe il sorriso impertinente di poco prima, rivolto a Emmett e adesso a me.

«Più che sexy, direi bagnato. Per caso Emmett non ti ha ancora trovato?» gli domando con tono irriverente. Lui, colto in flagrante, nasconde il viso imbronciato tra il mio collo e la spalla che, insieme ai miei capelli, fungono da “rifugio per il bisognoso Cullen”, come l’ha definito una volta.

«Invece di difendermi, mi deridi?» mi chiede offeso. Intanto la sua mano sinistra scorre con lentezza sulla mia schiena, lasciandomi scie di fuoco che solo la mia mente è capace di sentire e “vedere”. Risale su, percorrendo la mia colonna vertebrale, coperta da un maglioncino di colore marrone, e si intrufola fra i miei capelli, facendomi venire la pelle d’oca a causa delle sua mani fredde. Con una presa salda, mi tiene ferma la nuca e i suoi occhi s’incontrano di nuovo con i miei.

«Chi è che ha provocato un ragazzo che è il triplo di lui, capitano Cullen?»

La mia voce è volutamente provocante perché so di poter vincere questa sua sfacciataggine. Solo io riesco ad averla vinta, perché siamo simili, due cuori che battono allo stesso ritmo.

«Ti è piaciuto il mio regalo di oggi?» mi domanda, cercando di cambiare argomento con uno sguardo magnetico.

Uno sguardo che mi ha catturato e mi tiene prigioniera ormai da mesi, da quando è venuto in redazione la prima volta. La sera in cui la mia vita si è riempita di lui.

«Chi ti dice che ero lì ad osservarti?» ribatto con un tono volutamente offeso.

Non voglio dargliela vinta, solo perché mi ha voluto fare uno splendido regalo. È così tra noi: una lotta, uno scambio di battute atte a rendere la nostra storia diversa da una consueta, una storia vera, una storia con litigi, problemi di coppia.

«Tu mi osservi sempre. Sento il tuo sguardo su di me, come tu senti il mio…» dicendo questo, mi mordicchia il collo, cercando di persuadermi con carezze proibite e piccanti.

Il guaio è che funziona, accidenti! Una mia mano si arpiona ai suoi capelli, tirandoli leggermente. Mi sono sempre piaciuti i suoi, ribelli come non mai.

I capelli di un ragazzo all’apparenza innocente come un bambino in fasce, ma sotto sotto, un diavolo tentatore, capace di persuaderti con un semplice sguardo penetrante, proprio come ora.

«Be’, dovrò cercare un altro posto dove andare a consumare il pasto».

Un’altra frecciatina pungente da parte mia. Le sue carezze, in risposta alle mie parole, si fanno più audaci e per nulla consentite, specialmente in un luogo pubblico. Le sue gambe sfregano contro le mie, provocandomi “accidentalmente” un languore alla bocca dello stomaco.

«E io che mi sono esibito in una tecnica del tutto speciale davanti a tutto l’istituto solo per farmi guardare da te» dice scuotendo la testa.

Sento la sua bocca tendersi in un sorriso compiaciuto, perché sa che non perderei mai l’occasione di osservarlo quando mi è possibile.

«Posso cercare qualcun altro che è in grado di fare una rovesciata migliore della tua. Magari Jacob, il capitano della squadra della riserva, nonché un mio “caro” amico» gli dico allontanandomi di poco da lui.

Ho calcato apposta la parola “caro”, perché entrambi sappiamo che lui ha una cotta per me da un bel po’ e questo ha reso Edward più irritabile e geloso.

Ho sempre adorato la gelosia negli uomini, finché non eccede nei limiti tollerabili. È un sentimento forte, legato indissolubilmente con l’amore. Rappresenta, insieme all’odio, la parte nera di un sentimento che esiste dall’alba dei tempi. È capace di esternare in maniera evidente un sentimento taciuto e nascosto dal vero io.

La gelosia è il vestito che ricopre il corpo dell’amore. L’odio è il non saper scegliere il vestito adatto, non sapere come nasconderlo agli occhi del mondo.

E adesso lo vedo nei suoi occhi che poco a poco si scuriscono, la mascella si serra in una morsa letale e le sue braccia diventano catene d’acciaio.

«Sono certo che Jacob gradirebbe le tue attenzioni, ma non le mie, perché non saranno altrettanto “gentili”».

Un modo carino per dire: deve solo provarci ad avvicinarsi e poi vedremo come finirà.

«Conoscendoti, sono sicura anch’io che non saranno “gentili”. Comunque, lo sai che gli altri non mi attirano come mi attiri tu, capitano dei miei stivali».

È un gioco continuo. Io lo stuzzico e lui abbocca. Niente di più semplice.

Le sue sopracciglia si aggrottano, un sorriso eloquente e denso di significati a coronare il suo volto da schiaffi. Un leggero spostamento. Il mio corpo sembra un tutt’uno con il suo. Gocce d’acqua cadono dai suoi capelli e finiscono sul suo petto glabro. Mi abbasso per raccoglierle con le labbra in dolci baci, semplici sfioramenti di labbra. Un fremito lo fa sospirare.

