Crossover
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Autore: Darik    04/12/2010    6 recensioni
Un omicidio chiaro. Tutto indica chi è il colpevole. Ma quel colpevole è una delle persone più care al mondo per Negi. Chi può aiutarlo nel tentativo di scagionarla? Forse un misterioso e abilissimo detective.
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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10° CAPITOLO

Negi entrò nel commissariato accompagnato dalla madre.

Sperò ardentemente che quella giornata segnasse davvero la fine di tutta la vicenda.

Furono accompagnati in un ufficio.

“Piacere di vedervi” disse loro Soichiro Yagami alzandosi da dietro una scrivania. L’uomo strinse la mano a Negi. “Sono il sovrintendente Soichiro Yagami. Sono io che gestisco le indagini sull’omicidio di Konoka Konoe” gli spiegò.

“Capisco” rispose Negi mentre si accomodava insieme a sua madre.

“Signor Yagami, perché ci avete convocato?” domandò quest’ultima.

“Per annunciarvi innanzitutto che entro domani Asuna Kagurazaka sarà scarcerata. I veri colpevoli sono stati scoperti. E la ragazza ha indicato lei, signora, e suo figlio, come le persone più prossime che ha”.

Sentendo questo, i volti dei due visitatori s’illuminarono di una gioia indescrivibile.

“Ma non solo per questo” riprese Yagami. “Il fatto è che i casi di Kagurazaka e Konoe sono collegati, essendo stati compiuti dalle stesse persone. E dato il rapporto tra voi e una delle vittime, è giusto che sappiate tutto. Il colpevole è l’avvocato Teru Obata, insieme alla sua amante, la giornalista Takada Kiyomi. E l’assistente di quest’ultima, Demegawa, completava il tutto. Li abbiamo arrestati. L’assistente è stato il primo a cedere, confessando tutto per avere uno sconto di pena”.

“Non ci posso credere! L’avvocato di Asuna era anche la persona che l‘aveva incastrata?!” sbottò la madre di Negi.

“Infatti. Una nostra equipe ha lavorato in gran segreto per risolvere il caso. Vi devo informare anche perché alla fine di tutto c’è una sorpresa veramente grossa riguardante Asuna Kagurazaka”.

Il sovrintendente iniziò a spiegare tutto il caso, dalla prima trappola, tesa a Konoka perché ne tendesse a sua volta una inconsapevole ad Asuna, fino all’omicidio di Takamichi, compiuto da Takada, e al falso suicidio di Konoka, attuato da Obata stesso.

Mentre sua madre non perdeva una parola, Negi invece doveva fingere interesse.

Infatti, erano tutte cose che già sapeva grazie ad L.

E siccome Yagami diceva le stesse cose, al ragazzo vennero forti sospetti sull’identità dell’equipe segreta che aveva lavorato al caso.

L’unica cosa che Yagami tacque, fu che il numero di Obata era stato scoperto violando i computer del ministero delle comunicazioni, compiendo cosi una clamorosa violazione della privacy.

Una delle tante cose a volte necessarie ma comunque sbagliate che L era costretto a fare per svolgere bene il suo lavoro, e che aveva taciuto anche a Negi, data la sua età.

L’interesse di Negi divenne invece autentico quando si passò alle modalità dell’omicidio di Konoka.

Tali modalità non gli erano state spiegate dal grande detective, diceva che il ragazzo le avrebbe apprese poi.

E anche la sorpresa cui aveva accennato Yagami, L già la conosceva ma non aveva voluto svelarla a Negi per mantenere, a suo dire, la suspense.

