Everything I couldn't have.
Guardo
davanti a me e vedo, riflessa nello specchio, la mia figura, ormai
spenta, ormai arresa a ciò che la vita le preserva e le cede.
Sarà
poi così difficile poter godere di un po' di quella quiete che
da giorni ormai innumerevoli cerco? Sarà poi così
difficile far sì che accada qualcosa per cui il mio viso si
distenda spontaneamente in un'espressione di pura serenità?
Serenità...
Ho perso il conto di quanti mesi non sentono più questa parola
fuoriuscire con urgenza dalle mie labbra. A dire il vero non la
conosco più; ormai è un vocabolo sconosciuto alla mia
testa ma agognato dal mio cuore.
Tutto
ciò che vedo non è felicità, ma futili
favoritismi.
Tutti
credono che un paio di foto in prima pagina rendano una persona la
più felice del mondo; che un autografo, oltre a liberare nero
inchiostro, liberi anche l'emozione e la soddisfazione più
pure; che qualche concerto permetta di condurre una vita da perfetto
riverito.
La
gente non ha capito un cazzo.
Tante
cose ti porta il successo, ma quante te ne toglie? No, scusate...
“Toglie” è un eufemismo. Quante te ne strappa via
dalle braccia con brutalità? Perchè è questo il
successo: un perfetto egoista.
-Bill,
muoviti, accidenti, stiamo facendo tardi.-
Mio
fratello era sempre stato un tipo piuttosto puntiglioso, nonostante
apparisse in modo nettamente differente. Ero sempre stato io quello a
impiegare più tempo del dovuto nel fare qualcosa; ero sempre
stato io quello a creare squilibri in situazioni del tutto piatte.
Insomma, ero sempre stato io, in qualche modo, ad accendere le
discussioni, sia in casa che in studio.
-Arrivo,
non mi manca molto.-
Non
mi ero tuttavia mai posto il problema. Avevo sempre agito d'impulso,
senza ragionare su conseguenze o simili. Era Tom quello razionale.
Sistemai
il colletto della mia camicia e, assicuratomi di essere pronto per
uscire, abbandonai il bagno per dirigermi in salotto dove mio
fratello, assieme al resto della band, mi attendeva impaziente.
-Possibile
che devi sempre perdere tempo in cose futili?- sbuffò mio
fratello, dandomi successivamente le spalle per aprire la porta dello
studio di registrazione.
Quella
sera avevamo organizzato un'uscita che ci avrebbe visti in una
discoteca di Berlino. Niente di speciale, semplicemente un po' di
divertimento dopo tanto lavoro e stress. Non ero un amante delle
discoteche e nemmeno Gustav. Quelli che si scatenavano in pista erano
Tom e Georg, alla ricerca di qualche “pollastrella”, come usavano
definire qualunque ragazza ritenessero all'altezza per intrattenersi
assieme a lei in uno squallido bagno. Io e Gustav cercavamo approcci
differenti che sicuramente non si sarebbero consumati in una
discoteca.
-I
capelli non sono cose futili, quando si tratta di farti vedere in
pubblico in un determinato modo perchè sai che il giorno
seguente troverai te e proprio i tuoi capelli su una copertina di un
giornale di Gossip.- chiarii con le mie buone ragioni da esporre. Tom
si limitò a rispondere a tutto ciò con una smorfia
scettica e si affrettò a salire in macchina, al posto di
guida, mentre noi lo imitavamo diligentemente.
Il
locale era affollato. Troppo, per i miei gusti.
Adoravo
la tranquillità, adoravo le cose fatte tra pochi intimi;
quelle che ti avrebbero fatto tornare a casa con il sorriso sulle
labbra e ancora piacevolmente scosso da chiacchierate e risate
costruttive. Dopo una serata in discoteca, l'unica cosa che potevo
fare era tornare a casa con un gran mal di testa e nient'altro.
