Chiudo gli occhi, sento il vento sulla pelle.
Non voglio vederti, mai più; non voglio sfiorare la tua pelle, mai più; non voglio sentire i tuoi capelli contro il mio collo, mai più. E io non sono un corvo, io non volo e non gracchio "Nevermore".
Speravo di salvarti, non ti ho salvato.
Speravo di vederti, non ti ho visto.
Speravo di trovarti, non ti ho trovato.
Speravo di amarti, non ti ho amato.
Vorrei urlarti in faccia tutto il mio odio, vorrei che tu vedessi le lacrime nei miei occhi. Ma non puoi, non puoi più, ormani. Ed è tutta colpa tua. È colpa tua, di quella tua dannata siringa, di quei tuoi occhi così felici e così colpevoli al contempo. Di quel tuo sorriso, che forse era presente. Forse.
E non posso fare altro, non serve più a niente: non posso più urlare il tuo nome, mi risponderebbe soltanto il vento; non posso più cercare le tue labbra, mi risponderebbero soltanto i lamenti degli uccelli. Questa stanza è così fredda, se non sei qui. Il riflesso nello specchio mi sembra sbagliato. Sono sola. Il tuo anello è ancora al mio dito, freddo, non si scalda con la mia pelle. È sbagliato, è tutto sbagliato. Rivoglio i tuoi occhi, rivoglio la tua pelle, rivoglio i tuoi capelli.
Perché ora io sono un corvo.
Un corvo che stride e che gracchia "nevermore".