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Autore: Lely1441    02/12/2010    6 recensioni
Ovvero: come Kyoya Ootori rischiò di uccidere il suo migliore amico il giorno delle nozze e quasi vi riuscì.
[Storia scritta in collaborazione con Marzolina]
Giusto per fare un quadro della disastrosa situazione: la cerimonia si sarebbe tenuta dopo nemmeno tre ore, lo sposo sembrava un ritardato, la sposa era fuggita in una nuvola di polvere ed era, ovviamente, introvabile, inoltre la torta aveva un aspetto strano, tipo torre di Pisa ondeggiante, e metà degli invitati era composta da omaccioni vestiti da donne e l'altra da fanghérls scoraggiate.
Sì, Manzoni aveva decisamente avuto la giusta intuizione:
quel matrimonio non s'aveva da fare.
[TamaHaru, ovviamente]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruhi Fujioka, Tamaki Suoh, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima di tutto, un ringraziamento enorme a chi ha apprezzato Shadowing: sto rispondendo or ora alle recensioni tramite la nuova funzione, ma mi piacerebbe dedicare questa storia a chiunque di voi l’abbia apprezzata, comunicandomelo qui (quindi: Marzolina, pinkgirl, LauriElphaba, fu80, Eragon1001, prettyvitto, elyxyz, GacktLove e M e l y C h a n) o privatamente… Ne sono stata felice, davvero ^^ Spero che questa nuova one-shot possa piacervi altrettanto!

Un ringraziamento poi ad Alektos, la beta che ha dovuto affrontare l’ardua lettura e che avrebbe voluto più apparizioni di Honey (sorry, ma ad un certo punto ho avuto un blocco x°D). Magari ci riprovo, eh? *ammicca*

Infine, questa storia è nata con la partecipazione indispensabile di Marzolina. Nelle note finali, troverete spiegato tutto ^^

Ed ora, buona lettura!

Disclaimer: Personaggi, luoghi e trama appartengono unicamente a Bisco Hatori, e io non ne detengo alcun diritto. Ciò che è mio, invece, è Kyo-, pardon, Ayumi Nagashima: provate a copiarla e vi ritroverete le mie amorevoli zampine addosso ♥ Poi non dite che non vi avevo avvertiti, eh! A dopo!
 
Storia di un matrimonio e delle sue funeste premesse
Ovvero: come Kyoya Ootori rischiò di uccidere il suo migliore amico il giorno delle nozze e quasi vi riuscì
 
 
APRI LA PORTA DELL'AULA DI MUSICA N°3  NELL'ALA SUD E...
non aspettarti di trovarci l'Host Club: sono tutti ad un matrimonio.
 
Tamaki Sou, vestito di tutto punto con il suo smoking bianco cucito su misura, stava sorridendo ininterrottamente da ben 2 giorni, 16 ore e 48 minuti. La cosa stava diventando, a questo punto, oltremodo preoccupante, anche perché si trattava di un sorriso esageratamente raggiante, ebete e che dava alla sua faccia un'espressione ancora più stordita del solito. Inquietante. Molto inquietante.
Giusto per fare un quadro della disastrosa situazione: la cerimonia si sarebbe tenuta dopo nemmeno tre ore, lo sposo sembrava un ritardato, la sposa era fuggita in una nuvola di polvere ed era, ovviamente, introvabile, inoltre la torta aveva un aspetto strano, tipo torre di Pisa ondeggiante, e metà degli invitati era composta da omaccioni vestiti da donne e l'altra da fanghérls scoraggiate.
Sì, Manzoni aveva decisamente avuto la giusta intuizione: quel matrimonio non s'aveva da fare.

