Titolo: Noumenon
Personaggi: Battler,
Beatrice.
Pairing: BattlerxBeatrice.
Rating: Verde.
Genere: Angst,
fluff, slice of life.
Avvertimenti: One-shot.
Note: Fanfic puramente nata per festeggiare il compleanno di Beato!
... Mi sento una stronza per il finale, ma ehi, non è colpa mia se Beato è un personaggio così tragico.
Disclaimer: Umineko non mi appartiene, pf.
Noumenon
Battler
non aveva mai capito particolarmente bene come funzionasse la mente
della
strega Beatrice.
Sapeva
cambiare carattere in modo talmente repentino...
non sembrava per niente
normale sotto qualsiasi punto di vista. Aveva un comportamento
bizzarro, che a
volte nemmeno le si addiceva.
Rimase
totalmente spiazzato però il giorno in cui non la
trovò nella sala da tea, ma
in camera sua – cautamente chiusa a chiave – mentre
sbraitava, ad ogni suo colpo
alla porta, che non aveva intenzione di uscire e che non aveva
intenzione di
vederlo.
“Forse
è arrabbiata”, fu la conclusione di Battler quando
sentì l'ennesimo oggetto
volare all'interno della stanza per poi scaraventarsi contro la porta.
Molto,
molto arrabbiata.
“Perspicace
come al solito Battler!”
Un
altro oggetto che si frammentava toccando il pavimento.
Battler
non capiva davvero. Aveva fatto qualcosa di sbagliato?
No...
non aveva fatto nulla in effetti. Aveva passato tutta la giornata
precedente nel
solito modo (farsi ammazzare innumerevoli volte dalle sette sorelle
prima, e
poi giocare con la sua avversaria mentre beveva il tea di Ronove) e poi
era
andato a dormire. Ed ora si era svegliato, aveva appena fatto colazione
e aveva
salutato Beato... non aveva nemmeno avuto il tempo di sistemarsi per
bene i
vestiti o di andare in bagno!
“...
Mh. Beato, è per caso quel periodo del mese?”,
s'azzardò di domandare davanti
alla porta, grattandosi appena il capo e sperando di aver indovinato
– non gli
venivano in mente altri motivi per cui potesse essere tanto arrabbiata.
Era
capricciosa per natura, lo sapeva bene, ma in quel momento stava
decisamente
esagerando. Doveva per forza essere quello.
La
risposta della donna barricata all'interno di quella stanza non
tardò ad
arrivare, violenta come l'impatto del vaso – o almeno Battler
credeva si
trattasse di un vaso – che si fracassò contro la
porta.
“VATTENE!!
SUBITO!!”
Non
se lo fece ripetere una seconda volta il giovane – tutto quel
tempo passato nel
Purgatorio gli aveva insegnato quanto fosse pericolosa Beatrice, e non
voleva
di certo farla arrabbiare ulteriormente.
Infondo,
si disse, prima o poi Beato uscirà da quella stanza. Deve
mangiare, sistemarsi
i capelli... sì, deve uscire per forza. Infondo Ronove e
Virgilia mica possono
entrare nella sua stanza senza... aprire la por– oh, lasciamo
perdere. Quando
avrà voglia di uscire, uscirà.
Si
lasciò andare nella sua sedia davanti al tavolo che lui e
Beatrice occupavano
solitamente durante il gioco, fissando una delle grandi vetrate al suo
fianco,
ora senza alcuna immagine.
Quella
stanza così luminosa era troppo vuota, troppo silenziosa.
Non
mancava solo Beato... mancavano tutti: le Sette Sorelle, Ronove e
Virgilia.
Mancavano
le loro risa e le loro parole dal significato indecifrabile –
almeno per
Battler.
Dov'erano
finiti?
In effetti, ora che ci pensava, quella mattina aveva trovato la
colazione
pronta nel solito posto... ma non aveva visto ne Ronove ne nessun
altro. Erano
spariti tutti. Era solo – solo con una
Beato arrabbiata chiusa nella
propria camera che non voleva nemmeno vederlo o ascoltarlo.
“Dannazione...”
Si
passò una mano fra i capelli, scompigliandoli, e attese
qualche minuto nella
vana speranza che sarebbe apparso Ronove – quell'uomo c'era
sempre quando desiderava
una tazza di tea – ma, rispetto alle sue aspettative, non si
presentò nessuno
con un vassoio al suo fianco.
