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Autore: SoleloS    03/12/2010    4 recensioni
[Storia momentaneamente in standby]Piove a dirotto, non hai l'ombrello, non è nemmeno settembre e ti chiami Sole. Piove e questo non è un bell'inizio.
Ricominciare non è sempre facile. Soprattutto quando hai il cuore a pezzi. Soprattutto quando senti che non ti puoi più fidare della vita, né tanto meno di te stessa e dei tuoi sentimenti.
Ma quando meno te lo aspetti, il destino ti offre una nuova possibilità. Avrà Sole il coraggio di andare oltre i pregiudizi, le apparenze, le difficoltà e la differenza d'età?
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande
che per mare e per terra batti l'ali,
e per lo 'nferno tuo nome si spande!

F irenze - Santa Maria Novella”, recita il cartellone all’ingresso della stazione.

Da qualche parte hai letto che “novella” significa, letteralmente, annuncio di una cosa nuova.

E infatti gli sbuffi del treno e il fischio del capostazione ti stanno proprio dando il benvenuto nella tua nuova città, nella tua nuova vita.

Scendi, trascinandoti dietro la tua enorme valigia.

Ti infili in stazione, seguendo il cartello che indica l’uscita poi ti volti a guardare il treno da cui sei scesa, che se ne sta lì, fermo, come a volerti dare la possibilità di tornare indietro, e la tristezza ti assale, come una nuvola grigia carica di pioggia.

Eccoti qui, a ricominciare daccapo.

Di nuovo.

Scacci via i pensieri tristi, del resto non è da te farsi prendere dalla malinconia.

Un attimo dopo sei fuori ed è allora che cominci a pensare che qualcuno lassù ce l’abbia con te.

Piove.

Piove a dirotto.

Piove a dirotto e non hai l’ombrello.

Piove a dirotto, non hai l’ombrello e non è nemmeno settembre.

Piove a dirotto, non hai l’ombrello, non è nemmeno settembre e ti chiami Sole.

Piove, e questo non è un bell’inizio.

Sei arrivata da meno di un minuto e già vorresti andare via.

Ti volti di nuovo, ma il treno è già partito.

Ti guardi intorno, un po’ spaesata, cercando di familiarizzare con i colori, con i suoni, con i luoghi che faranno da sfondo alla tua vita per il prossimo anno.

Hai 24 anni, ti sei appena laureata in lingue con il massimo dei voti in una delle università più prestigiose d’Europa e hai già ricevuto una proposta di lavoro importante, che tutti ti hanno invidiato. Razionalmente parlando, dovresti essere la donna più realizzata del mondo, in questo momento.

Eppure non riesci a sorridere, ad essere felice.

Non riesci affatto a sentirti fortunata.

La parte di te che hai dovuto lasciare a Barcellona è troppo grande, troppo importante, per non sentirne la mancanza. I pezzi del tuo cuore sono ancora lì, su quella panchina in mezzo al Parc Guell, e dubiti che mai qualcuno possa anche solo pensare di provare a rimetterteli a posto. Ti sei maledetta mille e mille volte per essere stata così imprudente e avventata, per esserti lasciata andare a quel sentimento così chiaramente destinato a finire in un vicolo cieco. Avresti dovuto andarci coi piedi di piombo. Ma in fin dei conti sei convinta che non sarebbe servito a niente, perché quello che vi siete trovati di fronte era una situazione troppo grande, troppo complicata, da poterla risolvere da soli. Troppe persone implicate, troppi sentimenti in gioco, troppi dubbi irrisolti, troppe paure tornate a galla. E così hai rimesso il cuore nel freezer, tornando ad essere la stronza razionale e sarcastica che eri prima che tutto ciò succedesse. Prima che un irlandese dalla parlantina svelta ti togliesse la maschera.

Prima che la Spagna diventasse “tu casa”.

Prima che la fine avesse inizio.

Prima.

Ma adesso è adesso, e soprattutto non è più “prima”.

