Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Valaus    29/11/2010    23 recensioni
Ottobre ed Aprile non sono solo due mesi qualunque. Sono l'Inverno e la Primavera, il Freddo ed il Tepore, l'Oscurità e la Luce, la Notte ed il Giorno. Ottobre ed Aprile sono due opposti, due mondi a parte, incongiungibili.
Allo stesso modo sono Draco Malfoy ed Hermione Granger. L'uno Ottobre, l'altra Aprile. Due opposti che non dovrebbero mai incontrarsi. Destinati ad odiarsi, a fronteggiarsi. Semplicemente impossibili.
Ma per Draco Malfoy ed Hermione Granger, "impossibile" è solo una parola come tante.
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





Alla mia Stalker Zab, perché insieme conquisteremo il mondo.
A tutte voi che, con le vostre meravigliose parole, mi date ogni volta la forza di scrivere un nuovo capitolo.
Alle mie "bimbe", che mai leggeranno ma a cui non serve questa dedica per comprendere quanto importanti siano per me.
<3






9.


“We were like loaded guns
Sacrificed our lives”






Da bambina ero completamente fissata con gli animali, sognavo di diventare una veterinaria e di vivere in una casa con un giardino enorme dove potermi circondare di qualunque tipo di bestiola. Come incrociavo un cagnolino per la strada o vedevo un gatto zampettare su un muro, mi esaltavo in maniera quasi incontrollabile, e a nulla valevano i tentativi dei miei di distrarmi o dissuadermi dall’avvicinarmi.
Non riuscivo in alcun modo a sedare l’entusiasmo che gli occhioni dolci di un cucciolo scatenavano in me.
Non potevo farne a meno.
Da adolescente la passione per gli animali è drasticamente scemata, fino a diventare un blando apprezzamento normotipo.
In compenso, è subentrata l’ossessione per lo studio. Che andava, ovviamente, di pari passo coi voti.
Ma a differenza di quanto Harry, Ron e tutti gli altri miei compagni credevano, non erano i voti in sé ad occupare la mia mente. Le lodevoli valutazioni dei professori erano semplicemente la testimonianza del fatto che quella mia fissazione quasi totalizzante portava buoni frutti per la sottoscritta.
Ciò che realmente monopolizzava ogni mio pensiero erano le pagine cariche di nozioni, suggerimenti, regole e dettami. Erano la conoscenza, la cultura, il sapere, i miei tre pensieri fissi.
Dovevo apprendere, apprendere ed apprendere. Dovevo sapere sempre di più.
Dovevo superare ogni limite, nulla doveva essermi oscuro.
Era un bisogno viscerale, una necessità quasi fisica.
Mi faceva sentire potente, realizzata, forte, invincibile, inattaccabile.
Come i cavalieri si ergevano dietro le loro lucide e salde armature, armati di affilati spadoni ed in sella a scattanti destrieri, io mi corazzavo con polverosi volumi carichi di nozioni, impugnando una bacchetta per la quale nessun incantesimo era sconosciuto e cavalcando le ali del sapere.
Ero drogata di studio.
Non potevo farne a meno.
Oggi, la mia ossessione è molto più terrena, molto più umana, ma altrettanto inebriante e totalizzante.
Ha penetranti occhi grigi, capelli biondi, il fisico massiccio di chi ha fatto della guerra uno stile di vita, un terribile marchio sull’avambraccio destro* e risponde al nome di Draco Lucius Malfoy.
Lui mi esalta, Lui monopolizza ogni cosa in me.
A nulla valgono i tentativi miei o altrui di distrarmi o dissuadermi dal provare simili sensazioni.
Lui è una necessità fisica ed un bisogno viscerale.
Non riesco in alcun modo a sedare le mille frastornanti emozioni che un suo sguardo, una sua carezza, un suo sorriso, un suo bacio scatenano in me.
E’ una droga.
Ed io non posso farne a meno.
Animali, studio, Malfoy.
Davvero non riesco a decidermi se quella delle mie ossessioni sia una parabola ascendente o discendente.
E’ peggio rischiare di annegare in uno stagno per osservare da vicino una Rana dalmatina, passare notti insonni e digiune per studiare sfiorando il collasso o spaccarsi il cuore e dannarsi l’anima per Malfoy?
No, decisamente non riesco a decidere quale sia il male minore.
Ok, che io sia ossessionata da Lui è un dato di fatto che ormai non posso davvero più negare in alcun modo.
Ugualmente, non posso negare di pensare a Lui quasi ogni istante.
Qualunque cosa faccia, dovunque mi trovi, con chiunque io sia, il pensiero di Draco Malfoy si affaccia tanto prepotentemente quanto si addice ad uno come Lui.
E questo è un conto.
Ho smesso di mentire a me stessa e trincerarmi dietro assurde scuse.
Sono invaghita di Lui, invaghita terribilmente, e ne sono del tutto ossessionata.
E’ una realtà contro cui non posso più combattere.
E come non riesco ad impedire che ogni mio singolo pensiero quotidiano si riversi su di Lui, ho capito che allo stesso modo non sono in grado di evitare che la sua figura popoli i miei sogni.
Ci sta.
E’ comprensibile, no?
Ma non posso definire altrettanto comprensibile il fatto che, ultimamente, non mi limito a sognarlo e basta.
Io rivivo il suo passato, il nostro passato.
Gli anni trascorsi ad insultarci, detestarci e guardarci in cagnesco.
Gli anni in cui Lui mi reputava una feccia ambulante con la puzza sotto il naso ed io un borioso ed incapace figlio di padre Mangiamorte.
Rivedo ogni momento di cui conservo memoria. Ma sotto una luce ben diversa.
Non storco il naso di fronte al ragazzino di dodici anni che mi chiama “Sporca Mezzosangue”, bensì m’intenerisco davanti alla quasi totale mancanza di consapevolezza con cui pronuncia quell’offesa. So che con tutta probabilità nemmeno Lui conosce bene il significato di quell’insulto, si limita semplicemente a mettere in atto ciò che suo padre gli ha insegnato. Quel padre che per il piccolo Draco è un idolo ed un esempio da imitare, e del quale Lui tenta di seguire il più possibile le orme.
Non guardo in cagnesco il biondino bardato con la divisa da Quidditch di Serpeverde, accusandolo di essersi comprato il posto in squadra. Piuttosto, sorrido al suo ennesimo tentativo di mettersi in mostra. Leggo nei suoi occhi il desiderio di riscatto, la voglia di essere ammirato tanto quanto il famoso Harry Potter, il bisogno di sentirsi apprezzato. E non riesco ad evitare di pensare a quanto sia tremendamente affascinante con quella casacca verde-argento.
Non mi sento oltraggiata quando, al cospetto del terrificante annuncio dell’apertura della Camera dei Segreti, Lui esprime il suo desiderio che sia io la prima vittima del mostro. Al contrario, il mio cuore manca un battito quando si rende conto che, ancora una volta, non è riuscito a non pensare e parlare di me. Perché Lui il mio cognome, Granger, lo ripete almeno una decina di volte al giorno, di proposito o meno.
Potrei andare avanti per ore ad elencare ogni singolo evento che mi si prospetta con un significato totalmente diverso rispetto a quando l’ho vissuto.
La cosa, però, che mi lascia perplessa è che non riesco a comprendere fino a che punto sia un mio vaneggiamento onirico.
Il fatto che in sette anni ad Hogwarts io sia l’unica Nata Babbana con cui Lui si sia accanito non è una mia fantasia, è un dato oggettivo.
Così com’è oggettivo che Ron non è stato l’unico fan che Viktor ha perso dopo il Ballo del Ceppo. A quel tempo, sospettavo che la stima di Malfoy nei confronti del mio cavaliere fosse stata incrinata dalla sua scelta di accompagnarsi ad una Mezzosangue, ma adesso non ne sono più così sicura.
Allo stesso modo, ricordo perfettamente lo sguardo che Lui mi rivolse dopo che Fierobecco l’aveva ferito, mentre aprivo il cancello del recinto ad Hagrid per permettergli di portarlo in Infermeria.* Allora non ci diedi particolare peso, ma adesso, quando lo rivedo in sogno, non posso fare a meno di leggerci... qualcosa.
Come se, con quel gesto avventato, avesse cercato di attirare la mia attenzione su di sé.
Il che, poi, potrebbe quasi spiegare l’episodio di qualche mese dopo, quando gli assestai quello schiaffo. Perché, non essendo riuscito nel suo intento facendo imbizzarrire l’Ippogrifo, potrebbe aver tentato di fare infuriare me...
Merlino, sono messa proprio male.
Sto cominciando a delirare, molto più di quanto non facessi prima.
Come una sciocca, vago nel passato alla ricerca di qualcosa che non so bene nemmeno io.
La mia mente sta tentando di illudersi. Di trovare una giustificazione pregressa a ciò che ci è successo.
Un’avvisaglia nel passato.
Delle ipotetiche basi nella mia e nella sua adolescenza del sentimento che ci ha colti in età adulta.
Ed illudersi è il termine giusto.
E’ da visionari tentare di dimostrare, seppur inconsciamente, che Draco Malfoy avesse un debole per me già ai tempi di Hogwarts.
E che io lo avessi per Lui, chiaro.
Perché ora anche i miei sguardi, i miei gesti ed i miei pensieri passati li rivedo sotto un’altra luce.
Scorgo altre implicazioni nel mio desiderio di tenerlo costantemente d’occhio, oltre all’istinto di autoconservazione. Mi scopro spesso a chiamarlo – parlando con i miei amici o semplicemente nelle mie riflessioni solitarie – col suo nome di battesimo, sebbene Lui per noi Grifondoro fosse solo “Malfoy”. Mi accorgo di quante volte, durante i pasti in Sala Grande, il mio sguardo sia involontariamente vagato fino al tavolo delle Serpi e fino alla sua testolina bionda.
Leggo una rabbia diversa dietro lo schiaffo che gli diedi al terzo anno. Qualcosa che andava oltre la mia costernazione per il suo compiacersi della sorte di Fierobecco. Come se Lui avesse tentato di provocarmi, ma su un piano totalmente diverso da quello che credevo allora, ed io avessi ceduto ed abboccato come un’allocca.
E mi rendo conto, con mio sommo stupore, di avere un gran numero di ricordi legati a Malfoy.
Troppi, considerando che teoricamente si tratta di una persona che detestavo e tendevo ad ignorare il più possibile. O almeno, l’intenzione era quella.
Ma ciò non toglie che scavare nel passato è stupido ed inutile, e non porta assolutamente a nulla.
A nulla.
E’ un’utopia.
E’ assurdo.
E’ ridicolo.
E’ da pazzi.
La nostra infatuazione è qualcosa di estemporaneo, dovuto alla situazione straordinaria in cui ci troviamo e probabilmente anche al fatto che entrambi, in tempi così cupi e tragici, cercavamo inconsapevolmente appiglio a qualcosa di diverso, ad un sentimento che non può trovare spazio in guerra.
E’ un momento, e come tale passerà non appena riuscirò ad allontanarmi da Lui.
E’ come per gli animali quando ero bambina, col trascorrere dei giorni scemerà fino a lasciare solo un lieve ricordo.
E’ una cosa che quasi non ha un presente, sicuramente non ha un futuro – perché farò tutto ciò che è in mio potere per impedirlo – ed indubbiamente non ha un passato.
Non ha in alcun modo un passato.
Perché io e Lui ci detestavamo.
Lui non tentava di attirare la mia attenzione, ed io non gli prestavo particolare riguardo.
Lui non era segretamente geloso di me, ed io non mi perdevo ad ammirarlo da lontano.
Non c’era assolutamente nulla, niente che possa aver permesso ai nostri attuali sentimenti di germogliare col tempo.
E’ una follia credere il contrario.
Una follia.
Una pura e semplice follia.
... o forse no?



