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Autore: elyxyz    04/12/2010    27 recensioni
“Mi serve urgentemente un donatore di seme.” Gli rispose Holmes, borbottando tra sé.
Dopo un istante di lecita sorpresa, il dottor Watson sorrise ironico.
“Mi sento lusingato che tu abbia pensato a me, ma dubito che sarò mai il padre dei tuoi figli, Sherlock, o tu
la madre dei miei!” scherzò. “Perciò metti a tacere il tuo orologio biologico e ceniamo.”
“No. Mi serve un donatore di sperma.
Ora.
“Co-
cosa?!” balbettò l’ex militare sconcertato.
“Sperma, John.
Adesso.” Ripeté Holmes, seccato. “Hai per caso problemi d’udito?”
“Ma-ma...”
“Mi correggo. E’ quasi certamente un problema di balbuzie...” considerò, incrociando il suo sguardo, facendolo avvampare. “Ma mi serve un tuo campione.”

[John Watson x Sherlock Holmes]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Note: il seguente scritto contiene riferimenti slash.

Eccomi di ritorno, con una terza storia. ^^

(Ve lo confesso, ci sto prendendo gusto e le bozze crescono! *O* ma quei due sono ammmorehhh!)

 

 

Vorrei dedicare la fic alle persone che hanno recensito la precedente‘Hands’.

E’ l’unico modo che conosco per ringraziarvi dei commenti fatti.

Ancora una volta, sono rimasta commossa dal vostro entusiasmo e spero di non deludervi con questa.

 

A Little Fanny, Tao, Orchidea Rosa, Slayer87, Lyla_sly, miticabenny, Faust_Lee_Gahan, Yuki Eiri Sensei, Will91, Madame Butterfly, Arwen Woodbane, zoisite e Miyu Orwell.

 

Grazie.

 

 

A.A.A. (Freudian Chip)

 

by elyxyz

 

 

 

 

John rientrò a casa con le buste traboccanti di spesa. Arrancò, lentamente, fino al secondo piano dove Sherlock, che stava scrutando qualcosa di vitale nel microscopio, non si deconcentrò, neppure per salutarlo.

 

“Buonasera!” esclamò allora lui.

 

“Mi serve urgentemente un donatore di seme.” Gli rispose Holmes, borbottando tra sé.

 

Dopo un istante di lecita sorpresa, il dottor Watson sorrise ironico.

“Mi sento lusingato che tu abbia pensato a me, ma dubito che sarò mai il padre dei tuoi figli, Sherlock, o tu la madre dei miei!” scherzò. “Perciò metti a tacere il tuo orologio biologico e ceniamo.”

 

“No. Mi serve un donatore di sperma. Ora.”

 

Co-cosa?!” balbettò l’ex militare sconcertato.

 

“Sperma, John. Adesso.” Ripeté Holmes, seccato. “Hai per caso problemi d’udito?”

 

Ma-ma...

 

“Mi correggo. E’ quasi certamente un problema di balbuzie...” considerò, incrociando il suo sguardo, facendolo avvampare. “Ma mi serve un tuo campione.”

 

“Oh, Gesù! Sei forse impazzito?!

 

“Questa domanda è sciocca e superflua, amico mio. La pazzia condivide un confine troppo labile con la genialità: chi può dire cosa sia l’una o l’altra?

 

Watson lo scrutò, allucinato.

 

“Forza, su.” Lo incitò l’altro, impaziente ed euforico. “Devo portare a termine il mio esperimento… e tu sei il soggetto più prossimo.”

 

“Ma vai… vai a chiederlo alla Banca del Seme!” si inalberò, gesticolando imbarazzato. “O… oppure a qualcun altro!”

 

In quel mentre, la loro affittuaria accese l’aspirapolvere al piano di sotto, canticchiando.

 

“Dubito che Mrs. Hudson possa contribuire.” Gli rese noto il consulente investigativo. Cosa per lui ovvia, ma a quanto pareva non per John.

 

“No! Io non- usa il tuo!”

 

Sherlock roteò gli occhi, annoiato.

“Già fatto. Mi serve un campione diverso.”

 

E fu allora che John lasciò cadere, per disperazione, lo sguardo sulla tavola: su una tazza di the intonsa e irrimediabilmente fredda, sul bricchetto di latte immacolato lì accanto, su un piattino con dei biscotti mangiucchiati, e su mezza dozzina di recipienti sterili da laboratorio. E inorridì.

