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Autore: Emily Alexandre    03/12/2010    12 recensioni
Storia partecipante al "Come madre e figlio contest" di LyndaWeasley
Quando un matrimonio può diventare una trappola mortale.
Eileen Prince è una strega che per amore di suo marito ha rinunciato alla propria identità, alla magia, ma nonostante questo l’uomo la disprezza. E disprezza loro figlio, quel bambino che invece per la madre è l’unica fonte di luce. E quando una bambina dai capelli rossi entra nella loro vita Eileen comprende che anche se l’Espresso di Hogwarts le porterà via suo figlio lasciandola in un vortice di depressione, lui sarà felice ed al sicuro. Ed è tutto ciò che conta.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Lily Evans, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'Severus Snape, between darkness and love'
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  La sua luce

 


 

Natale 1959
 

La ragazza seduta nel portico si dondolava su una sedia a dondolo ignorando la neve che scendeva lentamente. Era il pomeriggio di Natale, un pasto frugale era appena stato consumato e lei aveva deciso di riposarsi un po’ all’aperto, avvolta da una calda coperta. La sua mano sottile accarezzava la pancia ormai enorme, mentre gli occhi scuri la fissavano con tenerezza: il momento era quasi arrivato e presto avrebbe stretto a se la sua creatura. Chissà come sarebbe stato.
Eileen Prince, due grandi occhi neri in un viso pallido, il fisico magro nonostante la gravidanza e lunghi capelli scuri che le cadevano disordinati sulle spalle sperava ardentemente che quel bambino fosse come lei. Non triste o solitario, no, non era quello che desiderava ereditasse. Eileen Prince sperava che quel suo bambino fosse speciale. Magico.
Eileen era una strega, benché nulla in lei lo rivelasse: viveva da un anno in un sobborgo Babbano insieme a suo marito, che di magico non aveva assolutamente nulla. Si erano conosciuti poco dopo che lei era tornata da Hogwarts, conclusa la sua istruzione, si erano innamorati e nel giro di un anno erano divenuti marito e moglie; Tobias, così si chiamava l’uomo, sapeva che sua moglie era una strega, ma non aveva mai dato sintomi di fastidio, almeno fino a quando non erano andati a vivere insieme e le aveva proibito di usare la magia in sua presenza. E così Eileen si era rassegnata a vivere come una non-maga, ma in fondo il sacrificio non era stato grande: non era mai stata una strega brillante, aveva superato solo tre esami G.U.F.O., Storia della Magia e Incantesimi con un Accettabile e Pozioni con Oltre ogni previsione, voti che poi aveva confermato ai M.A.G.O.
Ricorreva a qualche basilare incantesimo domestico quando Tobias non era in casa, ma per il resto svolgeva la sua vita come se fosse sempre stata una ragazza babbana e Hogwarts solo un sogno ad occhi aperti.
Per suo figlio, però, Eileen desiderava un futuro diverso; per quella minuscola vita che le cresceva nel ventre la ragazza sperava un futuro luminoso in cui si sarebbe distinto, in cui sarebbe stato un grande mago. Non le interessava che il marito si augurasse che quel figlio non ereditasse la magia della madre; come Babbano, il piccolo Piton sarebbe sempre stato oppresso dalla figura paterna, ma come mago lei era sicura che avrebbe potuto brillare.
Il piccolo si mosse nella pancia e lei sorrise. Mancava così poco, poi l’avrebbe stretto tra le braccia.
 
 

 