“La signorina Konoe” spiegò Yagami “aveva deciso di confessare, scrivendo una lettera di scuse all’amica dove raccontava anche che era stata Takada a organizzare il falso scherzo, convincendola a portare Asuna Kagurazaka a quella festa. Ma commise un errore: fidandosi ancora di Takada, le telefonò per dirle il suo intento. Quest’ultima chiamò il suo amante, Teru Obata, che decise di chiudere la bocca alla Konoe. Un’azione di per sé non necessaria. Nessuno, infatti, poteva risalire a lui o immaginare l’esistenza di un terzo complice. Persino quando si telefonavano, i due amanti usavano un linguaggio molto allusivo, privo di nomi, che mimetizzava perfettamente le loro chiamate tra le miriadi di altre telefonate che Takada riceveva durante la giornata. E la giornalista poteva scagionarsi dicendo di non conoscere la depravazione di Takamichi. Purtroppo Obata, nonostante il suo apparente autocontrollo, è un tipo molto impulsivo, che tende a perdere il controllo in situazioni da lui ritenute pericolose, come ha dimostrato la falsa messinscena organizzata ieri sera, da noi, per incastrarlo. Quindi si è congedato dalla sua cliente fingendo un impegno in banca. E ci è andato davvero. Ma prima si è fermato a uccidere la signorina Konoka. E’ passato da un ingresso d’emergenza per non farsi vedere dal portinaio ed è salito dalla sua vittima, la quale era stata avvertita poco prima da Takada stessa, per questo gli ha aperto.

Sempre Takada gli aveva detto dove la Konoe teneva la pistola, perciò con una scusa Teru l’ha attirata in camera da letto, l’ha stordita colpendola alla nuca, le ha messo la pistola in mano e l’ha uccisa sparandole alla tempia. Siccome al momento dello sparo era la vittima a impugnare l’arma, anche con la prova del guanto di paraffina e i test della balistica sarebbe risultato un suicidio. L’assassino ha anche posizionato il corpo per dare l’impressione che dopo lo sparo fosse caduto di peso sul letto, e con la nuca sulla testiera. Per spiegare l’eventuale presenza di un bernoccolo. Ha lasciato infine il foglietto, opportunamente privato della confessione, ed è uscito da dove era entrato”.

“Che mostruosità” esclamò la signora Springfield. “Ma perché tutto questo?”

Yagami si fermò a riflettere. “Mi raccomando, cercate di mantenere il massimo riserbo su ciò che vi dirò” disse infine.

“Il motivo scatenante è legato all’eredità della famiglia Mikami”.

Sentendo quel nome, Negi e sua madre riandarono ad una vicenda che aveva riempito gli articoli di mezzo mondo un anno prima: la morte del magnate Isao Mikami, uno degli uomini più ricchi del mondo.

Mikami era morto molto anziano e senza eredi, e quando trapelò la notizia che aveva sguinzagliato dei detective privati alla ricerca di parenti diretti e inconsapevoli di esserlo, una cosa considerata possibile causa la condotta dissoluta dei suoi quattro figli da tempo deceduti, sui giornali si era scatenata una febbre su questa caccia all’erede.

Col passare del tempo, l’interesse dei media era calato ma ogni tanto se ne ricordavano per qualche servizio di colore.

“Orbene” continuò Yagami “Teru Obata è un erede di Mikami. E’ il figlio illegittimo di uno dei figli del miliardario. Nel suo studio, in una cassaforte nascosta dietro un quadro di Masamuni Obata, suo padre adottivo, abbiamo trovato le copie di documenti attestanti l’appartenenza di Teru alla famiglia Mikami. E abbiamo trovato gli originali delle copie attestanti l’appartenenza della stessa Asuna Kagurazaka ai Mikami”.

Negi e sua madre rimasero senza parole: Asuna era l’erede di una famiglia miliardaria?!

“Capisco il vostro stupore” riprese il sovrintendente “Asuna Kagurazaka è orfana. E’ anche lei figlia illegittima di uno dei Mikami. E con l’arresto di Teru Obata, è adesso l’erede di una fortuna di ben venti miliardi di yen”.

“Quindi l’avvocato voleva la fortuna tutta per sé” disse la signora Springfield quando si fu ripresa dalla sorpresa.

“Sì. Per sé, una volta divenuto Teru Mikami, e per la sua amante, Takada. A Demegawa invece sarebbe andata una bella ricompensa sottoforma di grossi assegni mensili. Ma non escludo che un giorno Obata e Takada avrebbero deciso di sbarazzarsi anche di lui.

Obata ha voluto essere l’avvocato di Asuna per assicurarsi che fosse condannata. Sarebbe andata in una prigione scelta su indicazione di Obata, grazie ai suoi agganci al ministero della giustizia. Dopo un po’ di tempo, Asuna sarebbe stata uccisa da una detenuta che avrebbe fatto credere a un suicidio”.

“Pure questo?!” esclamò indignato Negi, che non conosceva quest’ultimo piano di Obata.