~ω~





Seduta a gambe incrociate sul letto di Draco Malfoy, Hermione Granger ripensava ai “discorsi importanti” che aveva sostenuto in tutta la sua vita.
La prima interrogazione alle elementari, quando il maestro le aveva chiesto di enunciare a memoria la tabellina del sette; spiegare ai suoi genitori che aveva appena ricevuto una lettera da un gufo con cui veniva invitata a frequentare una Scuola di Magia e Stregoneria, e che per questo dovevano recarsi in uno sconosciuto luogo di Londra chiamato Diagon Alley per acquistare libri, calderoni, bacchetta e tutto il nécessaire per una giovane strega; la prima volta in cui si era ritrovata faccia a faccia con la Professoressa McGrannit nel suo studio, di fronte ad una tazza di tè e alle domande della donna su come procedessero i suoi studi e se si fosse già ambientata in quel contesto per lei assolutamente nuovo; il giorno in cui aveva dovuto spiegare a Viktor Krum che, sebbene fosse andata al ballo con lui e si fossero scambiati un paio di baci dal retrogusto pungente, sarebbero rimasti solo amici; gli esami del G.U.F.O. e del .M.A.G.O.; raccontare a sua madre di aver perso la verginità, pregandola di non dire nulla a suo padre per risparmiargli un precoce infarto; la discussione della tesi per il diploma da Medimaga.
L’agitazione provata in quelle varie circostanze era assolutamente nulla rispetto all’ansia che le attanagliava il petto in quel momento.
Il che poi, a pensarci bene, era del tutto ridicolo. Aveva affrontato situazioni ben più importanti e solenni, era assurdo che fosse quella conversazione a mandarla nel pallone.
Doveva solo dire al ragazzo di cui era invaghita che non voleva cedere ai sentimenti che provava per lui, e che dunque dovevano interrompere sul nascere qualunque rapporto tra loro.
Nulla di così complicato, in fondo.
Che il ragazzo in questione fosse il più terribile dei Mangiamorte nonché braccio destro di Voldemort era solo un misero dettaglio.
Il problema non era certo chi effettivamente fosse Draco Malfoy.
Il problema era piuttosto che si trattava, appunto, di Draco Malfoy.
Di quello stesso Draco Malfoy che aveva detestato per anni, di quello stesso Draco Malfoy che ora si era trasformato per lei in un’ossessione.
E, soprattutto, di quello stesso Draco Malfoy che, ormai le era fin troppo chiaro, non accettava mai un “no” come risposta.
Se poi il “no” di cui sopra era tutto tranne che convinto ed irremovibile...
Si mordicchiò il labbro inferiore, lottando contro l’iniziale impulso di emettere un sospiro, che in una simile circostanza avrebbe potuto essere facilmente fraintendibile.
Era in una posizione scomoda.
Non letteralmente, sia chiaro.
I letti dell’ospedale non erano forse il giaciglio più confortevole del mondo, ma il fatto che la sua attuale postazione le fornisse una generosa e ravvicinata visuale frontale del ragazzo in tutta la sua avvenenza e seminudità – perché per quanto ormai si fosse abituata al fatto che Malfoy avesse un’evidente avversione verso t-shirt, camicie e qualunque cosa fosse in grado di coprire la parte superiore del suo corpo, ciò di certo non significava che quello spettacolo avesse smesso di esercitare costantemente un certo effetto sui sensi della giovane – la rendeva indiscutibilmente gradevole.
E trovare gradevole quella posizione solo per il fatto che le permetteva di rimirarlo meglio rientrava per l’appunto in tutta quella serie di preoccupanti dettagli che non solo rendevano la sua ossessione per lui ancora più ossessiva, ma che al tempo stesso minavano le basi affatto solide del “no” che avrebbe dovuto pronunciare di lì a poco.
Ritrovarsi a dover dire qualcosa di diverso da ciò che realmente voleva e pensava era una situazione in cui Hermione si era difficilmente trovata prima di allora.
Di solito, bocca e cervello andavano di pari passo in lei. Prima si accordavano silenziosamente su cosa dire, come dirlo, quali limiti – di decenza, di riservatezza, di diplomazia – porre alle sue parole, con quale tono pronunciare il tutto, costruivano poi un accurato discorso adatto alla circostanza in cui si trovava ed infine affidavano alla sua voce il fondamentale compito di divulgare ai posteri suddetto verbo. Un’accoppiata micidiale, infallibile ed inattaccabile.
Oltretutto, la ragazza non era neppure particolarmente brava a mentire, sicché quasi mai le era capitato di dover diffondere pensieri fittizi, che non le appartenevano realmente. Piuttosto, era assai abile nel dissimulare la realtà, vale a dire comunicare lo stesso messaggio, ma in maniera differente, di modo che il suo interlocutore lo intendesse diversamente da come Hermione l’aveva formulato.
Era la stessa tecnica che aveva deciso di adottare anche in quel caso. Ma non era affatto semplice. Malfoy non era il primo sempliciotto sceso dai monti guidando un gregge di pecore.
Era scaltro ed astuto, e per giunta vantava una grande – pessima – fama di bugiardo incallito, ingannevole simulatore, abile doppiogiochista e mendace mentitore.
E si sa, quando uno è particolarmente bravo a raccontare frottole e rigirare la verità a suo piacimento, è altrettanto capace di smascherare e sbugiardare chiunque tenti di fare lo stesso.
Hermione sapeva di muoversi su un campo minato. E sapeva che, sempre in quel campo minato, erano appostati decine e decine di cecchini che la tenevano sottotiro, pronti a fare fuoco al primo accenno di passo falso.
Non poteva sperare di ammorbare ed irretire Draco con grandi e confusi giri di parole, con verità taciute e bugie sapientemente abbellite.
Lui non era Ron, che concentrava il suo sporadico interesse per qualcuno che non vantasse il suo stesso nome solo in determinate situazioni, e che dunque il più delle volte era facile da ingannare per il semplice fatto che praticamente non prestava attenzione a ciò che gli si diceva.
E non era nemmeno Harry, che ancora credeva alla Fatina dei denti e ad un mondo pieno di rose rosse ed uccellini cinguettanti e perciò si beveva qualunque frottola Hermione gli rifilasse in nome della sua ferma convinzione della buona fede e dell’onestà a prescindere dell’amica.
No, lui era il Demonio.
Ed anche il più stolto tra gli stolti sa che non si può tentare d’imbrogliare il Demonio.
D’altro canto, bisognava anche considerare che Hermione non voleva affatto imbrogliare Draco. Voleva essere sincera con lui. Glielo doveva per ciò che c’era stato tra loro – ed il pensiero di quel ciò ancora riusciva a mozzarle il fiato ed accelerarle il battito cardiaco – , ma lo doveva anche a se stessa in nome di ciò che provava per lui.
Perché era consapevole che la sua coscienza non le avrebbe dato tregua, se avesse mentito proprio al ragazzo di cui era infatuata. La sua concezione di dedizione al dovere era talmente contorta che ormai persino lei aveva rinunciato all’idea di comprenderla appieno, fatto sta che la sua morale non prevedeva che si mentisse a qualcuno a cui tenesse così tanto per una questione di simile importanza.
Ciò nonostante, dirgli la verità era arduo, se non impossibile.
E questo perché, fondamentalmente, la verità era ancora in parte oscura persino a lei stessa.
Il punto era questo: lei lo voleva.
Merlino solo sapeva quanto lei lo desiderasse, e non solo fisicamente.
Era assuefatta a lui come lo si può essere ad una dose massiccia di droga. Ne aveva bisogno e necessità, al punto che tutto il suo corpo protestava se doveva farne a meno.
Ma, al tempo stesso, era consapevole che non doveva volerlo.
Era come un frutto proibito per lei.
Succoso, invitante, delizioso, irresistibile. Ma sempre e comunque proibito.
E, per l’appunto, Hermione Granger era ligia al dovere. Il pensiero di compiere qualcosa di vietato e contrario alle regole, di avvicinarsi e relazionarsi a qualcuno che le era negato dall’etica, dalla morale e dai costumi della società in cui viveva le risultava insopportabile.
Non poteva trasgredire ai regolamenti, qualunque essi fossero.
Anche se la possibilità di disobbedire era così accattivante, ed anche se sapeva che, per una volta – forse la prima – , attenersi alle regole non l’avrebbe fatta sentire in pace con se stessa.
Dunque, riassumendo, Hermione doveva tenersi alla larga da lui sebbene questa fosse in assoluto l’ultima cosa che desiderasse fare, e sebbene fosse già ampiamente consapevole che quella scelta le avrebbe procurato un dolore quasi fisico ed un rimorso costante.
Il problema era farlo capire a lui. Lui che, il giorno prima, le aveva dimostrato di non essere disposto a rinunciare così facilmente a lei, scatenandole contemporaneamente un moto di gioia e disappunto all’altezza del petto.
Era chiaro che il suo invito a “riflettere e decidere insieme sul da farsi” fosse un implicito consiglio ad orientarsi verso una differente soluzione, in quanto lui non avrebbe mai e poi mai approvato quella precedente.
Era questione di vita o di morte.
Anzi, di vita e di morte.
C’era in gioco la loro sopravvivenza fisica e mentale tanto quanto il decesso del loro cuore, inteso nel senso figurato del termine.
Perché Hermione ne era certa, quel giorno avrebbe varcato la soglia della stanza di Malfoy per l’ultima volta, l’avrebbe visto e ci avrebbe parlato per l’ultima volta, avrebbe goduto della sua presenza per l’ultima volta. Poi, avrebbe sepolto quel sentimento nella più profonda intimità della sua anima, di modo che nessuno, nemmeno lei stessa, fosse in grado di farlo riaffiorare.
Ma non sarebbe uscita indenne da quell’esperienza. Non sarebbe più stata la stessa.
Si rifiutava di parlare di amore, perché lei non era affatto innamorata di lui. Però sapeva che ciò che provava era forte, travolgente ed intenso come mai le era capitato prima di allora.
E dunque sapeva che dover soffocare un simile sentimento l’avrebbe inaridita.
Non era mai stata capace di amare realmente nessuno fino a quel momento. E temeva che, dopo la “questione Malfoy”, non ne sarebbe più stata in grado.


Ciò che Hermione non poteva immaginare – o forse più semplicemente non immaginava perché troppo presa dalle sue elucubrazioni – era che Draco, in quel momento, stava riflettendo su pensieri piuttosto simili ai suoi.
Era altrettanto confuso, altrettanto incerto, altrettanto combattuto.
Per usare un vecchio modo di dire Babbano, che per quanto triviale aveva un’innegabile ed efficientissima capacità evocativa, non sapeva che pesci pigliare.
Era stato tanto convinto di non voler rinunciare alla Granger il giorno prima, quanto in quel momento era sicuro che quella fosse una decisione sciocca ed irresponsabile.
Dopotutto, lasciando per un attimo da parte tutte le implicazioni personali della faccenda, cosa aveva lui da offrirle?
Tutto.
E niente.

Poteva offrirle tutto se stesso, di questo ne era certo.
Mente – già ampiamente concessa – , corpo – tanto dare quanto prendere, una pungente necessità ed un immane sollievo – , anima. Forse persino cuore, ammesso che uno come lui lo avesse davvero e soprattutto fosse in grado di donarlo.
Dopotutto, che Draco Lucius Malfoy non sapesse amare a prescindere era una bugia bella e buona, che negli anni si era guardato bene dallo smentire sia per non esporsi troppo – per quanto potesse idealmente apparire assurdo, era sempre stato estremamente riservato, geloso custode dei propri sentimenti, sogni, desideri ed emozioni – , sia per l’indubbio fascino dell’immagine di inconquistabile ed irraggiungibile uomo di ghiaccio che ciò contribuiva a cucirgli addosso.
Draco, indipendentemente dalle sue deplorevoli azioni, le ideologie corrotte e la dubbia morale, era un uomo come gli altri, fatto tanto di carne quanto di anima. E quell’anima sapeva amare, anche se in un modo tutto suo.
Aveva amato sua madre di una devozione quasi totale, che spesso i suoi amici, schernendolo, avevano giudicato corrotta da una discreta percentuale di complesso di Edipo.*
Erroneamente, per inciso, perché per Draco Narcissa non era mai stata una donna. Piuttosto una divinità, una dea, un’entità aulica a cui votare tutto se stesso per bearsi, in cambio, del soave tepore della sua sacra luce.
Ed anche perché Draco avrebbe pure potuto commettere le peggiori atrocità possibili ed immaginabili, ma uccidere suo padre certamente non rientrava nel novero.
Amava Lucius Malfoy intensamente e profondamente, per quanto si guardasse bene dal dimostrarlo o addirittura comunicarlo in maniera esplicita – e, del resto, altrettanto faceva suo padre con lui. Non si limitava, come spesso in passato l’avevano accusato – ignobili cani che nulla sapevano di lui, della sua famiglia e di come la validità di una figura genitoriale non vada necessariamente di pari passo con coccole, moine e nomignoli affettuosi. Ignobili cani che, nella maggior parte dei casi, appartenevano alla deplorevole Casata Rosso-Oro, e che troppo spesso rispondevano ai cognomi Potter e Weasley – , a seguire le sue orme ed i suoi insegnamenti nel tentativo di compiacerlo, in nome di un rispetto di matrice paterna più imposto ed inculcato con la rigidità e l’abitudine che spontaneo.
Affatto.
Draco idolatrava suo padre, lo stimava, lo riveriva, lo ossequiava, lo venerava, lo adorava.
Non era solo il modello maschile per eccellenza, non solo l’esempio – quanto più vicino alla perfezione, a suo parere – da perseguire, non solo la fonte da cui attingere costantemente insegnamenti, dritte e consigli, non solo l’uomo a cui ispirarsi per costruire l’adulto che sarebbe a sua volta diventato.
Era difficile, se non impossibile, spiegare efficacemente ed esaustivamente cosa Lucius fosse a tutti gli effetti per lui.
Non era mai stato un padre tenero ed affettuoso, di quelli che rimboccano le coperte ai figli canticchiando loro una dolce ninna-nanna, che distribuiscono carezze ed abbracci gratuitamente e che apostrofano la propria prole con i vari amore, tesoro, dolcezza e via dicendo. Indipendentemente da ciò, amava Draco con ogni fibra del suo essere, forse persino più intensamente di quanto potesse mai fare uno di quei canonici padri tutti coccole e miele, ed avrebbe dato la vita per lui senza pensarci su neppure per un millesimo di secondo.
Suo figlio non era solo il sangue del suo sangue, il suo erede ed il prosecutore della stirpe Malfoy.
Era il suo tutto. E, per quanto mai l’avesse esplicitamente dichiarato, Draco lo sapeva bene.
Forse anche per questo adorava suo padre con una simile intensità.
Dunque, a conti fatti, Draco sapeva amare.
Aveva amato ed amava tuttora la sua famiglia, gli amici – quelli veri, ovviamente – , quel Blaise Zabini nascostosi chissà dove per fuggire al Signore Oscuro e quel Theodore Nott barbaramente ucciso in battaglia che per lui erano sin dall’infanzia come fratelli.
Ma amare una donna era decisamente un’altra cosa, ed un paragone con quanto sopra era insensato, ingiusto ed infruttuoso.
Il problema non era l’amare in sé. Erano le donne.
Vivere al fianco di Narcissa Black Malfoy per oltre vent’anni contribuiva inevitabilmente a rendere – almeno agli occhi del soggetto in questione – le altre figure femminili più spente, più sbiadite, più vuote e più insulse al cospetto di tale perfezione, tanto fisica quanto intellettuale.
Nessuna era mai alla sua altezza, nessuna reggeva il confronto, nessuna era degna di condividere quel posto speciale nel cuore di Draco Malfoy con sua madre.
Nessuna.
Ma poi, come un lampo improvviso che squarcia un cielo precedentemente sereno e senza nubi, accompagnata dal medesimo spaventoso frastuono e causando lo stesso sbigottimento atterrente di suddetto fenomeno naturale, era arrivata Hermione Granger.
Ed Hermione Granger...
Definirla brevemente era impossibile. Ed ingeneroso, oltretutto.
Semplicemente, lei era diversa.
Era quanto di più lontano dall’immagine di Narcissa potesse esserci al mondo.
Eppure, ciò non la sminuiva nel paragone con lei.
Anzi.
Hermione rappresentava l’altra faccia della medaglia: opposta, divergente, antitetica, contrastante. Ma dotata della medesima lucentezza, altrettanto preziosa e, paradossalmente, modellata sulla base dello stesso materiale della sua controparte.
Per quanto ammetterlo, seppure solo tra sé e sé, lo sconcertasse – ma nemmeno poi quanto avrebbe potuto immaginare tempo addietro – , si sarebbe tranquillamente potuto innamorare di lei.
Avrebbe potuto amarla ed offrirle tutto se stesso, sì.
Ma, in fondo, cos’era lui?
Niente.
La sua antica spocchiosa anima Serpeverde protestò a quel pensiero. Dopotutto, era o non era il rampollo di una delle più nobili famiglie Purosangue? Uno degli studenti più capaci di Hogwarts? Il migliore tra i Verde-Argento? Dotato di un’indiscutibile bellezza oggettiva ed un fascino da consumato dongiovanni? Una mente brillante ed arguta, un fisico sapientemente modellato, un mago dalle indubbie capacità?
A conti fatti, era quanto di meglio una donna potesse desiderare.
Una volta.
Persino quel moto di orgoglio e ribellione dovette scontrarsi con la dura realtà dei fatti.
Era vero, inutile trincerarsi dietro una falsa modestia: in passato, aveva rappresentato il partito più appetibile per una giovane, forse quasi l’uomo ideale – sempre ammesso che all’ideale fossero concessi un paio di evidenti difetti, e che dunque il suo rivestimento patinato potesse presentare qualche lieve graffio ed ammaccatura.
Ma adesso, Draco Malfoy non era altro che un prigioniero di guerra. Un rifiuto della società destinato a trascorrere il resto della sua inutile esistenza a marcire dietro un muro di sbarre per fare ammenda – anche se ancora non comprendeva in quale strana e sadica logica la sua putrefazione fisica e mentale in una cella due metri per quattro potesse riparare ai suoi errori – di tutti gli orrori compiuti in nome di quella che, secondo l’ideologia dei suoi futuri carcerieri, era una visione deviata, contorta e malata del mondo e della realtà.
Questo era l’inevitabile destino che si prospettava di fronte a lui.
Perché non aveva senso mentire a se stessi: la vittoria dell’Ordine era prossima, se lo sentiva nelle vene tanto quanto la sua mente lo registrava come un fatto ovvio e consequenziale.
Non c’era modo di sfuggire a quella condanna. Già in quel momento la stava in parte scontando, sebbene quegli sciocchi Auror fossero totalmente inconsapevoli del fatto che una prigionia che lo portava ad un così stretto contatto con la sua Mezzosangue preferita era tutto tranne che una pena.
Dunque cosa mai poteva offrire ad una donna, uno come lui?
Anche ammesso che le avesse donato tutto se stesso, a che pro?
Cosa poteva farsene lei di un uomo destinato alla reclusione forzata e sempiterna? Perché avrebbe dovuto desiderare di perdere del tempo prezioso con un criminale che sarebbe rimasto solo una breve, brevissima parentesi all’interno della sua esistenza?
Perché avrebbe dovuto contaminare una cosa tanto pura come quella deliziosa Guaritrice con la sua oscura presenza? E per cosa poi, per una relazione clandestina a base di sesso e bugie che si sarebbe consumata nell’arco di qualche misera settimana?
Non era una ragazza qualsiasi, era Hermione Granger.
E se nei confronti di una ragazza qualsiasi non si sarebbe posto simili problemi, concentrandosi esclusivamente sulla ricerca del proprio piacere e del proprio appagamento, con lei non poteva fare altrettanto.
Non era disposto a trascinarla all’Inferno con sé e a corrompere la sua anima candida ed innocente solo in nome di un sentimento assurdo, che non avrebbe mai dovuto provare e di cui ancora non si capacitava.
Onestamente, Draco non avrebbe voluto tirarsi indietro, rinunciare a lei.
Ma, dopo un’attenta riflessione, aveva convenuto che non poteva fare altrimenti.
Non voleva, ma doveva.
Doveva concederle di allontanarsi da lui. Doveva costringerla a farlo.
Doveva, proprio in nome di ciò che sentiva per lei, sin nel profondo della sua anima.
Era troppo tardi per salvare se stesso.
Ma era ancora in tempo per salvare lei.