 
Due giorni prima…
 
Tamaki veleggiava radioso da una parte all’altra dell’enorme residenza principale dei Suou, con un sorriso che avrebbe fatto invidia al più crudele e sadico serial killer del mondo. Ancora non riusciva a capacitarsene: meno di tre giorni e lui e la sua meravigliosa Haruhi sarebbero stati uniti dal vincolo matrimoniale per tutta la vita! Cosa poteva esserci di più sublime del dolce incontro di due cuori innamorati, che erano riusciti a combattere ogni ostilità (provocata in gran parte dalla stupidità del soggetto, le autrici ci tengono a precisarlo) della luna invidiosa della bellezza della sua amata?
«Cielo, mi sta venendo il mal di mare…», si lamentò Hikaru, accasciandosi su una delle poltrone situate nel salone dove stavano provando gli smoking per il matrimonio; la madre dei due gemelli, infatti, aveva insistito affinché tutti gli ex-membri dell’Host Club provassero insieme i vestiti da cerimonia che lei stessa aveva confezionato. «Non fa altro che andare avanti ed indietro, su e giù… Tono, la vuoi piantare e metterti seduto?!»
«Ma Hikaru, come fai a capire che non posso far tacere il canto di gioia che sgorga dal mio cuore, limpido come una cascata di acqua purissima?»
Il ragazzo cercò di togliersi l’ossigeno premendosi un cuscino della poltrona sul viso, mentre il loro Lord continuava a farfugliare cose senza senso (cioè, cose senza più senso del solito) e Kaoru roteava gli occhi al cielo, irritato.
«Ma come diamine fanno gli altri ad essere così calmi con quest’idiota intorno?», sbottò Hikaru, con voce soffocata.
Si riferiva ovviamente a Kyoya, che aveva accettato di staccarsi dal suo palmare solamente per provarsi la giacca e la camicia; aveva un ghigno più largo del solito e questo lo rendeva più terrificante che mai. Qualcosa si stava agitando nella sua testa, ma cosa?
«Tama-chan, Tama-chan, scommetto che Haruhi sarà bellissima nel suo abito da sposa!», esclamò Honey, una volta balzato giù dall’alto sgabello che la signora Hitachiin gli aveva assegnato per le prove.
Gli occhi di Tamaki si illuminarono, mentre nella sua mente si andava disegnando l’immagine dell’opulento vestito che immaginava per la sua fidanzata.
«Oh, sicuramente! Sarà un confetto, una bomboniera bianca e rosa, un fiore che sboccia alle prime luci del mattino, una vera principessa! Così potrà dimostrare tutto il suo splendore di giovane donna, proprio come il suo paparino ha sempre sognato!»
Hikaru sobbalzò e si rialzò di scatto, guardando Kaoru come un gatto siamese perfido e delinquente fa con il suo compagno di malandrinate.
«Ne, mama, ma Haruhi non sta provando lo smoking?», domandò Kaoru, cercando di sovrastare i pigolii eccitati del Lord. Yuzuha-san li guardò pensierosa da dietro la schiena di Mori, e rispose:
«Sì, sapete che sono stufa di tutti questi pizzi e merletti, di questi abiti più pesanti della sposa, di queste acconciature complicate… E poi Haruhi sta benissimo vestita da maschietto», aggiunse, con aria sognante ed uno spillo in bocca.
Tamaki rizzò le orecchie e si mise all’ascolto, con il sorriso ebete che si andava via via congelando. Ma si riprese subito.
«Ma insomma, sono sicuro che Haruhi rifiuterà la proposta… Cioè, non sto assolutamente dicendo che metto in dubbio la sua competenza in merito», si affrettò a dire, davanti all’occhiata assassina della madre dei gemelli, «solo che sono altrettanto certo che non accetterebbe mai di vestirsi così per il suo matrimonio…», concluse, sicuro della sua affermazione. Yuzuha-san lo fissò con aria di sufficienza e sdegno.
«Mi spiace contraddirti, ma è stata proprio lei a propormelo. E dato che è lei la sposa, non vedo perché non dovrei accontentarla!»
Hikaru e Kaoru affiancarono il loro Lord.
«Tono, ti immagini che bello sposo sarà la nostra Haruhi?»
Fu in quell’esatto momento che il sorriso di Tamaki si cementificò letteralmente sulla sua faccia. Rimase immobile, limitandosi a sbattere un paio di volte le palpebre.
«Tono… Tono?»
Kaoru passò un paio di volte la mano davanti al suo volto, e Hikaru lo pungolò.
Nessuna reazione.
«Oh. Kyoya-senpai, abbiamo un problema. Ce lo siamo giocato».
 
 
Presente
 
«Cosa significa che l’avete persa?», ringhiò Kyoya ai gemelli, mentre Honey fissava l’automa incosciente che era diventato Tamaki. «Dovevate tenerla d’occhio, no?»
I gemelli si fissarono e fecero spallucce.
«Kyoya-senpai, l’abbiamo fatto, sul serio…», iniziò Kaoru.
«Ma provaci tu a tenerla d’occhio nel bagno delle ragazze!», finì Hikaru. Kyoya sospirò e si massaggiò la fronte, rendendosi conto che non poteva perdere la calma. Non era possibile! Quello era il matrimonio del suo migliore amico ed era lui che, come al solito, doveva trovare un modo per sistemare tutto!
Tamaki gliel’avrebbe pagata cara. Molto cara.
«Si è defilata dalla finestra sul retro, o almeno crediamo che sia andata così… Abbiamo mandato Renge a controllare, quindi non ne abbiamo la certezza assoluta».
Kyoya rimase in silenzio per alcuni minuti, lasciando vagare lo sguardo sugli invitati. Il preside era stato letteralmente rapito dal gruppo di “amiche” di Ranka, la moglie stava parlando tranquillamente con Shizue, la suocera, ogni cosa sembrava perfetta… Tutti i loro compagni di classe erano presenti, senza contare i loro illustrissimi genitori.
Genitori. Possibili clienti, soci e quant’altro; o meglio, dei portafogli viventi, che si aspettavano che tutto procedesse come doveva.
Senza uno sposo rimbecillito che non faceva altro che emettere qualche belato di tanto in tanto, non dando altro segno di attività cerebrale.
Senza una sposa che si metteva allegramente a giocare a nascondino mezz’ora prima della cerimonia.
Tanti, tanti Yen viventi che ora ridevano e scherzavano tra loro, del tutto ignari del dramma in atto.
«Chiamate Honey e Mori-senpai. Trovatela e portatela da me. Viva o morta, non mi importa, ma devo vederla».
Hikaru fece per ribattere con una battuta, ma l’espressione di Kyoya lo gelò.
Faceva sul serio.
Haruhi gli fece tanta, tanta pena.
 