“Sì. Tatsumiya Mana, killer professionista, per lungo tempo sfuggita alla legge perché molto brava a cancellare le prove. Ma, gli strani capricci del fato, quasi un anno fa è stata incarcerata e condannata a quarantacinque anni per un duplice delitto che a quanto pare non ha commesso. Teru Obata ha, infatti, trovato una prova che la scagiona completamente, custodendola nella sua cassaforte. Mana gli avrebbe fatto questo favore e lui in cambio l’avrebbe fatta tornare libera. Noi consegneremo tale prova ai magistrati, ma essendosi resa complice del piano per assassinare la Kagurazaka, dubito che Mana tornerà libera”.

“Mostruoso” commentò Negi “Per fortuna adesso è tutto finito”.

“Appunto. Vi consiglio di tornare a casa e di prepararvi. Un mondo del tutto nuovo attenderà Asuna Kagurazaka domani, avrà bisogno di una famiglia, e penso che voi possiate ben svolgere questo incarico” li congedò Yagami accompagnandoli fino alla porta.

Prima di uscire, Negi lanciò uno sguardo all’ufficiale di polizia.

E senza farsi vedere dalla madre, col dito tracciò il segno di una lettera su un braccio.

Rimasto solo, Yagami girò il risvolto della giacca: nel risvolto c’era una spilla a forma di L.

“Avevi ragione, è un ragazzo sveglio”.


Tornati a casa, Negi avvertì la madre che intendeva un attimo andare dal suo nuovo amico.

Il giovane quindi corse, con un’espressione di massima felicità, verso l’appartamento di L.

Una volta arrivato, si bloccò di colpo: come mai l’appartamento di L aveva le finestre aperte?

Fermandosi a riflettere, si accorse allora del pacchetto che stava nascosto sotto la scalinata.

Era un pacchetto chiuso in una carta regalo ben messa.

Cautamente Negi lo aprì.

Dentro c’erano dei dolci, e un biglietto.


“Caro N, come avrai immaginato, sono andato via.

Essendo una leggenda urbana, i cui casi sono tutti ufficialmente risolti dalla polizia, ti sembra che io possa avere un recapito fisso?

Conoscendo i tuoi orari, so che hai già parlato con Y e quindi sai come stanno le cose, tutte cose che io avevo scoperto due notti fa ma che non potevo dirti interamente ieri pomeriggio perché meno tempo A restava in carcere, meglio era. Quindi bisognava organizzare subito la recita per incastrare il colpevole.

Mi sono preoccupato della tua sicurezza durante la nostra messinscena, nessuno può risalire a te.

Ti ho lasciato dei dolci, mangiali in modo da diventare sempre più intelligente, mi raccomando. Sei già su una buona strada.

E ti ringrazio per l’aiuto e la compagnia”.


Dunque non c’era più.

Lo avrebbe rivisto?

Non poteva dirlo.

Non aveva neanche potuto chiedergli della faccenda della schiena.

Però ormai non aveva più senso.

“Grazie a te, L” concluse ad alta voce Negi.


Quando le aprirono la porta, dicendole che era libera, Asuna non seppe cosa dire.

Si limitò a camminare, attraversando la strada davanti al carcere.

Una volta arrivata all’altro lato, si girò.

Era fuori dalla prigione.

Cominciò a respirare a pieni polmoni l’aria della libertà.

“Asuna!”

Alla sua destra stava arrivando, correndo, Negi con sua madre.

“Negi!” gridò Asuna andandogli incontro.

I due si abbracciarono con forza.

“Asuna! Sei libera! Che sollievo!”

“Io sono sollevata di vedere te, il mio fratellino ideale” rispose Asuna.

Entrambi con due bei lacrimoni grossi come noci.

La madre del suo carissimo, piccolo amico, li raggiunse e strinse la mano all’ex-detenuta.

“E’ un vero piacere vederti libera, Asuna”.

“La ringrazio, signora”.

“Come ti senti?”

“Felice! Anche se…”

Una lieve ombra calò sul volto della ragazza.

“Un ufficiale, Yagami, mi ha spiegato tutto. E mi ha detto di Konoka. Dio mio, lei ha partecipato a tutto questo per colpa mia! Come ho fatto a non rendermene conto? Presa dalla mia smania di aiutare, non mi sono accorta che a volte le persone vogliono essere lasciate libere di cavarsela da sole. Ed io glielo ho impedito per tanti anni. Che gran bastarda che sono stata”.