Erano trascorsi a malapena una manciata di minuti da quando Hermione era entrata nella stanza di Draco.
Minuti che i due ragazzi avevano impiegato scrutandosi in silenzio, persi entrambi nei propri pensieri.
Erano giunti ad una conclusione, alla fine.
Sorprendentemente la stessa, anche se il processo mentale per evincerla e le motivazioni su cui reggeva erano quasi totalmente differenti.
Per quanto paradossale potesse sembrare, l’egoista tra i due era proprio lei.
Lei, che si era preoccupata principalmente di se stessa, della salvaguardia dei propri sentimenti e della propria stabilità psichica. Lei, che aveva convenuto quanto fondamentalmente sbagliato e controverso sarebbe stato un suo rapporto col ragazzo.
Al contrario, Draco aveva pensato quasi totalmente ad Hermione, più che a se stesso.
Aveva deciso di sacrificare i suoi pulsanti desideri e la sua attrazione incontenibile per la giovane, spinto dal proposito di salvarla da quanto di oscuro lui potesse rappresentare per una come lei.
Si dice spesso che l’amore cambia le persone.
Per quanto entrambi si rifiutassero di parlare esplicitamente di amore – un sentimento troppo forte, troppo intenso, troppo importante per fiorire nell’arco di qualche mese, soprattutto tra due persone costrette in una situazione quanto mai estranea all’ordinario, e che avevano trascorso i precedenti anni a detestarsi apertamente, sebbene più sulla base di stereotipi e formalità sociali che di una vera e propria antipatia – , era innegabile l’attinenza tra la loro situazione e quel modo di dire.
I contorti, complessi e contrastanti sentimenti che nutrivano l’uno per l’altra avevano trasformato la generosa Medimaga dall’indole filantropica, caritatevole ed altruistica in un’egocentrica individualista concentrata esclusivamente su se stessa e su ciò che era meglio per la propria persona; e, per l’altro verso, lo spietato Mangiamorte altezzoso, arrogante, imperioso e totalmente disinteressato all’altrui sorte si era riscoperto un nobile gentiluomo che si prodiga per mantenere intatta la virtù morale – e non solo, sebbene da un punto di vista puramente anatomico fosse in ritardo di qualche anno – della fanciulla per cui spasimava, evitando di trascinarla in un insensato circolo libidinoso che, ne era certo, le avrebbe fatto più male che bene.
Altrettanto ironica era la considerazione che, per quanto entrambi sapessero che porre fine a quanto c’era stato tra loro in quel periodo fosse ciò che dovevano, nessuno dei due lo voleva davvero.
Era frustrante, tanto per Hermione quanto per Draco.
E veniva da sé pensare che le cose sarebbero potute andare diversamente se si fossero trovati in una situazione differente. Se non ci fosse stata la guerra, se non fossero stati esponenti di due fazioni avversarie, se lui non fosse stato ormai destinato alla detenzione perenne, se lei non avesse rappresentato tutto ciò che lui aveva tentato di distruggere negli ultimi anni...
Troppi “se”. Troppi per rendere una tale circostanza verosimile.
Ma, riflettendoci, dopotutto loro si erano già trovati in una situazione differente.
Una situazione in cui non c’era nessuna guerra in corso, nessuna fazione opposta, nessuna detenzione a pendere sul capo di lui come una Spada di Damocle.
Una situazione in cui ciò che li allontanava non era mortalmente pericoloso quanto quel sanguinario conflitto, e tutto quello che esso comportava. Piuttosto erano le convenzioni sociali, i pregiudizi, l’appartenenza a due differenti Casate, un divergente giro d’amicizie, i preconcetti ed i fanatismi imposti dalle famiglie e dal Mondo Magico in generale.
Il fatto di essere un Serpeverde ed una Grifondoro, un nobile Purosangue ed una Nata Babbana, un viziato figlio di papà snob e razzista ed un’arrogante saccente piena di orgoglio.
Un Malfoy ed una Sangue Sporco.
Un Malfoy ed una Sangue Sporco amica di Potter.
Era inevitabile per entrambi, alla luce dello stato attuale delle cose, considerare quanto fossero stati sciocchi ed ottusi in passato, quanto tempo avessero inutilmente sprecato ad odiarsi, quanto succubi fossero stati dei loro preconcetti, al punto da lasciarsi accecare.
Perché in fondo adesso erano adulti, maturi, cresciuti, diversi. Ma, dopotutto, sempre gli stessi.
Se solo Draco non si fosse lasciato condizionare dalla presunta superiorità del proprio sangue, e conseguente inadeguatezza di coloro che non potevano vantarne uno altrettanto puro, ed avesse speso anche solo qualche minuto tentando di conoscere la vera Hermione...
E se Hermione non si fosse fermata alla prima superficiale impressione, al dispetto che quel bambino dalla lingua tagliente e la puzza sotto il naso aveva suscitato in lei sin dal principio, ed avesse provato a guardare sotto la spessa maschera che portava, a vedere il vero Draco...
Inutile piangere sul latte versato, per quanto simili rimorsi – o rimpianti? – potessero al momento irritare nel profondo.
Hermione era giunta a considerare che, probabilmente, non fosse destino. Dopotutto, chi ha detto che la persona che riesce a farti battere il cuore con una simile intensità, a stravolgere la tua esistenza da capo a piedi, a ribaltare ogni tuo credo ed ogni tua convinzione, ad apparire così diversa e al tempo stesso così simile a te sia poi effettivamente la tua cosiddetta anima gemella?
Draco, al contrario, semplicemente aveva capito che a quelli come lui i miracoli non erano concessi.
Non c’è modo in cui una tigre possa godere dell’amore di una gazzella. Prima o poi, l’indole del predatore torna prepotentemente a galla, e la fiera finisce per sbranarsi la povera innocente creatura, sempre che questa non rinsavisca prima del tempo e saggiamente scappi a gambe levate.
E’ contro natura.
Esattamente come lui e lei.
Ad ogni modo, c’era ormai poco su cui continuare a rimuginare. La decisione era stata presa.
Les jeux sont fait.*
Restava solo da convenirne congiuntamente.



< Ci hai pensato?> le domandò lui all’improvviso, interrompendo quel teso silenzio.
Hermione non riuscì ad evitare alle proprie labbra di contrarsi in una smorfia.
Annuì.
< Tu?> chiese poi.
< Anch’io, sì.>
< E?> lo invitò a proseguire lei.
Draco ignorò la sua domanda, incapace di risponderle in alcun modo. Cosa avrebbe dovuto dirle, che la voleva ma al tempo stesso non la voleva? O meglio, doveva non volerla?
< Sei ancora convinta che sia la soluzione migliore?> disse invece.
La ragazza lo squadrò per un istante. Dal tono con cui aveva le aveva posto quella domanda era evidente che aveva perso lo spirito combattivo del giorno precedente.
Pare che si sia arreso, considerò.
< Intendi smettere di vederci?>
Perché suonava così da coppia che tronca una relazione?
< Sì.>
Tanto meglio per lei, che lui si fosse rassegnato. Che fosse così ben disposto ad accogliere la sua proposta.
La prospettiva di non dover lottare contro quella sua testaccia dura era un sollievo per la fanciulla.
Un sollievo che però le provocava una certa acidità di stomaco.
< Non lo so.> ammise.
Draco la fissò perplesso.
Che significava adesso quella titubanza?
Hermione lesse la confusione nello sguardo del ragazzo, e si apprestò a proseguire.
< Non so se sia effettivamente la soluzione migliore. Ma è l’unica che riesco a trovare al momento. E so per certo che qualunque altra non funzionerebbe.>
Buffo come fossero finiti a parlare di soluzioni.
Dopotutto, il giorno prima entrambi avevano avuto l’impressione che non vi fosse nulla da risolvere.
Era chiaro che, nel corso della notte ed a seguito di profonde riflessioni, ciò che c’era stato tra di loro era ufficialmente diventato un problema fastidioso di cui sbarazzarsi.
Malfoy sospirò pesantemente.
< E’ risaputo che quella intelligente tra i due sei tu, Granger. Perciò, se reputi davvero che la tua soluzione sia l’unica efficace a nostra disposizione... beh, allora per me va bene.>
Pronunciare quelle parole gli era costato assai più di quanto avrebbe mai ammesso.
Hermione rimase spiazzata. Non tanto da ciò che lui aveva detto, quanto dalla sua reazione.
Avrebbe dovuto fare i salti di gioia, dopotutto. Aveva vinto, lui aveva dato ragione a lei, avrebbero fatto ciò che lei voleva, avrebbe finalmente messo una bella pietra sopra tutta quella storia, si sarebbe lasciata Draco Malfoy alle spalle e sarebbe tornata ad essere la solita vecchia Hermione.
Invece, l’unica cosa che avvertiva in quel momento era un gigantesco groppo in gola, che quasi le impediva di respirare.
Si schiarì la voce. Non che ne avesse realmente bisogno, ma temeva che se non l’avesse fatto le sarebbe uscito dalle corde vocali un suono stridulo e strozzato.
< Ottimo.> affermò, annuendo tra sé. < Allora è deciso.>
Draco annuì a sua volta. Si sentiva schiacciare da un peso consistente che premeva sulle sue spalle, ma cercò di mantenere la posizione eretta e lo sguardo sicuro.
< E’ deciso.> le fece eco.
Quando sentì anche lui reiterare quella sorta di sentenza, Hermione avvertì improvvisamente l’aria farsi più rarefatta. Il bisogno di ossigeno si fece impellente, e la sensazione di soffocamento insostenibile.
Si alzò in piedi, decisa ad andarsene il più in fretta possibile.
< Mi assicurerò che un’infermiera venga a tenerti compagnia almeno una volta al giorno, se lo desideri.>
Draco scrollò le spalle, ruotando il capo verso sinistra e rivolgendo l’attenzione alla finestra.
Non voleva vederla andarsene.
< Va bene.> rispose.
Lei non replicò. La gola le si era fatta troppo secca, e c’era talmente poco ossigeno per lei in quella stanza che non poteva permettersi di sprecarne ancora parlando.
Si voltò, dirigendosi ad ampie falcate verso la porta.
Di fronte ad essa si bloccò, stringendo convulsamente il pomello con la mano destra.
Quello era il momento che più aveva temuto.
Andarsene.
Andarsene davvero, senza tornare più.
Era la fine.
Era un addio.
Avrebbe dovuto dirglielo, addio?
Tornò a rivolgere lo sguardo a Draco, senza incontrare il suo. Lui fissava insistentemente la finestra, dietro la quale faceva capolino un cielo plumbeo ed oscuro.
In viso, un’espressione indecifrabile. Ma che ben rifletteva quel cupo panorama.
Non seppe se fu a causa di quel suo sguardo, o del fatto che non riusciva a trovare le parole adatte per accomiatarsi da lui, ma sentì improvvisamente gli occhi farsi lucidi.
Doveva uscire da lì.
Ma come poteva voltargli le spalle così, senza aggiungere altro?
Scosse il capo. Ripensandoci, cosa avrebbe dovuto dirgli, poi?
Arrivederci Malfoy, grazie di tutto, stammi bene e mandami una cartolina da Azkaban?
Suonava grottesco almeno quanto lo sarebbe stato pronunciare quelle cinque lettere.
A d d i o.
Perché poi dirgli addio, quando sapeva benissimo che non sarebbe bastato non vederlo più per cancellarlo dalla sua vita.
Volente o nolente, lui sarebbe sempre rimasto parte di lei. L’aveva marchiata a fuoco, anche se probabilmente non era il suo intento. E quel segno non se ne sarebbe mai andato.
Forse sarebbe sbiadito col tempo, avrebbe fatto meno male, sarebbe persino giunta al punto di non ricordarsene, quasi. Ma ci sarebbe sempre stato, in saecula saeculorum.
Decise infine di uscire – da quella stanza, da quel “rapporto”, da lui – così come era entrata.
Silenziosamente.
E con uno schiacciante senso di colpa a premerle sul petto.



~ω~





Piove.
Piove a dirotto.
E dove starebbe la novità?
Non ha fatto altro che piovere negli ultimi... quanto, due giorni? Tre?
O forse quattro.
Non cinque, sicuramente cinque no.
Non è passato così tanto tempo. Ammesso che cinque fottuti giorni si possano considerare “tanto tempo”.
E non è nemmeno un fatto di ieri. Non è passato così poco tempo, no.
Anche se, senza di Lei, “tempo” mi sembra soltanto una vuota definizione.
Giorni, ore, minuti, secondi, è tutto uguale. Non c’è differenza tra il mattino e la notte, tra il giorno prima ed il giorno dopo.
E’ tutto dannatamente uguale, tutto dannatamente statico, spento, inutile.
Piove.
Non potrebbe essere altrimenti.
Manca la luce. Manca il sole.
Manca Lei.
Dunque, piove.
O, come dicono certe disgustose poesiole Babbane, “il cielo piange”.
Emerita stupidaggine, ma del resto da una razza – sì, “razza”. Sono un fottuto razzista, un misantropo, uno xenofobo, un violento, un impuro di cuore, un assassino ed un Mangiamorte. Ed un Malfoy, che forse tra le tante è la cosa peggiore – tanto abietta non potevo aspettarmi nulla di diverso.
Il cielo non piange, Merlino!
Il cielo sta lì sopra, fermo immobile, si lascia attraversare dalle turbolenze atmosferiche, dalle intemperie, dalle nuvole, dalla luce, dagli uccelli, da quei cosi volanti dei Babbani – come diamine si chiamano, “ariopiani”? – e da maghi a cavallo di scope.
Non è un’entità viva e pensante, non prova sentimenti, non sente il dolore, non è un cazzo di niente di diverso da un fottuto sfondo colorato. Quindi, non piange.
Di solito.
Ma questo cielo, il MIO cielo...
Lui sì, lui piange.
Lui può.
Perché lui li prova eccome dei sentimenti. Prova i miei.
E sente il dolore, il mio.
Piange per me, ed al posto mio.
Io no, io non piango.
Piangere è da mammolette, è una debolezza che uno come me può concedersi giusto un paio di volte nella vita, ed io ho già dato.
E poi, anche volendo, sono troppo incazzato per piangere, decisamente troppo.
Con Lei, col mondo, con la vita, con la sorte beffarda, con questa merdosa guerra, con Potter e Weasley – perché incazzarsi con loro ci sta sempre bene – , con Voldemort, coi miei genitori, con quel maledetto karma che mi prende per il culo da ventidue anni a questa parte.
Con tutti e tutto.
Con me stesso, in particolare.
Sono sempre stato un codardo ed un egoista, fin da bambino. E diventando Mangiamorte non ho di certo scavato nel mio profondo, appigliandomi ad un coraggio che non ho mai posseduto.
No, anche in quel caso è stato egoismo.
Egoismo, ambizione, spirito di rivalsa ed istinto di sopravvivenza.
Sono riuscito a mettere da parte le mie paure ed i miei timori per affrontare il cammino che era stato steso di fronte a me, e non sono stati certo dei nobili valori a spingermi a farlo.
Mettere da parte, ho detto. Non cancellare.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio, no?
Ed io sotto sotto sono sempre quel ragazzino che si difendeva dalle avversità del mondo facendosi scudo con la sua faccia da schiaffi, la spocchia ed una baldanza che non andava di pari passo con una vera audacia.
Non sono mai stato un coraggioso.
Non sono mai stato come Potter, che si gettava a capofitto in qualunque pericolo, fregandosene altamente della sua incolumità.
E non ho mai aspirato ad esserlo, precisiamo.
A mio parere, “coraggio” è semplicemente sinonimo di sconsideratezza ed irresponsabilità.
Guarda caso, i cosiddetti coraggiosi sono sempre i primi a lasciarci le penne.
Ho sempre tenuto troppo alla mia vita per giocare al massacro di fronte alla prima avvisaglia di pericolo. Mai stato animato da nobili propositi, mai sacrificato me stesso per nessun altro.
E col senno di poi, la mia era una decisione quanto mai sensata.
Per una volta sono stato coraggioso ed altruista, ho messo l’incolumità di qualcuno prima della mia, ho sacrificato me stesso per qualcun altro, ho avuto la forza di mettere da parte i miei desideri e le mie pulsioni in nome di buoni propositi e sentimenti puri.
E tutto quello che ci ho ricavato è...
Niente, cazzo.
Un dannatissimo niente.
Casomai, ci ho solo perso.
Se fossi tornato ad essere quello di prima, forse non me ne sarei lamentato più di tanto.
Ero un lupo solitario, uno che viveva per conto suo, che passeggiava per le strade della vita da solo. E mi stava bene così, non sentivo il bisogno di niente e nessuno accanto a me.
Sapevo dove sfogare le pulsioni della carne, e non necessitavo di altro.
Adesso sono di nuovo solo. Ma non sto per niente bene come prima.
E’ inutile prendersi in giro.
Mi manca.
Devo ammetterlo.
Mi manca davvero.
Mi manca più di quanto avrei potuto pensare.
Mi manca quanto potrebbe mancarmi l’aria se trattenessi il respiro per due giorni di seguito. Anzi, forse continuerebbe a mancarmi di più Lei.
Mi sono arreso, mi sono fatto da parte, ho deciso per la prima volta in vita mia di giocare secondo le regole, mi sono comportato correttamente.
Ho fatto il Potter della situazione.
E ne sono uscito con una cicatrice gigantesca, oscena e pulsante esattamente come la sua.
Pensavo che sarei riuscito a togliermela dalla testa, o che quantomeno mi sarei consolato nella consapevolezza di aver fatto la cosa giusta.
Invece, continuo a stare uno schifo.
E ce l’ho a morte con me stesso, perché l’unico da biasimare sono proprio io.
Non avrei dovuto permetterle di andarsene.
Non avrei dovuto rinunciare a Lei.
Avrei dovuto combattere, persuaderla a restare.
Non ho perso, mi sono semplicemente arreso.
Ma forse ho ancora una possibilità. Forse posso riprendere da dove avevo lasciato e ricominciare a lottare.
E magari persino vincere.
Qualunque cosa pur di far cessare questa dannata pioggia.
Perché non la sopporto più.
Perché mi sta facendo diventare pazzo.
Perché piove ininterrottamente da giorni ormai.
E non potrebbe essere altrimenti.
Manca la luce. Manca il sole.
Manca Lei.




