Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover
Segui la storia  |       
Autore: ElfoMikey    05/12/2010    1 recensioni
"Quando qualcosa irrimediabilmente finisce, si spera sempre che per quanto il tempo serva a dimenticare non lo farà mai con troppo dolore.
Quel qualcosa però era talmente forte, talmente intenso che aveva la capacità, giorno dopo giorno, di rafforzare quei ricordi e lasciando che essi si imprimessero sulla mia pelle come un tatuaggio indelebile."
Brendon non riesce a dimenticare, Ryan crede di avere il mondo hai suoi piedi.
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Panic at the Disco
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ca2ryden

 

 

 

 

Capitolo secondo

 

 

 

 

 

 

 

Brendon pov

 

 

Ariel, anzi El, non era più così tanto invisibile ai miei occhi che non facevano altro che seguire la sa andatura ipnotizzante per il resto dei giorni che passammo in Virginia.

Avevo aspettato con ansia il momento in cui saremmo stati soli ancora una volta, esattamente come quella volta in bus.

L’occasione era tornata a farsi presente durante l’ultima mezz’ora di svago prima di salire sul palco. Ero alla terza Red Bull ( va bene, okay era la quinta) e mentre facevo dei vocalizzi, passeggiando per il camerino, Spencer stava poltrendo sul divanetto, con gli occhiali da sole calati sugli occhi e la bocca spalancata, così decisi di passare il tempo facendogli delle foto che, dopo il concerto avrei provveduto a mettere sul web.

Ma sto divulgando.

El entrò con passo svelto, appoggiando sul tavolo le giacche che aveva appena ritirato dalla tintoria.

“Oh, grazie!” dissi, togliendo con cautela la mia giacca nero perla dall’involucro per poi infilarmela.

Lui rimase a fissarmi, appoggiando il bacino al tavolo e incrociando le braccia. “Che c’è?” chiesi, cercando di capire dove voleva andare a parare con quel suo sguardo, che porca di quella troia, non faceva altro che annullare le mie inibizioni e accrescere il desiderio. “ho qualcosa fuori posto?”

Lui negò, ma allungò una mano per passarmela fra i capelli aggiustando il ciuffo sulla fronte. C’era una tale carica sessuale che avrei potuto tastarla con mano. El lasciò però che la sua scivolasse lungo le pieghe della camicia, fino a introdurre le dita sotto il tessuto morbido della giacca.

Ero preso da forti vampate di calore che si premunirono di mandare a colorare le guance di un rosso porpora che El accarezzò con un sorrisetto.

“No, direi che sei perfetto.” Mi soffiò in viso, allungando il busto verso di me, fino ad appoggiarmi entrambe le mani sulle spalle. “troppo perfetto.” Aggiunse.

Io cominciai a gongolare, adoravo quando la gente mi faceva i complimenti e io adoravo fingermi modesto, per ottenerne degli altri.

Che ci potevo fare?

Quella volta, però non cercai di allargare le vedute del mio ego perché preferii allungarmi verso il suo viso e sfiorare il suo naso con il mio, per poi far combaciare le nostre labbra.

Pensai solo a una cosa, prima di partire e rifugiarmi nei meandri di quella bocca calda: oh, porca vacca!

Certamente non avevano contato il fattore Spencer, che si era svegliato dal suo sonno profondo e aveva spalancato le sue iridi chiare, fino a farle diventare più grosse di un fondo di bottiglia. Non ci avevano davvero fatto caso, perché continuavamo a pomiciare come quindicenni in calore, fino a sembrare quasi osceni e non esisteva altro che la sua bocca sulla mia e le sue braccia attorno al mio collo.

Probabilmente, dovevamo pensarci prima, ma in quel momento non brillavamo di intelligenza.

Comunque sia, capimmo di essere fissati solo quando El si stacco dalle mie labbra, mentre mugugnavo la mia disapprovazione. “Oh ben svegliato Spencer!” esclamò El, sorridendo al mio amico che non riusciva a emettere una sola parola sensata.

Avrei giurato persino di averlo sentito appellarsi a Dio per svegliarlo da quell’incubo.

Io invece, come Ariel d’altronde, me la stavo spassando alla grande, cominciando a pensare di filmare il momento epico di Spencer che perde l’uso della parola.

