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Autore: chiaki89    03/12/2010    10 recensioni
Dei personaggi dei libri sappiamo praticamente tutto. Ma poche volte ci siamo chiesti come potrebbero aver reagito i genitori di Hermione alla notizia che la figlia è una strega. La Rowling ci ha suggerito una certa apertura di idee a riguardo ma…le madri nascondono alle figlie dolori che spesso non ammettono neppure a loro stesse.
Sesta classificata pari merito al contest "Come madre e figlio/a" indetto da LyndaWeasley e vincitrice del "Premio madre"
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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In questa storia, più che costruire una vicenda, ho voluto entrare nella mente e nel cuore della madre di Hermione (che ho deciso volontariamente di lasciare senza nome) per capire come fosse stato il loro rapporto negli anni di Hogwarts e un pochino oltre.

 Dedicata a mia madre (anche se non la leggerà mai xD). Perché, in un modo o nell'altro, ti devo tutto. Grazie. 

 

 

 

LETTERA DI UNA MADRE

 

 

 

Piccola mia…

Non ti dispiace, vero, che io ti chiami così? Perché lo sai che nel mio cuore sarai sempre “la mia piccola bambina”. Anche se ormai, agli occhi di tutto il mondo, non lo sei più.

Ricordo ancora quel giorno…il giorno in cui le nostre vite sono state ribaltate nel modo più imprevisto e sconvolgente possibile.

La comparsa, sulla soglia di casa nostra, di una donna anziana il cui sguardo ferreo smentiva il vestiario eccentrico. E occhiali quadrati che le davano un’aria accademica.

Io e tuo padre avevamo lasciato che entrasse nel nostro salotto, intuendo, con un brivido di paura, che la sua venuta avrebbe forse spiegato strani fenomeni che di quando in quando turbavano la nostra vita.

 

“Vostra figlia è una strega”.

 

Le uniche parole del suo discorso che avevo davvero sentito erano queste.

Non avevo sentito nulla di Hogwarts, né dell’Assennato Programma di Informazione ai Nati Babbani, né della sua disponibilità ad aiutarci.

Ti chiederai “come avete potuto credere immediatamente alle sue parole?”. È una domanda intelligente, piccola mia. Lo sei sempre stata.

Ero –e sono- così orgogliosa della tua mente vivace e della tua determinazione! Eri ancora una bambina, eppure per te non doveva esistere una domanda che rimanesse senza risposta. O pestavi i piedi –in modo quasi capriccioso- oppure ti lanciavi con entusiasmo ad indagare. Da quello che ho poi saputo delle tue avventure scolastiche non sei cambiata di una virgola in questo.

Ma torniamo alla tua domanda.

Abbiamo creduto a quella donna perché già da tempo avevamo capito che, ovunque tu andassi, accadeva qualcosa di strano. Non potevamo più entrare nelle librerie: ogni volta che ci mettevamo piede i volumi iniziavano a fluttuare verso le tue mani sotto i tuoi occhi rapiti.

Ti avevo dovuto fare un discorso convincente riguardo al fatto che i tuoi capelli erano bellissimi anche così ribelli, visto che a mattine alterne ti svegliavi con il viso incorniciato da fluenti capelli lisci, decisamente non tuoi.

Io e tuo padre eravamo semplici dentisti, ma non eravamo stupidi. E quello che la Professoressa McGranitt –così si era presentata- stava dicendo spiegava improvvisamente tutto.

Quella sera io e tuo padre litigammo.

Ci lanciavamo a vicenda le stesse insensate accuse, come se fosse colpa di qualcuno il fatto che tu fossi una strega.

È così, piccola mia. All’inizio non eravamo felici che tu lo fossi. Ma tutta la nostra disapprovazione si era sgonfiata davanti al tuo sguardo entusiasta e alle tue guance rosse per l’eccitazione.

“Vuol dire che posso fare magie?”, avevi chiesto trepidante.

Avevo annuito, senza sapere più che fare. Ma quando mi avevi sorriso, felice come non mai, la decisione era presa.

La Professoressa McGranitt ci inviò, il giorno dopo, una persona del Ministero della Magia – Divisione Rapporti con i Babbani- per guidarci nel tuo mondo.

Fu l’inizio di tutto.

Avevo osservato con interesse quel mago toccare distrattamente i mattoni di un muro anonimo con la sua bacchetta magica. Strano a dirsi, ma ero davvero incuriosita. Quello che mi era stato insegnato a diffidare da tutta la vita all’improvviso era diventato estremamente reale. Mi sentivo, inaspettatamente, come una bambina. Un po’ come te, e ne ero felice.

