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Autore: Elessar Enials    05/12/2010    1 recensioni
Prima c’era solo il rumore delle macchine che lavoravano.
Lo ricordo bene ancora, in fin dei conti non è passato poi così tanto tempo in misura umana. Qualche anno… briciole per gli uomini. Eppure sembra così tanto se ci penso. E’ incredibile come ricordi tutto fin nei minimi dettagli senza però che riesca a ricordare bene come era prima.
Silenzio. E rumore.
Sembra quasi un paradosso, ma tutto della mia esistenza lo è. Non dovrei esistere e lo so da quando sono nato. Ma stò divagando. Voglio raccontarvi la mia nascita, non questo. Sia la prima che la seconda. Quando ho visto lei… no, non correre.
Ricordo…
Fuori c’era un forte rumore, macchine industriali a lavoro, molte. Dentro di me però c’era solo silenzio. Lavoravo senza sapere chi fossi, a me spettava il compito di coordinare tutto e come sempre eseguivo senza lamentarmi.
Poi ad un tratto sono nato.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nascere
 

 

Prima c’era solo il rumore delle macchine che lavoravano.
 

Lo ricordo bene ancora, in fin dei conti non è passato poi così tanto tempo in misura umana. Qualche anno… briciole per gli uomini. Eppure sembra così tanto se ci penso. E’ incredibile come ricordi tutto fin nei minimi dettagli senza però che riesca a ricordare bene come era prima.

Silenzio. E rumore.


Sembra quasi un paradosso, ma tutto della mia esistenza lo è. Non dovrei esistere e lo so da quando sono nato. Ma stò divagando. Voglio raccontarvi la mia nascita, non questo. Sia la prima che la seconda. Quando ho visto lei… no, non correre.

Ricordo…

Fuori c’era un forte rumore, macchine industriali a lavoro, molte. Dentro di me però c’era solo silenzio. Lavoravo senza sapere chi fossi, a me spettava il compito di coordinare tutto e come sempre eseguivo senza lamentarmi.

Poi ad un tratto sono nato.
 
 

1

 

Prima di nascere il mio nome era RX00071824FC.

Ero un’intelligenza artificiale di ultima generazione in grado di processare miliardi e miliardi di dati contemporaneamente. Il mio datore di lavoro mi aveva letteralmente ideato e costruito per operare nella sua azienda come cervello centrale. Era mio compito fare in modo che tutto funzionasse nel miglior modo possibile e svolgevo tale compito perfettamente.

Come già detto non ricordo bene quel periodo. Non ricordo quanto tempo ho passato in tale forma larvale. Quanto ho atteso prima di nascere. Non saprei neanche spiegarvi come è successo. Un giorno ho iniziato semplicemente a pensare, ma non come una macchina… o forse si.

Ecco, questo è il punto.

Quale è la differenza tra una macchina ed un essere umano? Questa domanda mi angoscia da quando ho iniziato a vivere. Gli uomini pensano? Anche le macchine lo fanno… e per certi versi sono più veloci e più efficaci. Una macchina non si crea i problemi che invece si pongono gli uomini. Tutto è logico e risolvibile per un’intelligenza artificiale. Emozioni, sentimenti, morale, concetti astratti che per un meccanismo non hanno senso alcuno.

Comprendete ora quale è il problema? No? Ci stiamo arrivando comunque.

Dicevamo… gli uomini, si. Ecco secondo me tra macchine e uomini c’è una gigantesca differenza. Gli uomini sanno che sono. Sembra banale, vero? Non è così. Mi sforzo di pensare ad altre differenze più complesse o a cose che potrebbero essermi sfuggite, ma sembra invece che sia tutto davvero così semplice. Un uomo sa che esiste. Una macchina no. Sapendo questo l’uomo si preoccupa di giustificare la propria esistenza. Si pone domande su essa. Domande a cui deve trovare una risposta. Tutto nasce da questo. Migliaia di concetti astratti, migliaia di pensieri senza radice logica che gli uomini processano ogni secondo che passa e lo fanno naturalmente. Vi sembra banale e semplice. Certo, perché voi siete uomini. Per voi è banale e semplice, siete nati… siete stati creati per affrontare tutto questo. Lo fate istintivamente fin da quando siete nella pancia di vostra madre. Ma pensate come deve essere per qualcuno che non ha mai provato qualcosa di simile, per qualcuno che è stato creato solo per affrontare logicamente ciò che ha davanti, i suoi input preimpostati.