Pete, come sempre, entrò proprio mentre El si riappropriava delle mie labbra, coinvolgendomi in un altro bacio, forse più spinto di quello precedente. Pete però non sembrava ne sorpreso ne disgustato, visto che aveva un sorriso enorme che gli illuminava tutta la faccia.

“Quanto mi hai chiesto un consiglio per conquistarlo avrei giurato di averti detto di parlarci, non di stuprarlo!” esclamò in direzione del cugino, prima di buttarsi sul divano che era ancora occupato da Spencer. Ariel si staccò per un attimo dalle mie labbra per sorridere a Pete e ribattere che, saltarmi addosso, era stata l’idea più brillante che gli fosse mai passata per la testa.

Poi Zack lo richiamò all’ordine e lui fu costretto ad eseguire. “Ci becchiamo dopo il concerto!” disse, lanciandomi un altro bacio per poi sparire.

Sospirai.

Finalmente le cose stavano prendendo una piega positiva e piuttosto eccitante. Avevo sofferto abbastanza e come mi aveva detto Gabe era ora di rifarmi una vita e di provare sul serio a convivere senza la presenza di Ryan.

Forse Ariel era la persona giusta. Beh, questo non lo potevo sapere. Sapevo solo che Pete fu molto contento di sapere che i sentimenti di Ariel erano sulla via giusta per essere ricambiati.

“Sono davvero felice per voi. È bello sapere che nonostante le differenze tu abbia accettato i sentimenti di El. Disse, prima di stritolarmi in un abbraccio.

Non sapevo di che differenze parlava, ma non era importante. Volevo salire sul palco, cantare al meglio e poi tornare a stare ancora con Ariel. Inoltre rimaneva il fatto che, nonostante il bellissimo bacio che c’eravamo scambiati, ancora non avevamo parlato di una possibile relazione.

Non che ci conoscessimo molto, a dire il vero sapevo solo poche cose di lui e per questo avrei voluto approfondirle al più presto.

Lo trovai ad attendermi fuori dal bus che mi porgeva un asciugamano lindo per passarmelo fra i capelli sudati.

“Bel concerto, Urie!” esclamò, ricambiando con un sorrisetto malizioso lo sguardo contrariato che gli stava lanciando Spencer, che borbottava ancora per la scena vista qualche ora prima.

Lo ringraziai. “Senti, mi faccio una doccia veloce, poi ti andrebbe di andare da qualche parte?” lo vidi annuire e rivolgere il suo sorriso verso di me.

“Ci ritroviamo qui fra una mezz’oretta?” propose e io acconsentii.

Mi baciò lievemente sulle labbra prima di sparire nel bus della Crew. Salii nel mio bus, quasi saltellando incontrando la faccia contrariata di Spencer.

“Non sono sicuro che sia una buona idea.” Disse. Alzai gli occhi al cielo.

“Papà Spencer, non ho bisogno del tuo consenso per frequentare qualcuno!” sbottai, cercando di non perdere le staffe.

Non mi andava di litigare, non quella sera che tutto stava andando nel verso giusto.

“Quel tipo ha qualcosa di sospetto…” mormorò serio, assottigliando gli occhi e muovendo le mani in modo ambiguo.

Io gli scoppiai a ridere in faccia. Non avrei voluto farlo, perché sapevo che era preoccupato, ma fu più forte di me.

Dallon, dietro di lui, gesticolava come un ossesso, facendo dei gesti di Spencer una parodia piuttosto esagerata.

Era uno spasso.

Inutile dire che Dallon fu preso a calci in culo, finchè non chiese umilmente perdono, per i suoi atti, in ginocchio.

Così io avevo approfittato della situazione e dopo afferrato dei vestiti puliti, corsi alle docce.

 

 

 

Ryan pov

 

Jon cominciava davvero a starmi sulle palle.

Avrei voluto prendergli la testa e aprirla come si fa con un’anguria, solo con il doppio della brutalità.

Ma partiamo dall’inizio.

Eravamo a una delle solite cene firmate Vene Giovani più consorti e nonostante stessi veramente per vomitare, notando l’alto livello d’amore nell’aria, decisi di rimanere lo stesso seduto al mio posto, continuando a mangiare la mia pizza in silenzio.

Jon aveva fatto in modo che Nick White si sedesse al mio fianco e lui si era accomodato di fronte a noi per poter osservare la scena in tutta tranquillità. Ci guardava con uno sguardo malefico, con le dita intrecciate fra loro e appoggiate alle labbra. Sembrava una sorta di Montgomery Burns, ma se possibile ancora più sadico.  