~ω~





Era ormai più di un decennio che Harry Potter faceva parte della Comunità Magica in qualità di membro attivo. Nel giorno stesso in cui aveva ricevuto la lettera di convocazione per Hogwarts – la prima di una lunga lista, ma questa è un’altra storia – era passato dall’essere uno strano orfanello cresciuto dai despotici zii al quale accadevano fatti quantomeno inspiegabili al ritrovarsi improvvisamente nelle vesti di un giovane e celebre mago con un pesante passato alle spalle ed un futuro carico di aspettative e responsabilità.
E tutto si poteva dire, meno che quegli ultimi dieci anni fossero stati per il ragazzo privi di stranezze, da intendersi come ancora più strane visto che erano al di fuori dell’ordinario persino in un mondo dove i quadri parlano, la posta viene consegnata dai gufi, le scope fungono da mezzo di trasporto aereo ed una donna che si tramuta in gatto sotto gli occhi di una trentina di bambini è scuola.
In sostanza, Harry Potter era ormai avvezzo a stramberie, fatti inusuali ed eventi straordinari. Era arrivato al punto in cui quasi nulla più riusciva a stupirlo e scomporlo, tanto che persino di fronte alla missione più assurda o al caso più contorto sfoggiava una nonchalance ed un sangue freddo da manuale.
La fama di questa sua proverbiale capacità di rimanere impassibile e stoico in qualunque circostanza gli era valsa tra i suoi colleghi Auror il soprannome di Mister Calma e Gesso, prontamente trasfigurato dal suo migliore amico in Mister Calma e Cesso – perché non sia mai che Ronald Weasley si lasciasse scappare l’occasione di intaccare la virilità di quello che, per quanto fosse per lui come un fratello, era anche il suo principale rivale per il titolo di tombeur de femmes dell’anno, se non addirittura del secolo.
Dunque, Mister Calma e Cesso non si sorprendeva quasi più di nulla.
Eppure capitava, anche se piuttosto raramente, che un qualche particolare evento avesse la giusta dose di imprevedibilità e stranezza per lasciarlo lievemente esterrefatto.
Ad esempio, il giorno in cui la brunetta tutta curve della divisione controspionaggio aveva preferito cedere alle lusinghe del suo rosso amico piuttosto che lasciarsi accecare dalla luminosa fama del Bambino Sopravvissuto.
Oppure quando Remus gli aveva annunciato che lui e Tonks aspettavano un bambino, dal momento che Harry innanzitutto non aveva mai considerato il fatto che un lupo mannaro potesse accoppiarsi e riprodursi, e secondariamente perché aveva sempre sospettato che il suo ex-professore avesse ben altri gusti, soprattutto alla luce della particolare amicizia che lo legava al suo defunto padrino.*
Quel pomeriggio si era verificata una nuova circostanza che aveva costretto Potter a sgranare con stupore i suoi occhi verdi, eredità di Lily Evans. Non era nulla di paragonabile, almeno in quanto a gravità o importanza, ai due fatti di cui sopra, ma era comunque qualcosa di insolito.
Sedeva comodamente ad uno dei tavoli della mensa dell’Ordine assieme ai suoi due migliori amici, intento a gustarsi un rapido ma tranquillo pranzo in loro compagnia. Aveva notato che Hermione appariva un po’ sottotono rispetto al solito, ma dal momento che Ron sembrava non dare grande peso alla cosa, anche lui aveva fatto altrettanto.
Si era limitato a domandarle come procedesse il lavoro, che progressi avesse riscontrato nella cura di un paziente colpito da un incantesimo piuttosto potente e quali nuovi sviluppi avesse ottenuto la sua squadra di ricercatori nel progetto di una particolare pozione curativa di cui non sarebbe mai stato in grado di ripetere il nome.
Normale amministrazione, insomma.
Seppure mogia, la sua amica aveva replicato dettagliatamente, informandolo che il lavoro procedeva bene, che il paziente rispondeva positivamente alle cure e che la sua equipe aveva compiuto passi da giganti, e di lì a breve la pozione sarebbe stata pronta all’uso.
Proprio mentre spiegava per la quindicesima volta ad Harry le proprietà curative di quel progetto in corso, una ragazza dai lunghi boccoli biondi si era avvicinata ad Hermione.
Il giovane aveva desunto che si trattasse di un’infermiera dalla casacca azzurra che indossava, su cui peraltro si era soffermato con particolare dovizia considerando la notevole silhouette che mal celava.
Perso nello studio della sinuosa figura femminile di fronte a lui, non aveva prestato molta attenzione alla conversazione in corso tra quest’ultima e la sua amica. Aveva colto qualche parola qua e là, come “il paziente speciale” o “infermiera” o ancora “quasi strangolata”, ma il suo cervello era talmente preso dall’immagine che i suoi occhi gli rimandavano che metterle insieme per comporre una frase di senso compiuto sarebbe stata un’impresa quantomeno titanica.
In compenso, non si era perso la reazione di Hermione. Ed era stata quella a sorprenderlo.
Non che non fosse abituato a vederla perdere le staffe. Merlino solo sapeva quante volte aveva sfogato i suoi bollenti spiriti su lui e Ron, imprecando peggio di Oliver Baston dopo l’ennesima sconfitta a Quidditch contro Serpeverde e maledicendo loro due ed i loro “cervelli da paleolitico”.
Insomma, Hermione arrabbiata era tutto tranne che uno spettacolo inusuale. Anzi, era quasi un’abitudine. Dopotutto, da che la conosceva l’aveva vista irritarsi un giorno sì e l’altro pure.
Nulla di cui sorprendersi, insomma.
Eppure, in dieci anni e più di amicizia, mai l’aveva vista infuriarsi così.
In una manciata di secondi si era trasformata in una belva ringhiante ed era scattata fuori dalla mensa con un passo così teso e sostenuto che nella sua fuga aveva travolto e fatto capitolare persino un paio di poveri Auror innocenti. E non aveva chiesto loro scusa per averli fatti cadere, il che era ancora più strano per Hermione l’educazione prima di tutto Granger.
Harry poteva giurare di aver persino notato una vena sulla tempia dell’amica pulsare pericolosamente.
Dire che era esterrefatto era poco. Hermione era, come diceva spesso Ron, altamente infiammabile, spesso scattava per un nonnulla e s’incaponiva per questioni totalmente irrilevanti.
Era focosa e pasionaria, e ciò nessuno lo metteva in dubbio.
Ma sul lavoro ostentava sempre un savoir-faire ed una fermezza ineccepibili. Era calma, controllata, professionale. Del resto, regola principe di ogni buon Guaritore era proprio “non farsi mai prendere dal panico o dall’agitazione”.
Come Medimaga, avrebbe potuto vantare a sua volta il titolo di Miss Calma e Gesso – ed in quel caso, l’Auror Weasley non avrebbe di certo storpiato l’ultima parola, vista l’innegabile avvenenza della ragazza.
Perciò vederla perdere le staffe così per una questione di lavoro era insolito, stupefacente ed indubbiamente preoccupante.
Harry aveva avvertito sentore di guai, perciò si era voltato verso Ron con un’espressione confusa e carica d’interrogativi. Era certo che, se davvero ci fossero magagne in vista per Hermione, lui sarebbe stato il primo ad esserne al corrente.
Quando però aveva visto il suo amico ridacchiare tra sé e sé ed accendersi una sigaretta in tutta tranquillità, aveva tirato un sospiro di sollievo.
Era un assioma ormai: se Ron non è preoccupato per Hermione, allora non c’è nulla da temere per lei.
Si rilassò a sua volta, riprendendo a mangiare come se nulla fosse ed attribuendo quello strano scatto dell’amica ad una “questione ormonale” – che era poi la canonica spiegazione che Harry dava a tutti gli atteggiamenti femminili che non era in grado di comprendere.
Ron, dal canto suo, non riusciva a smettere di ghignare. Davvero non c’era nulla da temere.
Per Hermione.
Ma lui, che aveva seguito attentamente la conversazione tra la ragazza e la sua collaboratrice e che aveva notato il lampo omicida che aveva attraversato i suoi occhi nocciola, sapeva che qualcuno aveva decisamente da temere.
Quando la sigaretta si fu consumata quasi del tutto tra le sue labbra, afferrò il filtro tra il pollice e l’indice e lo schiacciò sul fondo del posacenere.
Scoppiando in un’ennesima – e agli occhi di Harry inspiegabile – risata, considerò che con molta probabilità di lì a pochi minuti Draco Malfoy avrebbe fatto la stessa fine della sua povera cicca.