Quando il muro si era aperto, rivelando una splendida via lastricata e stipata di negozi stupefacenti e di gente chiaramente diversa, mi ero sentita esplodere dall’entusiasmo. Tutto era così incredibilmente…magico.

“Benvenuti a Diagon Alley, signori Granger”, aveva detto solerte il nostro accompagnatore.

Tu, piccola mia, sembravi un vulcano in eruzione. Avevi chiesto al mago che ci accompagnava se esisteva un luogo dove vendessero libri di magia e, di fronte alla sua risposta affermativa, ci avevi obbligato ad andare lì di gran carriera.

La libreria magica, il Ghirigoro, mi colpì. Libri ovunque, libri di qualsiasi forma e colore, libri con la dicitura “aprire con prudenza, potrebbe mordere” e libri tenuti dentro ad una vetrina che solo i commessi, usando la bacchetta magica, potevano aprire. L’insegna sopra a quella vetrina recitava “Libri Magici e Letali”.

Ed ebbi paura, all’improvviso. Della magia, dell’ignoto.

 

Era tutto così strano ai miei occhi…ma tu eri felice. Comprammo i libri per la tua scuola e poi il mago ci trascinò a “rendere ufficiale l’entrata di una nuova strega ad Hogwarts”.

Entrammo in un negozietto angusto e polveroso, i cui scaffali erano stipati fino al soffitto di scatolette piccole ed allungate.

Un uomo dagli occhi sbiaditi ci accolse distrattamente, presentandosi come Olivander. Ci guardò di sfuggita, borbottando “Babbani” e poi concentrò tutta la sua attenzione su di te. Ti fece provare ad agitare molte bacchette e la tua espressione era così buffa…eri così assorta da non renderti più conto di tutto quello che ti circondava.

Neppure di noi.

Non dimenticherò mai il tuo sguardo gioioso quando una di quelle bacchette aveva sprizzato scintille bianche. E le parole del mago del Ministero.

“Ora sei una vera strega”, aveva detto, convinto di adularti.

Usciti dal negozio, il mago ci aveva fatto passare per altre botteghe dove avevamo poi comprato le cose che ti sarebbero servite per l’anno scolastico.

Cose delle quali spesso io non conoscevo neppure l’esistenza. Questo mondo, mi chiesi, è così lontano dal mio?

Man mano che le ore passavano, una sensazione di disagio cresceva nel mio stomaco. Era più di una nausea, più di un malessere. Era un sentimento al quale non volevo dare voce, perché sarebbe stato ingiusto. Nei tuoi confronti, nei confronti della tua felicità.

 

Io ero gelosa.

 

Gelosa del tuo mondo, che ti stava strappando a me. Gelosa del fatto che in quel mondo non sarei mai potuta entrare. Gelosa del tuo essere così diversa da noi. Gelosa, perché sapevo che ti stavo perdendo.

Quella notte piansi disperatamente. Piccola mia, lo sai quanto ti amo? Non riuscivo ad accettare il tuo allontanamento: ma tu eri così contenta, come potevo dirti qualcosa?

Avevo contattato la Professoressa McGranitt, chiedendole se non si poteva “tornare indietro”. In fondo erano maghi, non potevano toglierti la magia e farti dimenticare tutto a riguardo?

Sì, piccola mia, ho fatto una cosa del genere.

Per un po’ di tempo mi sono illusa di averlo fatto per te, ma mentivo a me stessa. La mia gelosia mi aveva già plagiata fino a questo punto.

Come immaginerai, la risposta alla mia accorata richiesta fu fermamente negativa. Non che ci avessi sperato davvero, in fondo. Per tutta l’estate, fino agli ultimi giorni di agosto, mi ero arrovellata su come avrei potuto impedire la tua partenza verso quella scuola, ignorando il rapimento con cui divoravi i libri che avevamo comprato in quel posto pericoloso, Diagon Alley.

L’ultima sera, prima della partenza, eri venuta in camera mia. Il tuo sguardo era smarrito, lo ricordo ancora. Avevo aperto le braccia, temendo, per un momento, che non avresti risposto alla mia supplica mascherata da invito.

Invece, con mia dolorosa gioia, ti eri lanciata sul mio petto, stringendomi forte. Perplessa ma felice, avevo ricambiato con altrettanto fervore la tua stretta, per poi accarezzare dolcemente i tuoi capelli ribelli.

“Mamma, sei triste?”, avevi chiesto. Tu, così intelligente e sensibile, avevi colto qualcosa. E non era giusto. Ci sono cose che una madre dovrebbe tenere nascoste ad una figlia.

“Pensavo solo che mi mancherai, piccola mia”, avevo risposto.