 “Cosa c’è Ryan, la pizza non è di tuo gradimento?” esclamò a un certo punto, facendo si che la vena del mio collo cominciasse a pulsare fastidiosamente.

“No, è ottima, è la vista che mi rovina l’appetito.” Ribattei, sentendo Nick ridacchiare al mio fianco.

“Allora potrei servirti del the per mandarla giù meglio, ma ho paura che abbia uno strano effetto su di te.”

Gli altri componenti della band si girarono ad osservarci, curiosi di sapere per quanto sarebbe andata avanti quella scenetta. Nick si coprì il viso per evitare di ridere apertamente e quasi cadde dalla sedia.

“Walker ho un pezzo di pizza al formaggio in mano e non ho paura di usarlo!” esclamai, mostrandogli l’arma.

Sapevo dove voleva parare.

Voleva che dicessi a tutti che non ero totalmente etero come mi ero sempre descritto e che mi ero fatto scopare da Nick per un pomeriggio intero.

Ma si sbagliava se sperava di farmi parlare.

“Non fa bene tenersi le cose dentro, Ross. È sempre meglio confidarsi con chi ti vuole bene” rincarò la dose, utilizzando quella stupida voce in falsetto che mi faceva venire il nervoso.

Cassie, grande donna, venne in mio soccorso, schiaffeggiando Jon dietro la nuca e lanciandogli uno sguardo truce.

“Smettila, saranno fatti suoi se non vuole dire che è andato a letto con White!” esclamò.

Grande donna avevo detto?

Potrei deliziarvi con una lunga lista di insulti, ma perderei solo tempo. “Oh! Scusami, tesoro!” esclamò, coprendosi la mano con la bocca, seriamente pentita.

O forse era solo un’ottima attrice.                                                                                                          

Nick intanto aveva smesso di ridere e stava cercando di non morire per soffocamento, dandosi forti pacche sul petto mentre tossiva peggio di un vecchio rachitico.

Jon allungò pericolosamente il suo ghigno. Avete presente lo Stregatto?

Ecco. Peggio.

Cercai di non ribattere e di far notare agli altri quanto la cosa mi aveva messo a disagio, così mi avvicinai a Nick, aiutandolo con delle pacche sulle spalle, porgendogli un bicchiere d’acqua.

“Ho rischiato la vita…” mormorò, aggrappandosi al tavolo con forza.

“Questo è la tua punizione divina. Invece di stare a ridere come un deficiente, potevi aiutarmi. Ribattei, annuendo alle mie stesse parole, prima di risedermi composto ed evitando accuratamente lo sguardo di tutti.

L’unico sguardo che ricambiai fu quello di Andy. La sua faccia era un miscuglio di espressioni da: “Lo sapevo cazzo che sarebbe successo!”  e altre cose che probabilmente gli stavano mandando in tilt il cervello.

Così decisi di alzarmi, di prendere il mio cappotto e andarmene con la voce di Jon che mi diceva di restare.

La pizzeria fortunatamente non era molto lontana da casa e cominciai a camminare lentamente, cercando di venire a capo di quella storia.

Trovare almeno una cosa positiva in tutto quel casino.

Okay, era vero, grazie al mio incontro piuttosto ravvicinato con Nick avevo scoperto, anzi capito, quanto una parte di me fosse differente da quella che era sempre stata, secondo tutti, la versione ufficiale del mio essere.

Ovviamente non capivo come mai la gente fosse così interessata alle mie preferenze sessuali. Era una cosa mia, personale, che dovevo affrontare e accettare da solo e direi anche che ero sulla buona strada per comprendere entrambe le cose.

L’unica cosa che non capivo era perché non avevo provato a farlo prima con Brendon? Perché non ho voluto baciarlo quella volta? Perché l’avevo respinto e non avevo tentato di capire cos’era quel tuffo al cuore che la sua vicinanza mi aveva procurato?

Forse era per il semplice fatto che lui era Brendon. Non c’erano diverse spiegazioni.

Lui era il mio Brendon e non volevo che soffrisse.

Ma alla fine, non era servito a nulla.

“Ehi! Ryan!” Nick mi raggiunse di corsa, la giacca infilata a metà e le guance rosse per la corsa.