«Bella, mi stai provocando?» mi domanda con voce tremante e gli occhi socchiusi.

Mi piace quando è così concentrato nell’assorbire tutte le emozioni che sono in grado di dargli. Un potere di cui ne vado fiera.

«Potrebbe essere. Perché, ti dispiace?» gli chiedo di rimando, continuando una tortura ben peggiore della sua.

Una sua mano finisce sotto il mio mento e mi costringe ad interrompere quella piacevole attività. Il suo sguardo è serio, intenso come poche volte. Uno sguardo ammaliante come questo non l’ho mai incontrato prima d’ora.

«No, non potrebbe mai dispiacermi, perché potrei vivere solo di queste piacevoli torture, ma non voglio, di certo, finire per “farlo” qui, in questo posto dal dubbio igiene» dice mordicchiandomi dolcemente le labbra.

È vero, sarebbe la prima volta per entrambi, e io non voglio ricordarla così.

«Ora devo andare in redazione, mi aspettano» gli dico, lasciandogli una leggera carezza sul volto e lui prontamente volge il capo e mi bacia il palmo aperto.

«Non possiamo stare un po’ insieme?» mi chiede con sguardo da cucciolo indifeso.

Se fosse stata Alice, avrei ceduto. Ma con Edward è tutta un’altra storia. Scuoto il capo in segno di diniego e schiocco la lingua.

«Mi dispiace, signor Cullen. Ho già perso parecchio del mio tempo con lei, ora il giornalino richiede la mia attenzione, soprattutto la parte che riguarda le fanfiction scritte dagli studenti».

L’ultima parte mi è uscita come un insulto, perché ripenso alle storie che leggo ogni giorno e non posso non provare fastidio ogni volta. È un affronto per il giornalino scolastico. La voce di Edward mi riporta sul pianeta Terra.

«C’è qualcosa che non va con quelle storie?» mi chiede, come se non fosse al corrente dei miei pensieri.

Infatti il suo sguardo è tutto un programma. Gli lancio un’occhiata ricca dell’astio che continuo a nutrire dentro di me.

«Lo sai benissimo di cosa parlo. Ogni storia che sia scritta dal genere femminile, parla di un ragazzo con i capelli ribelli, di color bronzo e occhi verdi, che si diverte a trattare le ragazze, soprattutto quella per cui dovrebbe provare un sentimento d’amore, nel peggiore dei modi. Lui ha un carattere da vero bastardo e lei troppo buona per poter mandarlo a…» subito m’interrompe prima di far uscire dalla mia bocca qualcosa di poco carino.

«Ho recepito il messaggio. Parli delle storie che scrive Tanya?»

Lo vedo da come si muove che tenta, in maniera poco disinvolta, di non scoppiare a ridere. Anche le donne sanno essere gelose, il che è ben cosa peggiore della gelosia maschile. Noi donne siamo perfide quando qualcosa di nostro viene anche solo nominato da un’altra. Usiamo diversi mezzi; che siano ortodossi o meno, poco importa.

«Chi sarà mai questo ragazzo che descrive? Per non parlare del fatto che sembra un ninfomane. Vive solo di quello, e il resto? Ah, già, lei vuole solo quello, è normale che poi la storia riscuote successo. Mi chiedo perché? Forse i giovani d’oggi non lo fanno troppo spesso e hanno trovato chi li aiuta a ricordare quei momenti» esclamo sarcastica.

Sembro una vipera che, con tutto il veleno che iniettano le mie parole, dovrebbero già essere avvelenate da un pezzo.

«Chi sarà mai questo ragazzo, difficile da riconoscere. Però da come scrive lei, sembra conoscere il Kamasutra a memoria» ammette fra sé quello stupido del mio ragazzo.

Sa benissimo che quella gallina scrive storie in cui lei, sotto mentite spoglie, è la migliore delle sue amanti e lui, il suo stallone. Insomma, crea storie allusive, con ricche e succulente scene in cui… non voglio nemmeno pensarci!

«Lo trovi divertente?»

Lui mi guarda e mi sorride compiaciuto.

«Mi piaci quando fai la gelosa. Sei ancora più sexy».

Alzo gli occhi al cielo di fronte alla sua immaturità che oggi ha toccato livelli inimmaginabili.

«Non cambiare discorso! Ci sono anche altre ragazze con storie davvero incredibili. Tipo quelle che scrive Jessica, dove oltre al sesso c’è lui stronzo al massimo e lei trattata come uno straccio. Lei si piange addosso come una stupida e lo perdona come se non sia accaduto alcunché. Se i problemi di coppia si risolvono così facilmente, non esisterebbero più i divorzi legati al tradimento o altro; lei lo perdonerebbe comunque senza aver provato ad agire. Proprio come un’ameba, né più né meno».

Intanto Edward mi ascolta con particolare attenzione a braccia conserte, appoggiato in un ripiano dietro le sue spalle. Lui sa che quando inizio a parlare di questo argomento è meglio lasciarmi sfogare, ma è una cosa che va avanti da molti mesi ormai, e invece di diminuire, questi autori aumentano a macchia d’olio, così come i lettori che non si ribellano.