Quando vide la Dottoressa Granger irrompere nella sua stanza come una furia, Draco dovette costringersi a reprimere una risata – più che altro perché voleva evitare che una delle deliziose decolté della fanciulla si schiantasse contro il proprio naso.
Merlino, come sei prevedibile!
< Buongiorno Granger!> l’accolse con un largo sorriso, fin troppo simile ad un ghigno per i già provati nervi di Hermione.
< Buongiorno un accidente!> replicò lei, quasi ringhiando.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, in un’espressione di perplessità più falsa di uno zellino d’oro.*
< Tutto bene? C’è per caso qualcosa che ti turba?>
Stavolta, dalle labbra della fanciulla uscì un vero ringhio.
Fulminea, si parò a pochi centimetri da lui, puntandogli la bacchetta all’altezza della carotide e squadrandolo con uno sguardo talmente minaccioso da incutere timore persino all’uomo più coraggioso della Terra.
Al più coraggioso forse, ma non di certo a Draco Malfoy.
Al contrario, lui ne era immensamente divertito. Trovava quella manifestazione d’ira un evento ricco tanto d’ilarità quanto di soddisfazione, almeno per lui.
Perché era evidente che il motivo di una simile rabbia non poteva certo essere il suo innocuo confronto con quell’infermiera.
Se la memoria non lo ingannava, non aveva reagito con una simile veemenza quando la stessa sorte era toccata a lei.
No, Draco era ampiamente consapevole che l’irritazione di Hermione Granger aveva radici ben più profonde.
E, al di là di questo, non riusciva a smettere di complimentarsi con se stesso.
Come un abile cacciatore, aveva steso una trappola ben in vista, utilizzando la giusta esca e camuffandola efficacemente. E la sua preda c’era cascata in pieno.
Aveva abboccato con una semplicità ed una rapidità quasi imbarazzanti per una tipa sveglia quanto lei.
Colpita ed affondata.
< Tu, brutto lurido perfido schifoso scarafaggio!*> sibilò, premendo la punta della propria bacchetta contro la gola di Draco.
Déjà vu, si ritrovarono entrambi a pensare.*
Il ragazzo, di schiena contro il muro con le braccia incrociate sul petto ed il piede destro appoggiato alla parete, rimase imperturbabile. Per nulla intimorito dal ritrovarsi sotto il tiro della sua più vecchia acerrima nemica.
I suoi occhi non lasciarono trasparire il minimo turbamento.
A differenza della volta precedente, quando un’espressione di stupore, incredulità e terrore gli si era dipinta in volto.
Ma, esattamente come allora, avvertiva dentro di sé la bruciante eccitazione che quello sguardo fiero, quell’espressione combattiva e quel contatto così ravvicinato tra i loro corpi avevano acceso in lui.
Ghignò malizioso.
< Lo dici come se fosse una brutta cosa.>
Hermione ignorò il suo commento sarcastico, se possibile ancora più innervosita da quello sguardo lascivo.
Innervosita ed infiammata.
< Dammi un solo buon motivo per non ucciderti all’istante!> fece, stringendo convulsamente l’impugnatura della bacchetta.
Lui inarcò un sopracciglio.
< Potrei dartene a centinaia, Granger. Ma, nel tuo caso, trovo che sottolinearti quanto poco etico e professionale per una Guaritrice sarebbe attaccare un proprio paziente sia il più efficace. O sbaglio?> concluse eloquentemente, con un’occhiata sarcastica.
Suo malgrado, Hermione si vide costretta a dargli ragione.
Non che avesse seriamente intenzione di scagliargli contro una maledizione, ma sperava almeno di incutergli un minimo di timore, o quantomeno una sottospecie di costernazione, che lo portasse a calare la sua solita maschera d’impertinenza e a dimostrarsi dispiaciuto e pentito di ciò che aveva fatto.
Ammesso che fosse realmente quel gesto in sé ad indispettirla.
Digrignò i denti, incapace di replicare ad una simile constatazione.
Draco esibì un sorrisetto sardonico.
< Ti dispiacerebbe abbassare la bacchetta, dolcezza? Ti vedo piuttosto irritata, non vorrei che ti partisse per sbaglio qualche accidentale maledizione ai danni della mia persona. Poi toccherebbe a te curarmi, lo sai vero?>
Hermione esitò per qualche istante, contrariata dall’idea di dover eseguire una sua richiesta. Lui colse il suo tentennamento, e vi lesse un’occasione di rivincita.
Socchiuse gli occhi, continuando a sorriderle seppur con molto meno dileggio.
< Non costringermi a fartelo fare.> le sussurrò.
La ex-Grifondoro si ritrovò a trattenere il respiro, mentre una vampata di calore le scaturiva dal basso ventre, propagandosi in tutto il corpo.
Persino la sua voce riusciva a mandarla in visibilio. Incapace di fare alcun movimento – e forse, segretamente, desiderosa di costringerlo – , mantenne la bacchetta saldamente premuta contro la gola del giovane.
Draco inarcò le sopracciglia in un’espressione che pareva dirle “l’hai voluto tu”. Lentamente, sciolse il braccio sinistro dall’intreccio sul suo petto e lo portò ad afferrare il polso della fanciulla.
Il tocco delle sue dita sulla propria pelle scatenò in Hermione un profondo tumulto interiore.
Se sperava che standogli lontana sarebbe riuscita a dimenticarsi tutto ciò, era una perfetta illusa.
La costrinse ad allontanare la punta della bacchetta, spostandole il braccio lontano dal proprio collo. Poi, sempre incatenandola a sé con lo sguardo, le accarezzò il fianco con la punta delle dita della mano libera.
A quel gesto, Hermione s’irrigidì di colpo. Fu come risvegliarsi da un momentaneo torpore e rendersi conto che aveva appena contravvenuto a tutte le imposizioni che aveva stabilito per se stessa appena un paio di giorni prima.
Un campanello d’allarme prese a risuonare nella sua testa, avvertendola di interrompere immediatamente quanto stava succedendo, prima che fosse troppo tardi. Prima di commettere qualche stupidaggine. Prima di mandare alla malora quanto avevano pattuito.
Tentò con uno strattone di sottrarsi alla presa della sua mano sul proprio braccio, e nel contempo di indietreggiare di qualche passo.
Ma Draco, che aveva previsto una simile reazione, le impedì qualunque movimento, mantenendo salde le sue dita attorno al polso della ragazza. Nel contrastare il suo strattone, le piegò il braccio all’altezza della testa, portandola a puntare la bacchetta contro il soffitto.
Si distaccò dal muro e le posò la mano libera sul fianco, stavolta con più fermezza, per poi spingerla verso di sé.
Avvicinò il proprio viso al suo, mentre Hermione sgranava gli occhi per il panico. Si piegò sempre più su di lei, fino a fermarsi a pochi millimetri dalla sua bocca.
Non riuscì a non sorridere, quando si rese conto che inconsciamente la fanciulla aveva già leggermente schiuso le labbra.
Ma non erano quelle il suo obiettivo.
Voltò lievemente il capo verso destra, scivolando delicatamente sulla sua pelle fino a raggiungere l’orecchio.
La sentì tremare, ed avvertì il suo respiro farsi più profondo. Probabilmente nemmeno aveva idea di quanto le sue reazioni avessero il potere di eccitarlo. Era costretto a lottare con se stesso per non cedere al pressante istinto di gettarla malamente sul letto e farla sua in quel preciso istante.
< Ti avevo detto di non costringermi, Granger.> le mormorò, marcando sensualmente il suo cognome.
Se quel malizioso sussurro e la sua voce arrochita dal desiderio costituirono un duro colpo per la risolutezza di Hermione, l’impudicizia con cui prese a mordicchiare e leccare il suo lobo furono la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Sgranò gli occhi, tanto per la potente ondata di libidine che l’aveva investita quanto per lo sconcerto che le causò l’essersi lasciata sfuggire un gemito acuto in risposta a quelle attenzioni.
Una simile manifestazione di apprezzamento non poteva di certo passare inosservata. Draco sentì il petto gonfiarsi per la soddisfazione.
Avrebbe anche sorriso, se le sue labbra non fossero state troppo impegnate ad assaporare la pelle del collo della fanciulla.
Hermione si morse il labbro inferiore, per impedire che un secondo – ed un terzo, un quarto, un quinto – gemito sfuggisse al suo controllo. Serrò gli occhi, piegando leggermente il capo all’indietro per concedere a Malfoy totale libertà di movimento ed abbandonandosi completamente alle inebrianti sensazioni che le donava.
Non ragionava. Era come se qualcuno avesse staccato la spina al suo cervello. Un encefalogramma piatto, un suono lungo, fisso e continuo che simboleggiava assenza di segnale.
Hermione Granger in quel momento era solo fuoco.
Puro e semplice fuoco.
E Draco Malfoy era legna che l’alimentava, carbone che la teneva viva, benzina che dava vigore e potenza alle sue fiamme.
Non che, dal canto suo, il ragazzo si trovasse in una situazione tanto dissimile.
L’aveva volontariamente provocata, mettendo paura a quell’infermierucola, per farla tornare sui propri passi.
Letteralmente.
E l’aveva nuovamente provocata non appena aveva messo piede nella stanza, puntando sull’evidente attrazione che nutriva per lui e su quella sorta di chimica che sembrava aleggiare tra loro, scatenando ogni volta scintille, fulmini e saette. Sempre per farla tornare sui propri passi.
Metaforicamente.
Ma, a conti fatti, si era lasciato prendere troppo la mano.
Il suo intento iniziale era di giocare innocentemente con lei, tenerla sulle spine, portarla al limite senza però valicarlo a sua volta.
Tuttavia, nel momento in cui le si era avvicinato troppo, al punto che il dolce profumo di lavanda della sua pelle l’aveva avvolto completamente, si era ritrovato suo malgrado ad ignorare tutti i suoi propositi ed a superare quel limite.
Anzi, a saltarlo a piè pari.
Ed era stato a sua volta risucchiato da quel vortice di passione ed elettricità che la vicinanza dei loro corpi sembrava generare quasi naturalmente.
Andò per suonare, e fu suonato.*
Tutte queste considerazioni, però, attraversavano solo fugacemente la coscienza del ragazzo. In quel momento, ogni suo pensiero ed ogni pulsazione vitale era ben più concentrata altrove.
Sulla pelle di Hermione Granger.
Sul suo corpo.
Sui suoi capelli.
Sui suoi sospiri.
Soprattutto su questi ultimi, che avevano l’inebriante potere di scatenare in lui scariche su scariche di eccitazione.
Se avesse continuato a farsi soggiogare da loro ancora per molto, avrebbe finito per perdere il controllo.
O meglio, per perderlo molto più di quanto non avesse già fatto.
La scia di baci – molto più simili a dei tentativi di assaggiarla e divorarla che ad innocui bacetti – l’aveva già portato a risalire dall’incavo del suo collo fino all’estremità della mascella, poco sotto l’orecchio.
Quando, mordicchiandole quel lembo di pelle, la sentì emettere un ulteriore gemito trattenuto a stento, quasi simile ad un singhiozzo, non ci vide più.
Non riusciva più a sopportare quella deliziosa tortura. Doveva farla tacere, punto.
E sapeva bene che esisteva solo un modo per farlo.
Hermione spalancò di colpo gli occhi, mentre un brivido di freddo le scuoteva la schiena.
Freddo.
Aveva sentito freddo nell’istante in cui le labbra di Malfoy avevano abbandonato la sua pelle.
Lo cercò con lo sguardo. Era ancora troppo obnubilata dai suoi sensi infiammati per registrare che ciò che si stava verificando era sbagliato, pericoloso e contrario a quanto pattuito nemmeno cinque giorni prima.
Era troppo succube di lui per comportarsi da Hermione Granger. Sapeva solo che c’era qualcosa di tremendamente sbagliato, non nelle premure del giovane quanto nel fatto che le avesse interrotte.
Ne voleva ancora.
E ancora, e ancora, e ancora.
Ma tentare di comunicarlo a lui sarebbe stato semplicemente inutile.
Draco aveva già deciso per entrambi.
Riuscì ad incrociare i suoi penetranti occhi grigi – resi più cupi del solito dal bruciante desiderio che permeava la sua anima ed il suo corpo – solo per un istante, prima che la traesse a sé con forza, sigillando ogni suo futuro tentativo di gemere o sospirare con le proprie labbra.
Ad occhi sgranati, premuta contro il viso di Draco, sulla sua bocca, Hermione sentì improvvisamente il suo cuore smettere di battere.
Per un lungo, interminabile istante, il suo muscolo cardiaco rimase immobile, statico, come senza vita.
Quando riprese a battere, lo fece ad un ritmo diverso dal solito. Un ritmo che in quei giorni senza di lui niente era stato in grado di ripristinare. Perché, del resto, solo lui era capace di scatenarlo così.
Rilassò tutto il proprio corpo contro quello del ragazzo, serrando gli occhi e schiudendo lentamente le dita della mano destra, ancora intrappolata nella presa di Draco.
La bacchetta scivolò al suolo, posandosi sul pavimento con un acuto tic e rotolando qualche metro più in là, lontano dai loro piedi.
Il cervello di Malfoy percepì quel suono come un segno di resa, maggiore persino dell’abbandono della ragazza al bacio.
Liberò il suo polso dalla propria stretta, ed in tutta risposta Hermione gli cinse il collo con le braccia, permettendo un contatto ancora più ravvicinato tra i loro corpi e favorendo alla lingua di lui un’intrusione ancora più approfondita tra le sue labbra.
Draco la strinse, posandole le mani sulla schiena e sfiorando le punte dei suoi ricci. Se ne avvolse uno intorno all’indice, mentre le loro lingue eseguivano un intreccio simile perse in quell’intenso bacio.
Smisero entrambi di pensare del tutto, mentre un’unica consapevolezza si faceva largo dentro di loro.
Dopo giorni, finalmente erano a casa.


Quando le mani di Hermione scivolarono in una languida carezza dal collo di Draco al suo petto, si sfregarono contro la delicata stoffa della sua maglia.
L’afferrò, stringendola tra le dita e tirandola leggermente per attirarlo ancora di più a sé.
Passarono un paio di secondi prima che un recondito angolino del suo cervello registrasse quell’insolita informazione.
Stoffa. Maglia.
Stava stringendo della stoffa tra le dita. Ma Malfoy di solito non indossava maglie.
Giorni prima, dopo che l’aveva baciata per la seconda volta, lei l’aveva allontanato da sé premendo sul suo petto, e ricordava distintamente di averlo maledetto per quella sua dannata abitudine di girare sempre a petto nudo.
Stoffa. Maglia. Baciata.
Stoffa. Maglia. Baciata.
Baciata.
Baciata.
Baciata.

Sussultando, sgranò gli occhi di colpo. Come risvegliandosi da un’improvvisa trance, si rese conto solo in quell’istante di dove si trovasse, con chi e soprattutto cosa stesse facendo.
Camera di Malfoy. Malfoy. Lo stava baciando.
Lo stava baciando, per Merlino!

Mollò immediatamente la presa sulla sua maglia, schiudendo le mani per posarle sul suo petto – non nudo, grazie al cielo! – e lo spinse via bruscamente, interrompendo quel bacio che si protraeva ormai da troppo tempo.
Lo fissò con uno sguardo allucinato, troppo sconvolta per proferire parola. Non riusciva a credere di essersi lasciata irretire così facilmente. Aveva sopravvalutato la propria forza di volontà, o forse sottovalutato l’influenza che il suo fascino esercitava su di lei.
Ansimava, in preda ai postumi di una prolungata apnea e a quello che il ragazzo giudicò come l’inizio di una crisi isterica.
Eppure anche così, col fiatone, gli occhi sgranati, l’espressione stravolta e le labbra gonfie, era ugualmente irresistibile.
Draco parve non scomporsi più di tanto di fronte a quella reazione. Quasi come se l’aspettasse.
Il che, effettivamente, era vero. Aveva imparato a conoscerla ormai, sapeva che viveva in costante bilico tra il senso di responsabilità e la voglia di evasione.
Aveva previsto già in partenza che, dopo tanto abbandono, avrebbe tentato di riassumere il controllo di sé.
Vederlo così pacato e per nulla turbato da ciò che era appena accaduto fece riaffiorare in Hermione tutta la rabbia provata fino a qualche minuto prima.
< Bastardo.> sibilò, col respiro ancora affannato.
Lui ghignò, alzando lo sguardo al cielo.
< Chiaro, è tutta colpa mia. Ma da come gemevi, non mi sembrava che la cosa ti dispiacesse.>
Indignata da quell’allusione per nulla velata, Hermione serrò le labbra in una smorfia. Sollevò il braccio destro, con l’intento di cancellare quell’odiosa espressione compiaciuta con un sonoro ceffone, ma come tentò di calare la mano sul suo viso, Draco le afferrò nuovamente il polso, bloccandola.
Ogni sorta d’ironia o derisione era scomparsa dal suo volto. Le scoccò un’occhiata intensa e profonda, che le causo non pochi brividi e le fece accapponare la pelle già considerevolmente tesa.
< Non mi faccio schiaffeggiare due volte dalla stessa ragazza, Granger.>
Lei si liberò immediatamente dalla sua presa con uno strattone, temendo che un contatto prolungato col corpo del giovane potesse portare alla stessa sconsideratezza che aveva forzatamente interrotto pochi istanti prima.
< T’indispettisce così tanto che io sottolinei l’ovvio?> la pungolò ulteriormente lui, sfoderando di nuovo il suo ghigno provocatorio.
Hermione sbuffò tra i denti serrati. Draco non poté non considerare come quel suo atteggiamento rievocasse l’immagine di un feroce serpente che si prepara ad attaccare.
Sto Serpeverdizzando la Mezzosangue Grifondoro, rifletté compiaciuto. Decisamente, non era cosa da tutti i giorni.
< Tu m’indispettisci!> esordì lei, rabbiosa < Sei... sei... oh Merlino, non ci sono parole per descrivere un essere immondo come te, Malfoy!>
Lui inarcò un sopracciglio, ironico.
< Invece una parola c’è, ed è esattamente quella che hai appena pronunciato.>
La ragazza tentennò per un istante.
< Immondo?> domandò, perplessa.
L’altro scosse il capo.
< Malfoy.>
La bocca della giovane si schiuse involontariamente, mentre lo stupore piegava le sue labbra nell’imitazione di una O. Davvero non c’era modo di replicare ad una simile affermazione.
Rimase a fissarlo immobile per qualche secondo. Quando il ragazzo cominciò a ridacchiare della sua espressione da pesce lesso, la O si richiuse seccamente, lasciando spazio ad una linea retta e tesa.
Gli occhi di Hermione si assottigliarono pericolosamente, mentre avvertiva l’ira montarle nuovamente nel petto.
Era quasi buffo considerare come lui e solo lui avesse la capacità di portarla da uno stato d’animo all’altro nel giro di una frazione di secondo.
< Sei una disgrazia.> sentenziò, greve < Avrei dovuto lasciare che ti dissanguassi mesi fa, mi sarei risparmiata un sacco di rogne e complicazioni.>
Draco scrollò le spalle, tornando ad appoggiarsi con la schiena contro il muro e ad incrociare le braccia al petto.
< Forse.> replicò < Di certo non ti saresti risparmiata una citazione del Wizengamot per negligenza, sempre ammesso che quell’inutile tribunale abbia ancora qualche potere. E, a parte ciò, avresti dovuto convivere per il resto della tua esistenza con la consapevolezza di aver deliberatamente ucciso un essere umano. Credi che saresti stata in grado di sopportare tutto ciò?> concluse, scoccandole un’occhiata eloquente.
Le braccia della ragazza, abbandonate lungo i fianchi, si tesero quasi fino allo spasmo, mentre automaticamente serrava le mani a pugno fino a far sbiancare le nocche. Voltò sdegnosamente il capo verso destra, interrompendo il contatto visivo con il Mangiamorte.
< Smettila di parlare come se mi conoscessi. Non sai un accidente di me.> lo redarguì, sebbene con un tono di voce più smorzato.
< Io so molto di te, invece. Ed il fatto che le mie parole t’innervosiscano così tanto è la testimonianza palese di come vadano a colpire un nervo scoperto.>
Hermione tacque, continuando ad evitare il suo sguardo. Non sarebbe mai dovuta tornare in quella stanza, si era cacciata in un guaio di proporzioni epiche, e per giunta non aveva la benché minima idea di come uscirne.
Non ci voleva un genio, né tantomeno qualcuno dotato de L’Occhio, per comprendere il turbamento della fanciulla. Era evidente dalle sue espressioni facciali, dalla tensione del suo corpo, dall’atmosfera che pareva circondarla.
Era evidente dal suo silenzio.
E, per Draco, era evidente dal suo odore.
Aveva sempre potuto vantare un odorato sopraffino, e ciò gli aveva permesso negli anni di sviluppare una sorta di “fiuto speciale”.
Qualcuno sostiene che le diverse emozioni che caratterizzano una persona portino la stessa a secernere un particolare odore corporeo a seconda dello stato d’animo in cui si trova. E gli animali, con le loro capacità olfattive, sono in grado di coglierlo.
Da lì, il classico modo di dire secondo cui le belve fiutano la paura.
In questo senso, dunque, Draco Malfoy rientrava ampiamente sotto la voce belve.
Sentiva l’odore della paura altrui, quel particolare aroma di cui non avrebbe saputo dare una descrizione precisa e sufficientemente evocativa, ma che per lui era inconfondibile.
E, di conseguenza, riusciva a fiutare anche tutte le sue più piccole sfumature: l’odore del terrore puro quanto quello della semplice preoccupazione, della paura che paralizza ed obnubila la mente come di quella meno suggestionante che si limita a porre il corpo in uno stato d’allerta e tensione.
Ed il panico.
L’odore del panico.

