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Autore: Maruu    29/11/2010    4 recensioni
E'una JamesLily, come avrete già capito;)
Dopo una grave perdita, James trova conforto in una persona che non avrebbe mai pensato.
Questa one-chot è dedicata ad una persona che c'è stata sempre nella mia vita.
Buon compleanno _Jo!
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Ore 5.02 del mattino ed io, James Potter, non riuscivo a dormire. Strano, vero?

Era come se avessi un brutto presentimento che non riuscivo a scacciare via dalla testa, come un ronzio che ti riempie le orecchie. Insopportabile!

Toc-toc.

Sussultai nel sentire quel rumore, ma forse era il vento o la mia immaginazione. Stavo davvero diventando paranoico!

Toc-toc.

No, l’avevo sentito veramente, questa volta! Mi alzai lentamente, non tanto per non svegliare Sirius ma più che altro per Rem: aveva sempre avuto un sonno leggero. Aprii la finestra e un gufetto infreddolito sfrecciò nella stanza, doveva aver fatto molta strada per arrivare fin qui. Teneva la zampetta tesa nell’attesa che io afferrassi la lettera che recitava il mio nome. Sembrava la scrittura di mio padre, ma appena l’aprii mi resi conto che le parole erano state scarabocchiate con mano piuttosto tremante e talvolta erano sbiadite da quelle che sarebbero dovute essere lacrime.



Figlio mio, volevo dirtelo di persona ma oramai sei maggiorenne e preferisco che tu lo venga a sapere da me che da altri. Ieri notte, in una missione per l’Ordine (non posso dirti altro, potrebbero intercettarla) abbiamo avuto uno scontro diretto con i Mangiamorte. Io sono stao ferito lievemente ma la mamma non ce l’ha fatta. Mi dispiace, James. Volevo poter fare di più, davvero. Arriverò il più presto possibile. Ti voglio bene, papà.



Dovetti rileggere due o tre volte la lettera per riuscire a capire cosa papà mi stesse cercando di dire. Non poteva essere, no. Tutti ma non lei. Lei che era così gentile con tutti, disposta sempre ad aiutare chiunque ne abbia avuto bisogno. Già, era.

Mi alzai di scatto e presi a misurare la stanza a grandi passi. Talvolta alzavo lo sguardo e vedevo i Malandrini che dormivano tranquilli, sereni, come se non fosse successo niente.

Forse loro avrebbero compreso il vuoto che ora si faceva sempre più pesante all’altezza del mio petto. Sarebbero riusciti a decifrare la rabbia e la tristezza che ora dipingevano il mio viso? Tristezza, già, perché l’ultima volta che ho visto mia madre risaliva almeno a due mesi e mezzo fa, mentre la salutavo dal binario 9 e 3\4, aspettando di intraprende un ultimo e nuovo anno qui ad Hogwarts. Basta, dovevo uscire da quelle quattro mura, dovevo respirare aria fresca. Non mi preoccupai nemmeno di prendere il Mantello ma corsi giù per le scale del dormitorio maschile fino ad arrivare in sala comune. Andavo così di fretta per accorgermi che qualcuno mi stava osservando incuriosito ma in quel momento era l’ultimo dei miei pensieri.

Corsi, corsi e corsi ancora fino a fermarmi di fronte alla vista mozzafiato del Lago Nero, e del castello poco più in la, incorniciato dalla delicata sfumatura di arancio-bluastro che il cielo aveva in quel preciso istante. Era uno spettacolo magnifico e tolsi gli occhi solamente per cercare un posto su cui sedere, sotto un albero. Mi accovacciai con la schiena contro il tronco e le gambe vicino al petto. E proprio lì mi accorsi della bellezza del sorgere del sole che lei non avrebbe più potuto vedere. Intanto le lacrime scendevano lente e calde sulle mie guance, per poi cadere sul prato umido di metà Novembre. Non feci nulla per ricacciarle dentro, per una volta, di fronte a quel magnifico spettacolo, c’era il vero James Potter.





E come sempre anche stanotte non riuscivo a chiudere occhio, nonostante la stanchezza. Stressante, veramente stressante!

Non avendo nulla da fare, visto che le mie compagne di stanza ronfavano sonoramente alle spalle mie, scesi nella sala comune Gryffindor, con un libro babbano in mano (Orgoglio e pregiudizio), e una coperta nell’altra, e mi sistemai su di una poltrona vicino al camino. Eravamo ancora a Novembre, ma iniziava a fare freddo seriamente. Ero proprio arrivata al capitolo in cui Elizabeth si rende conto di provare qualcosa nei confronti di Darcy, che qualcuno irrompe nella sala, con una delicatezza degna di nota aggiungerei. Alzai lo sguardo seccata e mi si stagliò l’immagine di un James Potter che.. piangeva?!