***

Honey e Mori stavano girando per l’immenso parco dell’Ouran da almeno un’ora. L’idea di celebrare il matrimonio nell’edificio che era stato parte integrante della loro vita (e che, per certi versi, continuava ad esserlo) era stata magnifica, o almeno così l’aveva giudicata il primogenito degli Haninozuka quando gliel’avevano comunicata… Però in quel momento l’idea di dover cercare una sposa in panico in quell’appezzamento di terra praticamente immenso e senza l’ausilio alcuno di autorità dall’alto non gli era certamente venuta in mente. Altrimenti avrebbe proposto di eseguire le nozze in un bunker.
«Takashi, e se provassimo ad attirarla fuori con una trappola a base di torta di fragole?», chiese, con aria sognante.
«Mmh», fu l’eloquente risposta del cugino. Che per noi equivale ad un “temo funzionerebbe solamente con te, Mitsukuni”. Honey sospirò, conscio dell’affermazione dell’amico.
«È che…» I due si bloccarono all’improvviso, i sensi all’erta. «Hai sentito anche tu?»
«Hai».
In un angolino dello smisurato giardino, un cespuglio singhiozzò. Ci fu un leggero tremolio di foglie e poi un lembo di stoffa bianca baluginò per un attimo tra il verde.
Honey strinse Usa-chan e sospirò: l'avevano trovata.
«Haru-chan, Haru-chan!» chiamò inoltrandosi nel fogliame là dove i singulti si facevano più forti e più patetici.
«Haru-chaAAAAAAAAAAH!» Per un attimo il povero Honey credette davvero di morire, tanto era terrificante lo spettacolo che gli si presentava di fronte: una creatura coperta con brandelli di pizzo, uno strano garbuglio marrone in testa e una maschera sbavata nera intorno agli occhi.
«T-Takashi...» fece Honey disperato mentre la testa di Mori (di lui nel cespuglio entrava solo quella) si materializzava all'improvviso.
«Mh? »
Honey si voltò verso di lui in lacrime.
«Il... il demone procione!»
 
