HOW TO SAVE A LIFE
AUTORE: SHUN DI
ANDROMEDA
TITOLO: HOW TO SAVE A LIFE
SERIE: DPS (DEAD POETS SOCIETY –
L’ATTIMO FUGGENTE)
TIPO: What If, Slash
GENERE: Triste,
Introspettivo, Drammatico, Erotico
RATING: Arancione
PERSONAGGI: Neil
Perry, Todd Anderson
NOTE: Ho controllato attentamente nella sezione se
qualcuno per caso non avesse già scritto una cosa del genere, ma non ho trovato
nulla. Nel caso però mi sia sbagliata fatemelo notare e provvederò a cancellare
la fic in questione. Si tratta di una What If che volevo scrivere da secoli! So
che è un’idea fondamentalmente stupida perché, comunque sia, il film finisce
come finisce… Ma mettiamo caso che Todd …
DISCLAIMER: DPS e i relativi personaggi non mi appartengono, il mio unico scopo è divertirmi e far divertire, se possibile.
CAPITOLO 1
§§§
POV TODD
Corro nella neve, ansimando, malgrado il vento forte
non mi fermo anche se addosso ho solo un semplice cappotto, nessuna sciarpa né
cappello, ma non sarà questo a fermarmi; il cuore sembra quasi esplodermi nel
petto per lo sforzo ma proseguo.
All’improvviso, inciampo e cado, sbatto dolorosamente
le ginocchia sulla strada ma mi rialzo, senza pensarci su un secondo mentre la
mia mente è con Neil, il suo sguardo triste e rassegnato al di là del vetro
continua a lampeggiare nella mia memoria, assieme a una bruttissima
sensazione.
Non so cosa diavolo mi sia preso, ricordo solo quello,
forse ho borbottato qualcosa a Charlie, fatto sta che ora sono qui, a spezzarmi
le gambe sulla statale nel tentativo di raggiungere il più presto possibile il
mio amico…
Laggiù! Finalmente vedo la casa, è vicinissima, e tiro
un sospiro di sollievo.
Una folata di vento più forte delle altre mi
schiaffeggia, sento la pelle bruciare per il freddo e mi devo rannicchiare un
attimo dietro un covone di fieno in mezzo al campo che corre alla mia sinistra
per riprendere fiato; coperto da questo provvidenziale rifugio, mi concedo di
respirare profondamente, sfregandomi le mani sui calzoni per scaldarle almeno un
poco.
Con le ginocchia che tremano per il gelo, mi rialzo e,
protetto dall’oscurità, mi avvicino alla casa: sembra tutto tranquillo, non c’è
la minima luce accesa… Forse la mia sensazione era sbagliata, forse mi sono
congelato per niente.
Mi avvicino ancora, ormai sono nel giardino; sento i
miei passi scricchiolare sulla neve ghiacciata, guardandomi con circospezione
attorno: non vorrei che ci fosse qualche cane nei paraggi pronto ad aggredire
eventuali ladri… Altrimenti sarei in guai
grossi!
All’improvviso, sento un rumore, come di un cigolio,
provenire da un punto imprecisato sopra la mia testa; alzo lo sguardo e il mio
cuore perde un battito: “Neil…” sussurro mentre attorno a me il vento sembra
quasi smettere di soffiare.
Ma che diavolo ci fa alla
finestra?
Sotto i miei occhi, lo vedo poggiare la sua corona sul
davanzale ingombro di neve e andarsene, il vetro però resta aperto e quella
corona sembra quasi…
Non mi piace, non mi piace per
niente!
“NEIL!” urlo senza riflettere, ma lui non riappare,
non accade niente di niente; resto lì, a fissare come un ebete la sua finestra,
sotto la neve che mi ricopre a poco a poco.
Tremando di freddo, comincio a girare attorno alla
casa, osservando attentamente le facciate e cercando febbrilmente un passaggio
che mi permetta di entrare all’interno…
Eccola!