Adesso hai una nuova occasione, una nuova opportunità. Chissà che questo lavoro non riesca davvero a distrarti. Gli italiani sono molto socievoli, come hai potuto già constatare a Barcellona. Nella tua mente si forma chiara l’immagine di Giulio che si prepara per uno dei suoi soliti appuntamenti improponibili e questo ti strappa un sorriso. Beh, in fondo non devi ricominciare proprio tutto daccapo. Sei sicura di aver intrecciato amicizie che non svaniranno per qualche km di distanza o per qualche incomprensione. Proprio come Giulio. Ricordi ancora la sera che l'hai conosciuto: quelle sgallettate delle tue compagne di stanza ti avevano trascinata in un improbabile locale, ad un improbabile festa, con un improbabile musica e dell'improbabile gente. Tu ti eri fiondata immediatamente al bar a prendere qualcosa che potesse aiutarti a superare la serata, quando un ragazzo alto, bruno, camicia su misura che metteva in risalto il fisico atletico, pantaloni scuri, ti si era affiancato, preceduto dal profumo del suo dopobarba. Neanche il tempo di voltarti verso lui che ci stava già provando. Ricordi di avergli risposto per le rime e che lui invece di offendersi, si lasciò andare ad un gran sospiro di sollievo.

“Finalmente una ragazza intelligente”, ti sei sentita dire, mentre ti offriva un altro drink, “non ne potevo più di oche senza cervello...”. Così avete iniziato a parlare del più e del meno, mentre il tempo scorreva veloce. Poi le tue amiche sono venute a cercarti, per andare via, e lui ti ha salutata con un bacio sulla guancia e ti ha infilato un fazzolettino di carta in mano. “Questo è il mio numero, se hai voglia di fare un giro, chiamami!”, ti ha sussurrato, prima di allontanarsi, causando nelle tue amiche commenti di ammirazione. Tu hai pensato che era un vero idiota, che non l'avresti mai chiamato, ma poi una sera ti ha preso la nostalgia di casa e così l'hai chiamato. Dopo 15 minuti eri con lui in macchina ad ammirare le bellezze della Barcellona notturna. È stato allora che è nata la vostra amicizia. In breve tempo Giulio è riuscito ad andare oltre la maschera, ad abbattere quel muro di diffidenza e sfiducia nel prossimo che ti eri costruita.

Quel muro che adesso hai tirato su di nuovo. Hai dovuto farlo e ti sei giurata di nuovo che non soffrirai mai più così. Per un uomo, poi.

Un uomo in giacca e cravatta richiama la tua attenzione, riportandoti con la mente a Firenze.

“Signorina Petrovic?”, chiede, avvicinandosi.

“In persona”, gli dici, tendendogli la mano.

La prima impressione è quella che conta, soprattutto nel mondo del lavoro e non vuoi che si facciano una cattiva idea di te. Dovrai lavorare qui almeno per un anno, meglio sforzarsi di essere gentili.

“Ben arrivata signorina, spero che il viaggio sia andato bene”, ti dice, l'uomo, molto cordialmente.
“Io sono Daniele Assenti, il team manager. Lavoreremo spesso insieme durante quest'anno, sa! Venga, la società le ha già trovato una sistemazione, la accompagno nella sua nuova casa”, aggiunge, sorridendo e trascinando la tua valigia fuori dalla stazione.

Ti apre la porta e ti porge la mano per aiutarti a salire in auto, dal lato del passeggero. Questo gesto di cavalleria ti strappa il primo sorriso della giornata, mentre l'uomo sale al lato del guidatore.

“La ringrazio molto per essermi venuta a prendere, signor Assenti”, gli dici, voltandoti verso lui.

“Oh, ma si figuri!”, ti risponde, mentre con destrezza incanala l'auto nel traffico fiorentino.
“I ragazzi sono in ritiro e io sono alle prese con le mille scartoffie dell'organizzazione delle amichevoli estive. Ho fatto volentieri una pausa!”, aggiunge.

Sorridi ancora e guardi fuori dal finestrino, il centro storico di Firenze sta lasciando il passo ai parchi e agli alberi.

“Com'è andato il viaggio?” ti chiede cordiale quello che tecnicamente è il tuo nuovo capo. Ti sembra un uomo cordiale, alla mano, e questo ti tranquillizza un po'.

“Bene, grazie, ho dormito per quasi tutto il tempo.”, menti. In realtà il viaggio è stato terribile, un'infinità di dubbi ti hanno tormentata, e ti sei chiesta un milione di volte se avessi fatto la scelta giusta. Per tua fortuna hanno inventato il fondotinta, altrimenti le occhiaie avrebbero rivelato che non hai affatto dormito, e non solo in treno, ma nell'ultima settimana.