“Hai commesso degli errori” ammise la signora Springfield “però adesso la cosa giusta da fare non è piangere sul latte già versato, ma rendersi conto degli errori e impegnarsi affinché non si ripetano più. Non dimenticare che Konoka si era pentita, voleva aiutarti. Ti voleva comunque bene. E penso che, se ora fosse qui, ti perdonerebbe e chiederebbe perdono”.

“Penserò che sia cosi” disse Asuna.

“Allora, adesso che facciamo?” domandò Negi.

Asuna si grattò in testa. “Eggià. Adesso sono una multimiliardaria. E non ho la più pallida idea di cosa farne di tutti quei soldi. Ho persino paura di toccarli. Temo che possano trasformarmi in una persona avida”.

“O farti diventare una persona che pensa solo a questioni finanziarie” convenne la madre di Negi.

Che poi schioccò le dita. “Ci sono: perché non vieni con noi?”

“Con noi?” domandarono insieme Negi e Asuna.

“Oh si. Vedi, Negi, l’altro giorno sono andata a rintracciare quello scriteriato di tuo padre, il nostro Indiana Jones made in Japan. Che ne dici di andare a prenderlo per convincerlo a occuparsi un po’ di più della sua famiglia? E Asuna può venire con noi. Cosi avrà modo di schiarirsi le idee”.

“E dove si trova mio padre adesso?”

“In Egitto”.

Asuna e Negi si guardarono. “Perché no?”

Si diressero allora verso la casa degli Springfield, per preparare i bagagli.

****

La porta della cella si aprì.

Teru Obata, Mikami se il suo piano fosse andato in porto, non sembrava molto a suo agio con la divisa da carcerato.

Seduto sulla branda, guardò con lieve disprezzo l’uomo che era venuto a trovarlo.

“Sovrintendente Yagami, giusto?” esordì Obata.

“Esatto” rispose il poliziotto.

“Cosa vuole? Farmi altri interrogatori? Se è cosi, deve esserci pure il mio avvocato”.

“Quello che ci diremo va oltre questo caso. Soprattutto la seconda cosa. La prima è più una domanda personale. Perché ha fatto tutto questo? Come mai il rampollo di un’illustre famiglia di magistrati e avvocati, ha ucciso una persona e fatto condannare un innocente, tra l’altro suo parente, per dei soldi?”

“Perché?” Teru ridacchiò, come se gli avessero posto una domanda troppo banale. “Perché sono tutte sciocchezze. In passato anch’io credevo ciecamente negli ideali di giustizia cui si erano consacrati gli Obata. Per questo mi sono dato cosi tanto da fare per diventare avvocato. Volevo rendere il mondo un posto migliore. Ma lo sa cosa è successo una volta che sono sceso in campo? E’ successo che sono rimasto disgustato. Per il marciume non dei criminali, ma dei cosiddetti garanti della giustizia. Mi sono ritrovato immerso in un lordo oceano di connivenze, corruzioni, abusi e ingiustizie varie. Tutto commesso da poliziotti, avvocati, magistrati, politici. Certo, ci sono anche gli incorruttibili, ma sono l’eccezione che conferma la regola. Gli ideali della legge e della giustizia sono belle parole, troppo belle perché si possano veramente mettere in pratica e quindi finiscono per diventare uno schermo dei criminali. Ergo, sono solo sciocchezze”.

“Potrei dirle” rispose Yagami “che, nonostante gli indubbi difetti istituzionali, ha sbagliato anche lei, signor Obata. Ha peccato d’idealismo, è sceso in campo pensando di poter cambiare radicalmente le cose, non c’è riuscito e restando scottato, ha trasformato la sua fede in disillusione, alimentando il male che avrebbe dovuto e potuto combattere. Se tutti fossero come lei, l’umanità si estinguerebbe”.

“Forse sarebbe un bene” rispose Obata “ma lei non è qui per una discussione filosofica, vero?”