Di quando ti senti in gabbia, intrappolato, con le spalle al muro. Di quando l’angoscia ti priva di ogni capacità di raziocinio, t’immobilizza, ti fa sentire sperduto e senza speranze.
Panico.
L’aria ne era totalmente permeata. E lui riusciva ad odorarlo distintamente.
Hermione Granger era nel panico più totale.
Piuttosto ovvio, da parte sua, giungere alla conclusione che il suo ruolo nello stato d’animo della Guaritrice era preponderante.
Non erano state solo le sue insinuazioni, o le considerazioni a cui lei non era stata in grado di controbattere, a gettarla in quello stato di angoscia.
C’era molto altro dietro. In primis il focoso bacio che si erano appena scambiati – ed il cui solo pensiero provvedeva a risvegliare tanto i sensi del ragazzo quanto determinate zone del suo corpo – , ma ancora più a monte la loro “situazione”.
E, soprattutto, lui. Era consapevole che la sua semplice presenza fosse un gigantesco deterrente per l’autocontrollo della Granger.
Tutto ciò, messo assieme e shakerato al punto giusto, risultava in un cocktail di puro panico e tensione che la giovane aveva mandato giù tutto d’un fiato, e che le era scivolato rapidamente nelle vene, annebbiandole i sensi e bruciandole il sangue.
Un tempo, la consapevolezza di essere la causa di un simile trambusto emotivo della sua Mezzosangue preferita l’avrebbe portato a fare salti di gioia. E, da un certo punto di vista, ancora lo gratificava parecchio, anche se per motivi diametralmente opposti a quelli del passato – o meglio, per motivi già parte di lui in passato, ma che allora negava violentemente persino con se stesso.
Ma non solo.
In passato, una circostanza del genere non gli avrebbe semplicemente rallegrato la giornata ed accresciuto notevolmente la sua già piuttosto elevata autostima. Al tempo stesso, gli avrebbe anche fornito un’occasione d’oro per infierire ancora di più contro colei che, ai suoi occhi Purosangue, era la causa di tutti i mali. Colei che, aveva finalmente realizzato in età adulta, non aveva mai seriamente odiato, quanto piuttosto segretamente invidiato, ammirato e desiderato, e colei che, proprio per il notevole ascendente che riusciva ad esercitare suo malgrado su di lui, meritava tutto il suo finto disprezzo.
Se ai tempi di Hogwarts l’allora Grifondoro avesse reagito alle sue parole come stava facendo in quel preciso istante, Draco ne avrebbe immediatamente approfittato per, come si suol dire, rigirare il coltello nella piaga, tentando di umiliarla ancora di più, di aumentare il suo panico in maniera esponenziale, di ridurla all’ombra tremante ed angosciata di se stessa. Il tutto sempre in nome di quell’ignobile processo per cui si ritrovava a riversare su e contro di lei tutte le nefandezze di cui era capace, nel tentativo di soffocare quella sorta di angelico coro di campane che sembrava risuonare ogni qualvolta lei era nei paraggi.
Ma i giorni di scuola erano finiti da un pezzo, e tanto i due ragazzi quanto il rapporto che intercorreva tra loro erano mutati considerevolmente.
Se in passato Draco avrebbe spudoratamente sfruttato l’occasione per scoccare un fendente a la sua nemica, adesso era fermamente deciso ad aiutare la sua bella a svicolare da quel tortuoso vortice di inquietudine che l’aveva avviluppata.
< Credevo che avessi deciso di non degnarmi più della tua presenza.> esordì, fissando il soffitto con un’espressione vuota < Posso sapere quale motivo ti ha spinto a cambiare idea, oltre a rivolgermi quei deliziosi complimenti con cui mi hai investito appena entrata?>
Hermione sbatté le palpebre, colta di sorpresa. Quasi si era dimenticata del perché fosse piombata come una furia nella stanza di Malfoy.
Quasi, ovviamente.
Nessuno sfugge all’ira di Hermione Jean Granger. Soprattutto se ragionevolmente fondata ed incontestabile.
Istintivamente, lo sguardo della ragazza si concentrò sul pavimento, vagando con rapidità da una parte all’altra.
Draco fece schioccare la lingua contro i denti.
< Lascia perdere la bacchetta e cerca di parlare come una persona civile.> la rimbeccò.
Lei interruppe la sua ricerca e ruotò il capo verso di lui, fissandolo con un sopracciglio inarcato.
< Lo farei, se mi ritrovassi a disquisire con una persona altrettanto civile. Ma nel tuo caso, credo che tu comprenda solo il linguaggio barbaro e brutale di uno Schiantesimo.> replicò, tagliente.
Il ragazzo ghignò, ironico.
< E’ ingiusto che tu mi dia dell’incivile solo perché sono un Mangiamorte, Granger. Da buona Grifondoro dovresti essere in grado di non giudicare una persona solo dalle apparenze, o almeno in qualità di amica del nano Sfregiato e dello straccione dai capelli rossi. E poi, simili preconcetti inculcati nell’infanzia si superano, una volta adulti. E’ come se io ancora temessi di beccarmi i germi a baciare una ragazza. Una Mezzosangue, poi.> concluse con sarcasmo.
< Non insultare la mia intelligenza facendomi la predica sui preconcetti, Malfoy. Proprio tu, che ne hai fatto una delle basi portanti della tua esistenza.> storse il naso in una smorfia disgustata, sebbene una minuscola parte di sé ci tenesse a ricordarle che un Mangiamorte pieno di pregiudizi non l’avrebbe appassionatamente baciata come aveva fatto lui pochi istanti prima.
< La tua intelligenza è l’ultima cosa che insulterei.> rispose lui, inclinando il capo verso destra e guardandola con un’espressione divertita. < Ci sono mille altri particolari su cui soffermarsi.>
Aveva davvero sentito la mancanza di quei loro battibecchi.
Hermione scosse ripetutamente il capo. Non fu una sorpresa scoprire che le parole del ragazzo, per quanto sottintendessero la sua presunta condizione di “materiale da insulto”, non la scalfirono minimamente.
Si rendeva conto che era tutto un gioco, quel punzecchiarsi a vicenda. Forse lo era sempre stato, forse anche ai tempi di Hogwarts si apostrofavano nei modi peggiori solo per il gusto di duellare verbalmente, e non perché credessero davvero in ciò che si dicevano.
Di sicuro, lo era adesso. Era pienamente consapevole che Draco non avrebbe insultato tanto la sua intelligenza quanto tutto il resto.
E, sebbene fosse inferocita fino all’innervosibile con lui, per i suoi modi infantili, per l’atteggiamento da spaccone, per quel bacio – anche se inferocita non era forse il termine più adatto – , non poté evitare di considerare quanto, nei giorni carichi di tensione appena trascorsi, le fosse mancato tutto ciò.
< Non è necessario che mi provochi, se vuoi che ti Schianti basta dirlo. Non aspetto altro.> sentenziò.
Draco fece scattare le sopracciglia verso l’alto, assumendo un cipiglio altezzoso che riportò immediatamente la memoria della giovane all’immagine ormai dissolta dello spocchioso ragazzino che faceva dei suoi natali oscuri un vanto da sbandierare al resto del mondo.
< Sarò anche senza poteri, ma non mi sono rammollito tutt’a un tratto.> fece, ignorando di proposito quella vocina che sottolineava come le sue paturnie amorose per Hermione Granger fossero un chiaro sintomo di indebolimento < E se speri di riuscire ad affatturarmi le chiappe, puoi anche rinunciare in partenza.>
< O posso sempre prenderti per il collo.> commentò lei, insinuante < Quello è un linguaggio familiare per te, o sbaglio?>
Il ragazzo esibì un’espressione di finto stupore. Come se le parole della fanciulla gli avessero improvvisamente aperto un mondo di comprensione di fronte agli occhi.
Finzione che, per inciso, contribuì solo ad accentuare il nervosismo di Hermione. Lui sapeva benissimo per quale motivo si fosse precipitata lì come una furia, e lei sapeva che lui sapeva.
< Oh, dunque è per questo che sei qui?> esordì, con tono falso e voce strascicata < Credevo che avessi solo sentito la mia mancanza!>
La giovane serrò gli occhi, contando mentalmente fino a dieci nel vano tentativo di calmarsi.
Inutile, Draco Malfoy sortiva sul suo autocontrollo lo stesso effetto di un Incantesimo Esplosivo.
Lo faceva andare in mille pezzi.
< Finiscila di fare l’idiota!> gli ringhiò < E’ mai possibile che tu debba costantemente rappresentare un intralcio alla mia vita? E’ mai possibile che non posso lasciarti da solo con un’infermiera senza che tu cerchi di ucciderla?>
In risposta, il ragazzo prese a ridacchiare. Hermione strinse convulsamente le mani a pugno, desiderando con tutta se stessa che una di esse contenesse un oggetto contundente con cui infierire su quella faccia da schiaffi.
< E non ridere, dannazione!> esclamò, con un grido isterico < Non ti vergogni di ciò che hai fatto?>
Draco la squadrò con un’occhiata quasi oltraggiata.
< Diamine Granger, ho fatto molto peggio di così! Dovrei vergognarmi di uno scherzetto innocente ad un’infermiera, quando ho sulle spalle la responsabilità di decine di cadaveri?>
Lei non riuscì a non rabbrividire, di fronte ad una simile dichiarazione.
Di rabbia e di sgomento.
Era vero, aveva compiuto gesti ben peggiori. Non poteva negarlo, sebbene ora le costasse fatica associare l’immagine dell’affascinante biondino di cui era invaghita con quella di un temibile assassino.
Non che avesse dimenticato chi lui fosse. Solo, per Hermione Granger Draco aveva preso il sopravvento su Malfoy.
Al tempo stesso, la innervosiva non poco constatare con quanta leggerezza parlasse degli abomini che aveva compiuto, e con quanta superficialità affrontasse la violenza che aveva operato ai danni di quella povera ragazza.
Come sempre, il suo animo da Grifondoro ruggiva al cospetto di soprusi, brutalità ed ingiustizie.
< Mi meraviglio della tua sconsideratezza, Malfoy! Credi che i tuoi trascorsi siano da premiare? Credi che sbandierandoli così al vento gli Auror saranno più comprensivi con te? Oppure credi che facendo del male a chi dovrebbe prendersi cura di te otterrai un qualche sconto della tua pena? Non so come funzionino le cose nel tuo mondo perverso, o come quel tuo cervello da Mangiamorte ragioni, ma non è così che riuscirai a migliorare la tua posizione! Casomai, la aggraverai ulteriormente. E forse non ti rendi conto che è già piuttosto grave.>
Di colpo, nel sorriso sarcastico di Draco si spezzò qualcosa.
Le sue labbra si piegarono improvvisamente, tramutando il ghigno divertito in una linea retta dura e tesa.
Hermione vide i suoi occhi rabbuiarsi, la sua espressione farsi minacciosa e l’aria tutt’intorno a sé divenire inaspettatamente pesante ed elettrica.
Si rese subito conto di aver appena commesso un grosso errore.
Aveva introdotto il mondo esterno in quella stanza, spezzando il delicato equilibrio da loro creato. Si era spinta troppo in là, superando i limiti tacitamente stabiliti e rivestendo il loro personale limbo di dense nuvole nere, cariche di pioggia.
Rabbrividì, e non fu affatto piacevole.
Non fu come quando, poco prima, la bocca di lui aveva indugiato sul suo collo, o quando le sue dita le avevano stretto il polso. Non furono quei brividi deliziosi che il profumo, la voce suadente ed il tocco delicato del ragazzo erano capaci di donarle.
Furono brividi di paura.
Il volto di Draco si era trasfigurato in una maschera di pura cattiveria, agghiacciante e pietrificante.
Mai, da che lo conosceva, l’aveva guardata con una simile, lampante avversione. Neppure nei tormentati anni di Hogwarts, neppure quando la definiva Sporca Mezzosangue e le augurava una dolorosa morte tra le letali spire del Basilisco.
Mai.
Per la prima volta, Draco Malfoy aveva visto in Hermione Granger una vera nemica.
Era evidente che avesse toccato un nervo scoperto. Era evidente che non apprezzava che gli venisse ricordata la sua inevitabile sorte. Era evidente che non giudicava la sua aggressione a quell’infermiera un fatto abbastanza grave perché spingesse lei ad affrontare un simile discorso.
Aveva appena infranto un tabù.
< Vuoi sapere cosa credo, Granger?> mai ad Hermione le due R del suo cognome erano parse così dure < Credo che non dovresti occuparti di faccende che non ti riguardano. Credo che dovresti continuare a ricucire ferite e somministrare pozioni curative anziché ergerti ad avvocato del Diavolo, peraltro senza che nessuno te l’abbia chiesto. Credo che la tua pedanteria sia tanto sciocca quanto fuori luogo. Credo che dovresti sciacquarti quella tua lurida bocca da SangueSporco prima di permetterti di parlare di me e dei miei trascorsi.>
Un dolore sordo scaturì nel petto della fanciulla. Non voleva che la loro discussione prendesse quella piega.
Era terrificante sentirlo apostrofarla con un simile epiteto, così diverso dal più soft Mezzosangue ed immensamente più offensivo di questo.
Ma ancora più terrificante era osservare la sua espressione carica di disprezzo, notare come il suo corpo tremasse impercettibilmente per lo sforzo di contenere la furia cieca che lo permeava, vederlo avanzare verso di lei con quell’aria tremendamente minacciosa.
Hermione rimaneva immobile, aggrappandosi a tutto il proprio coraggio Rosso-Oro e fronteggiandolo con un’espressione di finta spavalderia in volto. Era spaventata da lui, forse per la prima volta realmente spaventata. Ma si sarebbe presa a schiaffi da sola, piuttosto che darlo a vedere.
Eppure, ad ogni passo che Draco compiva in direzione sua, non riusciva a non sentirsi sempre più piccola ed insignificante.
A giocare col fuoco ci si brucia.
Lei stava per essere arsa viva da un Ardemonio con fattezze umane.