 Marzo 1967

 
Eileen Prince aspettava affacciata alla finestra che suo figlio Severus tornasse da scuola; era mezzogiorno e a quell’ora le scuole babbane chiudevano, permettendo agli alunni di tornare a casa. Erano passati sette anni dalla nascita di suo figlio… sette anni che erano stati al contempo un inferno e un paradiso. I rapporti con suo marito peggioravano sempre più, litigata dopo litigata, schiaffo dopo schiaffo, facendo precipitate la donna in un vortice di depressione sempre più cupo da dove solo la luce luminosa del bambino riusciva a strapparla.
Certo, chiunque avesse visto quel bambino sempre vestito di nero e dallo sguardo triste non gli avrebbe mai accostato la parola luce, ma per lei, sua madre, il piccolo Piton era proprio quello: una luce nell’oscurità della sua vita. Le sue giornate erano scandite dal ritmo di quelle di lui: si svegliava la mattina, gli preparava la colazione, lo salutava sulla soglia di casa e poi cercava di far trascorrere quanto più velocemente possibile la mattinata in attesa che suo figlio tornasse.
E che gioia rivederlo! Dopo mangiato lo aiutava con i compiti e infine, chiusi i libri, lo faceva sedere accanto a se e gli parlava di Hogwarts, del mondo magico cui entrambi appartenevano. Eileen si era accorta tre anni prima che suo figlio mostrava quelle stranezze tipiche dei piccoli maghi che non sapevano ancora usare i poteri, così si era premurata di raccontargli tutto quello che c’era da sapere e Severus ormai trascorreva le sue giornate sognando quel mondo magico che non vedeva l’ora di conoscere. Conoscere davvero.
Il rumore di un pullman Babbano la risvegliò dai suoi pensieri e si precipitò sulla porta ad accogliere il figlio: immediatamente notò che qualcosa era cambiato in lui, guardava un punto alle sue spalle, ma lei non riusciva a capire cosa fosse.
Si sedettero a tavola e iniziarono a mangiare, godendo della solitudine e del silenzio che aleggiava in casa quando Tobias era assente.
-Mamma- la voce di Severus spezzò il silenzio, tra un boccone e l’altro –Tu conosci gli Evans?-
-Solo di nome, non ci siamo mai presentati.- la donna guardò attentamente il figlio; conosceva solo di vista gli Evans, una rispettabile e a modo famiglia babbana con due figlie piccole; la minore doveva avere la stessa età di Severus. –Come mai me lo chiedi?-
-Oggi il pullman si è fermato davanti casa loro perché i genitori di un bambino che abita lì vicino erano in ritardo; io le ho sentite ridere e mi sono voltato… e ho visto che la più piccola faceva bollire l’acqua di una piccola piscina che avevano in giardino. Io credo sia una strega mamma!-
Come fare a non accorgersi che gli occhi di suo figlio brillavano? Non avevano mai incontrato maghi o streghe in quel sobborgo londinese ed Eileen si accorse solo in quel momento di come a suo figlio la compagnia di bambini come lui fosse mancata, dal momento che con i babbani non riusciva a rapportarsi.
-Sev, non possiamo saperlo. Se ti fa piacere e loro saranno d’accordo potrai andare a giocare con le bambine Evans, ma non far parola a nessuno di Hogwarts e del mondo dei maghi. Ricorda! Dobbiamo mantenere il segreto.-
-Lo so, ma lei è…-
-Non lo sappiamo. E finché non lo sapremo, finché la lettera non arriverà, non possiamo dire nulla.-
-Va bene.-
La luce in quegli occhi si era spenta e lei sentì una morsa stringergli il cuore. –Però dopo che avrai finito i compiti potrai andare a giocare con loro.-
Un barlume, un sorriso allegro; Severus si alzò da tavola, baciò la madre e si mise a studiare.
 
 

 