Erano
tutti fuggiti dalla furia di Beato o, al
contrario, quello era tutto uno
scherzo architettato per prendersi gioco di lui? Magari, proprio in
quel
momento, erano nascosti chissà dove – forse lo
stavano pure osservando – e
ridevano di lui... iniziava a sentire i loro occhi puntatati su di lui,
le
labbra piegate in un ghigno e le loro risa che riempivano la stanza.
Si
alzò di scatto dalla sedia, intenzionato ad andare da Beato
e cercare di capire
cosa stesse succedendo – e magari scoprire anche dov'erano
finiti tutti.
Mentre
camminava si fermò diverse volte incerto, l'idea che forse
tornare a bussare
alla porta di Beato non era stata una buona trovata si faceva sempre
più strada
in lui. Quando arrivò davanti alla camera della donna si
ripeté più e più volte
che stava sbagliando e che l'avrebbe pagata... ma quel giorno il suo
corpo
aveva deciso di non ascoltare la ragione – quella vocina in
testa che gli
urlava di fare la retro il più in fretta possibile - e
alzò una mano incerta,
che picchiettò il legno freddo diverse volte chiamando a
gran voce Beatrice. La
paura della solitudine fu più forte di quella di un
probabile vaso spaccato in
testa.
“Beato!
Ehi, Beatoooo!!”
Con
suo grande sgomento non rispose nessuno.
Si
era già preparato a ricevere insulti come qualche minuto
prima... e invece
nulla. Sembrava non ci fosse più nessuno nemmeno in quella
stanza, visto il
profondo silenzio che era calato – per la prima volta da
quando si trovava lì –
nel Purgatorio.
“Beato...?”
Aprì
la porta – che prima era sicuro fosse chiusa
– e infilò la testa dentro
la stanza, cauto, nel caso qualche oggetto potesse riprendere a volare.
Quando
constatò che non era accaduto nulla – e che quella
stanza sembrava essere
sempre più vuota – mosse qualche passo in avanti,
addentrandosi nella
semi-oscurità che regnava fra quelle quattro mura. Il
pavimento era ricoperto
di cocci.
Poi,
mentre cercava di non pestare i frammenti degli oggetti sparsi qua e
là, scorse
un groviglio di abiti e coperte in un angolo.
“B-Beato,
sei tu...?”, si avvicinò a quella cosa con
cautela, pronto a scattare al
minimo segnale.
“Beato...?”
“...
Vattene.”
La
donna – bambina – strinse
ancora di più le coperte che aveva addosso e
Battler sospirò, passandosi una mano fra i capelli.
“Aaah...
Non me ne vado Beato. Non finché non mi dici che sta
succedendo.”
Attese
una risposta da parte sua per qualche istante, incerto e quando
capì che questa
non sarebbe arrivata, decise d'abbassarsi al suo livello –
letteralmente – e,
stando in ginocchio dietro di lei, iniziò a punzecchiarla
con l'indice alla
schiena.
La
sentì irrigidirsi sotto quelle coperte e già
immaginò Beatrice che si voltava
di scatto e gli si accaniva contro e... beh, non sarebbe comunque
finita bene
per lui. Non secondo lo scenario che aveva in mente.
Invece,
contro ogni sua aspettativa, lei rimase ferma, sopportando.
“Ehi,
perché non ti arrabbi? Perché non mi
colpisci?”
“...
Non ne ho voglia.”
Le
mise una mano sulla spalla e tirò lievemente la coperta.
“Ehi”, si sporse verso
di lei per guardarla in volto e l'afferrò per le spalle
quando la vide voltarsi
di scatto per sfuggire dalla sua vista.
“Beato.”
Battler
la guardò con un'espressione dura, decisa in volto - eppure
gli occhi
sembravano quasi attraversarla da parte a parte con quella gentilezza
riflessa
nelle iridi.
S'infiammò
Beato, il volto che improvvisamente riacquistava colore e lo sguardo
che
sfuggiva da quello del giovane che aveva davanti. Strinse fra le mani
un orlo
dell'abito e attese.
“Mu~”,
il broncio sul volto ora colorito.
Battler
la vide socchiudere gli occhi per qualche istante, sul viso il ritratto
dell'insicurezza e della timidezza.
Non
era cosa da tutti i giorni vedere Beatrice, la Grande Strega Dorata, la
strega
che si vantava d'esser vissuta per più di mille anni, che si
comportava in quel
modo.
“Allora
Beato?”
“... Ti sei dimenticato.”