“Cosa c’è?” chiesi, fermandomi a guardarlo con le braccia conserte.

“Vorrei parlarti.” Iniziò, rabbrividendo di freddo. “e dirti che ho costretto Jon a pagarci la cena.”

Io sbuffai. “E’ assolutamente il minimo che può fare, quel… quel… coso senza senso!” sbottai, facendolo ridacchiare.

“Camminiamo per schiarirci le idee, ti va?” propose e quando io annuii mi prese a braccetto, sorridendo sornione.

Nessuno parlò per diversi minuti, poi fu lui a rompere il giacchio. “Tanto per avvertirti, non cerco nulla da te, se no una scopata ogni tanto.” Iniziò. “non sono qui per chiederti amore eterno o devozione. Anche perché so che non potresti mai donarmeli.

“Come fa ad esserne certo?!” chiesi, girandomi a guardarlo, notando la sua espressione che aveva un non so che di malinconico.

“Perché appartengono a Brendon.”  Ribattè, sorridendomi.

Io mi limitai ad abbassare il capo.

E se è proprio vero il detto: “Chi tace acconsente”, credo proprio che tutto quello che Nick mi aveva detto corrispondeva alla verità.

“Poi vorrei scusarmi con te.” aggiunse, grattandosi il capo con fare imbarazzato. “mi sono comportato malissimo con te. Non avrei dovuto fare… beh quello che ho fatto.  Alzai un sopracciglio nella sua direzione e risi. “ Per fatto, intendi drogarmi con della valeriana spacciandola per del the e approfittarti del mio sedere?!

“Ecco, esatto.” Sbuffò arrossendo e facendomi ridere.

“Tranquillo, sei autorizzato a replicare. Quando vuoi. Però, evita di offrirmi da bere.”

Ci fermammo in una gelateria, a rimpinzarci di gelato nonostante il freddo, poi tornammo sulla via di casa e lo invitai a salire da me.

Ci conoscevamo da un po’, ma non era mai entrato in casa mia, così dopo un veloce giro di stanze, che Nick si fermò ad ammirarle, lo attirai nella mia, che appositamente avevo lasciato per ultima.

La regola di Ryan Ross è di non ripetere mai, ma quella sera (e per molte altre sere dopo) feci un enorme cambiamento alla regola.

 

 

 

Brendon pov

 

Dopo una doccia fredda (mancava l’acqua calda) e un veloce cambio d’abiti ero già pronto e profumato ad aspettare El davanti al tuor bus. Mi tremavano le mani dall’emozione e non mi sentivo così da quella volta che avevo chiesto ad Hayley Williams di uscire.

Vi prego di capirmi, ero piccolo e ingenuo.

E non tornerò sull’argomento.

Ariel arrivò con solo due minuti e mezzo di ritardo, i capelli color miele gli ricadevano morbidi davanti al viso.

“Dov’è che mi porta, Signor Urie?” mi chiese, con le mani dietro la schiena e una maliziosa espressione.

Rimasi in silenzio, pronto a fare un'emerita figura da coglione visto che non avevo pensato minimamente dove portarlo.

“Ehm, al mare?” chiesi, sperando vivamente che in Virginia ci fosse il mare.

“Oh che bella idea! C’è una spiaggia pubblica non lontano da qui!” feci un lungo sospiro di sollievo, che mascherai con un sorriso.

“Già è proprio lì che volevo andare!” esclamai e invece di farlo replicare lo trascinai verso la spiaggia, che veramente era a pochi passi da noi.

Accanto alla stradina ciottolata stava uno stand dedicato alla vendita di schifezze unte e straunte. C’era una piccola folla che aveva assediato il chiosco, tutte che avevano avuto più o meno la stessa idea di farsi una passeggiata in riva al mare.

Ci fermammo a prendere qualcosa e a salutare Will e Gabby…Gabe, che aspettavano il loro turno con le mani intrecciate fra loro.

“Patine e due Red Bull.” Chiesi, mollando in mano al vecchio una banconota da cinque dollari.

Pochi attimi dopo stavamo già passeggiando, in cerca di un posto tranquillo dove sedersi, fu difficile visto che la spiaggia era veramente piena di gente.

Ci sedemmo quasi in riva al mare dopo aver costatato che era l’unico posto dove le voci stonate di alcuni ubriachi non ci distruggevano l’atmosfera con i loro canti sui marinai.

