Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: LacrimaDegliDei    02/12/2010    4 recensioni
Perin non era una ladra. Era solo l’ultima discendente del popolo delle fate, l’unica sopravvissuta alla distruzione del regno di Eral, dimora del popolo alato.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
perin1 Il carcere di Azuf era il più sorvegliato di tutta la Terra Magica.
Era situato nelle grandi vallate della città di Olov, dimora degli elfi,
ed erano stati proprio loro a sigillarlo con una miriade di arcane magie, così da eliminare qualsiasi possibilità di fuga.
Perin era stata segregata nella Torre Nord, lontana dagli altri reclusi e da occhi indiscreti. Il suo essere lì era una cosa strana.
Lei stessa non riusciva a spiegarsi il motivo del suo arresto.
In fin dei conti aveva solo eseguito degli ordini…ordini degli elfi stessi.
''Che popolo infido!'' fece in uno sbuffo. Si alzò da terra e si avvicinò ad un piccolo finestrino circolare, l’unica  fonte di luce in quel nero baratro.
Puntava verso il cielo e da lì si poteva vedere la luna.
''Sempre più pallida!'' sussurrò Perin, aggrottando gli occhi e scrutandola meglio. Il bianco alone del satellite si rifletté negli occhi della fata come fosse uno specchio.
L’iride, cristallino come il mare, per un attimo brillò similmente ad una punta di diamante, poi si offuscò di nuovo.
Perin gonfiò nuovamente le guance, guardò in terra ed una cascata di boccoli neri le ricaddero sulle spalle: era stanca.
Oramai era rinchiusa da tre giorni: niente cibo, niente acqua, nessuna visita.
Eppure aveva seguito il piano alla perfezione: era stata convocata dal Consiglio Elfico il mese addietro, e le era stato commissionato un  ‘furto’.
Perin non era una ladra. Era solo l’ultima discendente del popolo delle fate, l’unica sopravvissuta alla distruzione del regno di Eral, dimora del popolo alato. E gli elfi avevano subito pensato a lei in quella occasione, poiché quella del popolo alato era la razza più antica della Terra Magica e Perin era l’unica e soprattutto l’ultima a conoscere, date le origini, le magie più arcane, gli incantesimi più segreti di quel mondo: era la sola dunque a poter uscire vittoriosa da quella missione che gli elfi con tanta precisione le avevano cucito indosso.
Un altro sbuffo prese forma sulle guance della ragazza, che pesantemente si adagiò con le spalle contro la fredda parete della stanza.
''Cosa è andato storto?'' si chiese stizzita.
Ripercorse rapidamente tutto quello che era accaduto.
Ripensò al lungo viaggio che aveva dovuto affrontare per portare a termine la missione, e giungendo finalmente al momento in cui era scappata dai fondali delle Sirene, si rivide con un talismano nero stretto tra le mani. Nessun membro del Consiglio Elfico si era preso la briga di spiegarle quali poteri quel minuscolo oggetto nascondeva, ma per sua grande fortuna, lei ne era già a conoscenza. I vecchi del suo regno lo chiamavano il Talismano della Morte: un gingillo capace di prolungare la vita o di abbreviarla. Si narrava che fosse stato lo stesso Spettro della Morte a crearlo e che gli fosse stato rubato tempo addietro da una sirena.
Il Consiglio Elfico lo cercava da tempo: era giunta loro notizia che le sirene si stessero servendo del talismano nero per praticare magia oscura. Bisognava intervenire rapidamente dunque. Bisognava sottrarre loro quel prezioso oggetto. E così Perin aveva fatto. Rapida, era poi ritornata ad Olov, ma in meno che non si dica era finita al fresco, privata anche del bottino della missione.
D’un tratto la porta di ferro battuto, che sigillava la stanza, si aprì con un sonoro ‘crick’ e fulminea un’alta e snella figura nera si intrufolò nel buio cunicolo.  Perin venne riscossa immediatamente dai suoi pensieri e per un attimo, timorosa, trattenne il fiato, mentre il suo sguardo dubbioso si calamitò sulla nuova presenza. ''Chi sarà mai?'' si chiese.
Non ebbe il tempo di volgersi altre domande. Tutto le fu chiaro quando l’intruso le si avvicinò ed il bagliore lunare lo colpì in pieno volto, rivelando la sua identità.
Pelle chiara, occhi di zaffiro, lineamenti sottili: era Golod, il suo più caro amico.
L’uomo accennò un sorriso: finalmente aveva avuto la conferma che la
fata era sana e salva.
Per un attimo ebbe il sentore che anche lei fosse sollevata nel vederlo, per un attimo si illuse che Perin si fosse addolcita. Ma dovette ricredersi: in pochi secondi il viso della fata mutò in una smorfia di rabbia.