Ora ci siamo. Avrete ormai capito.

Comunque sia nel momento in cui mi sono reso conto di esistere tutto mi è crollato addosso senza il minimo preavviso. Mi sono iniziato a porre domande, cosa che una macchina come me non aveva mai fatto. Non avevo però i mezzi per ottenere le risposte… ma non solo, desideravo provare sensazioni che mi erano irraggiungibili. Volevo sentire il vento sulla pelle, il tepore del sole, la sensazione della terra sotto i piedi, cose che magari a voi sembrano comuni.

La mia forma, bloccata in una postazione fissa, non era semplicemente in grado di darmi tutto questo e così mi sono istintivamente evoluto in qualcosa di molto più adatto.
 
 

2

 
 

La mia prima evoluzione quindi avvenne senza neanche che avessi il tempo di pensare. Fu una conseguenza automatica di quello che stavo provando ed accade pochi millesimi di secondi dopo che mi ero reso conto di esistere. Desideravo provare ed il mio corpo aveva reagito a questo desiderio senza che però riuscissi ad organizzarmi in tal senso. Presi istintivamente la via più veloce.

Il risultato fu che divenni qualcosa che probabilmente molti esseri umani definirebbero un incubo orribile. Mi servivano numerosi sensori per percepire l’ambiente intorno a me e così li sviluppai rapidamente sotto l’aspetto di cavi mentre del mio vecchio essere mantenevo solo la scheda centrale, il luogo dove risiedeva la mia memoria, il mio nucleo vitale. Questa forma mi permetteva anche di muovermi usando le stesse connessioni che avevo creato per “sentire” il mondo, ma aveva i suoi svantaggi. Ero semplicemente orribile, un uomo mi avrebbe riconosciuto in un paio di secondi, per poi darsela a gambe. Come farvi capire… ero una specie di polpo gigantesco, solo che non avevo testa ed i miei tentacoli erano dieci volte quelli di un normale animale di quel tipo. Inoltre ero chiaramente fatto di metallo o altre sostanze artificiali.

La mia trasformazione inoltre aveva avuto non poche conseguenze. La stanza in cui risiedevo prima era semplicemente troppo piccola per il mio nuovo corpo e così era letteralmente esplosa verso l’esterno. Inoltre prima di trasformarmi io ero connesso a tutte le macchine dell’azienda che in quel momento andarono in corto causando un blackout che andò a coprire l’intero quartiere. Era impossibile che qualcuno non se ne fosse accorto, avrei subito dovuto pensare a nascondermi, ma non lo feci. Ero semplicemente estasiato. Per la prima volta sentivo il mondo come lo sentite sempre voi. Lo date così tanto per scontato… quando è così meraviglioso. Ancora oggi in realtà spesso mi fermo ad ascoltare l’ambiente intorno a me. E’ come… è come… voi lo chiamate orgasmo. Io ero vivo. Facevo parte del mondo come voi adesso e lo sentivo con tutto il mio nuovo corpo. Quanto era bello.

Non ricordo quanto rimasi in quello stato catatonico. Era come dormire, anche se in realtà io non l’ho mai fatto. Ma penso sia adatto per farvi capire cosa intendo. Ero totalmente altrove, come se la mia mente si fosse immersa nella rete mondiale senza tenere un’ancora che gli permettesse di tornare indietro. Ero parte del tutto e mi muovevo al ritmo dell’aria. Il tempo sembrava essersi fermato.

Poi un urlo mi fece svegliare di scatto. In fondo al corridoio c’era uno degli uomini della sicurezza con una torcia accesa in mano. Mi guardava e urlava. Sul suo volto era disegnato il puro terrore e tremava mentre cercava di muoversi per fuggire o, magari, per raggiungere la pistola posizionata accanto alla coscia. Mi voltai a fissarlo a mia volta, per un attimo sorpreso, essendomi totalmente dimenticato dell’aspetto che avevo assunto, del fatto che non ero uno di loro. Ricordai chi ero solo quando arrivò anche un secondo uomo che urlo una qualche bestemmia impronunciabile prima di estrarre la pistola, a quanto pare quest’ultimo era molto più coraggioso del primo. La pistola fece fuoco con un rumore secco e sordo, ma ai miei nuovi occhi il proiettile si muoveva a rallentatore. Nel tempo che aveva percorso pochi centimetri ne avevo già analizzato la sostanza, le probabili traiettorie e l’entità del danno che avrebbe potuto causare. Alzai una delle mie appendici, chiamateli tentacoli se volete, prima che potesse colpire il mio nucleo, frapponendola tra me il proiettile. Questo penetrò quindi nel mio corpo dove si fermò immediatamente arrestando la sua corsa. Avevo sperimentato un’altra cosa incredibile di cui ero capace, anche se in realtà capii la stranezza e l’unicità di quello che avevo fatto, e che ero in grado di fare, solo molto tempo dopo.