Seduti
nel privè, osservavamo sotto di noi la pista gremita di gente
danzante, tra cui la maggioranza vestiva pericolose minigonne con
vertiginosi tacchi a spillo. Il mio sguardo si spostò in
automatico su mio fratello, notando che sul suo viso stanziava
l'inconfondibile espressione che assumeva quando aveva voglia di
“andare a caccia”. Per questo non passò molto prima che si
alzò e scese le scalinate, dopo essersi congedato con un “Vado
a lavorarmi qualcuna” ed un occhiolino piuttosto eloquente.
Sbuffai,
sollevando gli occhi al soffitto: mio fratello non sarebbe mai
cambiato. Lui, per lo meno, non sentiva la sofferenza di un amore non
concesso. Tutto quello che io desideravo maggiormente era solamente
di poter innamorarmi come un normale ragazzo della mia età.
Questo non mi era permesso; questa era una di quelle bellezze della
vita che il successo mi toglieva.
Il
mio sguardo si spostava disinteressato in ogni singolo angolo di quel
locale, mentre Gustav – affianco a me – si accingeva a fare la
stessa cosa, mentre sorseggiava silenziosamente il suo drink. Tutto
sembrava apparentemente tranquillo; la solita atmosfera confusionaria
e monotona, almeno fino a che i miei occhi non si posarono su una
curiosa figura femminile, seduta su un divanetto, affianco ad una
persona che pareva essere un'amica.
Una
ragazza dai capelli mori, degli splendidi occhi celesti ed
apparentemente annoiata da quella festa, proprio come me, sedeva a
qualche metro di distanza. Nessuna minigonna, nessun tacco a spillo o
trucco pesante in viso. Chiusa in un semplice paio di jeans ed ai
piedi un paio di ballerine nere, nascondeva le sue mani fra le
ginocchia, guardandosi anch'ella attorno, apparentemente volenterosa
di uscire da quel marasma. Un lieve trucco argenteo andava a
dipingerle le palpebre, mentre le sue ciglia erano tirate su da una
semplice passata di mascara. Un sottile strato di gloss rendeva le
sue labbra carnose dannatamente invitanti, ma ancor di più,
quella sua aria timida e riservata.
Le
mie mani presero a torcersi, mentre una strana sensazione di calore
cominciò ad invadermi il corpo.
Avevo
un'inspiegabile voglia di avvicinarmi a lei e parlarle, conoscerla se
possibile; eppure era la prima volta che la vedevo. Mi infondeva
tanta dolcezza, solo con quel suo sguardo quasi spaesato ed
indifferente a tutto ciò che intanto attorno le accadeva.
Fossi
stato nei panni di mio fratello, probabilmente non avrei esitato ad
alzarmi dal mio divanetto ed avvicinarmi a lei, con l'intento di
instaurarvi un dialogo; ma ormai era assodato che io e Tom eravamo
due esempi totalmente opposti di approccio con una ragazza.
Passai
la serata ad osservarla, come rapito, e mi sorpresi nel constatare
che probabilmente lei non mi aveva neppure notato.
Con
un brivido alla schiena, mi accorsi improvvisamente che si era alzata
dal divanetto, da sola e – voltatasi verso i suoi amici – aveva
semplicemente detto “Esco a fumarmi una sigaretta”.
Percepii
le mie gambe fremere a tale affermazione, volenterose di seguirla e,
senza pensarvi ulteriormente, così feci.
-Vado
a fumare.- riferii a Gustav, il quale si limitò ad annuire con
il capo, quasi dormiente. Mi alzai velocemente dal divanetto e la
seguii di corsa, cercando di non perderla di vista. Pochi minuti
ancora trascorsero prima di trovarmi al di fuori della discoteca, al
freddo pungente della notte. La osservai ancora qualche istante da
parte, accendendomi una sigaretta per non dare troppo nell'occhio e
notai che lei faceva la stessa cosa, sedendosi successivamente su un
muretto. Deglutii rumorosamente, decisamente agitato da tale
situazione.
D'altronde
avevo agito d'impulso e l'istinto mi aveva detto di seguirla. Ora che
l'avevo fatto, cos'avrei potuto fare? Mi sarei dovuto presentare o
non vi era il bisogno? Come avrei attaccato un dialogo?
In
quel preciso istante mi domandai il motivo per cui mia madre non mi
aveva donato spigliatezza, come aveva generosamente fatto con mio
fratello.