Ottobre 1969

 -Bambini, piano!-
Con un sorriso Eileen sgridò suo figlio Severus e la piccola Lily Evans che correvano allegri per tutta casa riempiendola di chiacchiere e risate; da due anni quei due erano inseparabili, così diversi eppure così perfettamente complementari. Anche lei si era accorta subito che Lily era magica e, nonostante avesse ripetutamente detto al figlio di non rivelare nulla, il bambino non aveva resistito: inizialmente la piccola era rimasta sconvolta, ma poi in maniera molto pragmatica aveva deciso che era così… dopotutto si era accorta anche lei di essere diversa, speciale.
Nessuno di loro aveva detto ancora nulla ai signori Evans, ma Eileen si giustificava pensando che non era compito suo e che presto la lettera sarebbe arrivata, con qualcuno competente a spiegare cosa fosse Hogwarts e perché Lily vi sarebbe stata la benvenuta. In fondo, agli undici anni mancava poco.
Poco.
Ogni volta che pensava a quel primo settembre 1971 sentiva un brivido percorrerla: era felice per lui, per il suo bambino che finalmente avrebbe trovato il suo posto del mondo lontano da quella casa così lugubre, ma allo stesso tempo si chiedeva cosa sarebbe successo a lei quando la sua unica ragione di vita sarebbe stata così lontana. Fino a quel momento non era crollata per lui, fino a quel momento ogni volta che suo marito tornava ubriaco, ogni volta che le urlava contro e la picchiava, ogni volta che entrava nel loro letto con la puzza di un’altra donna addosso si faceva forza per lui. Solo per lui. Ingoiava le offese e pregava il suo cuore di non spezzarsi, di non abbandonarla. Doveva arrivare a quel giorno, al giorno in cui l’Espresso si sarebbe preso suo figlio e l’avrebbe messo al sicuro: solo allora lei sarebbe potuta crollare. Non prima. Non ancora.
-Vi va un dolce?-
Gli occhi dei bambini s’illuminarono e lei rise. Una risata semplice, a tratti amara, ma piena d’amore. –Andate in giardino, ve lo porto tra poco.-
Lily e Severus corsero fuori e si accomodarono sotto la grande quercia mentre le foglie lentamente cadevano; l’autunno era arrivato e tutto andava tingendosi di marrone. A Eileen quella stagione era sempre piaciuta: più dell’afosa estate, più della caotica primavera, più del triste inverno. Probabilmente lo associava a quel momento dell’anno in cui Hogwarts perdeva il colore brillante e accecante dell’estate per assumere un aspetto malinconico e a tratti surreale… L’attimo di perfezione prima che la neve coprisse tutto, offrendo loro uno spettacolo candido e monocolore. L’autunno, invece, aveva mille sfumature dal verde al marrone che sembravano avvolgerla come una carezza. Un giorno quei due bambini avrebbero visto tutto quello e lei non poteva che gioirne: suo figlio lo meritava. Li guardava parlare fittamente di cose accessibili solo a loro seduti all’ombra dell’albero, senza un solo pensiero al mondo, e una lacrima sfuggì al suo controllo. Erano belli e bello era il sorriso che non abbandonava mai i loro visi quando erano insieme.
Lily era stata una benedizione. In maniera del tutto inaspettata da quel giorno di due anni prima la loro amicizia si rafforzava sempre di più e lei si era ritrovata a sperare che magari, in futuro, potesse divenire qualcos’altro… Lui, lo sapeva, l’avrebbe amata: Eileen conosceva il cuore buono e sofferente di suo figlio ed era sicura che presto o tardi si sarebbe ritrovato a battere per quegli occhi verdi e quel sorriso allegro. E lei? L’avrebbe potuto ricambiare lei? La strega lo sperava con tutta se stessa: desiderava per quel bambino che adorava un futuro felice in cui l’amore sarebbe stato una benedizione e non una condanna.
Tagliò due fette di torta alle mele e la portò in giardino dove quattro occhi si illuminarono vedendola; i bambini afferrarono i piatti e si buttarono sul mangiare e lei li guardò felice. Lily aveva fatto uscire anche lei dall’abbruttimento in cui stava precipitando: il figlio ammirava la signora Evans, i dolci che preparava, il profumo di pulito della casa e lei voleva dimostrargli che poteva avere tutto quello anche lui. Nonostante le urla. Nonostante il dolore. Nonostante Tobias.
Alla fine, sazio, il giovane Severus alzò gli occhi neri sul volto della madre e sentì il fortissimo impulso di abbracciarla: senza ragionare, semplicemente seguendo l’istinto lo fece, strinse le braccia magre attorno alla vita della donna che sussultò spiazzata da quelle effusioni spontanee e rare… Lily li guardava sorridente e il bambino si ritrovò a sperare che tutto potesse essere sempre così: sua madre, la sua migliore amica e lui. Felici.
 