< Non concedo a quei tuoi disgustosi amichetti Auror di esprimersi sul futuro che mi si prospetta, cosa ti fa pensare che lo permetta ad una ragazzina che non ha alcuna voce in capitolo?> proseguì lui < Non so come funzionino le cose nel tuo sporco mondo ipocrita, o come quel tuo cervello Nato Babbano ragioni, ma il fatto che io sia disgraziatamente attratto da te non ti autorizza a prenderti una simile confidenza col sottoscritto.>
Lottando furiosamente contro il tremito che minacciava di impossessarsi delle sue ginocchia, Hermione fece appello a tutto il proprio orgoglio Grifonesco per tenergli testa.
< Chi diamine ti credi di essere per parlarmi così?> esclamò, stizzita.
< No Granger,> replicò lui, alzando di qualche tono la voce < tu chi diamine ti credi di essere per rivolgerti a me in un simile modo! Forse non ti rendi conto con chi hai a che fare, o forse sei ancora convinta che quel tuo atteggiamento da petulante So-tutto-io possa adattarsi anche ad una circostanza diversa da Hogwarts. Queste non sono cose che ti riguardano, e non hai il diritto di esprimerti! Se pensi che sia disposto a seguire i consigli legali di un’inutile Medimaga, ti sbagli di grosso!>
< Io sono responsabile della tua reclusione qua dentro, e quindi...>
< E quindi un cazzo!> sbraitò lui, interrompendola < Sei solo una stupida, Granger. Una stupida mocciosa viziata che non capisce un accidente! Credi forse che io mi diverta a restare rinchiuso in questa fottuta stanza, e a sentire te che ogni dannata volta lo sottolinei e rigiri il coltello nella piaga? Pensi che mi risulti facile restarmene oziosamente sdraiato tutto il giorno su quel maledetto letto quando là fuori stanno combattendo la mia guerra?>
Hermione si ritrovò inconsapevolmente a trattenere il fiato, osservando il volto del ragazzo mentre si accalorava. I suoi occhi grigi risplendevano di una luce che mai gli aveva visto prima.
Probabilmente perché mai avevano affrontato il discorso da quel punto di vista.
Draco si era raramente espresso sulla sua condizione di prigioniero, in quei mesi. E se l’aveva fatto, l’affrontava con molta superficialità, al punto che la fanciulla era giunta quasi a sospettare che la situazione non lo tangesse più di tanto.
Sbagliava.
Era un animale in trappola, che rimpiangeva la sua libertà e smaniava per fuggire da quella gabbia. Ma che, consapevole di come quel feroce desiderio potesse tramutarsi in un’arma a doppio taglio che i suoi carcerieri avrebbero potuto impugnare contro di lui, faceva di tutto per dissimulare e celare i propri sentimenti.
Hermione aveva toccato un tasto dolente. E lui, vuoi per l’esasperazione degli ormai quasi cinque mesi di prigionia, vuoi perché proprio lei aveva tirato in ballo l’argomento, era esploso.
Era evidente. Il ragazzo stava calando la maschera. Schiavo della foga e della rabbia del momento, stava dando libero sfogo ai tumulti più profondi del suo animo.
E, forse, il fatto che la sua spettatrice fosse Hermione Jean Granger contribuiva ad irritarlo ancora di più, e al tempo stesso a facilitargli quasi quella sorta di “confessione”.
< Perché quella è la mia guerra, Granger.> proseguì < Le sorti del conflitto decideranno anche cosa ne sarà di me. E’ questione di vita o di morte. Ed io non posso fare nulla, devo limitarmi ad accettare passivamente un destino che verrà tracciato senza il mio contributo. Credi forse che riesca a rapportarmi ad una simile situazione a cuor leggero? Se l’Ordine vincerà, cosa quanto mai probabile, io sarò fottuto. Molto più fottuto di quanto lo sia adesso. E non potrò farci niente. Non sarà certo restandomene buono e zitto qui che scamperò Azkaban, o peggio.> mormorò, lugubre.
Sbigottita, la ragazza lo vide scoppiare improvvisamente a ridere.
Non c’era nulla di divertito o ironico in quella risata. Era colma di amarezza, d’ira, di frustrazione.
< Ma del resto, a te cosa interessa?> riprese, squadrandola con un sorrisetto crudele < A te piace ergerti a paladina della giustizia solo in favore dei buoni. Dunque, che i sudici e malvagi Mangiamorte marciscano pure all’Inferno. Ma guai a torcere un solo capello ad uno dei tuoi, vero?>
Mentre Draco le si faceva più vicino, Hermione si ritrovò a riflettere sul significato sotteso di quelle parole.
Non le stava esplicitamente chiedendo nulla, l’accusava piuttosto di evidente arbitrarietà e pregiudizio nei confronti di quelli come lui.
Eppure, non riusciva a non leggerci una sorta di rabbia personale. Come se, sotto sotto, fosse amareggiato dal fatto che si scaldava tanto per uno spavento ad un’infermiera e rimanesse indifferente a ciò che sarebbe toccato a lui.
Peraltro, era una considerazione del tutto fasulla.
Hermione non era indifferente. Piuttosto, si era sempre rifiutata di considerare ciò che sarebbe capitato a Malfoy una volta conclusa la guerra.
Perché, quando le capitava, avvertiva una dolorosa fitta al petto. Troppo dolorosa per rientrare nei termini di una banale infatuazione.
Lo vide fermarsi a breve distanza da lei. Non riusciva a decidersi se fosse illusione ottica, o se realmente il peso di quello sfogo l’avesse piegata. Fatto sta che la differenza d’altezza tra loro era ancora più evidente.
Draco sembrava superarla di almeno una ventina di centimetri, ed aveva il potere di farla sentire in assoluta soggezione.
Fece per distogliere lo sguardo, ma lui glielo impedì. Le afferrò il mento con le dita della mano destra, costringendola a tornare a fissarlo.
La sua presa era dura e ferrea, la sua mano improvvisamente gelida, così diversa da quella che poco prima l’aveva accarezzata.
< Non riesci proprio a vedere al di là del tuo naso, eh?> le sibilò, incatenandola con lo sguardo < Ti piace crogiolarti nel tuo mondo perfettino di bianchi e neri, dove le sfumature non sono ammesse e dove ognuno è imprigionato nel proprio ruolo, non è così? E’ più forte di te, i tuoi occhioni si rifiutano di vedere una realtà che possa in qualche modo stridere con le tue solide convinzioni. E’ per questo che ti risulta così improponibile pensare che io potessi non voler davvero fare del male a quella ragazzina.>
Hermione sgranò gli occhi, stupefatta.
< Tu non...> balbettò.
Draco ritrasse bruscamente la mano dal suo volto, indietreggiando di un passo e fissandola severamente.
< Io non sono un mostro che fa deliberatamente del male alla gente per il puro gusto della sofferenza altrui.> esordì, glaciale < Tutto ciò che ho fatto in passato rientrava nel mero gioco della guerra. E’ così che funziona, nel caso non lo sapessi. Se il mio Signore mi ordina di uccidere, io eseguo. Se in battaglia un nemico tenta di eliminarmi, io rispondo al fuoco. Faccio semplicemente ciò a cui sono tenuto. Non mi compiaccio della morte e non traggo piacere dal male che infliggo agli altri. Sarò abietto, spregevole e malvagio, ma sono comunque una persona.>
< Non ho mai detto il contrario.> replicò lei, sommessamente.
< Non mi pare. Sei entrata qua dentro con la ferma convinzione che il mio gesto fosse la classica manifestazione di violenza che ci si aspetta da uno come me. Hai ritenuto che volessi ucciderla, o comunque ferirla. E a che pro, poi? Perché io sono un Mangiamorte, ed è questo che fanno i Mangiamorte. Si divertono a seminare terrore e sofferenze gratuitamente. Non hai dubitato neanche per un solo istante che potesse esserci qualcos’altro.>
< E c’è qualcos’altro?> chiese lei.
Draco alzò gli occhi al cielo.
< E’ quello che ti sto dicendo.>
Hermione tacque, turbata. In pochi secondi, tuttavia, riacquistò il suo solito fervore.
< In ogni caso, di qualunque cosa si tratti, ciò che hai fatto è troppo. E’ un gesto eccessivo, e non vi sono giustificazioni. Oltretutto, mi avevi assicurato che un episodio del genere non si sarebbe più verificato.*>
< Ti avevo detto che non avrei più fatto una cosa del genere a te. Non ho promesso nulla, per gli altri.>
< Dannazione Malfoy, non è questo il punto!> rispose lei, scaldandosi < Perché l’hai fatto, me lo vuoi spiegare? Hai deliberatamente terrorizzato una povera ragazza che stava solo facendo il suo dovere. Dimmi quale assurda motivazione ti ha spinto a fare una cosa simile! Perché?>
Le labbra del ragazzo si piegarono in un sorrisetto amaro.
< Perché sono un idiota.>
La giovane aggrottò le sopracciglia. Non si aspettava una risposta del genere, per quanto a suo parere fosse forse la più azzeccata.
Perplessa, tentò d’invitarlo a proseguire.
< Come?>
< Sono un idiota, hai sentito bene.> si voltò, dandole le spalle < Non trovo altro modo per definire chi arriva ad usare simili mezzucci solo per attirare l’attenzione di una donna.>
Hermione sgranò gli occhi, mentre avvertiva un nodo chiuderle la gola e mozzarle il respiro. Fissò in silenzio la sua schiena per qualche istante, boccheggiando in cerca d’aria e di qualcosa di sensato con cui replicare a quella bomba.
Una parte di sé si augurò di aver capito male, perché altrimenti tutti i suoi sforzi ed i suoi sacrifici degli ultimi giorni sarebbero stati gettati al vento.
Ma un’altra parte, quella più vicina al centro delle sue emozioni, diede vita ad un tumulto incontrollabile di esultanze e manifestazioni di gioia.
< L’hai fatto per... per attirare la mia attenzione?>
Draco annuì.
< Esattamente.>
< Perché?>
< Perché volevo rivederti.>
Hermione si passò una mano sul volto, sospirando pesantemente. Il suo cuore batteva ad un ritmo forsennato, ma la sua razionalità la richiamava all’ordine.
< Tu sei in assoluto l’essere più contraddittorio che esista sulla faccia della Terra!> chiosò < Avevi detto che ti stava bene che... insomma, che smettessimo di vederci. Che anche tu la giudicavi la cosa migliore, che eri d’accordo con me.>
Lui scrollò le spalle, continuando a nascondere il volto alla sua vista.
< Ho cambiato idea. Capita.>
La fanciulla si portò le mani sui fianchi, in quella che Ron definiva la classica “posa alla Molly Weasley”.
< A te capita un po’ troppo spesso. Dici una cosa, e poi fai il suo esatto opposto. Davvero non ti capisco, che cosa vuoi da me?>
Notò la schiena del ragazzo irrigidirsi.
< Te l’ho già detto. Voglio te.>
Gli stessi brividi avvertiti la volta precedente riaffiorarono sulla pelle della ragazza.
Avrebbe potuto ripeterglielo altre mille volte, e lei sarebbe rabbrividita per altre mille volte.
Era qualcosa che non riusciva a controllare. La sua voce roca e profonda, il desiderio palpabile di cui quelle parole erano permeate, l’esaltante consapevolezza di esercitare un così forte ascendente su di lui erano capaci di accenderla all’istante, di bruciarla e consumarla lentamente.
< Tu... Merlino, te ne rendi conto? Dici che mi vuoi e poi mi allontani, e quando sono lontana torni a cercarmi. Mi stai facendo seriamente impazzire! Perché non riesci a prendere una decisione definitiva?>
< Mi pare che tu non sia da meno.>
< No Malfoy!> proruppe Hermione, alzando la voce < Non ti azzardare a puntare il dito contro di me! E guardami quando ti parlo!> esclamò, afferrandolo per l’orlo della maglia e costringendolo a voltarsi verso di lei.
< Io ho scelto, a differenza tua. Ed ho portato avanti questa mia risoluzione, per quanto difficile e faticoso potesse essere. Ho stabilito che la cosa migliore per entrambi fosse starci lontani, e l’ho fatto.>
L’espressione di Draco si fece di nuovo rigida, mentre socchiudeva gli occhi con livore.
< Ho visto come mi sei stata lontana, prima.> sottolineò, tagliente.
< Sei stato tu a baciarmi!> replicò lei, stringendo convulsamente la stoffa della sua maglia.
< Ed ho notato con quanta prontezza di spirito hai provveduto a respingermi! Non hai opposto la minima resistenza, il che non mi sembra esattamente l’atteggiamento di una persona risoluta.>
< Non usare ciò che tu hai fatto contro di me!>
Il ragazzo posò entrambe le mani sulle sue spalle, stringendola con forza, e la costrinse ad avvicinarsi di un passo a sé.
< Perché ti ostini a non voler ammettere che anche tu non riesci a lasciarti ciò che è successo alle spalle?> le disse, fissandola intensamente < Sei stata la prima a pentirsi di essersene andata, non appena hai varcato quella porta. Perché tenti di negarlo?>
Aveva ragione.
Ne aveva da vendere.
Hermione doveva ringraziare il fatto di essere stata abituata sin dal primo anno ad Hogwarts a sacrificare i propri desideri e le proprie pulsioni in nome della rettitudine e del rigore nei confronti delle regole, ma quella era stata senza dubbio la decisione più sofferta ed ardua della sua vita.
Aveva dovuto fare appello ad ogni più piccola porzione del proprio autocontrollo per resistere all’impulso ricorrente di mandare al diavolo il suo buon senso e tornare a gettarsi tra le sue braccia.
Era impressionante con quanta forza ogni fibra del suo essere si sentisse attratta, se non addirittura risucchiata, da lui.
Ma confessarlo esplicitamente a Malfoy avrebbe significato gettare del tutto le armi.
Sapeva di non doverlo fare. Eppure, da un lato, non desiderava altro.
Confusa, frustrata, esasperata, spossata dai toni e dai contenuti di quella discussione, si ritrovò a fare l’ultima cosa che avrebbe voluto.
Piangere.
Quasi senza che se ne rendesse conto, e del tutto incapace di arrestarle, grosse lacrime inumidirono i suoi occhi e solcarono le sue guance.
< Perché mi stai facendo questo?> gemette, serrando le palpebre per sfuggire al suo sguardo.
Di fronte al suo pianto, Draco si paralizzò.
Rilasciò immediatamente la presa sulle sue spalle, mentre avvertiva una morsa dolorosa chiudergli lo stomaco.
Non voleva farla piangere.
Non voleva farla soffrire.
Troppe persone avevano patito per causa sua. Aveva fatto del male a chi gli era stato accanto sin da quando era un bambino, aveva inferto continui dolori ed afflizioni alle persone che amava.
Merlino solo sapeva quante lacrime Narcissa Malfoy avesse versato a causa di suo figlio.
Non poteva sopportare che anche lei venisse ferita da lui.
L’aveva allontanata per salvarla, ed egoisticamente aveva ceduto agli spasimi del proprio corpo – e del proprio cuore, sebbene non fosse particolarmente incline ad ammetterlo – per richiamarla a sé.
Aveva commesso un errore madornale.
Il risultato di tutto ciò erano le sue lacrime, che come spilloni ardenti si conficcavano nella sua carne, ustionandola e deturpandola.
Il dolore di Hermione Granger faceva male anche a lui. Ed al tempo stesso, elemento di un ironico circolo vizioso, proprio lui ne era la causa.
La fissò, sentendo distintamente qualcosa nel suo petto incrinarsi.
< Hai ragione.> esordì. La sua voce non gli era mai suonata così estranea < Devo prendere una decisione definitiva.>
La fanciulla riaprì gli occhi, ricambiando il suo sguardo.
La trepidazione che Draco vi lesse lo fece vacillare per qualche istante. Ma poi, le lacrime che ancora rigavano le sue guance gli diedero la spinta di cui aveva bisogno per compiere quel salto.
Sfuggì a quelle lucide iridi marroni, voltando il capo verso sinistra e fissando un punto imprecisato dell’alta parete bianca.
< Vattene.> mormorò.
Hermione smise di piangere e respirare al tempo stesso. Spalancò gli occhi, sconcertata.
< Non ti darò più motivo di tornare, te l’assicuro.> proseguì lui < Và via.>
La Guaritrice rimpianse enormemente che la sua bacchetta fosse ancora sul pavimento, e non stretta tra le sue mani.
Si passò l’avambraccio destro sul viso, cancellando alla bell’e meglio le tracce di lacrime per lasciare posto ad un’espressione furibonda.
< Lo stai facendo di nuovo!> ringhiò.
Perplesso, il ragazzo tornò a fissarla.
< Hai cambiato idea un’altra volta? Stai ancora facendo il bello e cattivo tempo con me. Dannazione Malfoy, smettila di trattarmi come se fossi il tuo giocattolo personale! Credi di averne tutti i diritti dall’alto della tua nobile condizione di Purosangue? Credi di poter fare ciò che più ti piace con me solo perché sono una sporca Mezzosangue?>
Draco aggrottò le sopracciglia, esterrefatto.
< Che cazzo c’entrano adesso le questioni di sangue?>
< C’entrano sempre.> replicò lei, funerea < Non è forse per questo che mi hai sempre trattata come se fossi una nullità? E non è per questo che adesso vuoi allontanarmi? Perché non sono alla tua altezza, non sono degna di te, e sarebbe un disonore per un Malfoy mescolarsi ad una feccia come me!>
< Non dire stronzate!> la zittì lui < Da dove ti saltano fuori discorsi del genere? Ti sei bevuta il cervello?>
< Sei sempre stato tu il primo a sottolinearmi l’inoppugnabilità della questione, fin dai tempi di Hogwarts.>
Le labbra del ragazzo si contrassero in una smorfia.
< Credevo di aver già messo in chiaro che non sono più quello di un tempo.>
< Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.> sentenziò velenosa lei.
< Forse.> fece lui, sospirando < In ogni caso, il tuo o il mio sangue non c’entrano niente, Granger. Paradossalmente, sarebbe persino meglio se fosse così.>
< Meglio?>
Draco annuì.
< Potrei snocciolarti almeno una trentina di nomi di miei antenati ipocriti che di giorno proclamavano la superiorità della nostra razza e di notte s’intrattenevano con Mezzosangue e Babbane. E ti dirò di più, dall’albero genealogico dei Malfoy sono stati cancellati oltre dieci miei predecessori che hanno sposato delle SangueSporco. Ho impiegato anni per comprenderlo, ma la questione del sangue è più una formalità che altro.>
Sollevò un braccio, cedendo all’impulso di sfiorarla. Afferrò tra le dita la punta di un ricciolo, precedentemente adagiato sulla spalla sinistra.
< Non ha alcuna importanza che tu abbia origini Babbane. O, almeno, non ne ha per me.> proseguì < La situazione è decisamente più complicata e pericolosa, Granger. Noi rappresentiamo due estremi opposti, che per nessun motivo dovrebbero mai entrare in contatto. Tu sei una dei “buoni”, io uno dei “cattivi”. Non conta ciò che noi vorremmo, non conta il fatto che l’attrazione che c’è tra noi sia praticamente irresistibile.>
Mollò la presa sul ciuffo di capelli, allontanando la mano da lei e scoccandole un’occhiata eloquente.
< Qualunque cosa tra di noi è impossibile. Possiamo solo adeguarci all’inevitabilità dei fatti.>
Lo sbuffo che sfuggì ad Hermione gli ricordò vividamente una risatina.
Non era esattamente ilarità ciò che sperava di suscitare in lei.
< E’ buffo che tu abbia scelto proprio quel termine.> commentò la giovane.
Malfoy aggrottò le sopracciglia.
< Buffo?>
Lei annuì.
< Impossibile. Suona tanto come qualcosa di definitivo, d’insindacabile ed incontestabile, vero?> scrollò le spalle, con una smorfia < Balle. Per me, “impossibile” è sempre stata una parola come un’altra. Un banale mezzo per esprimere un concetto, come “casa” o “albero”, ad esempio. Ho sempre usato le parole a mio vantaggio, come mie alleate, e non il contrario. Non ho mai permesso a niente e nessuno di ostacolare me ed i miei desideri, figurarsi ad un banale elemento sintattico.>
Colpito, Draco non replicò. Rimase a fissarla in silenzio con un’espressione attonita, come se gli fosse appena stata rivelata la più importante verità della storia.
Odiava ammettere di aver avuto torto, ma la replica della ragazza era inattaccabile. E, inaspettatamente, smosse qualcosa nel suo animo.
Dopotutto, aveva colto un punto fondamentale. Cos’era una sciocca parolina per fermare Draco Lucius Malfoy?
< Cosa stai cercando di dire?> esordì poi, riservandole uno sguardo più sereno e quasi compiaciuto.
Suo malgrado, Hermione si ritrovò a sorridere. Il Mangiamorte non era il solo ad essere rimasto impressionato dalle sue parole.
Non aveva mai considerato la situazione in quei termini. O, più semplicemente, non si era mai sentita esplicitamente “respinta” da lui.
Finora era sempre stata lei quella più ansiosa di interrompere ogni contatto, di tenersi alla larga da lui e dall’effetto che le faceva.
Ma di fronte alla possibilità che fosse lui a sancire la fine di quel loro rapporto, qualcosa di nuovo era sbocciato in lei.
Aveva avuto paura.
Paura di perderlo.

