Breath
of Wind
«Ecco,
lo vedi
che avevo ragione? Sta piovendo, mamma! »
Era inutile, lo sapevo. Mia
madre non voleva
accettare la realtà dei fatti e trovava sempre una scusa
plausibile per
spiegare ciò che accadeva proprio come la prevedevo. Non ero
del suo stesso
parere. Non ero pazza - come invece dicevano alle mie spalle alcune
ragazzine
che incontravo di tanto in tanto in strada dopo la solita passeggiata
per comprare
le cose che diceva mamma -, semplicemente vedevo in sogno un evento ed
esso si
realizzava. A volte ero spaventata di quella specie di cosa
che avevo,
altre affascinata. Fin da piccola raccontavo tutti i miei sogni a mia
sorella
maggiore, considerandola la mia migliore amica, finché un
giorno, anche lei,
non iniziò a deridermi ed io, fragile, scappavo in camera a
piangere. Mi
sentivo incompresa e umiliata. Non era colpa
mia se avevo quella cosa, eppure
venivo trattata malissimo. Mia madre inizialmente diceva che era tutta
casualità, che la mia immaginazione era troppo grande e che
era meglio puntarla
verso qualcos’ altro, poi iniziò a sbuffare e ad
arrabbiarsi continuando a
ordinarmi di finirla di dire sciocchezze, di vedere cose che non
c'erano e che
dovevo iniziare a comportarmi come una normale bambina della mia
età. Così finì
per odiare mia madre e mia sorella e a sottolineare, forse troppo,
tutti gli
eventi che prevedevo e che si realizzavano da lì a poco.
Anche quella mattina
avevo avuto la dimostrazione che ciò che prevedevo si
realizzava. Nella notte
avevo sognato che l'indomani avrebbe piovuto e così
è stato.
«E'
ovvio, è
inverno. Non ci può essere il sole. Non è una
delle tue " previsioni
". »
«
Si, invece!
Perchè ti comporti così con me? Perchè
non mi vuoi credere? »
«
Perchè non c'è
nulla da credere. Non insistere! E non osare parlare con me con quel
tono, sono
tua madre! »
«Non
ci credi
perchè sono io a dirlo, se fosse stata mia sorella... »
«Basta!
Sei in
punizione, signorinella. Fila nella tua stanza senza fiatare. »
Sbuffai,
parlare
con quella donna equivaleva parlare con un asino. Non capiva. Me ne
salì in
camera, almeno lì nessuno poteva dirmi che mentivo. Mentre
ero stesa sul letto
per rilassarmi, sentì la porta aprirsi. Aprì gli
occhi curiosa di vedere chi
fosse, ma mi intristì, era mia sorella. "E chi doveva essere
“, pensai,
"il principe azzurro?"
«Hai
fatto di
nuovo arrabbiare la mamma e ora sei in punizione. Inizio a credere che
lo fai
apposta per non aiutarla a cucinare e fare tutto il resto. »
«
E a te che
interessa? Anche tu trovi una scusa per non aiutarla e poi non sto
mentendo,
non l' ho mai fatto! »
«
Certo, certo
che menti. Nessuno è capace di prevedere il futuro, tanto
meno tu. »
«
Tu sei solo
gelosa del fatto che ho un dono che tu non hai! »
«Vogliono
portarti in un manicomio, sorellina. Li ho sentiti. Mamma è
stanca di
sopportarti e papà non sa più come difenderti.
Credi che sarei gelosa di
questo? No, sono grata di non essere al tuo posto. »
«
No! Tu menti!
Non lo farebbero mai! Sei cattiva! »
Scoppiai in lacrime mentre lei usciva ridendo dalla mia stanza. No, non
lo
avrebbero fatto. Era solo uno scherzo.. si, uno scherzo di brutto
gusto...eppure, il tono di voce che mia sorella aveva usato era serio,
sicuro..
Decisi di non pensarci.
Uscì
dalla mia
stanza solo nel tardo pomeriggio, il brontolio del mio stomaco mi aveva
svegliato.
Mi sentivo confusa, e un po’ impaurita. Presi una mela, la
lavai e iniziai a
mordicchiarla sedendomi in una delle sedie. Le parole di mia sorella mi
tornarono in mente di colpo e altre lacrime mi solcarono il viso.
Continuai a
mangiare in silenzio, asciugandomi il viso con la manica della
camicetta.