''Mi devi una spiegazione!'' ringhiò tra i denti, e le parole suonarono così meccaniche che non ci volle molto per capire che stava tentando di mantenere la calma. Golod sospirò, avvicinandosi a lei ulteriormente, e cercò di trovare le parole giuste per spiegarle l’accaduto. La conosceva da anni e sapeva bene che il carattere di lei non era tra i più docili: era testarda, orgogliosa e soprattutto poco paziente. In poche parole dato il guaio in cui l’aveva messa era stato fortunato che l’avessero privata di ogni arma prima di gettarla in cella; in un ‘altra situazione lui si sarebbe certamente ritrovato con una spada puntata alla gola.
''Mi dispiace!'' le disse in un sussurro ''Era una cosa che non avevo previsto''.
Perin lo guardò di sott’occhi, quasi imbronciata. Golod sorrise a quella espressione: adorava quando faceva così. Amava tutto di lei: quando si arrabbiava, si indispettiva, i rari casi in cui sorrideva. E  forse erano stati proprio i modi scontrosi e burberi di lei a far si che lui vi si innamorasse, quasi vi perdesse la ragione.
Erano anni infatti che era invaghito di lei, già da quando erano solo e semplici compagni di giochi e passavano il tempo a rincorrersi e fare magie, e forse era stato proprio il timore di perderla anche come semplice amica a spingerlo a non dichiararsi e a non rischiare. Così il tempo era passato e lui si era accontentato di restarle accanto, di proteggerla e di parlarle solo da amico. Dal canto suo Perin era consapevole di esercitare sul giovane un certo fascino, e la cosa non le dispiaceva affatto. Ma il suo essere estremamente orgogliosa, il suo comportarsi da avventuriero anziché da fanciulla, frenavano la sua femminilità. Nascondevano la sua dolcezza e il desiderio di essere amata.
''Dunque!'' fece la fata in un gesto di stizza, ''Cos’è successo? Perché mi hanno rinchiusa qui?''.
Golod scrutò rapido la cella con la coda dell’occhio, poi sospirò e si appoggiò alla fredda parete. ''Ascolta con attenzione quello che sto per dirti'' le fece in un bisbiglio. Perin gli si accostò e attese impaziente: quando Golod sussurrava non si presagiva mai nulla di buono.
''E’ stato un errore rubare il talismano'' cominciò l’elfo tutto d’un fiato. La fata lo guardò con espressione perplessa ma si trattenne dal fare domande. Sollevato da ciò, il ragazzo continuò.
''Il Consiglio Elfico ha mutato i suoi piani'' narrò sottovoce, ''La brama di potere ha attanagliato anche i loro cuori'' e digrignò i denti rabbioso. ''Cosa intendi?'' domandò rapida Perin. Golod la guardò con un’espressione rammaricata. ''All’inizio, noi del Consiglio avevamo deciso di studiare quel talismano non appena ne fossimo entrati in possesso. È un oggetto così bello, così antico, una fonte di sapere'' spiegò. ''Ce ne saremmo liberati in seguito!''. Prese fiato e continuò: ''Ma ora gli elfi lo vogliono per loro: non si accontenteranno più di studiarlo: vogliono usarlo, vogliono avere potere, vogliono praticare magie oscure!'' disse rabbioso.
Perin sbuffò e si portò le mani ai fianchi. Osservò attenta l’espressione smarrita di Golod, aggrottò le sopracciglia, poi parlò con voce pacata. ''Cosa intendi fare, allora?'' domandò schietta.
Golod stacco le spalle dal muro freddo, diede un’occhiata fuggente alla porta della cella ed una fuori dal finestrino. Con un passo fu ad un palmo dal viso di Perin, che per l’avventato movimento quasi sobbalzò. Gli occhi tremanti di lui si rifletterono in quelli turchesi di lei, dai quali trasparì uno strano stupore ed un certo imbarazzo. ''Riporteremo il talismano al suo legittimo proprietario: allo Spirito della Morte'' fece in un bisbiglio rapido
Golod. Gli occhi di Perin si sgranarono in modo innaturale e l’incredulità si dipinse sul suo volto. Intanto l’elfo continuava a fissarla imperterrito, impaziente di ricevere un consiglio.
Ci vollero un paio di secondi per far si che Perin si rendesse conto di cosa Golod le avesse appena detto. Quando finalmente riuscì a spiccicare qualche parola, Golod si era già allontanato da lei e camminava in tondo per la stanza, in preda a chissà quali pensieri e ragionamenti.
''Perché? E come?'' furono le uniche parole che Perin riuscì a balbettare. La precedente affermazione del ragazzo l’aveva più che scossa, ancora non si riusciva a capacitare di cosa Golod avesse intenzione di fare: se davvero aveva parlato sul serio, si trattava della missione più pericolosa che mai avessero affrontato.
Golod si ritrasse dal turbinio dei suoi pensieri e spostò nuovamente l’attenzione sulla fata. Perin notò che il suo volto era più pacato. La quiete di sempre si era di nuovo insinuata nell’animo dell’elfo. ''Ridare il talismano allo Spirito della Morte…'' iniziò quest’ ultimo, ''… è l’unico modo per porre fine a questa storia! Per quanto riguarda il come…'' trasse un grande sospiro ''…ho elaborato un piano. E tu vieni con me!'' esclamò in conclusione.