 

 

Febbraio 1970 

Urla. Piatti frantumati. Mobili spostati.
Nonostante le mani premute sulle orecchie Severus riusciva a sentire tutto quello che succedeva al piano di sopra tra i suoi genitori. Era sera e la neve cadeva morbida e lenta a Spinner's End. Era iniziato tutto all’improvviso, come sempre per un motivo banale: la carne troppo cotta.
Il ragazzo non sapeva se ridere o se piangere. Suo padre aveva iniziato a urlare contro la moglie riversandole addosso tutto il veleno che aveva in corpo; non era che una perdente, una miserabile, una fallita, un peso, una pazza. Lui la odiava, così come detestava loro figlio.
Hogwarts, Hogwarts, Hogwarts.
Severus ripeteva quel nome come fosse la formula della felicità, mentre dondolava sul posto accovacciato in un angolo del seminterrato dove si era rifugiato: andava sempre lì quando accadeva. Quello, in tutta la casa, era l’unico posto dove le voci venissero leggermente attutite; non si curava del freddo, dell’umidità, dello sporco. Tutto ciò che voleva era un po’ di pace. Ogni volta si ritrovava a chiedersi se li avesse mai visti felici, sorridenti, innamorati e finiva sempre con il darsi la stessa risposta: no. Quando andava a trovare Lily i suoi genitori avevano sempre il sorriso sulle labbra, si sfioravano le mani, si guardavano complici; lei gli aveva detto che anche loro litigavano, ma lui era sicuro che finissero subito per far pace. I suoi genitori invece non sapevano cosa significasse quella parola, loro erano un litigio continuo.
Era facile sognare la Scuola di Magia, era naturale desiderare di andar via, lontano da lì; Severus spesso si chiedeva cosa ne sarebbe stato di sua madre una volta abbandonata da sola con il marito in quel sobborgo Babbano, e ogni volta sentiva il suo cuore stringersi dal dolore… al tempo stesso, però, il ragazzo non riusciva a reprimere quel bisogno ardente di lasciarsi quel mondo alle spalle per intraprendere quella nuova avventura, dove finalmente sarebbe potuto essere se stesso.
Sentiva la rabbia dentro di se, l’odio, il furore e ogni giorno si riprometteva che avrebbe studiato diligentemente ed ogni cosa, perché doveva diventare abile, talmente abile da poter ferire chiunque gli facesse male. Pensieri duri di un bambino abbandonato che neanche l’amore materno poteva sopire. Non aveva mai detto nulla a Lily di quei suoi propositi, consapevole che lei non li avrebbe mai condivisi. Ma dopotutto lui non voleva che lei lo facesse: Lily doveva continuare a vivere in quel suo mondo perfetto privo di odio, coccolata ed amata come sempre era stata. Lily era troppo perfetta e pura per conoscere il male e lui l’avrebbe protetta.
Avrebbe voluto proteggere entrambe le donne della sua vita.
Finalmente le urla erano cessate e il rumore della porta sbattuta gli comunicò che suo padre se n’era andato. Padre. A scuola gli avevano spiegato qualcosa di biologia, di geni, di DNA; lui era il figlio di Tobias quindi aveva qualcosa di suo. Beh, Severus non voleva proprio nulla del padre! Lo odiava con tutto se stesso e quel giorno si era consolato pensando che lui aveva qualcosa che sarebbe sempre irrimediabilmente sfuggito a quelle nozioni babbane: lui era magico! E suo padre era quanto di meno magico si potesse immaginare.
Si alzò lentamente e si avventurò per le scale con il cuore in tumulto per la paura di ciò che avrebbe trovato: in casa regnava un silenzio surreale scalfito solo dal soffice rumore delle gocce che scendevano dal rubinetto rotto. Piatti per terra, sedie rovesciate, bicchieri rotti… ma nessuna traccia di sua madre. Vincendo l’impulso di andare in camera sua ignorando quella scena Severus uscì nel portico e trovò Eileen accovacciata sulla sedia a dondolo dove era solita cullarlo quando era piccolo: sembrava molto più vecchia dei suoi anni, eppure al tempo stesso in quel momento sembrava una bambina indifesa. Le si avvicinò cercando di non far rumore e le posò timorosamente una mano sulla spalla. Niente. Sua madre non si era neanche voltata verso di lui ed era rimasta chiusa a riccio con gli occhi fissi sulla grande quercia, mentre un lungo gemito le usciva dalle labbra.
Severus sospirò.
Ogni volta portarla via dal suo dolore era sempre più difficile, farla uscire dalla depressione in cui quello l’aveva fatta crollare era quasi impossibile.
-Mamma.-
Solo allora lei sembrò risvegliarsi, richiamata da quel piccolo uomo che era quanto di più caro avesse al mondo; si voltò verso di lui con gli occhi carichi di lacrime mentre una linea violacea le solcava la guancia, segno che anche quella volta la violenza non si era limitata agli oggetti. Come un cieco che rivede la luce lo guardò riconoscente e gli tese le mani, mentre lui andava ad accovacciarsi sul suo petto respirando l’odore familiare.
-Ti voglio bene mamma.-
Ma ora vorrei solo poter andare via.
 