C’è una porticina sul retro della casa che è rimasta
socchiusa, un vero colpo di fortuna! Leggermente più fiducioso, entro da lì,
ritrovandomi nella cucina; piano e con attenzione, muovendomi a tentoni nel
buio, raggiungo finalmente il corridoio; ma un rumore di passi mi fa balzare il
cuore in gola.
Mi tuffo sotto la scala e, dalla mia posizione
privilegiata, vedo Neil scendere dal piano superiore, il busto nudo appena
illuminato dalla luce dei lampioni della strada che penetra da una sorta di
lucernario sulla parete, in alto.
Trattengo il fiato, sembra l’apparizione di un
Dio…
Con lo sguardo, ne seguo i movimenti, lo vedo a pochi
centimetri da me che sarebbe così semplice allungare una mano e sfiorarlo, ma
sono bloccato sul posto, come un serpente davanti alla mangusta e non posso fare
altro che osservarlo sparire dietro una
porta.
L’incantesimo si
spezza.
Frastornato, mi alzo in piedi, avvicinandomi a passo
spedito, e sbircio all’interno della stanza; la prima cosa che mi balza agli
occhi nella debole luce proveniente da fuori, è uno scaffale immenso pieno di
libri.
Ma subito la mia attenzione viene catturata da
altro.
Il cuore mi si ferma nel petto alla vista della
schiena sussultante di Neil…
Mio Dio..
Ha una pistola!
“NEIL!” gridò, lanciandomi all’interno, ruzzolo a
terra, inciampando in qualcosa, ma lui per un attimo si ferma, voltandosi verso
di me, ha ancora quell’odioso oggetto in mano; balzo in piedi e gli afferro il
polso, torcendoglielo con forza, e finalmente molla la presa e l’arma cade con
un tonfo soffice sul tappeto.
Il mio amico scoppia in un pianto a dirotto, attutito
appena dal mio maglione; lo abbraccio stretto, cercando a mia volta di
calmarmi…
“Neil stava per uccidersi…” penso col cuore in
gola.
Le mie braccia si avvolgono con forza attorno alla sua
vita e lui poggia la sua testa sulla mia spalla; così inginocchiati a terra,
leggermente illuminati dalla luce che filtra dalle persiane semichiuse,
cerchiamo a vicenda di consolarci, lo sento aggrapparsi a me come a un
salvagente…
Non l’ho mai visto così a
pezzi.
“Ehi,” dico debolmente, “Puk non può piangere…” e
dalla mia gola esce una risata stentata e nervosa, “Shakespeare potrebbe
offendersi.” Concludo, sfregandogli le spalle per scaldarlo; lui si stringe
maggiormente a me, singhiozzando e ridendo allo stesso tempo: “Oberon perdonerà
il suo servo, Oberon perdonerà il suo Puk…” sussurra, alzando il viso solcato di
lacrime.
Sorrido piano e lo aiuto ad alzarsi, gli cingo le
spalle con un braccio senza mollarlo un attimo: “Tu stanotte non resti qui!”
esclamo convinto, tendendo l’orecchio se per caso qualcuno si fosse svegliato,
“Torniamo a Welton,” dichiaro, spingendolo verso il corridoio per riguadagnare
la salvezza attraverso la porticina sul
retro.
Ci ritroviamo assieme, uno accanto all’altro, nello
spazio ristretto tra le due pareti, lo sento accanto a me, emana calore e una
grande tristezza: gli afferro una mano, guidandolo nell’oscurità; una volta in
cucina, gli faccio cenno di stare fermo, “Vado a prenderti i vestiti, aspettami
qui.”.
Un minuto dopo, sono di ritorno e ho i vestiti, le
scarpe e…
“Ecco, Puk non può stare senza la sua corona.” gli
mormoro, poggiandogliela in testa.
§§§
Arriviamo in vista di Welton che ormai è l’alba e
quando finalmente siamo davanti al portone manca pochissimo al sorgere del Sole;
intirizziti dal freddo e dal lungo cammino nella tormenta, ci guardiamo negli
occhi, incerti su cosa fare.