***
 
Sicuramente il popolino non era a conoscenza del galateo, ma i gemelli avevano sempre sospettato che a Mei mancasse anche il più banale e comune senso dell’educazione. Hikaru aveva fatto decisamente fatica a capire il significato delle imprecazioni barbare della ragazza quando le aveva comunicato di dover raggiungere Kaoru per aiutarlo a stanare la preda.
Ovvero, Honey e Mori-senpai avevano sì recuperato Haruhi e l’avevano trascinata dentro la scuola per cercare Yuzuha-san e aiutarla a darle una sistemata, ma era bastato un attimo di distrazione che la ragazza era fuggita nuovamente e si era nascosta in una delle aule, barricandocisi dentro. Sfondando la porta (non che a uno con la potenza di Honey fosse cosa ardua da mettere in atto, dopotutto) avrebbero rischiato di farle male, nel malaugurato caso che lei vi si trovasse accanto; quindi dovevano servirsi di un aiuto che aveva il nome di Mei Yasumura.
E si sa, il linguaggio di una ex-ganguro non è ciò che di più propriamente fine esista. Stava quindi percorrendo i lunghi corridoi dell’ala est, borbottando fra sé e sé sulle torture psicologiche che quei pazzi le avevano sicuramente fatto subire quando non era con loro. Ah, ma gliel’avrebbero pagata, eccome se gliel’avrebbero pagata! Doveva fare un discorsetto a Yuzuha-san, un giorno di quelli.
«Ok, dov’è la prigioniera?», domandò, quando finalmente vide da lontano l’altro dei due pargoli della donna sopracitata.
«Ciao, Mei-chan», sospirò Kaoru, mollemente appoggiato contro una parete. «È in quella classe, vi si è rintanata dentro e ha spinto contro la porta dei banchi, credo, dato che non riusciamo ad aprirla… Non sappiamo come farla uscire, avevamo optato per l’elisoccorso, ma Kyoya non vuole destare scandali, preferisce che ci arrangiamo per conto nostro».
Mei corrucciò le sopracciglia, portandosi l’indice dalla lunghissima unghia scintillante contro la bocca.
«Scusa, ma non dovrebbe pensarci lo sposo?» Kaoru fece spallucce, e la ragazza intravide un velo di colpevolezza sul suo viso. «Ancora non si è ripreso?», continuò, scuotendo mentalmente il capo. Uno scherzo a quel baka ci stava, ci stava eccome… Ma non quando di mezzo poteva andarci la sua amica!
«Si riprenderà…», minimizzò lui, mettendole le mani sulle spalle e spingendola verso la porta. «Avanti, noi crediamo in te!»
“Ruffiano”, pensò lei sbuffando, ma non fece commenti e si limitò a bussare. «Haruhi? Haruhi, potresti aprirmi? Sono Mei». Dall’altra parte si udì un qualche farfugliamento, ma niente si mosse. «Haruhi, ti prego. Non sono qui per forzarti a fare qualcosa che non vuoi… Fammi entrare, non ti costringo a uscire».
Kaoru aprì la bocca per replicare, accigliato, ma lei lo liquidò con un rapido gesto del polso. So cosa faccio, gli sillabò lentamente. Kaoru sospirò e incrociò le braccia, ma non cercò di interromperla ancora. Finalmente, un rumore di mobili spostati inequivocabilmente lontano dalla porta fece capire ai due che forse erano riusciti a stanare il procione. Haruhi socchiuse appena la porta, e Mei entrò, trovandosi in un ambiente che la fece rabbrividire. Tutte le tende erano tirate, e la sposa stava tornando a rincantucciarsi nell’angolo più buio e nascosto della stanza; tutto questo le ricordò con chi si sarebbe sposata la ragazza. «Non siete ancora in luna di miele e già lo imiti?», borbottò lei, irritata. Tuttavia, l’occhiata umida che l’altra le rivolse le fermò il resto del discorso in bocca. «Panico da matrimonio?»
Haruhi negò con il capo, stringendosi come meglio poteva le braccia intorno al vestito ormai definitivamente distrutto. L’amica sollevò un sopracciglio, scettica, e lei si arrese, mugugnando qualcosa a voce bassissima. «Tesoro, è normale che tu abbia paura. Stai per lasciare la tua vita normale - anzi, direi proprio la normalità - per un ricco francese idiota… Hai molto coraggio, nessuno potrà smentirlo».
Inaspettatamente, la futura sposa sorrise. «Lo so che è un idiota, però…»
«Però lo ami, e quindi sei pronta a sobbarcartene il peso - non guardarmi così, sai quello che penso di lui! - Per quanto possa non approvare il destinatario del tuo affetto, non posso approvare un atto di vigliaccheria come la tua! Miki Koishikawa (*) sarebbe al settimo cielo al posto tuo, vergognati!»
Haruhi  aprì e chiuse la bocca un paio di volte. Quello sì che era un affronto in piena regola!
«Io sto per sposare un idiota! Scusa, ma a me le situazioni sembrano completamente differenti!»
Mei ghignò, estremamente divertita. «Allora è questo il problema? Non si tratta di panico da matrimonio, ma di panico da sposo
Il silenzio che ne seguì fu una risposta più che eloquente. La grassa risata di Mei fece impensierire anche Kaoru, che si avvicinò alla porta e bussò. «Ehm… Tutto bene là dentro?»
«Sì, sì, non ti preoccupare!», replicò la ragazza, asciugandosi vezzosamente una lacrima con il mignolo, «è meglio di quel che pensavamo!»
Haruhi storse la bocca, sbuffando. Era davvero terrorizzata… O meglio, era stata davvero terrorizzata fino a dieci minuti prima, ovvero fino a che Mei non era entrata in quell’aula; ora, improvvisamente, si sentiva un tantino più calma. Un tantino, mica chissà cosa.
«Scusa, Haruhi, ma tu lo ami?»
Haruhi arrossì violentemente. «L’hai detto tu poco fa!»
«Ma io voglio sentirlo da te…», mormorò maliziosamente l’amica, sistemandosi meglio sulle gambe incrociate stile indiano, la gonna sollevata sugli orli per non far stropicciare il tessuto. Nessuno può biasimare la nostra povera eroina se in quel momento abbia avuto una qualche difficoltà ad esprimersi.
«Sì, sì, ne sono innamorata», finì con l’arrendersi, sentendosi improvvisamente più depressa.
«E sei convinta che lo sarai sempre?»
Haruhi la guardò, perplessa. «Mei, che domande sono? Credi che avrei accettato di sposarlo se non lo fossi?»
«E quell’idio- pardon, Tamaki, ti ama? Sei convinta che lo farà sempre?»
Queste domande la fecero arrossire ancora, stavolta con la predominanza del rosa acceso contro il rosso mattone. «Sì. E non ne capisco assolutamente il motivo, perché è un idiota, io mi sono innamorata di un idiota e non è possibile che un idiota si innamori di qualcuno in maniera seria, però sì, è accaduto e cosa posso farci io?! Mi sento solo così- argh! Solo così dannatamente stupida ad avere paura, ma ne ho, e tanta, e anche se ci rifletto razionalmente non posso farci assolutamente nulla, continua a sembrarmi l’idea più… più idiota che abbia mai avuto, ma non vedo neppure il motivo per cui non farlo! Ecco perché ho paura!»
Lo sfogo era andato aumentando di volume in maniera direttamente proporzionale all’allargamento del sorriso soddisfatto di Mei. Haruhi riprese fiato, boccheggiando lievemente, e posò la fronte sulle ginocchia, scuotendo mestamente il capo. «Sono una stupida».
«Forse. Ma io non vedo una stupida davanti a me, solo una ragazza spaventata, anzi, terrorizzata all’idea di legarsi stabilmente a qualcuno. E comunque tranquilla, ho visto spose più isteriche di te e che comunque ora vivono più che felicemente con il proprio consorte. Credo che un po’ di paura sia più che naturale in certi casi, anche se non posso ancora parlare per esperienza personale». Haruhi sollevò incuriosita la testa, e Mei si arrese: «Mio padre. Tu non eri in casa con lui la mattina del matrimonio. È stato un inferno».
Haruhi abbozzò un sorriso, e disse: «È un disastro. L’abito è rovinato, io sono in ritardo di un’ora e Tamaki sarà già in preda al panico. E non so quale delle tre sia la peggiore».
«Per il vestito non c’è problema: la signora Hitachiin ne avrà come minimo una decina di ricambio, e sarà più che felice di fornirtene uno. Per il ritardo: sono due ore, ma Kyoya ha detto di dover aspettare degli illustri ospiti dallo Zinbabwe e di non poter assolutamente iniziare senza di loro. Tamaki è tranquillissimo, si limita a svolazzare per il prato come una libellula felice, ancora intontito dallo scherzo. Dubito riesca a rendersi conto di una cosa superflua come l’orario».
«Scherzo?»
Mei si morse il labbro, incerta se rivelare o meno la verità. «Diciamo che i gemelli e Yuzuha Hitachiin hanno deciso di divertirsi un po’ alle sue spalle, dopo tutto ciò che lui ha fatto sorbire loro con questa storia del matrimonio. Ora avanti, alzati, dobbiamo risistemarti per bene».
Haruhi accettò la mano che l’altra, ora in piedi, le offriva. Si lisciò il vestito come meglio poteva per rendersi un po’ più presentabile - impresa vana e del tutto inutile - e la seguì alla porta. «Aspetta, hai parlato di ospiti dallo Zimbabwe? Come faremo quando si capirà che non è vero?!»
Mei si voltò, sorpresa. «Ma Haruhi, è ovvio che sia vero. Li aveva già invitati, e ora suppongo che stiano aspettando che certe misteriose perturbazioni abbiano termine per poter atterrare senza problemi. Credo siano clienti del padre, non ho ben capito».
Haruhi sbiancò improvvisamente. Ciò che si dissero Kaoru e Mei le risultò stranamente ovattato, mentre l’unica voce che sentiva distintamente era quella nella sua testa.
Kyoya ci ammazza.
O li avrebbe sommersi di debiti, chissà. Quasi quasi preferiva la prima.
 