“Mi fa piacere. Siamo quasi arrivati, comunque. La vede quella collina? Lì ci sono gli appartamenti del club. Si chiama Santa Marta. È una bella zona, tranquilla, e c'è pure una bella vista sulla città.”, ti rassicura l'uomo.

“Anche lei vive qui?”, gli chiedi, incuriosita.

“Si, proprio a due passi da lei!”, ti risponde.
“Le posso chiedere una cosa?”, aggiuge subito, “la scoccerebbe se ci dessimo già del tu? In fondo non sono poi così vecchio!”, scherza, “E poi gliel'ho già detto, lavoreremo spesso insieme quest'anno!”

“Ma certo!”, annuisci, “non c'è nessun problema signor Assenti!”

“Daniele”, ti corregge immediatamente, mentre senza staccare gli occhi dalla strada tira fuori un piccolo oggetto dal taschino della giacca, pigiando un tasto.

“Daniele!”, ripeti, mentre l'auto si ferma al lato della strada, aspettando l'apertura di un cancello automatico.

“Siamo arrivati”, ti annuncia Daniele, indicandoti con la mano i palazzi intorno.

Un parcheggio semi vuoto precede 4 edifici disposti in modo simmetrico, uno per ogni vertice di un quadrato immaginario. In giro non c'è un'anima via e la cosa ti insospettisce un po'. Forse la zona non è bella come Daniele te l'ha descritta.

“Non c'è quasi nessuno oggi, perciò è così tranquillo, di solito c'è un via vai continuo. Discreto, ma continuo.”, ti spiega lui, seguendo il tuo sguardo indagatore.

“Mi stavo chiedendo proprio questo!”, gli confessi, mentre scendete dall'auto.

“Da questa parte”, ti fa strada l'uomo, “ti mostro il tuo appartamento”.

In silenzio lo segui, lasciando che ti porti la valigia. Due passi dopo, ti blocchi, rimanendo a bocca aperta. Nascosto tra i palazzi c'è un magnifico giardino, pieno di verde e di fiori. Sospiri, ricordando il parco che avevi di fronte casa a Barcellona. Qui non devi nemmeno attraversare la strada. Forse così sentirai di meno la nostalgia.

“Bello, eh!”, ti legge nei pensieri Daniele. “E non hai ancora visto niente! Vedrai da lassù che spettacolo!”, dice, indicando l'ultimo piano con un gesto della mano.

Sospiri di nuovo, pensando al tuo meraviglioso attico spagnolo, con il mare da un lato e la città dall'altro. Improvvisamente ti mancano tutte le parole. Quasi non ti accorgi nemmeno che hai seguito Daniele in ascensore fino all'ultimo piano. Quasi non l'hai ascoltato mentre ti raccontava dell'edificio e dei tuoi vicini.

“Ecco qui”, annuncia, mentre ti consegna le chiavi della tua nuova casa, “sei stata molto fortunata. Sei piaciuta così tanto al direttore che ti ha assegnato l'attico. A te l'onore di entrare per prima!”

Infili le chiavi nella toppa e appena muovi un passo ti viene da piangere. Sei sola, di nuovo. Ma stavolta non sai se riuscirai a trovare la forza di ricominciare. Ti senti così, proprio come quest'attico: sola e al buio.

Chiudi gli occhi, mente Daniele apre tutte le finestre, lasciando entrare l'aria e il sole. Quando li riapri non sei più al buio e lui è lì che ti guarda negli occhi.

“Sei sicura di stare bene?”, ti chiede.

Allora cerchi di ricomporti. La pietà è un sentimento che odi, soprattutto quando è rivolto nei tuoi confronti.

“Certo... devo solo abituarmi al cambiamento”, menti, sfoderando un sorriso che sembri almeno credibile.

“Ok”, ti risponde, poco convinto, “Allora io vado, ti lascio un po' di tempo per sistemarti. Come vedi ci sono già quasi tutti i mobili, ma sei libera di fare tutti i cambiamenti che vuoi, purchè non butti giù qualche muro!”

Ti limiti ad annuire, cercando di scacciare quella strana sensazione che ti attanaglia lì, alla bocca dello stomaco.