“Ragazzi!
Finalmente!”
La voce allegra di Charlie ci fa sobbalzare e lo
vediamo affacciato a una delle aule del piano terra, agitando le mani per farsi
vedere; Meeks e Pitt si gettano fuori e ci afferrano per le braccia, portandoci
dentro, il tepore che emana questo posto è
bellissimo!
Cameron sbuca dal buio, guardandoci con
preoccupazione: “Siamo stati svegli tutta la notte ad aspettarvi, che è
successo? Eravamo preoccupati!” esclama il nostro rosso, qualcuno ci mette
addosso le vestaglie e nella semioscurità vedo il sorriso gioviale di
Overstreet, ci sono tutti.
I nostri amici ci scortano su per le scale sino al
salottino comune dove di solito studiamo; è ancora ingombro di cose, fogli e
libri ma non mi è mai sembrato così bello, la stanza è calda e nel caminetto c’e
ancora un tizzone che arde; Charlie armeggia per qualche istante con gli
attizzatoi e la fiamma risplende, viva e
rovente.
Neil sprofonda letteralmente nella poltrona più vicina
al fuoco e crolla subito addormentato, ha gli occhi segnati e il viso pallido;
Knox mi poggia la mano sulla spalla e mi accompagna sino al divanetto, mi siedo
e mi sento improvvisamente stanchissimo, gli avvenimenti della notte si fanno
sentire…
Mi sfrego gli occhi mentre tutti si assiepano attorno
a me: “Cosa è successo?” chiede Gerry, accomodandosi sul bracciolo; sono esausto
ma hanno diritto di sapere, “Stava per spararsi…” sussurro, osservando il viso
stravolto del mio migliore amico e un brivido di terrore serpeggia tra tutti
noi, Richie sbianca in volto e Charlie… Beh, mi fissa come se fossi un verme
particolarmente grosso.
“Sono riuscito a disarmarlo,” proseguo con voce
tremolante e roca, ho bisogno di piangere ma cerco di trattenermi, “Ma era
scosso… Ho paura che ci riproverà! Ragazzi, dobbiamo fare qualcosa!” esclamo,
scattando in piedi coi pugni stretti.
Stevie mi è subito vicino, bloccandomi per le braccia:
“Datti una calmata!” mi rimprovera severo, “Andrà tutto bene, penseremo noi ad
aiutarlo, ma devi calmarti!” mi dice con tono fermo e posato, “Non gli
permetteremo di fare pazzie, non finché ci saremo noi accanto a lui, non è vero
ragazzi?”.
Le sue parole suscitano un moto d’approvazione tra i
nostri compagni: “Vado ad avvertire Keating, lui saprà di certo cosa fare!” si
offre Cameron e lo vediamo scattare con la rapidità di una lepre fuori dalla
sala.
Sbadiglio esausto, accoccolandomi sul morbido cuscino
e reclino la testa sulla mia spalla; voglio solo dormire e
nient’altro…
§§§
POV KNOX
Il professor Keating è appena uscito e sembrava molto
in pensiero anche lui per i nostri amici…
Gli abbiamo spiegato quel poco che Todd ha spiegato a
noi ma non ha battuto ciglio, si è solo raccomandato di star loro
vicino…
Raccomandazione stupida, era ovvio che l’avremmo
fatto.
“E ora?” mi chiede Richie, ravvolto nella sua
vestaglia; sospiro, guardando l’ora sull’orologio a muro, ormai sono le sei:
“Riportiamoli in camera, oggi è domenica e possono dormire un po’ di più. Poi
decideremo il da farsi assieme.” Dichiaro, prendendo in braccio Todd; Gerry,
Charlie e Stevie si occupano di Neil mentre Cameron esce fuori a
controllare.
Nessuno in vista per
fortuna.
Ci infiliamo nella loro stanza come razzi e ne usciamo
pochi istanti dopo, eclissandoci a nostra volta nelle
camere.
Per ora, voglio solo stare tranquillo e riflettere sul da farsi.