Okay, l’insonnia ti gioca brutti scherzi Lily! Potter non piangeva mai, a meno che non succedeva qualcosa ai suoi adorati capelli (dotati di vita propria, talaltro!); perciò doveva essere successo sicuramente qualcosa di veramente sconvolgente e di conseguenza triste. Non penso si sia accorto di me, però. Meglio così in fondo! Potrei tranquillamente ritornare alla mia lettura e scoprire come va a finire tra Beth e Darcy, ma il senso Gryffindor (perché sono stata smistata proprio in questa casa!?), caratterizzato dall’aiutare sempre chiunque si trovi in difficoltà (anche se si fosse trattato di un Slytherin) , prese il sopravvento. Perciò con molta riluttanza, posai quel capolavoro di Jane Austen, per andare a cercare Potter. Pochi erano i posti in cui un 17enne poteva andarsi a rifugiare alle 5.20 del mattino ad Hogwarts. Perciò non faticai molto a trovarlo seduto sull’erba vicino al Lago Nero, tutto solo e infreddolito proprio come un bambino timido il primo giorno di scuola. Mi faceva quasi tenerezza ho detto quasi!). Mi avvicinai lentamente a lui, che non sembrò essersi accorto di me fino a quando non mi sedetti accanto a lui. Non parlammo per alcuni minuti, ognuno intento a contemplare il sorgere del sole, ancora pallido dietro il castello.

Fu lui il primo a rompere il silenzio.

“Cosa ci fai qui?” chiese con voce roca e soffocata. Doveva aver pianto per un bel po’. Forse si accorse che lo stavo guardando così asciugò le ultime lacrime con un gesto rapido. Non voleva apparire debole davanti a me. Gli bloccai subito la mano.

“No! Le lacrime non sono per i deboli, anzi. Solamente un uomo forte non ha paura di mostrare i propri sentimenti.”

Parve rincuorato da questa mia affermazione, almeno credo. Perciò continuai.” E comunque soffro di insonnia dal secondo anno.” “Non lo sapevo.”

“Sono tante le cose che non sai di me, Potter.”

Per esempio come il fatto che è da un po’ di tempo ormai che spero che tu capisca che i miei rifiuti che ora sono diventati all’ordine del giorno, sono solamente una specie di protezioni per paura che, una volta dopo essermi aperta completamente a te, tu mi butti via come una delle tue tante bambole di pezza.

Ma ora sono qua, tanto vale stare al gioco, e non voglio sapere nemmeno la causa delle tue lacrime, ma voglio solo consolarti e abbracciarti e starti vicino in questo momento difficile.

Questo è tutto quello che voglio ma che, a causa del mio orgoglio, non riuscirò mai a dirti in faccia.

Lui parve capire cosa mi stesse passando per la testa, ma non disse nulla.

“Sono qui. Sfogati, se ti va.”

Lui in risposta rimase in silenzio e ricominciò a piangere silenziosamente, senza singhiozzare. Allora mi avvicinai ancora di più a lui e lo abbracciai, cercando di trasmettergli tutto il calore di cui aveva bisogno. Dopo un primo momento di incredulità, anche Potter si lasciò andare e appoggiò la testa sul mio petto e con le braccia mi circondò i fianchi. In una situazione normale lo avrei come minimo cruciato, ma in quel momento sapevo che non lo faceva con secondi fini. Inconsciamente presi ad accarezzargli i capelli neri.

Rimanemmo così per quelle che sembrarono ore: lui accovacciato su di me, come un bambino tra le braccia di una madre. Senza che io le potessi ricacciare dentro le lacrime strisciarono anche sul mio viso per poi ricadere sulla sua mano. Potter se ne accorse e sollevò il capo: per la prima volta da quando ero arrivata, ci guardammo permanete negli occhi.

“Perché piangi?” mi chiese stupito.

“E’ che io, io non riesco a vederti così.. non..” balbettai ma lui mi zittì subito.

“Mi basta sapere che ci sei” mi disse in un sussurro. In quel momento tante piccole goccioline caddero dal cielo: stava piovendo! Ma non era una pioggia fastidiosa ma piuttosto leggera e delicate, proprio come la pioggia di Novembre.

Ed era tutto così semplice e naturale tanto che le parole che pronunciai sorpresero anche me.

“Io ci sarò, sempre” bisbigliai in maniera quasi impercettibile, sperando solo che lui abbia capito ciò che negli ultimi sette anni non sono riuscita mai a dire.<\font>
  
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