***

Quando la marcia nuziale iniziò ad echeggiare lungo l’enorme, mastodontico tendone,  le facce dei tremila invitati si volsero tutte a fissare l’entrata della sposa.
Haruhi si rese a malapena conto di non conoscere nemmeno la metà di tutte quelle persone, ma fu con un sospiro di sollievo che riconobbe in alcune figure nelle prime file le tipiche tuniche colorate che dovevano indossare i misteriosi clienti africani di Ootori-sama. Ranka, che aveva già deciso che l’avrebbe accompagnata all’altare sotto veste di padre (salvo rimettere lo svolazzante abito rosa non appena la cerimonia avesse avuto termine), sentì la figlia rilassarsi al suo braccio, e sorrise.
«Andrà tutto bene», le sussurrò, e lei lo guardò con gratitudine.
Non che ne fosse pienamente convinto, dato che lo sposo sembrava un idiota - un idiota più del solito, naturalmente -, ma la sua piccola aveva bisogno di rassicurazioni.
«Kyoya-senpai, Tono è ancora ridotto come prima», bisbigliò Kaoru, il secondo testimone dello sposo. «Nemmeno la vista della sposa sembra farlo rinsavire!»
Kyoya si sistemò meglio gli occhiali con l’indice, e sussurrò all’orecchio del migliore amico: «Tamaki, tua figlia si sta per sposare. Con me». (**)
Il sorriso ebete di Tamaki scomparve all’istante, seguito da un grido che attirò verso di lui l’attenzione di tutti gli invitati. Il ragazzo afferrò Kyoya per la giacca e iniziò a strillare: «Non puoi, non puoi! È la mia fidanzata!»
Haruhi raggiunse l’altare con un evidente sopracciglio scettico, Kyoya chinò il capo e le sorrise, mentre Tamaki continuava a sbraitare frenato a stento da Kaoru e Mori, gli altri due testimoni.
«Era ora, Haruhi».
La ragazza raggelò. Il sorriso c’era, ma era demoniaco come pochi ne aveva visti. E lo conosceva da anni!
«Possiamo cominciare?», domandò con cura il prete, guardando preoccupato il trio. Quella frase ebbe il potere di acquietare gli animi e Tamaki, tornato normale - per quanto si possa definirlo normale - fece un segno d’assenso. «Sì, ci perdoni».
Il sacerdote annuì, soddisfatto, e iniziò la cerimonia. «Cari fratelli, siamo oggi qui riuniti per celebrare…»
«Kyoya-senpai, toglimi una curiosità…»
Lui rivolse un’occhiata a Kaoru. «Dimmi».
«Ehm… Ma se era così facile farlo tornare alla sua ordinaria follia, perché non l’hai fatto prima?»
Kyoya lo fissò serio, per un momento. Poi sorrise con indulgenza. «Un Tamaki rimbecillito è molto più gestibile di un Tamaki isterico, non trovi? Almeno abbiamo evitato che facesse danni».
Coinvolgendo me, soprattutto.
Gli occhi dell’altro si allargarono, sorpresi. «Avevi programmato anche questo
Kyoya distolse lo sguardo, con un lieve sorriso di compiacimento dipinto sulle labbra. «Goditi la cerimonia, Kaoru».
 
***
 
Ayumi Nagashima aveva sempre avuto il sospetto che gli appartenenti dell’Ouran High School fossero decisamente strani, ma non avrebbe mai immaginato una cosa del genere.
Passino gli elefanti in giardino come omaggio per gli sposi da una qualche famiglia del Mozambico o giù di lì, passi la pazza furiosa che era fuoriuscita dalla torta sopra uno strano aggeggio a motore che aveva rischiato di far morire di crepacuore più di una delle delicate signore lì presenti (la risata satanica della già citata squilibrata, poi, non aveva fatto altro che confermare i suoi sospetti: era davvero al cospetto della tanto famigerata Renge Hoshakuji), passi il migliore amico dello sposo che bacia la sposa in virtù di non si sa quale saldamento di debito…
Ma la corsa al bouquet, questo no. E lei proveniva dalla St. Lobelia Girl’s Academy, dannazione!
Si era casualmente trovata davanti allo spettacolo, quando era arrivato il momento, per la sposa, di lanciare il mazzo di fiori.
Un disastro.
 
