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Autore: Liy    29/11/2010    2 recensioni
Battler non aveva mai capito particolarmente bene come funzionasse la mente della strega Beatrice.
[BatoBea][11/29, Beato's day]
Genere: Fluff, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Battler Ushiromiya, Beatrice Ushiromiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Noumenon
Personaggi: Battler, Beatrice.
Pairing: BattlerxBeatrice.
Rating: Verde.
Genere: Angst, fluff, slice of life.
Avvertimenti: One-shot.

Note: Fanfic puramente nata per festeggiare il compleanno di Beato!

... Mi sento una stronza per il finale, ma ehi, non è colpa mia se Beato è un personaggio così tragico.

Disclaimer: Umineko non mi appartiene, pf.

Noumenon

 

Battler non aveva mai capito particolarmente bene come funzionasse la mente della strega Beatrice.

Sapeva cambiare carattere in modo talmente repentino... non sembrava per niente normale sotto qualsiasi punto di vista. Aveva un comportamento bizzarro, che a volte nemmeno le si addiceva.

Rimase totalmente spiazzato però il giorno in cui non la trovò nella sala da tea, ma in camera sua – cautamente chiusa a chiave – mentre sbraitava, ad ogni suo colpo alla porta, che non aveva intenzione di uscire e che non aveva intenzione di vederlo.

“Forse è arrabbiata”, fu la conclusione di Battler quando sentì l'ennesimo oggetto volare all'interno della stanza per poi scaraventarsi contro la porta. Molto, molto arrabbiata.

“Perspicace come al solito Battler!”

Un altro oggetto che si frammentava toccando il pavimento.

Battler non capiva davvero. Aveva fatto qualcosa di sbagliato?

No... non aveva fatto nulla in effetti. Aveva passato tutta la giornata precedente nel solito modo (farsi ammazzare innumerevoli volte dalle sette sorelle prima, e poi giocare con la sua avversaria mentre beveva il tea di Ronove) e poi era andato a dormire. Ed ora si era svegliato, aveva appena fatto colazione e aveva salutato Beato... non aveva nemmeno avuto il tempo di sistemarsi per bene i vestiti o di andare in bagno!

“... Mh. Beato, è per caso quel periodo del mese?”, s'azzardò di domandare davanti alla porta, grattandosi appena il capo e sperando di aver indovinato – non gli venivano in mente altri motivi per cui potesse essere tanto arrabbiata. Era capricciosa per natura, lo sapeva bene, ma in quel momento stava decisamente esagerando. Doveva per forza essere quello.

La risposta della donna barricata all'interno di quella stanza non tardò ad arrivare, violenta come l'impatto del vaso – o almeno Battler credeva si trattasse di un vaso – che si fracassò contro la porta.

“VATTENE!! SUBITO!!”

Non se lo fece ripetere una seconda volta il giovane – tutto quel tempo passato nel Purgatorio gli aveva insegnato quanto fosse pericolosa Beatrice, e non voleva di certo farla arrabbiare ulteriormente.

Infondo, si disse, prima o poi Beato uscirà da quella stanza. Deve mangiare, sistemarsi i capelli... sì, deve uscire per forza. Infondo Ronove e Virgilia mica possono entrare nella sua stanza senza... aprire la por– oh, lasciamo perdere. Quando avrà voglia di uscire, uscirà.

Si lasciò andare nella sua sedia davanti al tavolo che lui e Beatrice occupavano solitamente durante il gioco, fissando una delle grandi vetrate al suo fianco, ora senza alcuna immagine.

Quella stanza così luminosa era troppo vuota, troppo silenziosa.

Non mancava solo Beato... mancavano tutti: le Sette Sorelle, Ronove e Virgilia.

Mancavano le loro risa e le loro parole dal significato indecifrabile – almeno per Battler.

Dov'erano finiti?
In effetti, ora che ci pensava, quella mattina aveva trovato la colazione pronta nel solito posto... ma non aveva visto ne Ronove ne nessun altro. Erano spariti tutti. Era solo – solo con una Beato arrabbiata chiusa nella propria camera che non voleva nemmeno vederlo o ascoltarlo.

“Dannazione...”

Si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli, e attese qualche minuto nella vana speranza che sarebbe apparso Ronove – quell'uomo c'era sempre quando desiderava una tazza di tea – ma, rispetto alle sue aspettative, non si presentò nessuno con un vassoio al suo fianco.