“Questo è il mio numero”, ti dice Daniele, porgendoti un bigliettino da visita, “Per qualsiasi cosa, non esitare a chiamarmi. In ogni caso, vengo a prenderti in serata, verso le 20. Purtroppo devi già metterti al lavoro: abbiamo una cena con uno sponsor russo e ci servono i tuoi servigi di traduttrice...!”

Alla parola lavoro, ti senti già meglio. Ami lavorare proprio per questo, perchè ti tiene la mente occupata e non devi pensare ai tuoi problemi.

“Non ci sono problemi! Sono qui per questo!”, esclami, improvvisamente euforica.

“Perfetto! A dopo allora! Ciao...”, ti saluta lui, leggermente perplesso per il tuo repentino cambiamento d'umore.

“Ciao!”, ricambi il saluto.

Chiudi la porta e ti appoggi con le spalle su di essa. Pieghi le ginocchia e lentamente ti lasci scivolare a terra. Le lacrime ti pungono gli occhi, ma tu non vuoi piangere. No, non di nuovo. Hai giurato di dimenticare e di andare avanti. E allora lo farai.

Balzi in piedi come se avessi preso la corrente.

Odi sentirti così triste, così stanca, così vuota.

Ti guardi intorno studiando quello che sarà il tuo nuovo rifugio. Devi ammettere che non è male. Certo non è come il tuo attico catalano, ma è altrettanto ampio, accogliente. L'arredo è in stile moderno, niente di particolare, ma nemmeno da buttare. E quel grande divano in pelle nera che occupa il centro del salotto potrebbe anche piacerti. Come pure la cucina con il bancone all'americana, il bagno con l'idromassaggio o la camera da letto con gli specchi e le lenzuola rosse. Sorridi di fronte all'incredibile coincidenza: il rosso è il tuo colore preferito. Che sia un segno del destino? Forse quest'anno non sarà così terribile come pensavi.

Mentre disfai la valigia, ti ricordi delle parole di Daniele sul panorama. Non hai guardato fuori nemmeno un attimo da quando hai messo piede nell'appartamento, così decidi che è giunto il momento di farlo. 

Il salotto ha una grande vetrata, coperta da delle tende sfumate nelle varie tonalità del grigio. Le apri ed un nuovo sorriso si allarga sul tuo volto, questa volta sincero. Non piove più. Le nuvole grigie che ti hanno accolto all'arrivo sono sparite, si sono arrese alla potenza del sole. Manca poco al tramonto e il sole non è più alto nel cielo, ma riesci lo stesso a percepire il suo calore sul viso e sul cuore. Gli ultimi raggi colorano il cielo di una splendida tonalità tra il rosso e il rosa, allora ti viene il mente quel modo di dire che Giulio usava sempre: rosso di sera, bel tempo si spera.

E pensi che si, che forse c'è una speranza anche per te, che forse potrai essere felice anche senza di lei, la tua amata Barcellona e soprattutto senza di lui, l'uomo che ti è entrato nell'anima.

Guardi il sole tramontare sui tetti di Firenze ed è uno spettacolo mozzafiato, diverso da quello che eri abituata a vedere, a vivere, ma altrettanto meraviglioso.

Rosso di sera, bel tempo si spera, ti ripeti.

Forse il bel tempo è in arrivo anche per te.


Eccomi qua...

Non sono una grande scrittrice e se avete avuto il coraggio di arrivare a leggere fin qui, ve ne sarete accorti da soli.
Questa ff però per me è speciale, perchè è frutto di tante cose, di tanti pensieri, scribacchiati qui e lì e messi poi finalmente insieme.
La protagonista ha il mio stesso nome, ho preso liberamente spunto dal mio terribile carattere per descriverla, per cui ci sono immensamente affezionata... per il resto... lo scoprirete solo vivendo!

Ah, dimenticavo, il titolo è tratto da una canzone d Amedeo Minghi, cantata da Laura Landi a Sanremo 198qualcosa; infatti la storia è ambientata a Firenze, una città di cui mi sono innamorata mezzo secondo dopo averci messo piede. Però non sono poi così pratica di Firenze e dei suoi dintorni, ho fatto qualche ricerca, ma vi prego di scusarmi se troverete qualche riferimento puramente inventato!

Spero di leggere i vosti commenti: mi farebbe piacere sapere se quello che leggete vi piace o meno, anche (anzi, soprattuto) le critiche mi sarebbero di grande aiuto per il prosieguo!

A presto...

Sole

   
 
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