***
 
«Il bouquet, il bouquet!», strillò Renge, e tutte le fanciulle presenti in giardino si riunirono subito davanti ad Haruhi, aspettando in trepidazione di vedere il candido mazzo volteggiare in aria per essere poi afferrato con grazia e delicatezza da una di loro. O almeno, questa era l’idilliaca immagine che si erano fatte, dato che la realtà fu decisamente differente.
Nell’esatto momento in cui Haruhi si voltò con un sorriso e si preparò al lancio, una dozzina di uomini travestiti si bloccarono a fiutare l’aria contemporaneamente, come tanti segugi. La sposa finalmente buttò il tanto ambito mazzo, girandosi subito per vedere chi delle tante principesse non ancora sposate l’avrebbe ricevuto in dono.
Quello che vide fu l’inferno.
Le amiche del padre si stavano avvicinando ad una velocità impressionante al gruppo, come se stessero correndo su una pista con le scarpe da ginnastica e non su un morbido tappeto d’erba con dei vertiginosi tacchi a spillo. Anche la formazione delle stesse rassomigliava inquietantemente ad una squadra di rugby che cercava di accaparrarsi i punti decisivi per vincere il match di campionato. Il bouquet era ormai quasi nelle mani di una delle principesse, che aveva teso il braccio con eleganza, facendo quasi sfiorare le sue delicate e curate dita ai teneri boccioli dei fiori… Quando venne letteralmente investita da un gruppo di donne con furia omicida negli occhi, che l’atterrarono senza tanti complimenti. Le altre strillarono e cercarono di tirarla fuori da sotto quei corpi decisamente possenti, ma in poco si ritrovarono tutte a combattere in un enorme mucchio confuso di arti, busti e teste.
 
Click.
 
Kyoya si voltò ad osservare la scena, e il suo colorito si fece appena più pallido. Finalmente dall’ammucchiata emerse la vincitrice, con il trucco colato, le vesti scomposte e i capelli simili alle serpi di Medusa.
Ranka.
Haruhi mormorò uno stupito: «Papà!», al che lui le fece il segno della vittoria, sorridendo ed indicando l’occhio nero che si stava formando sul volto di Renge, la seconda che era riuscita a divincolarsi dagli abbracci poderosi a cui era stata sottoposta. Un ghigno ferino si fece largo sul viso dell’altra, prima che si avventasse su Ranka, tentando di strappargli il trofeo.
 
Click.
 
«La avviso che non è autorizzata a fare foto che possano risultare compromettenti o che possano essere giudicate dannose per l’immagine pubblica degli invitati», disse tranquillamente Kyoya, rivolgendosi alla fotografa che da prima del matrimonio si era divertita ad immortalare i momenti più imbarazzanti della cerimonia. La ragazza non gli rivolse nemmeno uno sguardo.
«Presumo che se non acconsentirò io stessa ad eliminare alcune di queste foto atte a minacciare la vostra immagine pubblica», gli fece ironicamente il verso, «ci penserà qualcun altro. Magari proprio lei, sbaglio? Non è la prima volta che fa sparire delle prove, da ciò che mi risulta».
Il sorriso di Kyoya si accentuò appena.
«Le sue sono solo supposizioni, non mi metta in bocca parole che non ho pronunciato».
La ragazza finalmente lo guardò, mentre un sopracciglio si inarcava appena, mostrando tutto il suo scetticismo in merito.
«Le spiegherò la situazione, signor… Ootori, se non ricordo male. Anche se distruggesse la macchina fotografica o mi sequestrasse la memory card, non potrebbe comunque eliminare le foto. Vede, quest’aggeggino è collegato tramite bluetooth al mio palmare, che trasmette immediatamente le nuove informazioni con una mail al mio assistente».
«Potrei prenderle il palmare. In prestito, ovviamente».
«Potrebbe, ma così rischierebbe di veder pubblicate su almeno cinquanta blog di stampa, nazionale e meno, la notizia che un ricco ereditiero giapponese ha cercato di mettere il bavaglio all’informazione pubblica».
«Ma lei non lavora per alcun giornale, signorina…»
«Nagashima, Ayumi Nagashima. No, infatti non lavoro per nessun giornale, ma sa anche lei come sia facile manipolare certe cose».
Kyoya quasi rise davanti ad una situazione del genere. Non gli capitava spesso di avere pane per i suoi denti… Anzi, a dirla tutta non gli capitava praticamente mai.
«E se per caso un virus entrasse nel pc del suo studio?», chiese con leggerezza Kyoya, sfilandosi gli occhiali per pulirli con il fazzoletto immacolato conservato nel taschino. Con la coda dell’occhio notò la smorfia soddisfatta dell’altra, e capì che aveva predetto anche questo.
«Sarebbe davvero un peccato per la spesa del tecnico, ma avrei comunque già su carta numerose copie. Sa, il mio assistente le stampa mano a mano che arrivano. Per ogni evenienza».
«Per ogni evenienza, ovvio».
Osservarono Renge riemergere vittoriosa dalla lotta, con tanto di applauso delle sue compagne, le quali avevano assistito ammirate alla dimostrazione di forza bruta esibita. Le amiche di Ranka corsero in soccorso dell’amica, decisamente afflitta e amareggiata.
«Si potrebbe prendere una rosa dal mazzo per ciascuna, non sarebbe meglio? Così sarebbero tutte soddisfatte», mormorò la fotografa.
 
Click.
 