Erano tutti fuggiti dalla furia di Beato o, al contrario, quello era tutto uno scherzo architettato per prendersi gioco di lui? Magari, proprio in quel momento, erano nascosti chissà dove – forse lo stavano pure osservando – e ridevano di lui... iniziava a sentire i loro occhi puntatati su di lui, le labbra piegate in un ghigno e le loro risa che riempivano la stanza.

Si alzò di scatto dalla sedia, intenzionato ad andare da Beato e cercare di capire cosa stesse succedendo – e magari scoprire anche dov'erano finiti tutti.

Mentre camminava si fermò diverse volte incerto, l'idea che forse tornare a bussare alla porta di Beato non era stata una buona trovata si faceva sempre più strada in lui. Quando arrivò davanti alla camera della donna si ripeté più e più volte che stava sbagliando e che l'avrebbe pagata... ma quel giorno il suo corpo aveva deciso di non ascoltare la ragione – quella vocina in testa che gli urlava di fare la retro il più in fretta possibile - e alzò una mano incerta, che picchiettò il legno freddo diverse volte chiamando a gran voce Beatrice. La paura della solitudine fu più forte di quella di un probabile vaso spaccato in testa.

“Beato! Ehi, Beatoooo!!”

Con suo grande sgomento non rispose nessuno.

Si era già preparato a ricevere insulti come qualche minuto prima... e invece nulla. Sembrava non ci fosse più nessuno nemmeno in quella stanza, visto il profondo silenzio che era calato – per la prima volta da quando si trovava lì – nel Purgatorio.

“Beato...?”

Aprì la porta – che prima era sicuro fosse chiusa – e infilò la testa dentro la stanza, cauto, nel caso qualche oggetto potesse riprendere a volare. Quando constatò che non era accaduto nulla – e che quella stanza sembrava essere sempre più vuota – mosse qualche passo in avanti, addentrandosi nella semi-oscurità che regnava fra quelle quattro mura. Il pavimento era ricoperto di cocci.

Poi, mentre cercava di non pestare i frammenti degli oggetti sparsi qua e là, scorse un groviglio di abiti e coperte in un angolo.

“B-Beato, sei tu...?”, si avvicinò a quella cosa con cautela, pronto a scattare al minimo segnale.

“Beato...?”

“... Vattene.”

La donna – bambina – strinse ancora di più le coperte che aveva addosso e Battler sospirò, passandosi una mano fra i capelli.

“Aaah... Non me ne vado Beato. Non finché non mi dici che sta succedendo.”

Attese una risposta da parte sua per qualche istante, incerto e quando capì che questa non sarebbe arrivata, decise d'abbassarsi al suo livello – letteralmente – e, stando in ginocchio dietro di lei, iniziò a punzecchiarla con l'indice alla schiena.

La sentì irrigidirsi sotto quelle coperte e già immaginò Beatrice che si voltava di scatto e gli si accaniva contro e... beh, non sarebbe comunque finita bene per lui. Non secondo lo scenario che aveva in mente.

Invece, contro ogni sua aspettativa, lei rimase ferma, sopportando.

“Ehi, perché non ti arrabbi? Perché non mi colpisci?”

“... Non ne ho voglia.”

Le mise una mano sulla spalla e tirò lievemente la coperta. “Ehi”, si sporse verso di lei per guardarla in volto e l'afferrò per le spalle quando la vide voltarsi di scatto per sfuggire dalla sua vista.

“Beato.”

Battler la guardò con un'espressione dura, decisa in volto - eppure gli occhi sembravano quasi attraversarla da parte a parte con quella gentilezza riflessa nelle iridi.

S'infiammò Beato, il volto che improvvisamente riacquistava colore e lo sguardo che sfuggiva da quello del giovane che aveva davanti. Strinse fra le mani un orlo dell'abito e attese.

“Mu~”, il broncio sul volto ora colorito.

Battler la vide socchiudere gli occhi per qualche istante, sul viso il ritratto dell'insicurezza e della timidezza.

Non era cosa da tutti i giorni vedere Beatrice, la Grande Strega Dorata, la strega che si vantava d'esser vissuta per più di mille anni, che si comportava in quel modo.