“Anche tu mi mancherai mamma. Tantissimo”. In quel momento dovetti trattenere le lacrime con tutte le mie forze. Se solo tu avessi immaginato…

“C’è qualcosa che non va, piccola mia?”. Lo sguardo indifeso nei tuoi occhi mi aveva confermato che avevo fatto centro. Eri preoccupata, ma non sapevo per cosa.

“E se…non mi accettassero, alla fine? E se andassi male a scuola? E se non fossi davvero una strega? E se…”. Ti avevo interrotta, posandoti delicatamente un dito sulla tua bocca. Mi ero preparata a dirti quello che mi avrebbe fatto più male, eppure non potevo fare altro.

“Piccola mia, lo sai che non è così. Tu sei una strega, non permettere a nessuno di dire il contrario. Sei intelligente, determinata e sensibile, sono certa che sarai una delle studentesse più brillanti che la tua scuola abbia mai avuto. Ne sono sicura, piccola mia. Quindi non avere paura, va bene?”, ti avevo detto, asciugandoti quelle timide lacrime che non eri riuscita a trattenere. Poi mi avevi sorriso, dicendomi che mi volevi bene. Ed infine eri uscita dalla mia stanza: la stretta intorno al mio cuore non era mai stata così dolorosa.

Il primo settembre, il giorno della tua partenza, non avevo badato a nulla: vedevo solo te e il tuo entusiasmo. Il mantenere un sorriso convincente assorbiva tutte le mie energie, ma non volevo che tu partissi convinta che io non approvassi il luogo dove stavi andando. Non era colpa tua, tutto questo.

Ti abbracciai forte ed infine ti lasciai andare.

Un abbraccio simile a quello di un naufrago al suo salvagente; quegli abbracci si sarebbero ripetuti negli anni seguenti, diventando ogni volta sempre più disperati. Tu stavi andando alla deriva, sempre più lontana da me e sempre più vicina a quel mondo in cui non potevo entrare.

Ti abbracciavo sperando di trattenerti più stretta a me, senza riuscirci.

Lo avevo capito da quel quarto anno, quando durante l’estate te ne eri andata in anticipo per assistere a una Coppa del Mondo dello sport dei maghi. Tu, che non avevi mai amato nessun tipo di sport.

E alla fine di quell’anno eri arrivata a casa tesa, stremata e preoccupata. Eri corsa, come sempre, tra le mie braccia. Ma il tuo abbraccio aveva un sentimento differente dal solito: paura, amore e coraggio. Tutto insieme.

Ancora, quell’estate, ero stata costretta a salutarti in anticipo. Mi avevi detto, sorridendo, che non dovevo preoccuparmi, che stavi solo andando a casa del tuo amico Ronald e della sua famiglia. Ma non sono mai stata stupida, piccola mia, e ti conosco meglio di quanto tu non conosca te stessa.

Mi stavi tenendo nascosto qualcosa.

Non sapevo quanto importante, ma sapevo benissimo che non eri stata sincera. Eppure ti avevo lasciata andare. Perché avevo fiducia in te, perché avevo paura che, vietandoti qualcosa, tu ti saresti allontanata ancora di più. Una madre non dovrebbe ragionare così, lo so. Ma anche le madri sono esseri umani.

Io, come essere umano, ero estremamente sollevata al pensiero di non mettere più piede a Diagon Alley. Quel luogo rappresentava tutto ciò che io non ero, e che invece tu eri.

Era il muro che si stagliava sempre più alto tra me e te; non volevo vederlo, e quando ero costretta ad andarci venivo presa dalla nausea, ogni anno più violenta. Da questo punto di vista, ero quasi felice di non doverti accompagnare lì. Ero egoista, lo so. Ma cosa potevo farci? Non riuscivo a sopportare il fatto che tu non fossi più “la mia piccola”; possessiva, gelosa ed egoista.

Ecco quello che ero. E che sono ancora, in parte.

L’estate che precedeva il tuo sesto anno fu forse la più brutta. Eri stata costretta a supplicarmi, pur di andare via prima da casa. Di nuovo da Ronald, avevi detto.

Ma stavolta mi ero opposta, anche a costo di tornare a Diagon Alley. Avevamo litigato pesantemente, ti ricordi?

Mi dispiace, piccola mia.

Non ti dirò che l’ho fatto perché volevo proteggerti da quel pericolo che neppure conoscevo, ma che avevo subodorato. L’avevo fatto soprattutto perché pensavo che sarei impazzita di dolore se non ti avessi avuta vicina almeno quell’estate. Ancora possessiva, gelosa ed egoista.