Kyoya inchinò appena il capo, in segno di approvazione. «Mi scusi un attimo».
Ayumi Nagashima restò ad scrutarlo attentamente, mentre porgeva una mano ad una delle principesse per aiutarla a rialzarsi da terra. Sfilò gentilmente il bouquet dalle mani di Renge e iniziò ad estrarre un diverso fiore per ognuna delle signore presenti, finché non rimasero che una rosa e la confezione con il fiocco. Inutile dire che a quel gesto tutte andarono in solluchero, mentre Ranka esprimeva pericolosamente il pensiero che sua figlia avrebbe dovuto sposare lui, e non quell’altro (con tanto di urlo di disapprovazione da parte di Haruhi e conseguente depressione da parte di Tamaki). La fotografa roteò gli occhi al cielo, un po’ infastidita e un po’ divertita da quella situazione. Kyoya tornò da lei e le porse il fiore rimasto (aveva lanciato la confezione in testa allo sposo, per farlo riprendere); Ayumi lo fissò senza capire.
«È pur sempre stata l’ideatrice dell’ottima trovata, no?»
«Non lo voglio», lo contestò lei. Kyoya sollevò scetticamente un sopracciglio.
«Invece lei lo prende».
«No!»
Kyoya le prese la spallina dell’abito e vi infilò la rosa senza spine. «Sì. Ad un Ootori non è permesso contrarre debiti di alcun tipo».
Detto questo, l’abbandonò con un gesto di saluto della mano e fece per tornare dai suoi amici, mentre Ayumi si sentiva piuttosto offesa da quei modi. E anche piuttosto incuriosita, tutto sommato.
«Immagino che non le interessi una foto del bacio con la sposa!», gli urlò dietro. Bastò la breve occhiata che l’altro le rivolse per farla sorridere. «Imparerà ben presto a scendere a compromessi», gli promise.
Kyoya Ootori si ripromise di indagare quella sera, una volta da solo, su quella strana ragazza. Ci mancava solo una fotografa superba a rovinargli la giornata.
Avrebbero capito ben presto che nessuno dei due amava perdere, e ciò sarebbe stato un grosso problema. Per entrambi.
 
***
 
«Fai attenzione sull’aereo, tesoro mio!», stava piangendo Ranka, mentre stritolava la povera Haruhi, ormai cianotica. «Quanto a te», e indicò minacciosamente Tamaki con l’indice, «prova a sfiorarla non dico con un dito, ma con un’unghia, e ti farò rimpiangere di essere nato».
«Va bene papà, ma ora lasciaci partire!», supplicò la figlia, preoccupata di non riuscire ad imbarcarsi per tempo. Ranka finalmente desistette, e rimase a guardare, impotente, l’aereo inghiottirsi figlia e genero.
Genero. Ugh.
Che orribile parola. Ci si sarebbe abituato a fatica.
Per fortuna che quell’inetto non era svenuto durante la cerimonia. Almeno questo, doveva riconoscerglielo: era già pronto a cavalcare Missy, l’elegante elefante da giardino di cui si era innamorato quel pomeriggio, e farne polpette. A dire la verità, forse un po’ gli dispiaceva di non aver potuto sfruttare l’occasione…
 
«Finalmente è finita», sussurrò Kyoya, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi stancamente gli occhi. Si buttò, ancora vestito, sul letto e premette con forza il viso contro il materasso.
«Kyoya, sai cosa stavo pensando?», disse Fuyumi, entrando nella camera e sedendosi sul letto, accanto alle gambe del fratello.
«Io penso che tu dovresti stare a casa tua, a quest’ora», le rispose borbottando, troppo stanco anche per voltarsi. La sorella rise.
«Penso che sia ora per te di trovarti una fidanzata! I tuoi fratelli ormai si sono sistemati, manchi solo tu ed il quadretto di famiglia sarebbe completato!»
«Un idillio», borbottò Kyoya, acido. Fuyumi rise ancora, e si chinò per lasciargli un bacio sui capelli.
«Tu pensaci… Ancora non sono diventata zia, sono impaziente!»
«Questa è una delle idee peggiori che-», ma si interruppe, sentendo la porta chiudersi. Finalmente si girò sulla schiena, sentendo i muscoli delle spalle strillare per il dolore. Osservò il nastro del bouquet fatto scivolare in tasca e gelosamente conservato che ora pendeva dal suo comodino.
“Immagino che non le interessi una foto del bacio con la sposa!”
Kyoya sorrise, e prese il cellulare. Chissà se Tamaki era già svenuto…
 