“Allora Beato?”
“... Ti sei dimenticato.”

Il giovane rimase per un attimo perplesso, “Eh?”, non ricordando cos'aveva dimenticato di preciso. Dimenticava molte cose, ma di sicuro non quelle che reputava importanti...!

(Eppure in quel momento ebbe il sospetto di aver dimenticato qualcosa di VERAMENTE importante... una dimenticanza per la quale SENTIVA che l'avrebbe pagata, per qualche motivo)

Fece mente locale per qualche istante, ma non gli venne in mente nulla che potesse aver dimenticato... una cosa che aveva fatto arrabbiare tanto Beatrice; una cosa per la quale erano tutti fuggiti – ormai era sicuro che fossero fuggiti da lei...

“Oggi è il mio compleanno, sciocco incompetente!!”

Lo sguardo accusatorio di Beatrice lo colpì più di quelle due ultime parole.

In effetti, in quel momento ricordò d'aver sentito Virgilia parlarne con Ronove qualche giorno prima... anzi, ricordò pure che la strega lo aveva avvisato dell'imminente compleanno e lo aveva pregato di dire “auguri” a Beato il prima possibile – 'sono sicura che lo gradirebbe molto', aveva detto sorridendo -, lui aveva annuito ed era tornato a mangiare il suo croissant, senza prestare particolare attenzione alle parole che la donna gli aveva appena detto.

Guardando Beatrice negli occhi scorse un sentimento che in precedenza aveva creduto fosse rabbia; ciò che quegli occhi azzurri esprimevano in quel momento era una gran delusione.

Quando lei si mosse, Battler s'aspettò che lo colpisse, o che riprendesse a sbraitare e tirare oggetti... ma, al contrario, la strega si rannicchiò meglio nel suo angolino, le gambe avvolte dalle braccia ed il volto nascosto fra le ginocchia.

Quel suo gesto fu così infantile che a Battler fece quasi tenerezza.

Ogni tanto, per quanto si professasse vecchia la strega, gli ricordava una bambina. Una di quelle molto viziate.

“Capisco che siamo nemici, Battler, ma-”

La immaginò fare ancora quel broncio – tanto diverso da ogni altra espressione che la donna gli aveva mostrato in precedenza – e Battler si sporse un poco in avanti, inizialmente incerto e poi più deciso. Posò le proprie mani sulle spalle della strega e la tirò lievemente verso di se, finché non sentì quel caldo corpo contro il suo.

Cinse Beatrice alla vita, accomodandosi meglio sul pavimento dietro di lei e posò il proprio capo su una spalla della donna, ora completamente rossa in volto e ammutolita.

“Scusa...”

Le sussurrò quell'unica parola con un filo di voce, sentì il corpo della donna – che ora gli pareva tanto fragile e piccolo così vicino al suo – tremare appena e la colse a stringe ancora di più i pugni sull'orlo di quel lungo ed elegante abito.

“I-Idiota...” fu l'unica risposta della strega, incapace di sostenere ulteriormente lo sguardo di Battler.

Per quanto fosse in imbarazzo, tuttavia, Beatrice non rifiutò quel contatto e si accoccolò ancora meglio contro il petto di Battler – un po' perché non le dispiaceva quella vicinanza improvvisa e un po' perché, dovette ammetterlo, sperava che assecondandolo lo avrebbe messo a disagio a sua volta.

Restarono in silenzio per diversi minuti – l'uno fissando quasi rapito il muro davanti a loro e l'altra tentando di respirare più regolarmente.

“Beato”, gli occhi puntati su di lei ora, “buon compleanno... anche se in ritardo.”

La strega attese un attimo prima di rispondere poi, lentamente, scosse il capo. “Non sei in ritardo”, le ciocche bionde che le incorniciavano il viso sottile solleticarono la guancia di Battler, “ve-veramente sei il primo che mi fa gli auguri oggi. Gli altri credo siano scappati.”

Sentì il giovane sogghignare e sul volto le si dipinse un sorriso sincero, il primo da quella mattina. Un sorriso talmente dolce che per un attimo fece dimenticare a Battler che lei era una strega e che non esisteva, che quel loro abbraccio non era reale.

“... Prometto che l'anno prossimo non mi dimenticherò del tuo compleanno!”

Altre promesse.

E il sorriso svanì.

 

   
 
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