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Autore: barbara_f    01/12/2010    13 recensioni
“Questo semestre l’argomento delle lezioni sarà la rappresentazione dell’amore nella letteratura”. Qualcuno accanto a me fece una smorfia disgustata …
“L’amore … l’amore si può leggere giusto nei libri” disse a bassa voce ma sufficientemente alta da farsi sentire ad almeno due file di distanza …
“Cos’hai contro l’amore?” mi sentivo stranamente offesa dal suo tono disgustato, non seppi fare a meno di controbattere.
“Una ragazzina che parla d’amore, un classico …” si stava rivolgendo a me, quello sconosciuto di cui non avevo ancora visto il volto stava parlando con me… mi voltai verso la fonte di quelle offese.
Due occhi verdi, intensi, felini mi guardarono sprezzanti. Ricambiai lo sguardo.
“Signori, potete renderci partecipi?” il prof. Meson interruppe la nostra conversazione.
Il ragazzo con gli occhi verdi e, ora lo vedevo meglio, con i capelli castano ramati, si alzò e con tranquillità rispose
“Dicevo soltanto che l’amore è qualcosa che si può trovare giusto nei libri… la signorina” disse indicandomi, “non è d’accordo …”.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Ciao a tutti! pubblico questo capitolo in due parti perchè è davvero molto lungo ma, prima di lasciarvi alla lettura vi avverto che i contenuti (non tanto nella prima parte quanto nella seconda) sono molto forti...

buona lettura allora e.... aspetto commenti


 Baci a tutti B.

 
_Cap. 37
 
Passato
 
“Forse!” questo aveva risposto Charlie alla mia domanda. Forse pensai.Se fossero stati loro? Avevo un bisogno disperato di capire, di sapere...

I chilometri scorrevano sotto le ruote.

Amavo viaggiare in automobile, la solitudine mi aiutava a riflettere, a fare chiarezza...

Nessuna voce, nessun rumore, solo il suono del motore a farmi compagnia e... la musica; Eric Clapton, la  sua slow hand, la sua voce graffiante, cantava un malinconico Rivers of Tears la stessa canzone di allora...

http://www.youtube.com/watch?v=bI5Zi2OHhDU

Non potevo impedire alla mia mente di pensare, di tornare indietro a quel dannato dicembre 1988, ventidue anni fa...
 
L’annuale festa a casa Masen, si svolgeva immancabilmente in dicembre, come un rito ormai consolidato nel tempo, come una festa comandata...

Ogni anno, dopo l’apertura della stagione lirica, tutta l’alta società di Chicago si riversava nella grande villa padronale nei pressi del Lincoln Park, sulle sponde del lago Michigan.

Chiunque fosse importante, o aspirasse ad esserlo, agognava di esservi invitato.

Era l’evento più importante dell’anno, rappresentava al contempo un rilevante segno distintivo e un’ostentazione della propria posizione sulla scala gerarchica e sociale.

Il caporedattore del giornale per il quale lavoravo a quei tempi, mi diede l’invito intimandomi di parteciparvi.
Non c’era niente che mi andasse di meno.

La cronaca, e ancor di più la cronaca rosa, non mi interessavano.

Detestavo essere in mezzo alla mondanità sfrenata che caratterizzava gli ultimi anni ottanta, quel clima di ostentato ottimismo che, lo sapevo, era solo il preludio di una lenta discesa.

Erano altri i miei interessi, volevo azione.

Il mio seppur breve passato presso la scuola di polizia, aveva acuito il mio istinto investigativo, il mio innato bisogno di cercare il significato nascosto dietro le cose... anche le più insignificanti.

No, la cronaca non mi ispirava.

Protestai con il capo redattore, ero maledettamente bravo nel mio mestiere e lui lo sapeva, non poteva assegnarmi questo compito... non a me.

“Non essere presuntuoso Volt, un bravo giornalista deve riuscire a fuori un ottimo articolo anche da situazioni apparentemente sfavorevoli! E poi... chissà che tu non scopra qualcosa  di davvero interessante...”

Questo era un suggerimento?

Carl Lindon sapeva fere il suo mestiere, era un giornalista d’altri tempi, attento, scrupoloso e soprattutto perseguiva la ricerca della verità al di la della notizia come una personale religione.

Dovevo riconoscerlo, aveva un ottimo fiuto per la notizia, se c’era qualcosa nell’aria sul quale scrivere un buon articolo, era l’unico che poteva intuirlo.

“Harold, tu sei giovane e irruento ma sappi che a volte le migliori informazioni le trovi nei luoghi e nei momenti più impensati...!

Si, Carl la sapeva davvero lunga...

Annuii e mesto mi avviai verso cara per prepararmi. Non si poteva partecipare ad una festa di quel livello e non essere abbigliati nella maniera giusta.