Il pesante silenzio che fino a quel momento li aveva avvolti indisturbati venne rotto: Perin scoppiò in una risata nervosa. '' E come intende fare sua signoria…'' fece in un ghigno, '' …sono imprigionata, rammenti!'' ed accennò con le mani alla cella.
Con grande sgomento di lei, Golod non rispose sorridendo, anzi la fissò con un’espressione quasi turbata.  Perin se ne accorse e il sentore che l’elfo stesse progettando qualcosa di illecito la invase. ''Cosa hai in mente?'' chiese rapida per far si che ogni dubbio fosse chiarito.
Lui le si avvicinò, avventato e rapido come in precedenza, si guardò nuovamente furtivo intorno e le si accostò all’orecchio. ''Ti porto via da qui! Conosco le segrete di questo carcere come le mie tasche!'' fece in un bisbiglio. Per poco a Perin non le si mozzò il fiato. ''Non si evade da Azuf'' fece in un soffio. Golod accennò un sorriso di soddisfazione. ''Io posso farti uscire di qui'' sbottò orgoglioso con tono altisonante. Lei lo guardò rabbiosa. ''Il Consiglio Elfico verrà subito a conoscenza del fatto che ad aiutarmi sei stato tu!'' fece stizzita, ''Metti a rischio la tua carriera e la tua vita!''
''Ti preoccupi per me!'' cantilenò lui in un sorriso, per rendere meno pesante la situazione.
Quella affermazione spiazzò Perin che per pochi secondi tacque imbarazzata.
''Io non ho nulla da perdere!'' spiegò poi, e nei suoi occhi, per la prima volta, Golod notò un qualcosa di diverso, un bagliore particolare che non aveva mai, prima di allora, sorvolato quelle pupille. ''Tu invece si!...'' continuò lei in tono pacato. Ma fu un attimo e la sua voce ritornò ad essere forte e squillante. ''Spiegami come fare: evaderò da Azuf da sola, così nessuno potrà arrivare a te…'' fece risoluta. Golod la fissò in un misto di ammirazione e gratitudine. Una piacevole morsa lo colse improvvisamente allo stomaco: gli accadeva sempre quando gli sembrava che lei si interessasse a lui.
''…dimmi come arrivare allo Spirito della Morte!'' aveva intanto appena finito di pronunciare Perin, ''In meno di una settimana avrò terminato la missione!''.
Golod si distolse rapido dallo stato di estasi in cui era caduto. ''No! Non hai capito!'' la corresse rapido, ''Io vengo con te! Non ti lascio andare da sola! Troppo pericoloso!''. Perin era testarda, ma era anche consapevole che in cocciutaggine Golod la superava di gran lunga.
La fanciulla non insistette oltre. ''Dunque?'' sospirò arresa ''Cosa proponi?''.
Passò solo una notte da quell’incontro e la fuga venne attuata.
Poche ore prima che il sole spuntasse all’orizzonte e che le guardie
cominciassero a controllare i prigionieri di Azuf, Golod si recò alla cella di Perin, così come aveva fatto tempo prima. Fulmineo e furtivo percorse i corridoi di pietra che lo separavano dalla fanciulla e con maestria nuovamente sottrasse un mazzo di chiavi ad una guardia dormiente. Silenzioso e fuggente come un’ombra arrivò a destinazione, lasciando le guardie e l’intera Azuf, inconsapevole di quello che di li a poco sarebbe accaduto.
Golod non ebbe neanche il tempo di far scattare la chiave nella serratura che Perin sgattaiolò rapida all’esterno.
L’elfo sorrise: di sicuro la ragazza era sveglia da un po’ ed aveva atteso impaziente di essere liberata. Perin notò quella espressione. ''Non ho mai sopportato la gabbia!'' si spiegò rapida. Golod la conosceva molto bene e sapeva che uno spirito irrequieto come il suo non ammetteva freni.
Un rumore di ferraglia li distolse da quel momento.
''Non possiamo trattenerci qui'' bisbigliò Golod, chiudendo nuovamente la cella. Perin confermò con un cenno del capo.
''Dobbiamo essere rapidi…'' continuò Golod, aprendo l’enorme sacco di pelle che aveva trascinato con sé, ''…dobbiamo essere silenziosi…'' fece mentre freneticamente le sue mani frugavano nella sacca, ''…e dobbiamo essere invisibili!'' concluse, mostrando a Perin un vellutato mantello nero. La ragazza tentennò nel prenderlo e Golod  glielo dovette poggiare lui stesso tra le mani. ''Fuori si gela'' spiegò rapido.
La fanciulla, che per tutto il tempo, aveva osservato di sott’occhi la ricerca frenetica dell’amico, quasi si stupì nello scoprire che lui avesse avuto tale accortezza verso di lei. Forse la fata si stava scoprendo più predisposta e più attenta ai dolci modi di lui.
Golod, richiusa per bene la sacca, alzò lo sguardo verso Perin e la scoprì ancora priva di mantello. ''Allora!?''  fece impaziente.
Ed ancora una volta alla fata risultò più semplice essere il cavaliere che la dama.