“No, infatti. Passando al secondo motivo della mia visita, anche se il caso è risolto, c’è qualcosa che non quadra per i membri dell’equipe segreta che ha condotto le indagini. Lei ha fatto tutto questo per i soldi. Ma perché l’ha fatto in questo modo, montando questa messinscena? Perché ha dovuto coinvolgere Asuna Kagurazaka in un’accusa di omicidio? E progettare di eliminarla una volta in carcere? Avrebbe potuto benissimo farla uccidere da qualcuno, ad esempio, per strada. Magari simulando una rapina finita male. Chi avrebbe sospettato la morte di una semplice diciottenne? I giovani che muoiono sono tanti, troppi, purtroppo.

E poi, come si è procurato la prova in grado di scagionare Tatsumiya Mana? E sempre a proposito di quest’ultima, la sua stessa presenza è sospetta. Una killer professionista in carcere e ingaggiabile con la promessa della libertà. Sembra che qualcuno gliel’abbia servita su un piatto d’argento”.

Teru distolse lo sguardo. “Non avrei motivo di parlare. Tanto la cosa non può scagionarmi, trattandosi di un fantasma”.

“Se però in lei è rimasta almeno una briciola dell’uomo che credeva nella legge, allora dovrebbe parlare”.

L’ex-avvocato sospirò e guardò negli occhi Yagami: “Non so chi sia. E’ come un fantasma. L’ho sentito solo tre volte.

Un anno fa fui contattato da un investigatore privato, che diceva di aver scoperto la mia appartenenza alla famiglia Mikami. Diceva anche che c’era un altro erede. Ma la sera in cui avrei dovuto incontrarlo, per verificare i risultati delle sue indagini, quell’uomo morì in uno strano incidente d’auto. O meglio, inizialmente sembrò un incidente ‘normale’.

Però pochi giorni dopo, mi chiamò qualcuno, usando un numero privato.

Parlava con voce contraffatta, quindi non so se era una persona giovane o vecchia, oppure se era un uomo o una donna.

Disse che aveva lui i documenti del detective, e me li avrebbe consegnati se in cambio io mi fossi prestato a un esperimento. Ha usato proprio questo termine, esperimento.

Come prova della sua buona fede, mi mandò i documenti originali su Asuna e le copie di quelli riguardanti me.

A quel punto, quando arrivò la sua seconda telefonata, decisi di accettare la sua proposta e lui mi mandò anche la prova dell’innocenza di Mana.

Questo mi fa ipotizzare che sia stato proprio il misterioso sperimentatore a farla finire in prigione.

Inizialmente ero molto titubante, ma quando m’inviò via mail il suo piano, rimasi sbalordito per la precisione di quel progetto. Chi l’aveva realizzato, aveva scelto attentamente luoghi e persone, calcolando anche l’atteggiamento in determinate situazioni di quest’ultime.

Mi sembrava di stare leggendo un copione, dove è già fissato cosa succederà.

Divenni molto fiducioso, com’era richiesto nel progetto coinvolsi Takada e Demegawa, spiegai loro cosa fare e tutto sembrò funzionare per il meglio.

Poi commisi l’errore di uccidere Konoka Konoe.

Il misterioso progettista mi chiamò quello stesso giorno. Aveva intuito che ero stato io e mi rimproverò per la mia azione imprudente.

Mi colpì che ritenesse anche se stesso colpevole, per non aver ben previsto una mia azione di quel genere.

Affermò che non era ancora pronto. Che comunque, a quel punto bisognava continuare col piano. E che io non avrei dovuto mai più prendere iniziative. Non c’è altro”.

Yagami aveva ascoltato con grande attenzione.

Si portò una mano sul mento. “Questo personaggio, non si è dato un nome?”

“Oh sì, la prima volta. Uno pseudonimo” ammise Teru, che cercò di richiamare alla mente quel nome sentito una sola volta.

“Mi disse che potevo chiamarlo Kira”.

FINE (?)

Nota dell’autore: uff, finalmente è finita questa pubblicazione. Spero di essere riuscito a farvi passare qualche momento di spensieratezza e ringrazio di cuore chi mi ha recensito, ovvero Nuit e LarcheeX, e tutti quelli che mi hanno letto;)

Se poi vi chiedete a che pro il punto interrogativo nel finale, il fatto è che in teoria questa storia dovrebbe avere un seguito, ma solo se mi verrà fuori una trama all’altezza (almeno in teoria dovrà essere una bella trama) e se poi riuscirò a metterla per iscritto (tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare^^).

  
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