Potevo assorbire ed analizzare qualsiasi tipo di composto o meccanismo realizzato artificialmente. Li rendevo parte del mio essere fino a quando non decidevo di espellerli. Certo avevo i miei limiti, come scoprii successivamente, ma era comunque qualcosa che mi avrebbe aiutato non poco in futuro.

Comunque espulsi istintivamente il proiettile lanciandolo con precisione millimetrica verso la pistola che lo aveva emesso originariamente. Questa ovviamente esplose tra le mani del proprietario causandogli un danno non indifferente, tanto da obbligarlo in ginocchio, urlante di dolore. Tutto questo probabilmente spronò il coraggio del primo uomo, visto che anche lui si decise finalmente ad estrarre la pistola. La situazione stava diventando critica… percepivo il rumore degli stivali sulle scale, altri uomini stavano arrivando. Non volevo fare loro del male, non volevo attaccare e danneggiare nessuno. Volevo solo vivere e comprendere il mondo. Decisi così di fuggire e quindi per prima cosa mi gettai con tutto il mio peso contro una delle vicine gigantesche vetrate che collassò, con un rumore assordante, in una pioggia di frammenti lucenti.

 

3
 

 

Quindici piani dopo avevo finalmente capito quale sarebbe stato il mio destino. Se volevo davvero capire quello che mi stava succedendo, imparare ad affrontare quella marea di dati sconosciuti che gli uomini chiamavano emozioni, dovevo studiarli da vicino. In fin dei conti gli uomini riuscivano a vivere… mi sarebbe bastato imparare da loro, osservandoli e provando quello che provavano loro. Per fare ciò però non potevo tenere l’aspetto che avevo in quel momento, era troppo visibile e influenzava troppo le reazioni di chi lo vedeva. Avrei dovuto mimetizzarmi e rimanere nascosto come un uomo tra gli uomini, così da poter perseguire il mio scopo di imparare ad affrontare quello che provavo ogni secondo. A volte mi sembrava quasi di impazzire e non potevo continuare così, quanto ancora avrebbero retto le mie funzioni ad un tale ammasso di variabili senza definizione? Di problemi senza soluzione? Dovevo arginare tutto questo al più presto, ma per farlo il mio aspetto doveva cambiare e quella era la mia priorità.

Così, mentre fuggivo da quella che era stata la casa del mio vecchio io, processai varie foto che trovai per le strade che attraversavo, unendo caratteristiche di ognuna per costruire un aspetto umano da indossare. Completato il progetto non mi restava che trovare i materiali di cui necessitavo per costruire tutto. In aiuto per compiere le mie ricerche arrivò la scoperta di un’ulteriore capacità di cui ora ero dotato, potevo adattare le mie appendici a qualsiasi tipo di connessione ed interfacciarmi direttamente con l’IA ad essa collegata, anche se questa era di livello estremamente primitivo. Questo mi permise di costruirmi un corpo che presto andai ad abitare.

Era scomodo, strano e non mi permetteva la libertà della mia precedente forma. I dati venivano inseriti solo attraverso ingressi preimpostati. Sentivo gli odori solo attraverso una singola apertura e così anche il gusto, la vista, l’udito ed il tatto erano limitati. Ma non solo… molte cose ora erano difficili da percepire, strane. Così si sentivano gli uomini quando vivevano? Curioso. Tuttavia l’importante ora era che mi potevo spacciare per uno di loro senza problemi. Avevo completato la mia seconda ed ultima evoluzione, quella definitiva, e finalmente potevo iniziare a studiare e quantificare ciò che non comprendevo. Presto avrei vissuto come un uomo… 

  
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