Presi
un bel respiro e, deciso a buttarmi a capofitto in quella situazione
decisamente estranea per me, mi avvicinai lentamente a quella
ragazza.
-Ciao.-
la salutai fremente, dopo essermi fermato a qualche passo da lei.
Quest'ultima sollevò il proprio sguardo su di me, facendomi
quasi sussultare, e sbattè qualche attimo le palpebre, forse
accigliata per quel mio inspiegabile gesto.
-Ciao.-
ricambiò il saluto, esitante.
-Posso?-
le domandai impacciato, indicando il posto vuoto sul muretto,
affianco a lei. La mora si strinse nelle spalle ed annuì
appena. Con la sigaretta fra le labbra, mi sedetti accanto a lei,
senza guardarla. Non sapevo che fare; mi sembrava tutto così
assurdo e decisamente poco da me. -Io sono Bill.- decisi di
presentarmi poi, intuendo che restare in silenzio per tutto quel
tempo mi era decisamente poco consono.
-Sì,
ti conosco.- rispose lei, osservandomi. Non seppi se esserne contento
o meno. -Comunque io sono Angelica.- si presentò poi.
-Non
sei tedesca.- constatai da quel nome.
-Italiana.-
annuì semplicemente.
Trascorsero
svariati attimi di silenzio, altamente imbarazzanti. Che diavolo mi
era venuto in mente di fare? Era Tom quello spigliato, non io. Lui
avrebbe saputo come agire in una situazione simile.
-Ti
ho notato, prima.- presi coraggio. Angelica si voltò
nuovamente verso di me, forse aspettando che continuassi a parlare.
-Ti ho vista un po' assente e... Mi hai colpito. Non sei un'amante
delle feste?- mi sentivo dannatamente stupido a dirle quelle cose ma,
d'altronde, cos'altro potevo fare?
-No,
infatti.- rispose, tornando ad osservare il vuoto di fronte a sé,
mentre continuava a fumare con eleganza. -Ad essere sincera le odio
profondamente.- aggiunse.
-Anche
io.- mi trovai subito d'accordo.
-Strano.-
commentò. Voltai lo sguardo nella sua direzione, perplesso.
-Perchè?-
domandai.
-Avrei
detto tutto il contrario. Solitamente, un personaggio famoso è
abituato a feste, caos, cose del genere...-
-Non
è sempre così. Io ad esempio non sono quel tipo di
“personaggio famoso”. Purtroppo, molti danno per scontato che noi
VIP abbiamo la corazza di ferro, che tutto quanto ci scivoli addosso
e che abbiamo chissà quanta voglia di dimostrare eterna forza.
In realtà non è così. C'è chi regge e chi
non regge. Ancora prima di essere famoso, sono una persona normale,
con un cuore e dei sentimenti concreti. Sta alle altre persone
conoscermi per quello che sono realmente, oltre al personaggio
televisivo.-
-Sarà,
ma io sono del parere che nel momento in cui hai voglia di metterti
in gioco in questo modo, devi saper reggere tutto quanto. Nel momento
in cui scegli quello che fai, devi esserne consapevole e sapere a
cosa stai andando in contro.-
-Io
ne ero consapevole e infatti non mi sono mai lamentato, per questo
motivo. Ma alla fine, è la tua psiche che lavora; nel momento
in cui senti di essere arrivato al limite, crolli, anche senza
volerlo.-
Non
capivo perchè stavo affrontando quel genere di discorso
proprio con lei, un'estranea. Probabilmente nemmeno le importava ma,
nonostante quella sua aria misteriosa ed apparentemente diffidente,
sentivo di poterlo fare perchè mi avrebbe capito.
-E
allora, perchè scegliere questo lavoro?-
Quella
domanda mi prese in contropiede. Naturalmente non avevo mai
immaginato di dover rispondere ad una simile questione; o almeno, non
posta da lei. Riconobbi in ogni caso che non aveva tutti i torti, nel
farlo.
-Sai...