Il
giovane rimase per un attimo perplesso, “Eh?”, non
ricordando cos'aveva
dimenticato di preciso. Dimenticava molte cose, ma di sicuro non quelle
che
reputava importanti...!
(Eppure
in quel momento ebbe il sospetto di aver dimenticato qualcosa di
VERAMENTE
importante... una dimenticanza per la quale SENTIVA che l'avrebbe
pagata, per
qualche motivo)
Fece
mente locale per qualche istante, ma non gli venne in mente nulla che
potesse
aver dimenticato... una cosa che aveva fatto arrabbiare tanto Beatrice;
una cosa
per la quale erano tutti fuggiti – ormai era sicuro che
fossero fuggiti da lei...
“Oggi
è il mio compleanno, sciocco incompetente!!”
Lo
sguardo accusatorio di Beatrice lo colpì più di
quelle due ultime parole.
In
effetti, in quel momento ricordò d'aver sentito Virgilia
parlarne con Ronove
qualche giorno prima... anzi, ricordò pure che la strega lo
aveva avvisato
dell'imminente compleanno e lo aveva pregato di dire
“auguri” a Beato il prima
possibile – 'sono sicura che lo gradirebbe molto', aveva
detto sorridendo -,
lui aveva annuito ed era tornato a mangiare il suo croissant, senza
prestare
particolare attenzione alle parole che la donna gli aveva appena detto.
Guardando
Beatrice negli occhi scorse un sentimento che in precedenza aveva
creduto fosse
rabbia; ciò che quegli occhi azzurri
esprimevano in quel momento era una
gran delusione.
Quando
lei si mosse, Battler s'aspettò che lo colpisse, o che
riprendesse a sbraitare
e tirare oggetti... ma, al contrario, la strega si
rannicchiò meglio nel suo
angolino, le gambe avvolte dalle braccia ed il volto nascosto fra le
ginocchia.
Quel
suo gesto fu così infantile che a Battler fece quasi
tenerezza.
Ogni
tanto, per quanto si professasse vecchia la strega, gli ricordava una
bambina.
Una di quelle molto viziate.
“Capisco
che siamo nemici, Battler, ma-”
La
immaginò fare ancora quel broncio – tanto diverso
da ogni altra espressione che
la donna gli aveva mostrato in precedenza – e Battler si
sporse un poco in
avanti, inizialmente incerto e poi più deciso.
Posò le proprie mani sulle
spalle della strega e la tirò lievemente verso di se,
finché non sentì quel
caldo corpo contro il suo.
Cinse
Beatrice alla vita, accomodandosi meglio sul pavimento dietro di lei e
posò il
proprio capo su una spalla della donna, ora completamente rossa in
volto e
ammutolita.
“Scusa...”
Le
sussurrò quell'unica parola con un filo di voce,
sentì il corpo della donna –
che ora gli pareva tanto fragile e piccolo così vicino al
suo – tremare appena
e la colse a stringe ancora di più i pugni sull'orlo di quel
lungo ed elegante
abito.
“I-Idiota...”
fu l'unica risposta della strega, incapace di sostenere ulteriormente
lo
sguardo di Battler.
Per
quanto fosse in imbarazzo, tuttavia, Beatrice non rifiutò
quel contatto e si
accoccolò ancora meglio contro il petto di Battler
– un po' perché non le
dispiaceva quella vicinanza improvvisa e un po' perché,
dovette ammetterlo,
sperava che assecondandolo lo avrebbe messo a disagio a sua volta.
Restarono
in silenzio per diversi minuti – l'uno fissando quasi rapito
il muro davanti a
loro e l'altra tentando di respirare più regolarmente.
“Beato”,
gli occhi puntati su di lei ora, “buon compleanno... anche se
in ritardo.”
La
strega attese un attimo prima di rispondere poi, lentamente, scosse il
capo.
“Non sei in ritardo”, le ciocche bionde che le
incorniciavano il viso sottile
solleticarono la guancia di Battler, “ve-veramente sei il
primo che mi fa gli
auguri oggi. Gli altri credo siano scappati.”
Sentì
il giovane sogghignare e sul volto le si dipinse un sorriso sincero, il
primo
da quella mattina. Un sorriso talmente dolce che per un attimo fece
dimenticare
a Battler che lei era una strega e che non esisteva, che quel loro
abbraccio
non era reale.
“...
Prometto che l'anno prossimo non mi dimenticherò del tuo
compleanno!”
Altre
promesse.
E
il sorriso svanì.