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Autore: Kyo_Neko fan    28/12/2003    6 recensioni
Dare voce ad un frammento dei sentimenti di Kyo è sempre stato il mio sogno... quindi, perchè no?
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tanti abbracci, un solo io.

Il primo nostro abbraccio. 
Lo ricordi? 
Io molto bene. 
In quel momento tu hai scoperto che non ero ciò che sembravo. Sei scivolata in avanti, e proprio in avanti c'ero io. E mi hai stretto, come appiglio, per non cadere, per non farti male. E il mio altro essere si è fatto avanti, tu mi hai visto. Per la prima volta tu hai capito la nostra duplice natura. La mia e quella di tutti gli altri, vittime di questa disgrazia.
Già da allora un sentimento ha iniziato ad assopirsi nel mio cuore, nuovo, strano, senza che io me ne accorgessi. In quei frangenti, quanto sono stato stupido. 
Forse tu non avresti creduto che ti odiavo. 
Se tu avessi potuto vedere ciò che sentivo veramente... 
Non so. 
Forse avresti pianto. 
Piangi sempre come una stupida quando qualcosa ti commuove. A dire la verità io sono mille volte più stupido di te, a stare sempre zitto e a non mostrare mai quello che provo. 
Io... in quei momenti... ho sentito...
La nascita di un mio nuovo io. Di un io diverso dall'aggressivo e spinoso passato, un io che sapeva sorridere con dolcezza, che sapeva anche aiutare. 
Se qualcuno mi avesse fermato per la strada, descrivendo i cambiamenti che avrei fatto, ma sopra ogni cosa i miei sentimenti per te... non credo che l'avrei picchiato, anche se magari mi sarebbe venuta la tentazione, impulsivo come ero, ma compatito sì, senz'altro. Forse gli avrei riso in faccia. L'avrei trovata una strana barzelletta che serviva per strapparmi un amaro sorriso dal volto. 
Nella mia vita non c'era che uno strato nero, di delusione, di sofferenza, di diffidenza, di disprezzo e di aggressività. Sentimenti confusi, ma forti, tanto forti, che regnavano nel mio io senza speranza e rassegnato. 
Sentivo solo quelli, come un'incessante fischio nelle mie orecchie, che penetrava fin nel midollo delle ossa. E mi sono rassegnato a quel fischio. Credevo che la mia vita fosse finita. Avevo perso tutto. La persona che mi voleva davvero bene era una, una soltanto. Sentirmi così compatito era una situazione patetica. 
E provavo un disgusto interiore, una nausea, per quello che ero e per quello che provavo, che avevo imparato a vincere. E non volevo vincere. Non in quel modo. Il mio modo di vivere era oscuro e sbagliato, un modo come un altro per placare la sete di vendetta, e nulla più. 
Io... come persona... non ero nessuno. La mia vita era qualcosa di nullo e privo di significato. Solo cercare di guadagnarmi la stima degli altri poteva confortarmi. Il potere camminare senza sentirsi occhiate torve e maligne addosso. Potere marciare a testa alta, con il passo che voglio, con la velocità che IO esigo. 
Ma tu, con il tuo sorriso, con la tua dolcezza, hai iniziato a rischiarare quella camera buia e triste che era il mio cuore. Come il sole che asciuga la terra bagnata di pioggia, tu hai asciugato le mie lacrime, anche quelle che avrei voluto versare ma che non ho mai avuto la forza di cacciare. 
Mi volevi essere amica, capivi lo sdegno e il dolore che quel povero gatto aveva provato molto prima di me. In effetti anche la mia vita, fino ad ora, era sempre stata come un banchetto per gli altri, mentre io, nell'ombra aspettavo. 
Cosa non so nemmeno io. 
Forse aspettavo veramente te.
All'inizio la tua bontà e il tuo altruismo, che a volte si rivelava grottesco da tanto era esagerato mi dava solo un grande fastidio. Se c'è una persona che hanno calpestato, ignorato e preso in giro quella sei tu. 
Eppure nei tuoi occhi non c'è una sola goccia di rancore o di rimpianto.
Solo tanta, infinita dolcezza. 
Per un po' ho invidiato quella dolcezza. Anche io avrei voluto reagire come facevi tu, ma io non ho il carattere, non ho le forze per farlo. 
Ero solo uno stupido che cercava di arrancare in una realtà buia e meschina. 
