Fukushuu. {復讐}
 
Aveva ottenuto quello che voleva.
Aveva vendicato la morte di Yukimura Koudou, l’unico che gli fosse stato vicino fin dall’inizio.
Oramai, quindi, poteva anche morire in pace. Come Rasetsu o come umano, questo non gli toccava affatto. Andava vagando per l’oscura città, immersa nel silenzio della notte, senza una meta precisa.
Chi sarebbe venuto a cercarlo? In quel momento c’erano questioni più importanti di cui preoccuparsi.
Una guerra stava per scoppiare! Che importava se un singolo membro del Shinsengumi non si trovava?
No.
Forse non era corretto nemmeno pensare una cosa del genere.
Gli uomini servivano, eccome.
Sta di fatto, che Souji, Okita Souji, capitano della prima unità del Shinsengumi, uno dei suoi migliori spadaccini, si sentiva disperso. Fuori dal mondo. Non più uno Shinsengumi. Un Nessuno.
Quella malattia gli avrebbe rovinato la sua vita, anzi, gliel’aveva già rovinata da un bel pezzo.
Gliel’avrebbe portata via prima del tempo, torturando i suoi ultimi momenti a sua disposizione con dolori e patologie che gli avrebbero impedito di combattere di combattere, ancor peggio di come già stava facendo.
Cioè lo rendevano come Shinsengumi, e come umano, inutile.
Strinse i pugni e i denti, tanto da rischiare di potersi rompere nocche e mascella.
Possibile che fosse arrivato al punto di prendere quella stramaledetta medicina?
L’Ochimizu.
Si era lasciato beffare da un’Oni. Come un emerito idiota.
Questo lo innervosiva ancora di più.
Questo lo distruggeva ancora di più.
Non poteva tornare dagli altri. No. Non in quello stato.
 
Parò un dannato colpo, voltandosi e tagliando di netto la sua testa. Con lui, altri dieci uomini attaccarono per vendicarlo. Okita sorrise, e li sterminò tutti, ma un colpo gli trapassò dritto il cuore. Spalancò gli occhi e si accasciò a terra, riuscendo a scorgere solo una ciocca viola e un sorriso divertito.
Riuscì ad alzarsi, tuttavia.
Doveva resistere.
Doveva salutare i suoi amici, la sua famiglia.
Doveva dirgli di aver vendicato Inoue.
A stento, si trascinò verso la via di casa. La vista gli si appannava sempre di più, i suoi capelli erano ridiventati marroni, e la sua sete di sangue era quasi sparita.
Riuscì ad arrivare alla dimora e entrò nella sua camera, cedendo sul suo giaciglio e insanguinandolo tutto. La vista gli si oscurò, ed entrò in uno strano stato di dormiveglia, dove l’unica cosa che riusciva a sentire, era il battito del suo cuore che si faceva sempre più fioco.
In quell’istante, entrò Chizuru che, spaventata, accorse immediatamente.
«Okita-san! Okita-san! Cosa le è successo?! Perché tutto questo sangue?!»
Tuttavia, all’erta, Okita prese la katana e procurò un graffio abbastanza profondo sul braccio della ragazza.
Lei aveva gli occhi sbarrati, e tremava dallo spavento.
«Okita-san!» Aveva urlato.
E lui si era impietrito, mentre tutto il corpo gli bruciava e sentiva di dover vomitare.
Il sangue. Desiderava il sangue della ragazza. Ardentemente, tanto da fargli rivoltare le budella.
I suoi occhi rossi squadravano la ferita, mentre lei cercava di tamponarsela, cercava di levar via il sangue.
Okita urlò, e i suoi capelli ridiventarono argentei, mentre sentiva dei passi accorrere verso loro.
Si prese i capelli tra le mani, tirandoli, cercando di strapparli.
Perché era così debole?!
Come aveva potuto pensare solamente di volere del sangue?!
Di Chizuru, poi. Proprio il suo.
Le lacrime sgorgavano dai suoi occhi, e sussurrò una scusa, piegandosi a metà per nascondere la sua vergogna.
Chizuru gli posò una mano sulla spalla, tranquillizzandolo, dicendogli di essere forte. Che tutto sarebbe passato. Che sarebbe guarito e sarebbe ritornato a combattere meglio degli altri. Ma si sentiva nella sua voce una disperazione e una tensione che difficilmente avrebbero tranquillizzato qualcuno.
Ma Okita si sentiva sempre peggio. I capelli ritornarono del loro colore originale, e sentì le sue forze abbandonarlo completamente. Cadde, ritrovandosi steso con le ginocchia alla faccia, e le mani in quelle di Chizuru, che continuava ad urlare il suo nome.
Sembrava stesse piangendo.
Una sostanza umida sulla mano del ragazzo confermò.
Intanto sentiva la presenza degli altri alla porta.
Occhi preoccupati, tristi e dispersivi.
Dicevano qualcosa.
Dicevano il suo nome, qualche volta.
Ma Okita non riusciva a distinguere più i sensi delle parole.
Era nel vuoto.
Stava per andarsene.
Come se volesse dare il suo addio, riuscì a sciogliersi i capelli e, con quell’ultimo respiro che gli rimaneva, si sforzò di dire: «Forse sarebbe meglio tagliarli un po’, questi capelli, non ti pare Chizuru?»
 
 
Bakumatsu Genmu ~  Note dell’autrice!
Ehi, eccomi con una One Shot! J Che ve ne pare? Diciamo che mi sarei voluta dilungare sulle varie emozioni dei personaggi e sulle descrizioni delle situazioni e caratteristiche del paesaggio. Tuttavia, ho deciso di scrivere qualcosa di veramente piccolo. Spero che almeno un po’ di emozioni vi arrivino!
Ecco come immaginavo andasse a finire dopo che Okita avesse bevuto l’Ochimizu. Menomale che non è stato così! Diamine, è il mio personaggio preferito! Poi non so se capita solo a me, ma appena mi innamoro di un personaggio, di questo si scopre che è sul punto di morte, o muore direttamente! Ma perché? Porto sfiga? La prossima volta mi innamoro di un personaggio che voglio che muoia e vediamo un po’! è3é
L’ho scritta qualche giorno fa, ed ero indecisa se pubblicarla o meno. Anche perché mi sembra che la lettura non sia lineare come avrei voluto, e ci sono degli errori che non riesco ad individuare.
Oh beh. Fatemi sapere, per cortesia!
 
Un commentino non fa mai male ad un’autrice principiante e con la voglia di imparare. Perché non scrivere qualcosa nel ripiano apposito qui sotto? *occhi da cane bastonato* Grazie! <3