«Per non parlare di Lauren. Le storie sono “ricche” di errori di grammatica, nonché sintassi e lessico. Sembra che stia scrivendo un messaggio con il cellulare! Le sue storie parlano di ragazzi che assomigliano in maniera impressionante a voi, ma soltanto per aspetto, e ragazze altrettanto stronze come loro o dolci, dipende come vogliono farle apparire, che non pensano! Tirano fuori le frasi senza aver riflettuto minimamente sulle azioni dei personaggi. Ogni azione richiede un’introspezione, questo è ovvio. Se scrivessero tutti così all’interno del giornalino scolastico, quest’ultimo verrebbe letto solo da persone come loro che non pensano ad altro che al sesso e storie in cui il ragazzo è bastardo fino alla punta dei piedi e la ragazza protagonista è una sua vittima che sopporta i suoi tradimenti mangiandosi una vaschetta enorme di gelato. Fai attenzione che l’amante ha le stesse caratteristiche di Lauren, Jessica, Tanya e tante altre. Sembrano tutte uguali».

Mentre parlo, mi accorgo solo in questo momento di passeggiare in maniera nervosa ed impaziente da destra verso sinistra, il che risulta quasi impossibile dato che lo spazio ridotto.

«Hai finito? Non che non mi piaccia vederti furiosa, ma ne avresti per molto se non ti fermo io…».

Lo osservo con uno sguardo furioso e mi avvicino a lui, puntandogli un dito al petto.

«Tu parli così perché non ti interessa la cosa. Se si trattasse della tua squadra, non volteresti le spalle…» ma lui m’interrompe di nuovo posando un dito sulla mia bocca.

Un altro sorriso, seguito da uno scuotimento del capo e un sospiro.

«La smetti di dire cose che non hanno senso e sono ben lontane dalla verità? Sai che con me puoi parlare di ogni cosa, e i tuoi problemi, le tue frustrazioni, sono anche le mie. Perciò io ho una soluzione».

Per questo motivo è stato zitto tutto il tempo?

«E sarebbe?» chiedo inarcando un sopracciglio.

Lui apre le braccia, come fosse una conclusione banale e semplice.

«Scrivi».

Una sola parola, un ordine. Ma è stupido? È una cosa che faccio da anni. Faccio per farglielo notare, ma lui mi sorprende, continuando.

«Scrivi una storia d’amore anticonvenzionale, in cui vi sono due ragazzi che si amano in un modo unico e indissolubile».

Molte volte mi ha sorpreso con le sue idee bizzarre, ma mai come questa volta. Una lampadina tipica dei cartoni animati si fa largo nella mia mente, accendendosi. Comincio a rivivere gli ultimi istanti che ho passato con lui in questo sgabuzzino.

Il morso di Edward sul collo, la nostra attrazione, i nostri profumi che cerchiamo sempre di imprimere l’uno sull’altro, una storia d’amore proibita, un amore impossibile da vivere alla luce del sole. Un amore oscuro, ossessivo e… magico.

 

Quella sera stessa, mentre cerco di dormire, nasce “Twilight”. Una storia d’amore fra un vampiro e un’umana, legati da un’attrazione letale.

Un anno dopo…

«Twilight, eh?» mi domanda pensieroso Edward, mentre siamo sdraiati sull’erba del cortile scolastico dietro l’edificio scolastico.

Mi trovo con la testa poggiata sul suo petto e ascolto il battito regolare del suo cuore, una margherita in mano, mentre le tolgo lentamente i petali. Lui ha in mano il mio manoscritto che ha avuto modo di leggere per primo.

«Sì, ti piace?» chiedo timorosa di una sua risposta negativa.

Da quando lo conosco, ogni articolo o storia pubblicata è stata letta da lui, in anteprima esclusiva.

«Be’, il ragazzo o meglio “vampiro” descritto è del tutto diverso da quello convenzionale e per nulla ninfomane. L’amore che hai descritto è irreale, è un’ossessione. È simile all’amore che provo per te; hai scritto la nostra storia, celando i nostri battibecchi» dice dandomi un buffetto sulla guancia.

Mi volto per osservarlo meglio. I nostri occhi s’incatenano mentre i miei capelli avvolgono entrambi, nascondendo il nostro momento d’intimità.

«È un problema per lei, signor Cullen?

 gli domando con voce suadente. Lui mi sorride e ribalta le posizioni. Un urlo di sorpresa si espande nell’aria, seguito dalla sua risatina sommessa.

«No, perché così la gente si renderà conto di qual è l’essenza stessa dell’amore, del nostro amore. Un amore senza confini, ma una differenza l’ho notata. I tuoi personaggi sono imperfetti nella loro perfezione, mentre noi siamo perfetti nella nostra imperfezione».

E mi bacia. Un bacio lento che cresce d’intensità con il tempo che scorre.

«Ho voluto descrivere il nostro amore in un contesto nuovo e del tutto anticonvenzionale, deduco dal suo entusiasmo che ha apprezzato, signor Cullen».

Un sorriso sincero, la sua risposta. La più importante per me.

Un amore destinato a durare per tutta la nostra vita.

 

   
 
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