GUARIRE INSIEME
Ho
fatto tanta strada per arrivare sin qui, l’unico posto al mondo dove il mio
spirito possa guarire dalle sue molteplici ferite, qui dove mare, terra e vento,
in questi freddi giorni d’inverno, sembrano una cosa sola, dove i flutti
violenti che s’infrangono sugli scogli sono la cosa più bella, tra la schiuma e
la foschia puoi distinguere cose che normalmente non vedresti, accecato dal Sole
e dall’azzurro intenso del cielo.
E
sono qui, ravvolto in un vecchio poncho di lana blu, caldo e morbido, con una
sciarpa al collo, a osservare questo lembo di mare, dimenticando per un attimo
ogni cosa.
Qui,
dove il suo richiamo è più forte, le onde parlano al mio cuore, mi cercano, mi
vogliono, mi invocano.
Rabbrividisco per una folata di vento repentina e inaspettata, più forte
delle altre, che si insinua sotto la mia coperta improvvisata; tremando, sfrego
le mani sulla lana alla ricerca di calore: ormai il Sole sta tramontando e
dovrei tornare a casa…
Ma
non mi riesco a staccare da qui.
È più
forte di me.
Sento
il mare piangere disperato, urlare e le sue parole sono i miei
pensieri.
Figlie mie, onde sorelle…
Non
voletemene.
Non
mi sento pronto a tornare tra voi, con voi, non da solo
comunque.
Avete
compreso, lo sento.
E tu,
sommo Zeus, fratello mio, non punirmi per il mio comportamento, sto negando la
mia natura divina fino a questo punto perché sento che è giusto così: se è vero
che l’amore è ciò che muove questo mondo, il mio mondo è
lui.
Athena aveva ragione e io sono più umano di quanto abbia mai solo
lontanamente immaginato.
In
questa mia lunga convalescenza, la sua presenza silenziosa e discreta è qualcosa
di piacevole e bello, qualcosa di estremamente familiare. Io, Dio in corpo
umano, mi restano solo i ricordi di quella mia grande potenza,
null’altro.
Anche
se i miei poteri sono scomparsi, e assieme a loro il mio regno, lui è rimasto,
non interessato alla divinità ma all’uomo; è commovente vederlo dedicarsi a me
con quella sua dedizione che, malgrado tutto, non riesco ancora a catalogare, se
dettata dal dovere o da altro.
Ma
siamo assieme ed è questo che conta, in questa piccola casa che si affaccia sul
mare, in un luogo tranquillo della costa ligure, dove nessuno sicuramente farà
domande di sorta; lui ha detto che possiamo guarire
assieme…
Ed è
vero.
Quando siamo arrivati qui la prima volta, mi sono sentito a
casa.
Ancora di più che in Grecia, forse anche più che nel regno sottomarino,
tra di voi, che pure amo con tutto me stesso; sentire la stoffa ruvida della sua
giacca sotto le mie dita mentre mi appoggio a lui per salire le scale mi fa
sorridere.
Ma
allo stesso tempo mi ha fatto percepire chiaramente la fragilità della mia nuova
condizione umana; eppure spero di abituarmi, perché so che questa è la vita
ideale per me e lui.
Non
più in guerra ma assieme.
È
buffo da dire, incredibile anche solo pensarlo, ma come Julian Solo vorrei
invecchiare qui, osservando il cielo notturno, con accanto il mio fedele
Sorrento, crescere e riprenderci. Poi
vivere.
Questo è il mio desiderio.
Non
più Dio e vassallo, ma semplicemente amici, fratelli, amanti… Possiamo essere
ogni cosa perché ormai ogni barriera che poteva separarci è
caduta.
Mi
sistemo meglio addosso il pesante indumento di lana mentre mi alzo dallo scoglio
su cui mi sono rifugiato a osservare l’orizzonte velato di foschia, il cielo
ormai è scuro e il Sole è tramontato da un
pezzo.
Si
sta facendo tardi e le campane battono le sei di sera, è ora di rientrare anche
per me; socchiudo gli occhi, riponendo carta e penna in tasca: questa lettera
aperta non verrà mai letta da alcuno se non da me, e cerco di figurarmi un
qualcosa che nella mia mente non ha una
forma.
Ci
rinuncio, non voglio farlo aspettare troppo a
lungo.
E
mentre io torno a casa, onde, sorelle mie, vi
prego…
Dormite in silenzio sotto le stelle,
tranquille.
Io
ora sto bene.