In posti come quello “l’abito fa il monaco!”pensai aprendo l’armadio con aria disgustata.
 
Mi passai una mano sul viso, era sudato.  Il viaggio verso Forks era più lungo di quanto pensassi e il peso dei ricordi lo rendeva ancora più greve.

Forse mi sarei dovuto fermare a riposare per un po’...

 
*******************************************************************

Avevo schiaffeggiato Edward... Era stato un gesto istintivo e disperato, non potevo vederlo in quello stato, tremante, distrutto, senza fiato.

Non potevo guardarlo rannicchiato in posizione fetale a proteggere il suo cuore con il solo scudo del suo corpo fragile e ferito.

Doveva ridestarsi, doveva tornare a vivere, doveva tornare da me... 

Alzò il volto, sorpreso dal mio gesto, gli occhi lucidi, lampeggianti, vivi.

“Lotta Edward, lotta per riprenderti la tua vita...” la voce era ferma, ma dentro mi sentivo morire... la mano sulla guancia arrossata, gli occhi improvvisamente tristi... la consapevolezza di quello che gli avevo fatto stava lentamente montandomi dentro. Mi fissai la mano ancora sospesa in aria.

“Mi dispiace Edward, mi dispiace di averti schiaffeggiato! Non avrei mai dovuto farti questo...”  ero mortificata, una lacrima solcò il mio viso, non riuscii ad impedirmelo.

Abbassai lo sguardo per nascondendogli la mia compassione, sapevo che non l’avrebbe mai voluta... mi aspettavo che dicesse qualcosa, che mi urlasse contro la sua rabbia per il mio gesto, ma la sua reazione mi lasciò senza fiato.

Mi prese il viso tra le mani e improvvisamente mi baciò.

Un bacio diverso dal solito, violento, disperato, vorace.

La sua bocca dura, si muoveva con forza sulle mie labbra mentre con la mano mi fermava la testa per rendere il contatto più profondo.

Cominciai a spaventarmi, era una paura irrazionale, lo sapevo, non c’entrava nulla con Edward, lui non mi avrebbe mai fatto del male...  mi ripetei.

Quei gesti così affrettati, dettati da un’ urgenza che non gli conoscevo, mi terrorizzavano...

Entrò in me senza preavviso, il suo corpo bollente di passione e rabbia, stretto al mio.  Non era un contatto tenero, il dolore che sentii contribuì ad irrigidirmi ancora di più. Un gemito uscì dalla mia bocca mentre i gelidi occhi di James apparvero nella mia mente facendomi rabbrividire.

Nulla, non sentivo nulla, il mio corpo non mi apparteneva. Non c’era passione, eccitazione o dolcezza nei gesti di Edward, nulla di quanto avesse caratterizzato i nostri precedenti incontri solo la disperazione e l’urgenza  con cui si muoveva in me.

Perché non si fermava, perché non si fermava...

All’improvviso però i movimenti rallentarono, si fecero più dolci, più teneri, le sue carezze divennero lente, sensuali, morbide contribuendo a rilassare il mio corpo che, istintivamente si abbandonò al suo.

La mia mente era altrove...  persa nel cupo verde del bosco, o erano i suoi occhi? Sospesa tra sogno e realtà tra consapevolezza e paura.

“Mi dispiace!” sussurrò con voce piena di dolore scivolando via da me. Sul viso una maschera di disgusto, disgusto per se stesso, per quello che mi aveva fatto, per la sua totale mancanza di dolcezza.

Mi sentii improvvisamente vuota.

Nonostante tutto lui era la persona con cui volevo stare, a cui avevo donato me stessa, corpo e anima... ne aveva approfittato.

Allacciai le mie gambe alle sue ricacciando indietro le mie ansie.

Pensai a lui prima che a me, al suo dolore prima che al mio... sapevo che era un errore, sapevo che non avrei dovuto reprimere le mie ansie. Gli psicologi mi avevano raccomandato di non reprimere mai le emozioni o sarebbero tornate più potenti e devastanti. Non  volevo turbarlo, non volevo turbare Edward.

“Ti ho fatto male piccola mia!” bisbigliò ancora al mio orecchio.

Edward, i suoi continui cambiamenti di umore, la sua totale incapacità di gestire le sue emozioni... Edward, così tenero, così violento, a volte, così totalmente inconsapevole... Nessuno gli aveva insegnato a gestire la propria emotività, nessuno lo aveva amato e cresciuto con tenerezza.

Solo violenza per il suo corpo e la sua anima... Non gli risposi.

Tentò di allontanarsi.

Si , volevo che si allontanasse, che portasse il suo corpo distante dal mio.