El si tolse se Vans e affondò i piedi nella sabbia fresca, prima di passarmi la busta con le patatine fritte e aprirsi la sua Red Bull. Rimanemmo in silenzio per un po’ di tempo, guardando l’orizzonte buoi e passandoci di volta in volta le patatine.

C’era un silenzio così imbarazzante che avrei preferito alzarmi e unirmi al coro di matti che aveva appena iniziato a cantare “O sole mio” con l’aiuto di un mandolino assolutamente scordato.

“Pete mi ha raccontato un po’ di cose…” iniziò El, prendendo un sorso dalla lattina.

“Che genere di cose?” ribattei, cominciando a disegnare cerchi concentrici sulla sabbia con un bastoncino umido che avevo trovato li affianco.

Lui fece spallucce “Di quanto questo periodo sia difficile per te.” iniziò incerto.

Io annuii senza la forza di replicare.

Non volevo pensare al mio malessere, perché ogni volta che ci pensavo tutto veniva collegato a un solo nome.

Ryan.

“Non dovevo aprire bocca.” Disse El, rammaricandosi. Così scossi il capo e mi avvicinai a lui per fargli capire che non avevo assolutamente intenzione di prendermela con lui.

Lo baciai, forse ci misi troppo impeto, ma lasciò che lo trascinassi sdraiato sulla sabbia, mentre rispondeva al bacio.

Non avevo voglia di pensare a quanto ancora il mio cuore si chiudesse in una morsa ogni volta che veniva pronunciato il suo nome.

Quella notte parlammo molto.

Scoprii di lui un sacco di cose, il fatto che vivesse ad Adelaide e che suonava il piano da quando aveva sei anni, oppure che gli piacevano i film dell’orrore e i tacos. Io non dovetti dire nulla perché a quanto pare sapeva più cose di me di quanto ne sapessi io.

“Ho un buon informatore.” Si giustificò, riferendosi a Pete che gli passava ogni informazione possibile.

Quindi sapeva anche di che colore portavo le mutande?

Non indagai.

Mi piaceva stare con El ed era abbastanza fuori di testa per stare dietro alle mie follie.

Verso le tre di notte decisi che, nonostante non fosse più agosto, ma bensì ottobre inoltrato, dovevo assolutamente fare un bagno nel mare della costa dell’Atlantico.

C’era rimasta veramente poca gente e la maggior parte stava sonnecchiando o era troppo occupata a fare altro.

Ariel mi aveva guardato spogliarmi, ridendo delle mie smorfie di freddo, ma lasciando scorrere troppo spesso il suo sguardo smeraldo sul mio corpo.

Era quella la colpa dei miei brividi.

Sapevo di adorare già quello sguardo, perché veramente non lasciava trasparire nulla.

Insistetti per un po’ perché mi facesse compagnia in quella follia notturna e presto entrambi ci trovammo a correre come dei deficienti verso il mare, stranamente calmo, ma fottutamente freddo.

Fu veramente una stupidata perché non avevamo nemmeno una coperta con cui coprirci e scaldarci quando, stanchi di nuotare e di fare capriole, eravamo usciti dall’acqua.

Tornammo al tour bus dei Panic in tutta fretta, felici di non avere Spencer tra i piedi.

Dallon stava guardando un film alla televisione e Ian era già rintanato nella sua cuccetta a poltrire.

 “Bden se ti vede tuo padre ti uccide.” Esclamò Dall, che ci guardò di traverso appena mettemmo piede sul bus.

“Impossibile che mi veda!” ribattei.

“Io parlavo dell’altro padre…” disse, muovendo la testa, indicando il tuor bus accanto al nostro.

“Ma tu non lo dirai a Pete, vero?” chiesi, ammorbidendo il tono della voce, mentre passavo un accappatoio pulito a El.

Non avevo assolutamente voglia di sorbirmi la paternale di Pete.

“Dipende.” Sussurrò Dallon vago, allargando il ghigno.

Sfarfallargli le ciglia davanti alla faccia non bastò.

Il suo silenzio mi costò dieci dollari, che lui utilizzò per scommettere, insieme a Gabe e gli altri su quanto sarebbe durata la mia relazione con El.

Quando fummo ben asciutti e la salsedine era sparita dai nostri capelli, grazie all’uso geniale di due bottiglie d’acqua naturale, lasciai che entrasse nella mia cuccetta e che si sistemasse come meglio voleva.