«Fate un altro scherzo del genere ad Haruhi e giuro che vi picchio talmente forte da farvi perdere tutti i denti!»
I gemelli si guardarono sogghignando e sbuffarono all’indirizzo di Mei.
«Eddai, piantala! Era solo uno scherzo innocente!»
Mei roteò gli occhi al cielo, stizzita. «Uno scherzo un accidente! Quasi non era in grado di sposarsi!»
«Be’, non sarebbe stata una catti-», Hikaru non finì la frase, interrotto dalla brusca gomitata della ragazza.
«Smettetela di dire sciocchezze e portatemi a casa. È il minimo che possiate fare per ricompensarmi dello stress che mi sono dovuta sobbarcare oggi».
«Hai, hai», sorrisero i gemelli. Hikaru un po’ meno, era ancora intento a massaggiarsi lo stomaco.
«Certo che sei proprio violenta!», disse, prima di essere nuovamente colpito. «Ahi!»
«Maleducato!»
«Ah, io
«E chi, tuo fratello? Ah, no, aspetta… Tra tutti e due non so chi è il peggiore…»
«Non mettermi al suo stesso livello!», protestò Kaoru. Mei lo guardò diffidente, e scosse la testa.
«Siete entrambi figli di vostra madre… Due mine pronte ad esplodere».
I gemelli scrollarono le spalle, lasciando che l’amica continuasse a sbraitare ancora un po’. Prima o poi si sarebbe stancata.
«Ehi, Kaoru, ho vinto io la scommessa. Tamaki non è svenuto durante la cerimonia», sussurrò Hikaru, in modo che Mei non lo sentisse. Voleva evitare di farsi uccidere per così poco.
«Va bene, va bene, hai vinto tu… Domani le chiederò di uscire».
Hikaru sorrise vittorioso: non gli capitava così spesso di battere il proprio gemello. Quello di cui non aveva tenuto conto, però, era che la mente di Kaoru, a volte, assomigliava più a quella di Kyoya-senpai che alla sua… E che anche perdere, spesso, costituisce una vittoria.
 
«Takashi, Takashi, Usa-chan è così stanco!», esclamò Honey, sbadigliando sonoramente. Il cugino annuì e lo prese sulle spalle, dopo essere sceso dalla limousine. «Però sono contento che sia andato tutto bene!»
«Mmh».
«Tamaki è riuscito a sposarsi senza svenire! Non è un traguardo?»
 
Tamaki si era appena reso conto dell’enormità di ciò che aveva compiuto.
«Hostess, hostess! Un bicchiere d’acqua, presto! Mio marito è svenuto!»
 
 
 
 
 
 
L’angolo dell’Asterischiamo insieme:
(*) Miki Koishikawa, protagonista di Marmalade Boy, aka Piccoli problemi di cuore. Si sa che Mei è assuefatta dagli shojo :D
(**) Scena ripresa spudoratamente dal manga D.Gray-man, dove non c’è altro modo per svegliare il Supervisore Komui che dirgli che la sua amata sorellina sta per sposarsi :D Ecco qui una delle sue frequenti reazioni, l’ho ripulita dagli eventuali spoiler con una bella censura bianca finale XD
L’ordinaria follia a cui fa riferimento Kaoru è un tributo a Charles Bukowski, ovviamente.
 
Angolo personale dell’autrice:
Innanzitutto, un ringraziamento va a Marzolina, la madrina di questa storia. Stavamo allegramente parlando di Shadowing, lei insultandomi, io insultandomi (sempre la stessa, monotona storia…) e a lei viene voglia di scrivere sull’Host, a me viene l’idea ma non ho alcuna intenzione di sobbarcarmi il peso di un’altra storia su questi incoscienti. Inizialmente penso di passarle amorevolmente il carico (con tanto, tanto affetto… Un grido alla: SCRIVI, MALEDETTA! +_______+), e lei mi propone di lavorarci insieme.
[L] Sai che non la porteremo mai a termine, vero, cara?
[M] Oh, invece sì!
Iniziamo. Ci stufiamo praticamente subito, come da me predetto (siamo dannatamente pigre, qualche dubbio in merito?), così di questa storia non rimangono che frammenti idioti e piuttosto slegati tra loro, destinati a soccombere sotto il peso delle decine di file giornalieri che salvo. Però l’idea continuava a stuzzicarmi. Insomma, durante l’estate butto giù qualche altra riga, ci ripenso, torno a far marcire il file, lo recupero… Ma è solamente in questi giorni che ho deciso di riesumarlo definitivamente e buttarlo fuori dalle palle (e che i più piccini non si sconvolgano dal mio modo di esprimermi! Non mi hanno mai sentita la mattina, appena sveglia).
Ovviamente, nella storia ho mantenuto i pezzi scritti da Marzolina e sono quelli che trovate  in Verdana (stile che io semplicemente aboVVo ma che lei usa, quindi ho optato per questo - pessimi gusti, cara, sempre detto! ù_ù) e sono le parti geniali della storia, ovviamente :D Mi sembra superfluo dire che anche gran parte delle idee sono sue o comunque sono state prese da entrambe, ergo ecco il perché mi stia dilungando tanto su questa parte.
Quindi, grazie Marz. Chissà quando la vedrai pubblicata che faccia farai =P (Ah, ci tengo a dire che anche se fosse stata scritta in un fifty/fifty sarebbe comunque stata pubblicata sotto mio nome - e con il suo accanto grande come una casa, obviously - e la decisione è stata presa da lei, lo preciso per evitare fraintendimenti con i lettori). Comunque. La storia non deve necessariamente essere interpretata come un finale ulteriore del manga (vedete? Nessun avviso spoiler, perché non ce ne sono, non perché sono sadica! ù_ù), anche perché l’abbiamo ideata che al finale mancavano alcuni capitoli. Ergo, state scialli XD
La storia nel particolare.
Haruhi va in crisi pensando che sta per sposare un idiota. Credo sia perfettamente in linea con il comportamento da lei tenuto nel manga (soprattutto nei capitoli finali), quindi non lo considero OOC. Non solo è cosciente di essersi innamorata di un idiota, sta anche per sposarlo! Roba da far perdere la testa a chiunque (chiunque con un minimo di cervello, almeno).
Cos’altro dire? Credo di essermi dilungata abbastanza. Al solito, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, quindi non siate timidi, suvvia :D
See ya, guys ♥
Lely
   
 
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