''Io non indosso roba elfica!'' fece con aria disgustata ed allungò il braccio come per restituirgli il mantello.
Golod sbuffò paziente: ci avrebbe scommesso su una simile risposta.
''Non è roba elfica'' cantilenò paziente, ''Questa stoffa viene da Eral!''
A Perin per poco non si mozzò il fiato. ''Come ne sei entrato in possesso?'' fece in un soffio, ritirando nuovamente a se il mantello. ''Gli oggetti di Eral sono rari da trovare''
Golod sorrise soddisfatto nello scoprire sul viso di lei un’accennata contentezza. Sospirò e la fissò fino a quando il mantello non le ebbe avvolto il corpo longilineo. Voltò rapido il capo alla sacca, prima che lei potesse accorgersi del suo sguardo: sapeva che a Perin non piaceva ricevere attenzioni, ed aveva già osato troppo facendole quel dono. Era meglio non rischiare oltre.  
''Seguimi!'' fece dunque con un cenno del capo ed insieme si addentrarono per i bui cunicoli dei sotterranei di Azuf.
Non ci volle molto: un paio di ore tra lunghe e gelide gallerie di pietra e furono fuori dal carcere elfico, lontani abbastanza da poter prendersi del tempo per organizzare la missione.
Le gallerie elfiche avevano condotto ad una radura desolata, dall’erba giallastra e scricchiolante. L’aria era pungente e frizzante ed il vento rigava il volto dei due avventurieri, tagliente come una lama. Il sole si intravedeva appena: sprazzi di nuvole bianche invadevano il cielo.
Golod si tolse la sacca e la gettò in terra. Dal tonfo che provocò, Perin si rese conto di quanto peso l’elfo si fosse portato dietro.
''Sarebbe stato meglio viaggiare leggeri''  fece altisonante nel momento in cui lo vide accasciarsi accanto alla sacca.
Lui le lanciò un’occhiata in senso di sfida.
''Nel momento in cui avrai fame o sete, ricordati di queste parole e riferiscile al tuo stomaco'' la canzonò.

Lei non potette fare a meno di fargli una smorfia di rimando.
''Dunque'' disse poi impaziente sedendosi di fronte all’elfo ''Qual è il tuo piano?''
Golod la fissò per un attimo, sovrappensiero. Poi prese fiato e si mise a gambe incrociate. Si grattò il capo per dare ordine ai pensieri ed aggrottò le sopracciglia nel tentativo di non perdersi nel groviglio della sua mente.
''Ho con me il Talismano'' iniziò dopo pochi secondi, ''Sono riuscito ad averlo stamattina con la scusa di studiarlo ulteriormente'' riassunse in breve ''Ma non credo che ci metteranno molto a collegare la mia iniziativa alla tua fuga, quindi credo che abbiamo poco più di un paio di ore prima che si mettano sulle nostre tracce e soprattutto che capiscano quali siano le nostre intenzioni''.
Perin ascoltò attenta, silenziosa, con gli occhi stretti a fessura e le orecchie intente a captare ogni parola: era sempre così quando si trattava di pianificare.
''A quel punto…'' continuò Golod, ''…credo che cercheranno di anticiparci''
''Intendi dire che cercheranno di raggiungere lo Spirito della Morte prima di noi?'' lo interruppe rapida Perin.
''Precisamente!'' fu la risposta secca di Golod.
Un alone di perplessità percorse il viso della fanciulla. ''Come sanno dov’è la sua dimora?'' domandò in un misto di confusione e curiosità.
Golod prese nuovamente fiato e parve che palare gli costasse fatica. ''Allo stesso nostro modo!'' rispose poi.
Il punto di domanda che si dipinse sul volto della fata spinse l’elfo a continuare nella spiegazione, anche se dal modo in cui lo fece la fanciulla si rese conto che forse avrebbe voluto evitare quella parte della narrazione.
''Sono stato io a rivelare loro la sua collocazione!'' fece d’un fiato.
Perin si accasciò nelle spalle e lo scrutò con sgomento. ''Tu?''  chiese sorpresa.
Golod contò in mente gli istanti in cui il silenzio li avvolse. Furono i più assordanti che avesse mai vissuto. E i più imbarazzanti nel quale si fosse mai trovato.
''E cosa ne sai tu?'' chiese in un soffio Perin, ''E come hai potuto dirlo a loro?'' aggiunse stizzita.
Golod sopportò pazientemente il fiume di rimproveri che fuoriuscì dalla bocca della fata. In fin dei conti, aveva ragione: era stato uno sciocco a fidarsi del Consiglio. Perin lo aveva sempre messo in guardia sulle loro intenzioni: lei non si era mai fidata e ci aveva visto giusto.
''Mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo della scoperta!'' si giustificò poi Golod, interrompendo la fanciulla. ''Cerca di comprendere'' continuò ''Era da più di due anni, dalla distruzione di Eral, che ero alla ricerca di quella dimora. E quando ne sono venuto a conoscenza non ho saputo trattenermi. Non ho saputo frenarmi''.
''Come un bambino!'' lo cantilenò Perin, incrociando le braccia.