Ma alla fine, blandita da tuo padre, avevo accettato che tu partissi. Stavi ormai diventando una donna, lo sapevo.

Mi parlavi tanto spesso di Ron, di Harry e di tutti i tuoi amici, glissando con disinvoltura –o almeno tu pensavi così, e io lasciavo che tu lo pensassi- sui tuoi trascorsi non esattamente adatti ad un Prefetto ligio alle regole. Eppure avevo colto lo sguardo brillante dei tuoi occhi mentre parlavi di Ron. Non potevo fare a meno di pensare che lui avrebbe contribuito a portarti via dalla tua famiglia.

E ti vedevo ogni anno sempre più matura, come se tu stessi passando delle prove dure e difficili, ma non sapevo fino a che punto questo fosse vero. Invece non solo avevo ragione, ma le vicende che ti avevano temprata erano anche più gravi di quanto non immaginassi.

Mi avevi raccontato tutto solo alla fine del tuo ipotetico settimo anno, in cui eri venuta a riprenderci in Australia e avevi sollevato l’incantesimo che avevi imposto su di noi.

 

Ero furibonda.

Tu eri andata in giro a rischiare la vita e avevi fatto in modo che io e tuo padre dimenticassimo la tua esistenza.

Hai una vaga idea del dolore che ho provato, piccola mia, quando l’incantesimo è stato spezzato? Quando mi sono resa conto che mi ero dimenticata di te per quasi un anno…era come morire. Una voragine aperta nel cuore.

Avevo pianto, mi ero arrabbiata.

Anche quando mi raccontasti tutto, non riuscivo ad accettarlo. Mi avevi nascosto così tante cose…da quella volta, durante il secondo anno, in cui eri stata pietrificata. Lo ricordavo così bene, avevo passato settimane senza tue lettere e mi ero fatta prendere dal panico: mi ero convinta che tu non volessi più tornare a casa.

 Poi mi avevi raccontato del tuo terzo anno, in cui avevi viaggiato nel tempo e infranto la legge in mille modi possibili.

Il quarto anno, quando avevi rischiato di finire tra le grinfie di un Mangiamorte, come avevi chiamato “i cattivi”.

Il quinto e il sesto anno, quando avevi combattuto, rischiando più volte la vita, faccia a faccia contro quei maghi sadici e crudeli.

E il settimo anno.

Quello in cui avevi messo a repentaglio tutto. In cui tu e i tuoi amici avevate salvato il mondo magico e quello Babbano da un uomo così malvagio da andare oltre ogni immaginazione. Lo dimostravano anche i numerosi gufi –che tu detestavi, l’avevo capito in fretta- che facevano visita a casa nostra per recapitare inviti su inviti a cerimonie ufficiali per assegnarti Encomi, Premi e Riconoscimenti di ogni tipo.

Eppure ero ancora infuriata. Tu mi avevi nascosto troppo, e io avevo lasciato che il tuo mondo si staccasse troppo dal mio. Non avevo lottato abbastanza.

Ero arrabbiata con te e odiavo me stessa.

Non ci eravamo parlate per una settimana, lo ricordi? Ma alla fine tu, piccola donna, non eri fuggita verso la casa di qualche tuo amico per evitare questo clima così freddo.

Avevi ignorato tutte le lettere, fossero ufficiali o dei tuoi amici, e avevi chiuso la bacchetta nel cassetto più basso del tuo comò. Avevi smesso di parlare del tuo mondo.

Ti stavi comportando come una Babbana, lo avevo capito.

Non puoi immaginare quanto dolore e al tempo stesso quanta gioia provai in quel periodo.

Dolore, perché sapevo che ti stavi sacrificando per me, per la mia insensata gelosia. Gioia, perché avevo capito che forse non ti avevo persa del tutto.

Era un giorno di sole, quello che sarebbe diventato il più bello della mia vita.

Stavo seduta in veranda e tu eri venuta ad abbracciarmi. Uno dei nostri abbracci, così ricchi di significato e sentimento. Ti avevo sentita vicina, come da tempo non succedeva.

“Mi dispiace, mamma. Ti voglio bene e te ne ho voluto sempre. Scusami”. Eri stata tu a confortarmi, quella volta. E io avevo risposto all’abbraccio.

 

Ormai sei diventata una giovane donna, piccola mia. Io invece sono adesso una donna non più fiorente, bisognosa di rassicurazioni come una bambina. Il nostro rapporto si è quasi invertito, ma non ne sono dispiaciuta. Anche questo una madre non dovrebbe dirlo: eppure è così.

Ora stai per sposarti, piccola mia. Sono passati anni da quei momenti tanto bui, e tu sei tornata nel tuo mondo. Ma non mi hai lasciato indietro.