  

 

1 settembre 1971

 
La stazione di King’s Cross non gli sembrava poi così diversa mentre la percorreva con il baule pronto, mano nella mano con sua madre e con Lily a pochi metri da lui, ma al tempo stesso tutto aveva un sapore nuovo.
Quando la lettera finalmente era arrivata due mesi prima aveva sentito come un enorme peso scivolargli via dal cuore; sapeva di essere un mago, ma fino alla fine aveva temuto che si scordassero di lui, che lo condannassero a rimanere lì per sempre. Con quel foglio di carta stretto tra le mani come il più prezioso dei tesori era uscito correndo di casa diretto alla villetta degli Evans, ma si era fermato di colpo accorgendosi tramite la grande finestra del salone che non erano soli. Nascosto dietro un cespuglio aveva visto poco dopo una donna vestita in maniera stravagante uscire dalla porta di casa e salutare sorridendo la piccola Lily i cui occhi verdi brillavano come mai prima. Forse anche lei aveva avuto la stessa paura. I signori Evans l’avevano accolto con il sorriso quando lui si era infine fatto vedere e li avevano lasciati da soli a programmare il loro futuro, incuranti di Petunia che li guardava con rancore dalla finestra della sua camera.
Erano andati a far spese a Diagon Alley alla fine di agosto e la gioia dei due neo-studenti a stento si conteneva; i genitori li guardavano preoccupati per la loro imminente partenza, ma al tempo stesso terribilmente fieri e orgogliosi. Si erano divertiti a comprare la divisa, i libri e tutti gli altri accessori e mai Eileen amò Lily come quel giorno: lei non aveva molti soldi e per l’istruzione del figlio aveva dato fondo a quasi tutti i suoi risparmi, ma nonostante quello spesso si erano dovuti accontentare di cose di seconda mano. Gli Evans invece avevano voluto il meglio per la figlia e lei aveva visto suo figlio farsi sempre più piccino… fino a che Lily non gli si era avvicinata e gli aveva detto che non importava quanto nuove fossero le sue cose: lui sarebbe stato un grande mago! Il visino pallido del ragazzino si era illuminato e sua madre aveva guardato quegli occhi verdi pieni di riconoscenza.
Quando infine erano arrivati da Olivander Eileen provò come un deja-vu: ricordava come non fossero passati che pochi attimi da quando era stata lei ad avere undici anni.
Comprare la bacchetta, il rito più grande per un mago.
I bambini guardavano curiosi tutte quelle stecche di legno, scegliendo il colore o la forma ed Eileen sorrideva pensando a cosa di lì a poco il negoziante avrebbe detto loro: è la bacchetta che sceglie il mago.
Una bacchetta di salice per lei e una d’acero per lui era stato il responso.
Ed uno stesso nucleo: una piuma d’aquila divisa a metà, simbolo di regalità e intelligenza.
Quel giorno si erano anche accordati per recarsi insieme alla stazione, così quella mattina, quel fatidico 1 settembre, camminavano gli uni accanto agli altri diretti al binario 9 ¾ ; mancavano solo la figlia maggiore degli Evans che si era categoricamente rifiutata di andare e Tobias che era uscito quella mattina senza neppure salutare il figlio. Non che sentissero la loro mancanza comunque.
-Dove andiamo mamma? Dov’è il binario?- Severus aveva tirato la gonna della madre per richiamare la sua attenzione, ma lei si era limitata a sorridergli; nonostante cercasse in tutti i modi di non farlo notare, lui si accorse della disperazione celata dietro a quel sorriso e per un attimo provò l’impulso di non partire. Fu solo un attimo però, perché la vocetta esile di Lily che indicava i binari 9 e 10 lo fece ridere.