In quel momento Golod avrebbe voluto avere tra le mani qualsiasi cosa da rinfacciargli: ma per quanto avesse potuto scavare nella memoria non avrebbe mai trovato niente. Da quando erano piccoli lei non si era mai sbagliata su nulla.
''Ti diverti, vero?'' fece in un ghigno, cercando di nascondere i nervi a fior di pelle ''Ad avere sempre ragione?''.
Perin, allentò la morsa delle braccia e si voltò a fissarlo. Per un attimo gli occhi di lui la lasciarono perplessa ed esitante. Poi un sorriso soddisfatto le illuminò il volto e con esso l’iride parve emanare luce. ''Cosa posso farci…'' sogghignò ''…se tra i due la perfetta sono io'' e concluse con una smorfia.
Golod aggrottò il naso di rimando. Gli piaceva anche quando lo sfidava, anche quando arrivava al limite della sopportazione. Poi Perin gli sorrise e per un attimo guardò altrove. Ed era proprio quello che l’elfo stava aspettando per attuare la sua vendetta: approfittando del momento di distrazione di lei, le diede uno spintone e la fece accasciare su di un lato.
La risata di Golod invase la radura: ''Mai abbassare la guardia!'' le fece, mentre la fata si ridestava.
L’elfo aspettò paziente che Perin ritornasse seduta, dopo di che cominciò a parlare serio.
''Ti spiego il piano'' fece con tono pacato e l’ululato del vento rese ancora più sommessa la sua voce. Perin dovette tendere bene l’orecchio per no lasciarsi sfuggire neanche una parola. Poi annuì ed avvolgendosi meglio nel mantello attese che gli venisse rivelato il resto della missione.
''Non sarà un viaggio molto lungo'' iniziò Golod, ''Per questo andremo a piedi. Così avremmo la possibilità di lasciare meno tracce'' ed ottenne il consenso deciso di Perin. ''La nostra meta…'' continuò il ragazzo ''… sarà la Foresta di Licon. Credo disti a meno di un giorno da qui''.
''La foresta di Licon?'' domandò perplessa la fata tra sé. Il suo viso parve incupirsi, quasi imbronciarsi e i suoi occhi si ghiacciarono perdendo quel bagliore che fino a pochi attimi prima li aveva attanagliati.
Golod la osservò rammaricato. ''Mi dispiace Perin…'' fece in tono mesto ''…che sia proprio io a risvegliare vecchi fantasmi''.
Perin si voltò a guardarlo confusa e spaesata. ''Ma…ma la foresta di Licon…'' e la sua voce tremò ''…accerchia la città di Eral…'' deglutì nervosa ''…accerchia casa mia''.
Golod le sorrise accorato, cercando di farle pesare il meno possibile quella situazione. ''Lo so, Perin'' le disse, ''Dopo molte ricerche, ho scoperto che la dimora dello Spirito della Morte è proprio in quella città, in particolare, presso le rive del Lago Ghiacciato''.
Perin, che fino a quel momento aveva avuto lo sguardo rivolto verso il basso, lo sollevò di scatto. ''Il mio popolo ha vissuto lì da sempre'' esclamò con voce più squillante di prima '' E non ha mai avuto il sentore di nulla!'' concluse stupita.
''Lo Spettro vive sulle rive del Lago Ghiacciato'' ripeté Golod, ''Quando giungeremo lì, non dovremo far altro che invocare il suo nome e mostrare il Talismano ai raggi della luna, così lui uscirà allo scoperto. Gli restituiremo ciò che è suo e finalmente sarà finita'' concluse risoluto.
Perin lo guardò con un’espressione dubbiosa. ''La leggenda narra che convocare lo Spirito della Morte comporta pagare un prezzo…'' si sforzò di ricordare ''…una vita'' ed il suo viso scrutò quello dell’elfo, impaurito.
Golod tentennò nel risponderle. Non avrebbe mai voluto preoccuparla ulteriormente, ma era anche lui a conoscenza di ciò che si raccontava su quello spirito. ''Non ti preoccupare'' la tranquillizzò poi ''Le porteremo in dono il suo Talismano, non ci chiederà altro'' spiegò e parve che quelle parole riuscissero ad acquietare la fanciulla che sorrise sollevata di rimando.
Golod ci vide giusto. La città di Eral distava da Olov poco più di una giornata e non ci volle molto perché giungessero ai margini del bosco di Licon. Camminarono a passo spedito tentando di non lasciare tracce visibili e per tutto il tempo non fecero che chiacchierare del più e del meno. Entrambi avvertirono che qualcosa stava cambiando: Perin in particolare, si accorse di essere più dolce nei confronti di lui e di aver molte più attenzioni nei suoi confronti. ‘Mi piace, forse?’ Si ritrovò distrattamente a pensare più di una volta.
Il viaggio proseguì senza molte preoccupazioni per tutta la giornata. Fu nel momento in cui giunsero ai piedi della fitta boscaglia, che ebbero inizio i problemi.
Uno strano fruscio spinse Perin a guardarsi alle spalle. Era da poco calata la notte e i raggi della luna illuminavano come un faro l’intera zona, tuttavia la fanciulla non riuscì a scorgere nulla di insolito.