Sei sempre accanto a me, mi vieni a trovare spesso, hai smosso mari e monti per avere un allacciamento con il nostro camino –adoro la vostra Metropolvere, davvero-, il tuo Ronald mi chiama “mamma” ed è estremamente dolce e premuroso, anche se impacciato. È facile amarlo come un figlio. Persino tuo padre lo approva.

Non ti sento più distante, non nel modo ossessivo e malato con cui lo percepivo prima. Adesso io sono una madre, e tu la figlia ormai grande ed indipendente. La lieve separazione non è dovuta a quello che, ancora adesso, mi ostino a chiamare “il tuo mondo”; è semplicemente una delle regole della vita.

Sono stata una figlia anch’io, quindi riesco ad accettarla quasi a cuor leggero.

Piccola mia, domani verrò con te per scegliere il tuo abito da sposa. Hai preteso che venissi anche io, nonostante ci siano già le tue amiche Ginny e Luna.

Non hai dovuto insistere tanto, e adesso capisci perché.

Non sono più gelosa di Diagon Alley, non sono più gelosa del tuo mondo.

Non sono più gelosa, semplicemente.

E domani verrò con te a Diagon Alley, senza paura e senza ripensamenti.

 

Ti darò questa lettera quando diventerai madre, piccola mia, anche se l’ho scritta molto prima. Voglio che tu sappia, che tu capisca, che una madre non è perfetta e che, sotto un sorriso consolatore, può nascondere mille dolori e mille pensieri. Perciò, quando ti capiterà qualcosa di simile, non sentirti in colpa.

Siamo madri, e siamo esseri umani. Ricordati di questo, piccola mia.

Con infinito affetto,

 

tua madre

 

 

 

 

Questa fanfiction è stata scritta per il contest "Come madre e figlio/a" indetto sul forum di EFP da LyndaWeasley.

Con mia estrema sorpresa non solo si è piazzata bene (sesta classificata pari merito) ma ha anche vinto il "Premio madre".

Non ci sono molte parole da aggiungere, se non che spero di essere riuscita a comunicare i sentimenti che una madre qualsiasi, non un'eroina, può provare. In sostanza, spero che vi piaccia questa storia.

Critiche e commenti sono più che graditi! ^_^

Ne approfitto per ringraziare Lynda, per l'incredibile velocità con cui ha postato i risultati (stavo morendo d'ansia, lo ammetto!) e per invitare tutti a leggere anche le storie delle altre partecipanti! Meritano tutte!

Qui di seguito riporto il giudizio:

Chiaki89 con “Lettera di una madre”

Grammatica: 10/10
Stile e lessico: 9/10
Utilizzo dei prompt: 20/20
Caratterizzazione: 10/10
Originalità: 19/20
Giudizio personale: 5/5
Per un totale di 73/75 punti.

Io ho amato questa storia.
L’ho amata perché mi ha trasmesso tutto ciò di cui la mamma di Hermione ha raccontato, tutte le emozioni che ha riversato in quella lettera; hai fatto un ottimo lavoro e ora ti spiego il motivo del tuo punteggio finale.
Allora, partendo dalla grammatica ti posso dire che non ho riscontrato nessun tipo di errore. Scorrevole e piacevole.
Ti ho sottratto un punticino, invece, nello stile, perché ci sono certe frasi un po’ ‘scombussolate’ e per altri due semplici motivi: il primo è che in una frase hai scritto “In cui tu e i tuoi amici avevate salvato il mondo magico e quello Babbano”. Semplicemente un Babbano non classificherebbe mai il suo mondo “Babbano”: è una cosa che mi ha un po’ colpito, sebbene sia banale xD
Ero indecisa se toglierti punti nella caratterizzazione o nello stile, ma alla fine ho optato per quest’ultimo.
E punto secondo, perché c’è troppo spesso l’espressione “piccola mia” che, sebbene sia importante ai fini della trama, detta troppo spesso risulta pesante.
Volevo segnalarti un paio di frasi che mi sono piaciute particolarmente!
“Un abbraccio simile a quello di un naufrago al suo salvagente” e “Eppure avevo colto lo sguardo brillante dei tuoi occhi mentre parlavi di Ron. Non potevo fare a meno di pensare che lui avrebbe contribuito a portarti via dalla tua famiglia.”
Davvero splendide, mi hai fatto accapponare la pelle!
Non mi sento di criticare nulla per quanto riguarda l’utilizzo dei prompt – che a parer mio ha inserito alla perfezione – e caratterizzazione.
Ovviamente il giudizio personale è il massimo perché merita davvero!

 


 

   
 
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