-Ora che facciamo signora Piton?- la voce del signor Evans era palesemente perplessa.
-Dobbiamo… correre!- rispose aprendosi nel primo vero sorriso; come non ricordare quando era lei ad avere undici anni e insieme ai suoi genitori era si era letteralmente gettata addosso al muro? –La barriera svanirà quando noi passeremo, perché siamo autorizzati a farlo. Se preferite andrò prima io così potrete seguirmi.-
-Va bene.- gli rispose la donna che aveva gli stessi occhi della figlia, mentre i due bambini fremevano di impazienza.
Eileen prese la mano di suo figlio e la strinse forte, poi corse con lui verso il muro che svanì non appena lo sfiorarono, permettendo loro di arrivare finalmente al binario 9 ¾ . Mancavano solo pochi minuti alle 11. La strega si voltò verso suo figlio e vide i suoi grandi occhi neri sgranati per lo stupore: centinaia di maghi e streghe affollavano la banchina mentre un enorme e fumoso treno rosso aspettava di partire. Saluti, risate, amici che si ritrovavano, fratelli che si separavano, genitori preoccupati e figli felici. Una moltitudine di persone. E Severus per la prima volta in vita sua sentiva di appartenere a qualcosa: non era più un emarginato, ma era parte di quella comunità. Era parte di Hogwarts.
Eileen si girò a guardare la barriera e vide che gli Evans erano appena entrati, seguiti da un’altra coppia il cui figlio doveva avere la stessa età del suo. Lily aveva perso il libro che teneva tra le mani e il bambino, con i capelli decisamente arruffati e gli occhiali poggiati sul naso, si era piegato a raccoglierlo; lei l’aveva ringraziato, ma poi era corsa da Severus mentre l’altro la seguiva con lo sguardo, incantato.
-Mamma devo andare.-
Lentamente, reprimendo un sospiro, incrociò gli occhi di suo figlio e gli sorrise, poi si abbassò alla sua altezza e gli prese il viso tra le mani.
-Ricorda sempre piccolo mio che tu sei una grande persona. C’è un grande cuore qui dentro- gli disse poggiandogli il dito sul petto – e sono sicura che farai grandi cose.-
-Sarai orgogliosa di me, mamma.-
-Io lo sono già. Tu sei la mia luce, non dimenticarlo mai. Ci vediamo a Natale amore.-
Lo strinse a se cercando di ingoiare le lacrime, poi lo spinse sul treno insieme al baule dove Lily lo raggiunse poco dopo; trovarono uno scompartimento e si affacciarono mentre il treno fischiava segnalando la partenza. Severus guardava il volto della madre sentendosi colpevole per una promessa che sapeva non avrebbe mai mantenuto: a Natale non sarebbe mai tornato. Se avesse potuto si sarebbe lasciato alle spalle quella vita per sempre, ed era consapevole del fatto che la possibilità di rimanere ad Hogwarts per le feste sarebbe stata una tentazione troppo forte. Niente Tobias, niente urla, niente pianti, niente seminterrato.
Niente mamma.
-Perdonami.- il vento portò lontano quelle parole che a lei non arrivarono mai.
Eileen continuava a salutare nonostante il treno non si vedesse già più, mentre le lacrime le solcavano ormai inesorabili il volto.
La sua luce se n’era andata e nonostante sapesse che la sua vita sarebbe sprofondata nuovamente nella più cupa disperazione nel suo cuore vi era sollievo: suo figlio era al sicuro
.


 


NOTE:
Questa storia ha partecipato al "Come madre e figlio contest" indetto da LyndaWeasley.
Non mi stancherò mai di scrivere di Piton, questo è un dato di fatto.

 
   
 
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