Ritornò a fissare la foresta, convincendosi che la sua immaginazione le avesse giocato un brutto scherzo. Ma un ulteriore fruscio la rimise sull’attenti. Si pietrificò all’istante e guardò di sott’occhi Golod. L’amico la fissò di rimando e le fece un segno col capo: questa volta anche lui si era accorto che qualcosa non andava: non erano soli.
Ripresero entrambi a camminare lentamente, riducendo al minimo il rumore generato dai loro passi e tendendo l’orecchio cercando di udire se ad esso se ne accompagnasse qualcun altro non generato da loro. E fu proprio come si aspettarono. Dopo pochi secondi, un tenue sottofondo invase le loro orecchie: un misto di passi, di respiri, di ferraglia.
Perin chinò lievemente il capo verso Golod. ''Chi ci insegue?'' sussurrò.
L’espressione che Golod le rivolse la pietrificò più delle sue parole. ''Sono i sicari elfici! '' sospirò e le parole quasi gli morirono in gola.
''Non possiamo indugiare ulteriormente qui'' aggiunse poi rapido in un bisbiglio. ''Devi correre più veloce che puoi'' continuò in un sussurro ''Dobbiamo arrivare al lago ghiacciato! Noi conosciamo la strada, loro non l’hanno mai percorsa''.
''Sarà facile seminarli nella foresta!'' aggiunse Perin risoluta e Golod acconsentì.
Un altro passo e gli occhi di Perin vennero illuminati dal bagliore lunare. La ragazza trattenne il respiro e gonfiò di aria i polmoni. Per un istante  socchiuse gli occhi e si lasciò avvolgere dalla frizzante brezza serale. Il mantello si agitò tenue lungo il suo corpo e parve sospingerla verso la boscaglia. Fu un attimo, l’ultimo in cui il silenzio invase quella valle. Poi Perin si inclinò in avanti e con uno scatto si intrufolò tra gli alberi. Rapido Golod la seguì. Il rumore di ferro e le urla che seguirono a quei movimenti fulminei furono assordanti. ''Prendeteli!'' si sentì gridare ''Uccideteli!''. Dopo di che anche i sicari elfici si addentrarono nella Foresta di Licon.
La corsa che Golod e Perin intrapresero fu quasi contro il tempo. Mai avrebbero immaginato di essere in grado di poter correre così velocemente: i sicari elfici stentavano a tenere il passo.
Perin saltò una radice e con un braccio spostò un ramo. Poi aggirò un tronco e rapida scrutò il cielo. La luna le investì il volto. ''La strada è breve!'' fece col fiato corto, rivolgendosi a Golod. Si voltò a guardarlo e lo notò a pochi passi da lei. Il ragazzo gli sorrise di rimando.
Poi un sibilo improvviso giunse alle loro orecchie. Non era il vento e non erano le foglie. Era qualcosa di più sottile e di più rapido.
''Cosa succede?'' chiese Perin, ma le parole gli morirono in gola. Un’affilata e fulminea freccia elfica si conficco nel tronco che aveva appena costeggiato. Sobbalzò, ma continuò la corsa. ''Corri Perin!'' sentì Golod spronarla alle sue spalle. La fanciulla non se lo lasciò ripetere due volte. Cercò di avanzare più rapidamente, tentando di scansare la pioggia di frecce che cadeva a catinelle su di loro. Ormai non mancava molto: pochi metri e sarebbero usciti allo scoperto.
''Il Lago Ghiacciato è vicino!'' esclamò non appena i suoi occhi intravidero la fine della fitta foresta e poco più avanti un gelido specchio d’acqua.
''Finalment….'' sospirò Golod più dietro, ma nelle ultime sillabe la sua voce si spezzò. Un pesante tonfo si diffuse tutto intorno, poi più nulla. Perin si fermò di colpo ed il suo cuore gelò. Il sangue parve smettere di circolare nelle sue vene ed il calore della sua pelle abbandonarla.
Si voltò ed il suo viso, un misto di orrore e preoccupazione, vagò nel buio alla ricerca di Golod. I suoi occhi tremanti si spostarono rapidi a destra e a manca, nevrotici tentarono di cogliere in quel baratro il viso dell’elfo.
Poi un respiro affannato le invase le orecchie e la portarono a guardare in basso. ''No…'' ansimò non appena scoprì in terra il corpo di Golod.  Era girato su di un lato: tre frecce gli puntellavano la schiena e rivoli di sangue gli fuoriuscivano dalle ferite.
''NO!'' ripetè nuovamente la fanciulla, gettandosi a capofitto sull’elfo.
Gli occhi le si riempirono di lacrime e le mani le tremarono fortemente nel momento in cui riuscì ad incrociare gli occhi di lui.
Golod respirava a fatica a smorfie di dolore solcavano il suo volto.
''Conti…continua a correre!'' balbettò sofferente. Ma Perin non prestò attenzione alle sue parole: inginocchiata al suo fianco tremava come una foglia scossa dal vento autunnale. ''Non ti lascio qui!'' disse con voce tremante, e gli occhi le divennero così lucidi che a Golod quasi parve vedersi riflesso.