Ian stava sproloquiando sulla possibile esistenza degli gnomi e pregai Ariel di non farci caso.

“E’ sempre così?” chiese ridacchiando e accoccolandosi meglio sotto le coperte.

“ Questo è nulla, fidati.” Borbottai, coprendomi fino al mento.

Ariel mi passò un braccio intorno al petto, in modo da poter essere ancora più vicino a lui, e cominciò a baciarmi le labbra, sospirando rilassato.

Lasciai che mi appoggiasse una gamba sul fianco che io percorsi con la mano fino ad arrivare al fondoschiena e lasciare vagare la mano sotto la maglietta.

 Questo fu d’aiuto perché lui si avventò con più decisone su di me, salendomi a cavalcioni con una grinta e una passione che mi fecero sorridere.

Mi levò la maglietta passando le sue mani calde sul petto liscio, mentre il suo sguardo restava incatenato al mio come se fosse ipnotizzato.

Però accadde una cosa, una cosa che fermò ogni mio proposito: El aveva scosso la coperta mandandola sul fondo del letto insieme alle lenzuola.

Le lenzuola di Ryan.                                                                                                                   

Mi irrigidii di colpo, senza togliere gli occhi da quella trama a fiori.

“Brendon?” la voce di Ariel mi riscosse un attimo, ma era troppo tardi perché avevo già lasciato che le lacrime mi cadessero dagli occhi.

Mi passai le mani fra i capelli.

Tutto parlava di Ryan, le lenzuola, le scritte sul muro, la forma del cuscino e io non riuscivo a fare una cosa del genere.

“Scusa.” Borbottai, mentre lui ritornava al mio fianco, tirando su le coperte.

Mi abbracciò stretto e mi baciò la fronte più volte.

Ma non disse più una parola.

 

 

 

Ryan pov

 

Decisi di dare una lunga svolta alla mia vita, quando, una settimana dopo la scoperta di essere bisex, avevo deciso di fregarmene completamente di quello che pensava la gente.

Jon quasi morì collassato e mia madre ebbe un brutto attacco isterico.

Ma poco importava.

Io e Nick portavamo avanti quelle che io chiamavo “una sana relazione di solo sesso”, ma nonostante avessimo deciso di tenere le sconcezze per noi, il nostro continuo cercarci era quasi naturale anche davanti agli altri.

Soprattutto i fotografi.

Non l’avevo fatto apposta, infondo non è la prima cosa che pensi quando esci a fare shopping e successivamente ti ritrovi con tre metri di lingua in gola in mezzo a una strada affollata.

Era successo così, capitato per caso dopo una sua battuta e io per scherzare mi ero avvicinato troppo, fino a baciarlo.

All’inizio fu quasi tremendo per me.

Ricordo di non aver mai passato attimi così carichi di ansia come le ore successive al danno.

Tutti avrebbero scoperto quello che ero, mia madre, Kate, Brendon.

Ecco forse lui mi preoccupava di più.

Ero terrorizzato dall’idea che potesse uccidermi, in preda a una rabbia accecante, ma probabilmente me lo sarei solo meritato.

Insomma l’avevo rifiutato, dicendogli a chiare lettere che quelli come lui mi facevano schifo.

“Se mai lo scoprirà, tu devi essere pronto a dirgli la verità.” Mi diceva Nick. “che lo ami. Non ti ucciderà, stanne certo. Okay, forse ne uscirai un po’ ammaccato, ma fidati che è il minimo.

Nemmeno lui aveva esattamente approvato il mio comportamento.

Mi aveva picchiato anche, chiamandomi “essere schifoso, insensibile!” testuali parole, ma era rimasto lo stesso al mio fianco e forse era quello che non mi spaventava delle polemiche della gente.

Sta di fatto che, il giorno successivo al fattaccio, ogni pagina di giornali gossip erano piene dell’immagine mia e di Nick avviluppati in un lungo bacio.

In seguito passarono dal web alla televisione e allora potei dire che proprio tutti avevano avuto l’opportunità di vedere Ryan Ross scaraventato dall’altra sponda.

Nick e Jon avevano preso ad amministrare il mio telefono, rispondendo alla quantità innumerevole di persone che cercavano spiegazione.

Mia madre e Kate si presentarono direttamente a casa e parlai con loro per ore intere.