 

Ma la verità era una, e una sola: non sarebbe mai riuscito a dire di no, un vero no, a (una qualsiasi delle pazzie di) Sherlock Holmes.

 

In quel preciso istante, l’oggetto dei suoi pensieri aveva indossato un paio di guanti in lattice e, facendoli schioccare rumorosamente, stava avanzando verso di lui.

 

N-no…” indietreggiò Watson, per sfuggirgli.

 

“Oh, avanti, John… tu sei un medico… il tuo codice deontologico ti impone di immolarti in nome dalla scienza!”

 

“Veramente non lo dice…” lo contraddisse. Ma ricevette solo uno sbuffo dal naso in risposta. “Senti… potrei almeno… arrangiarmi?” si ritrovò a supplicare.

 

“Non è contemplato. Rischieresti di compromettere i risultati. Devo provvedere personalmente.” Chiarì, come se fosse una verità assoluta. Un dogma noto solo a lui.

 

Il sorriso incoraggiante, che Sherlock gli fece subito dopo, a lui parve il ghigno ferino del lupo cattivo che incastra l’agnellino smarrito.

 

“Parliamone…” pigolò, tentando di sembrare ragionevole – ma quando mai si era ragionevoli, con Sherlock Holmes? –, arretrando alla cieca.

Si accorse troppo tardi di essere finito con le gambe contro il bordo del divano, e un secondo dopo Sherlock lo aveva già spinto a sedere e stava armeggiando sulla patta dei suoi pantaloni, mentre lui rimaneva paralizzato con le palpebre serrate.

 

“Rilassati, John.” Si sentì consigliare, ma dalla voce di Holmes traspariva tutta la smania di poter ottenere ciò che gli serviva per completare il suo esperimento, così vicino alla conclusione, così a portata di mano. “Non è un processo doloroso o irreversibile. Non ti priverò della tua virilità.”

 

L’ex militare rilasciò un sospiro tremulo, cercando di calmarsi. In fondo, ottenuto ciò che voleva, Sherlock lo avrebbe lasciato in pace, fintanto che fosse stato impegnato in ~

 

Si raccapricciò, mentre l’immagine vivida e vagamente umiliante – no, sicuramente invasiva e pienamente mortificante – di Holmes che spiava i suoi girini – tanti piccoli potenziali John – al microscopio, si faceva largo nella sua mente.

Che diamine avrebbe visto, e quindi dedotto, da loro?

Egli deglutì a vuoto.

Oh, Gesù. Non era sicuro di volerlo sapere, e di certo non era pronto per deciderlo in quel momento.

 

Di questo passo, però, non sarebbe arrivato a niente, in nessun senso.

 

Perciò doveva imporsi di distrarsi. Doveva imporsi di eccitarsi. Doveva...

 

…Fu il respiro caldo del suo inquilino ad accarezzargli il viso, in un sussurro rassicurante.

“Fingi che io sia Sarah, se preferisci.”

 

Un istante dopo, le labbra morbide di Sherlock erano sulle sue.

 

 

***

 

 

John si svegliò di soprassalto, facendo cigolare per protesta le molle del divano dell’appartamento di Sarah.

Con gli occhi sbarrati nel buio, si obbligò a smettere di ansimare, ma era più forte di lui.

Era venuto nei pantaloni, come un adolescente sfigato.

 

Si passò una mano sul viso, per scacciare quel sogno, quel ricordo così vivido. Ma se chiudeva gli occhi…

 

Le labbra morbide di Sherlock sulle sue.

 

Egli sospirò affranto.

Decisamente, doveva smettere di fare da cavia a Sherlock.

 

 

 

Fine

 

 

 

Disclaimer: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note: Ed ecco la mia terza fic su Sherlock. *__*

La prossima sarà più lunga, se riesco a trovare il tempo di finirla! XD

 

Il titolo: A.A.A. è una sigla utilizzata normalmente per richiamare l’attenzione negli annunci; poiché essi sono inseriti in ordine alfabetico, la sua è una funzione puramente pratica.

 

Alla fine, forse resterà il dubbio se sia solo un sogno o un ricordo. O forse no?

A voi la scelta. Sono curiosa di sapere la vostra interpretazione!

 

Ah!... se Sherl vi pare un po’ più strano del solito, date la colpa all’inconscio di John! XD

 

Freudian Chip’ si traduce inScheggia, frammento freudiano’.

 

 

 

PS. Per chi fosse interessato/a, stamattina ho postato anche un nuovo capitolo di ‘The He in the She (l’Essenza dentro l’Apparenza) sul fandom di Merlin.^^

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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