Con un enorme sforzo l’elfo alzò il braccio. Pur se affaticato, poggiò dolcemente la mano sul viso di lei e con le dita fermò la corsa di una rapida lacrima che in quel momento aveva rigato il viso di lei.
''Come sei bella!'' le sussurrò accarezzandole uno zigomo.
''Ti prego!'' si spezzò la voce di lei ''Non lasciarmi…resta con me!''
Golod sospirò pesantemente, sentiva le forze abbandonarlo ed a stento i suoi occhi riuscivano a cogliere con nitidezza il viso della fanciulla. La terra rimbombava dei passi dei nemici e il rumore di ferraglia era sempre più vicino.
''Devi andare…Perin!'' fece Golod in uno sforzo, e le poggiò in grembo il Talismano che fino a quel momento aveva stretto nella mano.
Gli occhi lucidi di Perin non si arrestarono nel versare lacrime. ''Non vado senza di te'' singhiozzò afflosciandosi sul petto di lui. ''Non continuo senza di te. Io ti amo '' ansimò infine. A quelle parole Golod riuscì a stento a trattenere le lacrime. Un’intera vita aveva atteso quelle parole e ora gli restava così poco tempo per vivere quel sentimento.
Ma si fece forza e coraggio nuovamente. ''Io ti ho amata da sempre!'' disse d’un fiato. Il viso di Perin si sollevò lento a quelle parole. I suoi occhi per un attimo smisero di tremare quando si specchiarono lucidi in quelli dell’amato. La fanciulla si sporse in avanti e poggiò delicatamente le sue labbra su quelle di Golod. Questo immobile gustò la morbidezza della sua pelle, il sale delle sue lacrime, il profumo di pino che le invadeva i capelli, il suo respiro.
Quando la fata si ritirò, l’elfo restò ancora per un po’ inebriato dalla sensazione che aveva appena provato.
Poi voci poco lontane lo ridestarono. ''Vai Perin'' sussurrò, ''Concludi la missione''. La fanciulla scosse il capo in senso di negazione e non si mosse. ''Devi farlo per me'' insistette Golod. ''Vai!'' le urlò.
Ma neanche questa volta Perin si mosse. La fanciulla resto a fissarlo smarrita: non voleva lasciarlo, non voleva smettere di guardarlo, era sicura che se fosse andata via, non avrebbe mai più rivisto il bagliore di quegli occhi.
''Al tuo ritorno'' deglutì nervoso Golod ''Io ti starò aspettando qui!''.  L’elfo non seppe se in quel momento aveva davvero detto quel che sentiva o era stato abilmente capace di mentire ad entrambi. Fatto sta che a quelle parole Perin parve prendere coraggio ed, anche se un po’ esitante, afferrò il nero Talismano. ''Aspettami!'' singhiozzò in un ultimo bacio, prima di alzarsi dal corpo di lui.
Poi guardò la luna e la boscaglia che si districava davanti ai suoi occhi. Scattò in avanti, verso il Lago Ghiacciato, non voltandosi indietro neanche una volta: la speranza che le invadeva il cuore era così flebile che se avesse tentennato anche solo minimamente era sicura si sarebbe dissolta.
Corse fuori dalla foresta di Licon e giunse rapida ai piedi del lago. Avvertiva alle sue spalle, affannate, altre presenze ma non se ne curò. Mostrò il Talismano nero ai raggi della luna, che guizzarono su di lui allegri. ''Spirito della morte!'' invocò poi con tutto il fiato che aveva in gola. ''Spirito della Morte!'' urlò nuovamente.
Un vento gelido ed impetuoso si sollevò dal centro del  lago e la investì in pieno. Una miriade di crepe si generarono sullo specchio d’acqua e lo frammentarono in una moltitudine di svariati vetri. Uno dopo l’altro questi vennero inghiottiti da una serie di anomale onde generatesi all’improvviso. Perin aguzzò la vista e i suoi occhi cristallini intravidero poco lontano una leggiadra figura nera. Per poco non sussultò: un corpo fluorescente, avvolto in un nero mantello, avanzava verso di lei, fluttuando a mezz’aria al di sopra della grande distesa d’acqua.
Quando le fu abbastanza vicino, Perin potè osservarlo meglio. Non si sarebbe mai aspettata di scoprire uno Spirito della Morte con tratti così simili ai suoi. Fino a quel momento lo aveva immaginato come una creatura orrida e malferme. Invece ciò che gli si presentava davanti era simile ad un uomo: aveva un viso allungato, due penetranti occhi neri ed una pelle pallida come la luna.
''Sono venuta a restituirti ciò che ti appartiene'' disse Perin decisa, tendendo il Talismano verso di lui. La creatura fluorescente chinò lievemente il capo. Dolcemente prese l’oggetto dalle mani della fata e lo fissò con sguardo amorevole. Poi le sorrise con pacatezza. ''Grazie!'' fece con voce diafana, ''E’ raro per me ricevere siffatti favori'' continuò con estrema dolcezza ''Premierò la tua gentilezza: non pagherai nessun prezzo per questa tua convocazione'' concluse risoluto.