Di dover irreversibilmente rinunciare a lui, di non poter tornare indietro. Ed aveva avuto la riprova che ciò che provava per lui era assai più forte di ogni sua rimostranza.
Ne era convinta, aveva scelto la strada sbagliata. Non era così che doveva affrontare la questione.
L’unico modo per liberarsi di una tentazione è di abbandonarvisi.*
Mai aforisma le era parso più calzante, e più veritiero.
< Che forse la mia soluzione non era poi così efficace.>
Draco sorrise a sua volta, muovendo un passo verso di lei.
Non ebbero bisogno di aggiungere altro.
E non ci fu più posto per le parole.


















* 1) Lo so, lo so. Il marchio teoricamente è sull'avambraccio sinistro. Purtroppo, colpa di una mia svista personale – o meglio, di una svista causata dalla prospettiva distorta delle descrizioni – , sin dal primo capitolo ho erroneamente collocato il Marchio di Draco sul braccio sbagliato. E spostarlo magicamente a questo punto della narrazione mi sarebbe sembrato pure peggio, sicché ho deciso di perseguire nel mio errore, considerandolo una sorta di "licenza poetica".

2) No signore, non è un frutto della mia fantasia. Hermione apre davvero il cancello ad Hagrid. Vi rimando a pagina 101 del Prigioniero di Azkaban, capitolo 6 "Artigli e foglie di té":
<< Non muori! >> disse Hagrid pallidissimo. << Se qualcuno mi aiuta... bisogna portarlo via di qua... >>
Hermione corse ad aprire il cancello mentre Hagrid sollevava Malfoy senza sforzo.

Inutile stare a spiegarvi quale sottesa chiave Dramionesca la mia mente abbia scorto nell'affanno di Hermione. Eccesso di zelo? Uhm, I don't think so =P

3) Quello del "Complesso di Edipo" è un concetto di matrice psicanalitica spiegato da Freud e Jung, secondo i quali, sostanzialmente, il bambino maschio affronta una fase di maturazione che prevede l'identificazione con il padre ed una sorta di morbosità nei confronti della madre. Si parla di "Complesso di Edipo" anche come disturbo mentale, per cui un figlio nutre eccessivo attaccamento, se non addirittura pulsioni sessuali, verso la figura materna.
Si basa sul mito greco di Edipo, che in soldoni uccide il padre e sposa la madre Giocasta. Edipo, però, non era a conoscenza dell'identità dei genitori, e quando scopre che la sua sposa è la sua stessa madre, si cava gli occhi con la sua spilla.
Ecco perchè, qualche riga sotto, Draco dichiara che "uccidere suo padre certamente non rientrava nel novero".

4) Letteralmente "i giochi sono fatti". E' la frase (assieme alla versione anglosassone "The chips are down") che il croupier di un casinò pronuncia per sancire il termine delle puntate: da quel momento, la roulette verrà azionata, ed i giocatori non potranno più modificare le proprie scommesse, bensì subire passivamente il risultato del gioco.
Nel linguaggio quotidiano, si usa per indicare un punto di svolta, dal quale non si può tornare indietro (teoricamente, almeno nel caso di Draco ed Hermione).

5) Non odiatemi, non ho nulla contro la coppia Remus/Tonks. Anzi, la trovo tutto sommato carina, ed ho letto negli anni alcune fict davvero stupende al riguardo. Ma il mio animo è indiscutibilmente tendente al Wolfstar, non posso farci nulla xD Sirius e Remus non me l'hanno mai contata giusta, sin dalla loro prima apparizione nel Prigioniero di Azkaban ho subito avvertito della magia nell'aria. Mamma Row ha poi deciso di ripiegare per questa svolta quasi totalmente inaspettata, ma io continuerò sempre a sospettare dei gusti e della particolare amicizia, esattamente come Potty.
Che poi veda pure un qualche spiraglio di Sirius/Lily sapientemente celato tra le pagine della Saga, è un'altra faccenda. Si sa, io ed il Canon decisamente NON andiamo d'accordo xD

6) Sulle prime avevo optato per l'espressione "più falsa di una moneta da tre euro", che poi è parte integrante del mio vocabolario quotidiano (e che, nei casi più "gravi", vede la moneta diventare da tre euro e cinquantacinque centesimi, ma questi sono dettagli irrilevanti xD). Sennonché, l'illuminazione divina mi ha sottolineato che A) i Maghi non usano gli euro e B) se anche i Maghi usassero monete Babbane, in Inghilterra in ogni caso non userebbero gli euro.
Da lì, l'idea di adattare l'espressione al mondo di Potter e soci. Lo zellino è notoriamente, oltre che una moneta pressocché inutile, fatto di bronzo. E' perciò evidente che uno zellino d'oro sia indiscutibilmente falso.

7) Questa cosa mi duole immensamente, ma ho citato Emma Watson. Sì, l'apocalisse è vicina xD
A parte ciò, ho sempre trovato quell'aggiunta della versione cinematografica di PoA alquanto pittoresca. Ed il "lo dici come se fosse una brutta cosa" è evidentemente ispirato ad una famosa pagina di Facebook, in lingua inglese.

8) Anche in questo caso, ammetto di essermi ispirata molto più al film che al libro. Nel libro Hermione prima schiaffeggia Draco e poi gli punta la bacchetta contro, mentre lui la fissa stupefatto per poi battere in ritirata.
Nel film le cose sono decisamente diverse. Ma la scena che volevo richiamare è esattamente quella in cui Hermione/Emma Watson inchioda Draco/Tom Felton alla parete puntandogli la bacchetta alla gola, mentre lui piagnuccola terrorizzato e sbigottito. Il che poi si ricollega, appunto, alla propria espressione che Draco ricorda qualche riga sotto.
Ora, a prescindere dal fatto che nel libro Draco NON frigna, piuttosto indietreggia scioccato, il fatto che in questa circostanza lui resti impassibile non è un mio tentativo di ritrarre Malfoy come il classico granfigo senza macchia e senza paura che spesso si vede nelle fanfiction.
Innanzitutto, Draco è adulto ormai. E per quanto abbia visto ragazzi di ventidue anni piangere come vitellini per l'esclusione dell'Italia dai Mondiali, voglio continuare a sperare che a qualche essere umano maschile sia rimasta un briciolo di virilità u.u
Inoltre, Draco è un Mangiamorte, e non un Mangiamorte qualunque, non dimenticatelo mai. Dunque, non si lascia certo intimorire da una velata minaccia come quella di Hermie. Ha affrontato ben di peggio.
Infine, non teme Hermione perchè sa benissimo di non avere nulla da temere. Probabilmente non avrebbe usato alcun incantesimo contro di lui neppure ai tempi di Hogwarts (o forse sì xD), ma in questo caso è evidente che la sua è più che altro scena. Hermione è troppo professionale, troppo rispettosa delle regole e soprattutto troppo invaghita per usargli violenza.
Tutta questa barbosa parentesi solo per sottolineare che io amo Draco così com'è e com'è sempre stato. Non ho mai voluto cambiarlo rispetto all'originale, quanto piuttosto rendergli un pò più di giustizia rispetto alla palese avversione della Row, e soprattutto adattarlo ad un'ovvia maturazione fisica e mentale dovuta al passare degli anni.
Per quanto poi riguarda la sua eccitazione di fronte alla combattività di Hermione, diciamo pure che è un'interpretazione del tutto personale dell'episodio. ^^

9) E' un famoso proverbio italiano, che generalmente si riferisce a qualcuno che parte con l'intento di fregare, e finisce con l'essere fregato. Esattamente come Draco :)

10) Vi rimando al capitolo 2, dove Draco si scusa con Hermione per averla aggredita il giorno prima e le promette che un simile episodio non si sarebbe più verificato.

11) "L'unico modo per liberarsi di una tentazione è di abbandonarvisi" sono le splendide e veritiere parole di Sir Oscar Wilde, espresse nel suo capolavoro "Il ritratto di Dorian Gray".








Questo capitolo è stato senza ombra di dubbio un parto. O.O
Innanzitutto, è la cosa più lunga che abbia scritto da... uhm, sempre?
Secondariamente, ammetto che mi è sfuggito di mano. Parecchio.
Il bacio NON era assolutamente previsto, ma pare che ormai quei due non siano proprio capaci di starsi lontani xD
E per il resto, mi sono ritrovata mio malgrado a perdermi in spezzoni introspettivi che giuro di non aver considerato nel momento in cui ho deciso cosa narrare nel capitolo.
Credo che, in quanto a lunghezza, possa essere una valida compensazione per l'attesa. In quanto a contenuti... beh, lascio a voi il giudizio ^^


Spendo due paroline giusto per tre parti.
In primis, il primo spezzato in corsivo.
I pensieri iniziali di Hermione sono volutamente Dramioneschi. Sono la fedele trasposizione di ciò che io (e non solo io, thank goodness) ho letto tra le righe monopolizzate da Potty Potty Potty che la Row ha scritto.
E' tutto riscontrabile sui libri, vedere per credere =P
Secondo punto: il rapporto Draco-Lucius-Narcissa.
Mi sono già espressa al riguardo in una mia vecchia OS, Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera. Lucius non è la persona più affettuosa e dolce del mondo, e questo nessuno sano di mente può metterlo in dubbio. Ma non ho mai apprezzato nè condiviso l'immagine di Luc padre e padrone che abusa del figlio (spesso in molteplici sensi, il che è... beh, rivoltante O.O) e lo disprezza. E qui mi dispiace, ma non è questione di interpretazioni soggettive o meno.
Basta leggere DH per rendersi conto che Lucius e Narcissa Malfoy amano il loro figlio, seppure in un modo assai personale. Ovvio, bisogna fare un ampio lavoro di spulciatura, ignorando le 2570 pagine dedicate a PottyPott in tutte le salse e concentrarsi su quelle due, massimo tre righe che la Row dedica ai miei biondi preferiti. Fatto sta che è tutto nero su bianco.
In generale, confondere Voldemort ed i Mangiamorte è una pratica assai diffusa, ma a mio parere del tutto erronea. Voldie è quello che è, lo so io come lo sapete voi (ed è per questo che io lo adoro, ma sono dettagli xD). Ma non necessariamente tutti i suoi adepti sono esseri brutali e senza cuore come lui.
Non nego che ce ne siano. Bella, ad esempio, è la portavoce ufficiale dello schieramento "cattivi come zio Vold". Ma in molti lo seguono più che altro per, come dire... aggregazione. Come poi accade in ogni circostanza storica. I cattivi non sono sempre tutti cattivi. Alcuni, semplicemente, sono troppo pigri, troppo altezzosi o troppo spaventati per essere buoni.
La famiglia Malfoy è una di queste. Il che si evince anche dal loro continuo voltagabbana. Sono persone fondamentalmente furbe, che vanno dove il vento tira più forte e porta più frutti, e che quando le cose si mettono male sono capaci di tornare sui propri passi.
Nella mia fict, Draco è un pò un'eccezione, in questo senso.
Di fondo, è sempre così. Ma oltre a questo (e ciò si può evincere dal suo racconto ad Hermione su come sia diventato quello che è), sta dalla parte del Lato Oscuro anche perchè ha scoperto in sè un animo "guerriero" al quale solo Voldemort può concedere libero sfogo. Tuttavia, questo è un dettaglio che non ha nulla a che vedere col punto di cui sopra.
Per me, Lucius e Narcissa sono due genitori, tanto biologicamente quanto a livello comportamentale.
Terzo punto, e con questo concludo, il confronto finale tra Draco ed Hermione.
Ecco, quello è stato il vero parto. E' stato difficile, ed ammetto di non essere particolarmente soddisfatta del risultato.
La mia idea iniziale era di renderlo un punto di svolta fondamentale nel loro rapporto. Diciamo il "momento della verità". Ed in questo senso, il litigio era indispensabile, a mio parere.
Volevo fosse un pò più "acceso", un pò più stile "molte grida e tanti piatti fracassati", ecco xD
Ma alla fine, il risultato è stato questo. E spero che comunque possiate apprezzarlo ^^


Ho finito di scocciarvi con le mie chiacchiere, lo giuro xD
Ci tenevo a ringraziarvi dal profondo del mio cuore per ogni singola parola che avete speso per me, per l'affetto che ogni volta dimostrate a me e alla mia fict e per la pazienza con cui continuate a seguirmi nonostante la lentezza con cui aggiorno (mea maxima culpa, mi pento e mi dolgo ç__ç).
Avrei voluto rispondere singolarmente ad ognuna delle vostre MERAVIGLIOSE recensioni, ma a conti fatti ciò mi porterebbe a postare il capitolo a notte fonda O.O
In ogni caso, grazie alla - sempre sia lodata - stupenda nuova funzione di EFP, d'ora in poi risponderò di volta in volta ai vostri commenti, così da potervi dedicare le attenzioni che meritate.
Un grazie anche, come sempre, a chi ha inserito la storia tra i preferiti, le seguite e le ricordate, e a chi si limita a leggere in silenzio :)
Infine, vi invito ancora una volta a raggiungermi nella mia pagina autore per spoiler, commenti, offese, insulti, pernacchie e quant'altro xD

Vi adoro sempre più!! <3
Alla prossima!!!




   
 
Leggi le 23 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Valaus