Quando finì, uscì in giardino e mi sedetti
sull'altalena attaccata all'albero e
iniziai a guardare le persone che passeggiavano. Era il crepuscolo, il
cielo
era tinto da un ventaglio di sfumature che andavano dal giallo
all'arancio per
poi passare ad un leggero rosso e infine tagliato da lame blu. Era
bello. Iniziai
a immaginare di trovarmi in un altro posto, su una pianura verde con un
leggero
venticello che trasportava il profumo dei fiori, senza pensieri, senza
preoccupazioni, nella serenità assoluta . Immaginai di stare
sdraiata lì
insieme ad un uomo che mi faceva stare bene, ma non riuscivo a vederne
il
volto. Scrollai la testa. Dovevo mettere un freno alla mia fantasia e
stare coi
piedi per terra nella realtà. Era trascorso altro tempo e
iniziai a sentire
freddo e decisi di rientrare. Ero nel corridoio che mi avrebbe portato
alla
cucina ma le voci dei miei genitori mi fecero fermare. Sembrava che
stessero
discutendo e la curiosità mi assalì. Avevo anche
un groppo in gola per la
paura. Le parole di mia sorella mi stavano torturando, ma decisi di non
pensarci. Non mi piaceva origliare, ma volevo sentire cosa si stavano
dicendo.
«Cathy!
E' solo
una bambina! »
«
Lo so, Joseph!
Ma non possiamo continuare così! Le voci girano... »
«Ma
quelle
gireranno sempre! Gli esseri umani vivono di chiacchiere! Ma ora si sta
parlando di nostra figlia, non di un'estranea. Io non sono d'accordo
con la tua
decisione, secondo me forse è ancora immatura, crede di
vedere cose che non
esistono ma non è malata, tanto meno la porterò
dove ci stanno veri malati. Non
immagini quanto questo potrebbe traumatizzarla? E se peggioreremo le
cose? No,
secondo me un giorno di questi inizierà a comportarsi
normalmente e
ringrazieremo Iddio di non aver fatto una cosa del genere. »
«So
che è mia
figlia! E tu sai quanto la amo ma non guarirà! Sono nove
anni che va avanti
questa storia, nove! Ammettiamo i nostri sbagli caro, non siamo stati
in grado
di aiutarla e non lo saremo mai. Invece lì ci sono veri
medici e quando
finalmente guarirà la faremo tornare a casa. E' la scelta
migliore, lo sai. »
«
No! Non la
porterò lì. Le voglio dare altro tempo. Vedrai,
metterà giudizio. Dovremo solo
starle più accanto e indirizzarla sulla giusta via e poi
guarda come filerà
liscio. E comunque falla finita di preoccuparti delle chiacchiere
altrui, loro non
sanno niente di noi e tendono a inventare cose pur di vederci di malo
modo. »
Mia madre non contestò più. Era vero. Mia sorella
aveva ragione. Volevano portarmi al manicomio, o almeno mia madre lo
voleva.
Per mio padre bastava del tempo. Bene, avrei cambiato atteggiamento.
Avrei
messo giudizio, come volevano loro. Dovevo solo mentire un
po’, ma era un
sacrificio che potevo fare. Non potei comunque evitare alla tristezza
di
assalirmi. Dopo aver fatto molta attenzione, me ne tornai nella mia
stanza a
piangere ancora un po’. A cena non avevo molta fame e inoltre
non riuscivo a
guardare in faccia mia madre. Mia sorella, invece, aveva una specie di
ghigno
sul volto, aveva sentito tutto, ci avrei scommesso. Inoltre, era sulla
stessa
lunghezza d'onda di pensiero di mia madre. Fantastico.
«Non
hai fame,
gioia?»,
mi chiese mio padre vedendomi giocherellare con la
forchetta nel piatto.
«No,
mi è
passata. »
«Allora
non giocare
col cibo, non è educato »,
esclamò mia madre che intanto fissava il suo piatto mentre
mia sorella ghignava
soddisfatta.
Mi
alzai da
tavola senza aggiungere altro e cercando di trattenere le lacrime che
mi
stavano spuntando per la rabbia, me ne tornai nella mia camera.
L’indomani
sarebbe stato tutto diverso, avrei messo il tanto aspettato giudizio e
avrei
iniziato a comportarmi da vera signorinella.
Ciao!
Questa è una mia interpretazione del passato di Alice, spero
che
vi piaccia. Alla prossima, bacioni.
_Storm_91_