Non ti so rispondere.- ammisi, in imbarazzo. -Da piccolo mi piaceva
così tanto l'idea di comparire in tv, di diventare un famoso
cantante, amato per lo meno dalla maggior parte della gente...-
-E
ora?-
Mi
presi qualche secondo per meditare sulla risposta, ma tutto ciò
che ne ricavai furono solo pensieri confusi.
-E
ora non lo so.- mormorai. -Se tornassi indietro, lo rifarei
probabilmente... Ma perchè amo quello che faccio. Se ci fosse
però la possibilità di fare musica, senza essere
additato e seguito in ogni singolo spostamento, sarebbe decisamente
meglio.-
-Vi
contraddite sempre in tutto quello che spiegate.- Voltai lo sguardo
sulla sua figura, sorpreso da tale affermazione. -Prima vi lamentate
del successo, poi dite che se tornaste indietro lo rifareste, poi che
amate quello che fate e poi che non vorreste la fama.- aggiunse, per
poi ricambiare quello sguardo attento. Abbassai così il mio,
sentendomi tremendamente sotto accusa.
Da
una parte potevo capirla; non era facile comprendere quel mio
ragionamento contorto e vi riconoscevo un qualcosa di non del tutto
chiaro e contraddittorio. Ma perchè non poteva calarsi nei
miei panni, per qualche secondo, come nessuno aveva mai osato fare?
Tutti avevano sempre puntato il dito contro di noi, senza prestare la
minima attenzione alle nostre parole o semplicemente definendole come
non veritiere.
-La
vita da rockstar non è semplice, per niente.- mormorai,
scrutando le mie scarpe, come privo di ulteriori difese. Sentivo di
non avere più altro da dire, di non dover difendermi ancora
una volta.
-Oh,
andiamo, avete tutto quello di cui avete bisogno... Ormai nella vita
di noi persone comuni non sopravvivreste nemmeno mezzo secondo.-
sputò senza pietà Angelica, per poi alzarsi dal
muretto. -Potrai andare a dire a chiunque quello che hai detto ora a
me, ma nessuno ti crederà... Ti prenderà sempre per una
star viziata che ha avuto tutto dalla vita e non sa più che
farsene... E personalmente la penso allo stesso modo. E non provate a
piangere la vostra felicità davanti a noi. Siete tutti dei
fottuti egoisti.- concluse la mora, prima di buttare a terra la
sigaretta e voltarmi le spalle per rientrare nella discoteca.
Osservai esterrefatto la sua figura allontanarsi sempre più
velocemente, fino a che non sparì definitivamente dalla mia
vista.
-E'
l'affetto, quello vero, che ci manca.- sussurrai, ormai a me stesso.
Mi
sentivo dannatamente stupido: mi ero semplicemente illuso che quella
ragazza, apparentemente dolce e timida, potesse capirmi; mi ero
illuso che per un momento potesse chiudere gli occhi, vestire i miei
abiti e percepire le stesse sensazioni contrastanti che stavo
cercando di trasmetterle; quell'enorme vuoto situato in mezzo a
tante, troppe cose a primo impatto felici.
Cosa
potevo aspettarmi d'altronde? Stupida comprensione? Per cosa poi? Per
andare a raccontare a qualcuno che una persona al mondo mi aveva
dedicato un minuto del suo prezioso tempo a compatirmi? Che
importanza poteva avere gioire di tanto successo se poi la gente mi
dimostrava di non riporre fiducia nelle mie parole?
La
verità era che avrei dovuto continuare a combattere a vuoto;
avrei dovuto continuare a combattere contro un muro di gomma, correre
contro i mulini a vento e pretendere di ottenere tutto ciò che
non avrei mai potuto avere.
E
no... Non sto parlando di abiti firmati e tanti soldi.
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E' una One Shot forse molto semplice, ma sentivo il bisogno di scriverla, per poter dare anche una mia interpretazione di tale argomento. Per me ha un particolare significato, ma magari per voi è diverso. Non so, ditemi voi se ve ne leggete qualcuno e se sì, che cosa. Mi farebbe davvero piacere ricevere pareri a riguardo; capire se vi è piaciuta o meno, pur nella sua semplicità. Fatemi sapere; un bacio.