No, non volevo che mi stesse lontano, il mio cuore tremava al solo pensiero.

“Usami se vuoi ma fallo per amore...con amore. Amami Edward!” furono le uniche parole che dissi. 

Mi strinse a se continuando a chiedermi perdono e ricoprendo il mio corpo di teneri baci... era lui il mio Edward.
Dopo l’amore rimanemmo in silenzio. Dovevo metabolizzare ciò che era appena accaduto. Sentii un brivido percorrermi la schiena.

“Bella!” mi chiamò, gli carezzai una guancia con tenerezza.

Si era il mio Edward.

“Mia...mia madre si chiamava Elizabeth...” disse balbettando con gli occhi gonfi di lacrime represse.. No, non l’avrei costretto a fare una cosa per cui non si sentiva pronto.

*******************************************************************
I suoi occhi di un verde quasi felino mi perforavano la mente, non riuscivo a dimenticarli, non sarei mai riuscito a dimenticarli.

Mi alzai a sedere dove mi trovavo? Poi ricordai.

Scostai le coperte lise e, alzandomi in piedi mi avvicinai alla finestra.

Buio, il buio intenso e cupo di una notte senza stelle, il buio illuminato dalle insegne dei motel da quattro soldi che punteggiavano la statale... Ancora il passato che bussava alla mia porta, ancora quegli occhi nella mia mente....
 

Villa Masen, una abitazione signorile rivestita in pietra in perfetto stile neo medioevale, era illuminata a festa.

Signore in abito da sera, con i loro accompagnatori in smoking, si affrettavano ad entrare per ripararsi dalle fredde raffiche di vento provenienti dal lago Michigan.

Stanco ed impacciato nel mio abito da cerimonia in affitto, mi trascinai all’interno dell’abitazione, consegnai il mio invito al maggiordomo e,  una volta depositato al guardarobiere il mio cappotto, fui accompagnato verso la sala dove si teneva la festa.

Lo sfarzo all’interno dell’abitazione era ridondante, in visibile contrasto con la sobrietà e la severità che la facciata dell’abitazione che rivelava al mondo.

Proprio come tutte queste persone che, dietro ad una facciata di rispettabilità, nascondono chissà quale segreto...mi trovai a pensare entrando in quell’ambiente che non mi rispecchiava.

Era una serata speciale quella, ovunque si percepiva un’atmosfera di trepidazione e attesa. Il giovane rampollo della famiglia, EJ Masen presentava a tutta l’alta società di Chicago la sua futura sposa.

“Dicono che la ragazza sia di una bellezza straordinaria” bisbigliò una signora ingioiellata alla sua vicina di tavolo.

“Si, ma pare che abbia solo quello, suo padre ha perso tutto ai tavoli da gioco e ha usato la figlia come moneta di scambio...” rispose l’altra...

Non mi era mai piaciuta l’ipocrisia di quel mondo, mi allontanai disgustato.

Provavo un rifiuto quasi viscerale per questo mondo dove l’apparire era la nuova religione, dove per apparire ci si sottoponeva a qualsiasi tortura...

Mi aggirai all’interno delle molte sale illuminate del primo piano, almeno il buffet era di gran classe... Riconobbi due senatori repubblicani, una cantante famosa e qualche attorucolo minore tra gli invitati, oltre ad una varia umanità composta da uomini di affari con le loro vistose accompagnatrici, signore impellicciate con i loro giovani accompagnatori a pagamento, ragazzi dall’aria annoiata costretti a partecipare insieme ai loro genitori.

All’improvviso le voci tacquero mentre il giovane Masen attirava l’attenzione attirò l’attenzione su di se.

Non mi piaceva, quell’uomo non aveva una buona reputazione, il suo nome era stato fatto, seppur a mezza bocca, negli ambienti della droga e della prostituzione ad alto livello inoltre, aveva una luce perfida negli occhi... sperai di sbagliarmi ma mi accadeva raramente.

“Signore e signori, benvenuti. Come saprete, quest’anno l’annuale festa a casa Masen subirà un leggero cambiamento. Ho scelto questa serata speciale per tutti noi, per presentarvi una persona speciale. Elizabeth O’Donnel, la mia futura moglie!” tutti gli occhi si puntarono allo spazio illuminato dal fascio di luce.

La ragazza scese senza incertezza la lunga scalinata e, solo agli ultimi gradini tese la mano al suo fidanzato perché la scortasse verso il centro della sala per aprire ufficialmente le danze.

Era di una bellezza radiosa, il vestito in seta verde cupo metteva in risalto la sua carnagione chiarissima, i capelli neri come la notte erano raccolti in una morbida crocchia alla base del collo e gli occhi... quegli occhi così verdi mi avrebbero perseguitato per sempre.

   
 
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