Il fastidio, piano piano se n'è andato. Per sempre. Per non fare più ritorno. Per lasciare spazio ad un unico sconfinato ed eterno amore. 
Amore, un sentimento che disprezzavo pronunciare, che credevo non esistesse neppure. E ora... ora so che esiste. Ora so che è nato anche nel mio animo, ed è cresciuto come un fiore nella sabbia del deserto. Ha radici così profonde che se qualcuno me lo provasse a strappare, io ne morirei.
Tu, il tuo sorriso, il tuo corpo minuto, i tuoi modi gentili, la tua immagine mentre sistema il bucato o mentre sorride, apparecchiando la tavola per la cena...
Chiudo gli occhi, e li rivedo. Io vivo nella tua stessa casa, tu sei l'acqua calda che con il suo tepore mi ha scaldato e ritemprato, e ha sciolto a poco a poco, tutto il nero che era dentro di me, senza chiedere nulla in cambio. 
Il tuo sorriso...
... Per quel sorriso...
Io so solo che potrei morire, anche adesso.
I miei sentimenti, così chiari e così confusi e frammentari al tempo stesso... ora, in questo istante li vedo, disposti in ordine, allineati, e finalmente li capisco e li voglio capire. 
Tu sei la prima persona comune che abbia mai visto il mio vero aspetto. Una mostruosa e informe figura, disgustosa, orrida, viscida... 
Io per primo la odio. 
È una croce, una tortura che mi assilla.
E tu non l'hai rifiutata. Con il tuo animo semplice, mi hai capito come nessuno mai aveva fatto. E quella notte... quella notte io...
Sono riuscito a piangere. 
Forse anche la scorza più dura, se potesse parlare, chiederebbe una scalfittura. Forse anche il ghiaccio, se potesse parlare, chiederebbe del calore.
E gli ultimi residui di oscurità del mio animo, ad uno ad uno, come fango hai finito per scioglierli.
Quella notte ti ho abbracciato una seconda volta. Una prova semplice e repressa troppo a lungo del mio sconfinato affetto, ed il mio ultimo, malinconico addio alla possibilità di stare con te... per sempre.
Un istante prima di diventare un gatto, un istante solo. 
L'istante più caldo ed intenso della mia vita. 
Ho sentito il tuo calore, come la luce del sole sulle pietre. Il tuo respiro, affannoso per il pianto, il tuo corpo sottile contro il mio petto scoperto. Il tocco della nostra pelle, che per quel fortunato istante si è sfiorata. I tuoi capelli lunghi tra le mie dita, come tanti sottili e preziosi fili di seta. Piccole gocce salate che cadevano sulla mia spalla, le tue lacrime, versate per uno come me. 
E poi ho potuto pronunciare il tuo nome... "Toru".
Non l'avevo mai detto. Mai. Lasciavo che fossero gli altri a chiamarti per nome, io non lo trovavo giusto o necessario. Per richiamare la tua attenzione non era necessario pronunciare questo nome così dolce... così infinitamente sacro...
E da come l' ho descritto, sembrano essere passati minuti. Invece è stato un istante di gioia, che mi ha fatto palpitare e piangere come un bambino. 
Io, che credevo di non dovere più avere bisogno delle lacrime, io ho pianto.
Tu non ti rendi conto, forse mai, che per me la tua vicinanza è tanto idilliaca quanto dolorosa. Forse perché il mio è un amore così impossibile che è ridicolo pensare che possa avere un seguito. Non avrò mai la forza per prendere di petto la situazione e dirti ciò che penso veramente. Mi imbarazzerei, direi la metà delle cose che vorrei dirti, le svilirei e le renderei ovvie e banali. E questo solo nella migliore delle ipotesi, visto che so già benissimo che non riuscirò mai a dirti simili cose.
So che il solo starti accanto è sbagliato. Lo so. 
Il topo è speciale, sì. Lui ha più diritto di starti accanto, e ancora una volta ha vinto lui. Non voglio oppormi, anche se per me è davvero come morire. 
So che in questo modo tu non mi basterai mai. 
Ma non mi importa. Non mi importa più. 
Un solo io, che vive dentro di me, la mia natura più dolce che tu hai saputo fare affiorare, ti proteggerà fino a che sulla mie labbra vi sarà respiro.

  
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