E quella fu l’unica cosa importante da fare e ne uscii davvero rincuorato, visto che avevano capito la situazione e parzialmente accettata.

Quella stessa sera, tornato dopo una lunga sezione di prove, il cellulare tornò a squillare.

In un primo momento cercai di evitare lo squillo insistente, poi preso dalla curiosità lessi il nome sul display dell’Iphone.

Sbiancai e persi quasi le forze, tanto da dovermi sedere.

Ma non potevo non rispondere il momento era arrivato.

“Pronto?” cercai di non balbettare, ma proprio non ce la feci.

“Ross, porca di quella merda ma che cazzo combini?”

Pete Wentz stava strillando come un ossesso e sapevo che era molto, molto incazzato.

“Posso spiegarti…” balbettai.

“Ho dovuto mobilitare un sacco di gente per non far ricevere giornali a Brendon, ho fatto tagliare i fili della connessione a internet, ho fatto sparire televisioni!” urlò. “ti rendi conto di quanto tu stia attentando alla felicità di quel povero ragazzo?”

A quel punto, evitai addirittura di rispondere e lo lasciai sfogare.

“ Lo rifiuti, lo mandi in depressione, gli fai credere di essere una merda totale e di non valere niente e poi, cosa fai? Ti scopi il tuo tastierista?! Ma dove l’hai cacciata la coerenza, Ross?” prese un attimo fiato e potei sentire, in quell’attimo di silenzio, la voce di Saporta insultarmi.

“Giuro che se ti becco, ti faccio lo scalpo, ti riduco talmente male che per due anni non potrei dire la parola hippie!”

Alzai gli occhi al cielo stanco. “Pete arriva al punto.”

“Che tu sei una merda.” Ribattè. “ e che Bdon verrà a sentire un tuo concerto la settimana prossima.”

Mi andò di traverso la saliva e cominciai a tossire follemente.

“Sta morendo?” chiese Gabe a Pete. “Spero di no, è compito mio ucciderlo.” Fu la sua risposta.

Per riprendermi ci volle qualche minuto, ma trovai la forza per parlare, con le lacrime agli occhi dallo sforzo.

“Ma oggi è già domenica! E comunque sia perché dovrebbe venire a sentire un MIO concerto?” chiesi, buttandomi a peso morto sul letto.

“L’ha promesso al suo nuovo ragazzo!” rispose la voce di Gabe. “ che tra parentesi è il cugino di Pete.”

Rimasi per un attimo spiazzato.

Beh, cosa credevo? Che non aveva avuto la forza di rifarsi una vita perché stava ancora sognando quella passata?

Egoisticamente avrei voluto che fosse così.

“Ti pregerei, anzi no ti ordino di non fare casini. Non peggiorare la situazione, perché lui ti ama ancora.

Mi esplose il cuore, in quel momento e sorrisi. “Togliti quel ghigno dalla faccia, Ross perché non è una cosa positiva il fatto che sia ancora innamorato di te.” aggiunse Pete, facendomi sospirare. Come aveva capito che stavo sorridendo, rimase un grande mistero, ma forse era per il semplice fatto che ero una persona piuttosto prevedibile.

“Va bene, starò buono.”  Acconsentii.

“Ottimo. Buon proseguimento di sera, coglione.”

E riattaccò.

Rimasi solo con i miei pensieri tutta la notte, senza riuscire a dormire.

L’idea che lui ancora mi amasse mi aveva reso così felice, ma allo stesso modo così triste che non sapevo che emozione provare prima.

Ero uno stupido, avrei voluto uccidermi da solo per le cazzate commesse.

E solo sapere che quel cuore che tanto professava d’amarmi stava diventando di un altro mi fece rendere conto che, amare Brendon Urie, da quel momento in poi, sarebbe stata un’impresa dolorosa.

 

 

Fine secondo capitolo

 

 

 

 

 

Eccoci al secondo capitoloooooooooooooooooo

Ringrazio Annìì, Jee, e Bro(Miky) per aver recensito!!! Veramente grazie ragazze!

L’altra volta mi sono dimenticata di fare anche un piccolo ringraziamento a Miky( Heven Elphas) per avermi suggerito il titolo di questa long <3

A domenica prossima con il capitolo tre xD

Grè.

 

 

 

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover / Vai alla pagina dell'autore: ElfoMikey