Perin  sorrise impaziente e quasi non si rese conto del pericolo che aveva appena scampato: i suoi pensieri erano ancora rivolti a Golod. L’elfo la attendeva. Non poteva indugiare ulteriormente lì.
Lo Spirito della Morte colse il suo malessere. Aggrottò le sopracciglia e sospirò triste. Perin lo osservò confusa. ''Cosa c’è?'' chiese timorosa.
''Mi dispiace!'' sussurrò lo Spirito accorato e le poggiò la candida mano sulla spalla. Perin seguì i suoi movimenti e la sua espressione con perplessità: non riusciva a capire. ''L’elfo che era con te…'' le spiegò poi pacata la Morte ''…ha esalato il suo ultimo respiro pochi secondi fa!''.
Quelle parole furono come uno schiaffo per la fanciulla. Per l’ennesima volta il suo cuore parve fermarsi. ''Golod….Golod è morto?'' balbettò con un filo di voce e scrutò speranzosa la Morte. Il cenno del capo con cui ella rispose quasi le fece perdere i sensi. Le mani cominciarono a tremarle nevrotiche e gli occhi le si colmarono nuovamente di lacrime.
''Ti prego! Risparmialo'' squillò implorante la sua voce, ''Premia la gentilezza che ho avuto verso di te!'' continuò con voce supplichevole ''Restituiscimi l’uomo che amo!''.
Lo Spirito della Morte la fissò dispiaciuto. ''Ho già premiato la tua accortezza: ho risparmiato la tua vita'' disse poi, ''Ma sono stato evocato due volte!''. L’espressione di Perin divenne un misto tra dubbio e confusione. Non riusciva a comprendere cosa la Morte le stesse dicendo: il timore di perdere Golod per sempre non la faceva ragionare. Poi un pensiero le balenò improvvisamente per la mente: era stata lei stessa ad invocare la Morte due volte: presa dal panico per le condizioni in cui aveva lasciato l’amato, non si era resa conto delle conseguenze del suo gesto. Si diede della stupida e per un attimo il panico la invase.
Lo sconforto però la avvolse solo per poco: un lampi di genio la spinse a tentare il tutto per tutto. ''Non sono stata io ad invocarti la seconda volta!'' fece risoluta, cercando di assume un tono ed un’espressione convincenti.
Lo Spirito della Morte la scrutò interdetto. ''Chi allora?'' fece con tono indagatore allargando le braccia. Perin si fece coraggio, deglutì nervosamente e si voltò a guardare alle sue spalle. Come aveva immaginato, cinque sicari elfici, armati di tutto punto, fissavano la scena con tanto di occhi sgranati e di bocca spalancata. Uno strano guizzo le invase gli occhi ed un accennato sorriso si delineò sulla sua bocca. Si voltò nuovamente verso la presenza fluorescente e con tono stranamente pacato disse: ''Sono stati loro!'' ed indicò gli elfi. Lo Spirito guardò dubbioso oltre le sue spalle. Perin si morse le labbra nella speranza che la Morte credesse alle sue parole.
''Devo aver errato!'' esclamò poi lo Spirito tornando a guardare la fata. Una contentezza inaudita invase il cuore di Perin. ''Mi capita raramente di commettere simili errori!'' continuò nello spiegare ''Ma rimedio subito. In fin dei conti restituisco una vita per prenderne cinque!'' e Perin notò nell’ultima frase un tono ironico. Perplessa si sforzò di sorridere di rimando.
Bastò un semplice schiocco di dita e la Morte fece dissolvere nel nulla i corpi dei cinque elfi.
''Il tuo amato respira e sta bene!'' le sussurrò poi lo Spirito in un sorriso quasi mesto. Gli occhi della fanciulla brillarono di gioia.
''Grazie'' esclamò contenta lei.
''A presto!'' salutò la Morte e a quella strane parole la fata storse il naso.
Un ulteriore sorriso si delineò sul volto dello Spirito. Dopo di che svanì, in un turbinio di vento e acqua.
Rapida Perin ritornò sui suoi passi e prima che potesse mettere nuovamente piede nella foresta, ai suoi margini, appoggiato ad un albero, scorse la figura di Golod. Avvolto nello scuro mantello, il ragazzo fece un passo verso di lei ed i raggi della luna che lo colpirono non mostrarono alcuna freccia sul suo corpo, alcuna ferita. Il sorriso di Perin si fece ancora più largo. ''Stai bene!'' ansimò in un soffio.
''Grazie a te!'' le rispose lui con tono pacato.
Il vento gelido scosse i loro mantelli scuri e per un attimo li fece rabbrividire. Dall’alto della sua cupola, la pallida luna piena illuminò i loro occhi cristallini ed i loro volti sereni. Il bianco satellite fu l’unico spettatore dell’intenso abbraccio in cui i due si avvolsero quella sera: unico testimone dell’ amore eterno che si giurarono.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: LacrimaDegliDei