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Autore: Arthemisia    07/12/2010    4 recensioni
Terza e probabilmente ultima shot della serie.
Possiamo considerarla un AU all'AU, sì, diciamo così.
Anche Peter, come Aria, è distrutto dalla lontananza. Non è più vivo, lui sopravvive al mondo poiché "costretto" dalla sua famiglia.
Niente sembra riportarlo alla luce, anzi, ogni giorno qualcosa lo fa sprofondare anche di più.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Peter Pevensie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Peter & Aria - Non sempre esiste il lieto fine'
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Per cosa vivevi, Peter

Okay, forse ci ho preso gusto. Ma solo un pochino.

Dovete sapere, sempre se mai qualcuno leggerà questa pazzia, che sono un tipo molto romantico e non amo particolarmente i finali drammatici.

In poche parole, la fine che avevo dato alla mia shot, mi aveva lasciata con l’amaro in bocca. Ovviamente ci terrei a precisare che quella resta comunque la versione ufficiale.

Aria è morta e tanta pace all’universo.

Questa è un po’ un AU dell’AU. Sì, possiamo dire così.

Spero non la reputerete sciocca o infantile, lo spero tanto.

Beh, a presto!

A.

 

 

Together.

 

Per cosa vivevi, Peter? Che motivo avevi di restare al mondo? In quel mondo o in quell’altro?

Non avevi più nulla, in nessuno dei due. Avevi sperato, quand’eri tornato lì, a casa tua, a Narnia. Ma la speranza non era stata esaudita. Ti eri ritrovato in quello che era stato il tuo regno e che non riuscivi a riconoscere.

Avevi visto le rovine del tuo, del vostro castello. Ti eri sentito male.

Cos’era successo? Dov’era lei? Quanto tempo era passato?

E poi la rivelazione, arrivata come una doccia fredda in una giornata invernale.

“Catapulte, questa non è l’usura del tempo. Cair Paravel è stata attaccata”

Attaccata, da chissà quanti secoli. E lei? Cosa le era successo? Come aveva potuto permettere una cosa del genere?

La vera rivelazione era arrivata poco dopo, però, quando avevi realmente compreso la cattiveria che il tempo aveva mosso contro di te, di voi.

Lei era morta, come tutta la vostra Narnia. Non c’era più. Tutto quello che poteva restare di lei giaceva sepolto in chissà quale anfratto della terra, dimenticato anche dai suoi amici alberi.

Non restava nulla dei suoi capelli color dell’oro, dei suoi occhi di pervinca e fiordaliso. Non ti restava che il ricordo della sua risata ed il vago sentore dei suoi baci sulle labbra. Ti sentisti morire, trovandoti davanti alla sua statua, nella sala del tesoro. Era bellissima, ma non quanto lei.

Il marmo pregiato non poteva rendere il guizzo intelligente del suo sguardo o il dolce rossore delle sue guance quando eravate da soli, a parlare del vostro futuro davanti al grande camino della vostra stanza.

Ti aveva confessato di voler chiamare vostro figlio James, come tuo padre, ed Alan, in onore del grande e vero sovrano di Narnia. Le avevi risposto che prima avrebbero dovuto provvedere a metterlo al mondo.

Aslan, che non aveva fatto nulla per farti tornare indietro, da lei. Tu non volevi attraversare quell’armadio, non volevi andare via da lei. Avresti preferito morire.

L’euforia della scoperta, del ritorno a Londra, era durata pochi minuti. Quella sera stessa avevi cercato il tutti i modi di tornare, attraverso l’armadio.

Avevi raschiato con le unghie il fondo di legno, fino a riempirti le mani di sangue. Ma nessun dolore era paragonabile a quello che il tuo cuore provava. Il tuo cuore, fra le candide mani della tua sposa. Il professor Kirke ti aveva rassicurato, dopo che gli avevi raccontato tutta la tua storia ed i tuoi timori.

“Il grande Aslan non permetterà di porre fine a tutto, Peter”

Ma era successo. Al tuo ritorno lei non c’era.

Avevi sperato di riabbracciarla con tutte le tue forze, di dire quanto potesse essere forte ed immutabile il tuo amore. Le avresti chiesto immediatamente di andare via, da soli, nella vostra piccola casetta nascosta nel bosco. L’avevi fatta costruire per avere un po’ di tranquillità dalla frenesia della corte. Avreste potuto lavorare per mettere al mondo il piccolo James Alan.

E poi era arrivata l’altra doccia fredda, a far crollare ulteriormente il tuo cuore.

Trumpkin non voleva rivelarti la verità, avresti dovuto ascoltarlo, invece di insistere.

“Brutta storia quella della regina Aria, una di quelle che speri non ti tocchino mai”

E già con quelle poche parole, il tuo cuore aveva raddoppiato i suoi sforzi. Cos’era mai potuto succedere?

“Il giorno della vostra scomparsa, Sua Altezza aveva chiamato il medico di corte a causa dei suoi continui malori. La regina era in dolce attesa e non vedeva l’ora di rivelarlo a tutti voi”

La tua Aria aspettava un bambino. Il vostro bambino. Una creatura piccola e delicata, tutta vostra. Un principino dai capelli color dell’oro e gli occhi di pervinca. Una principessa dai capelli come il sole splendente e gli occhi color del cielo. Tu non l’avresti mai visto, il tuo bambino.

Ma non era stato quello, il vero male.

“Sua Altezza, dopo la vostra scomparsa, era caduta in una forte depressione. Solo il suo bambino l’aiutava a proseguire. Un giorno, però, a causa di una caduta tragica, anche lui l’abbandonò del tutto, lasciandola sprofondare nell’agonia fino alla morte”

Lo avevi guardato per un solo secondo, prima di chiuderti nel tuo mutismo. Avevi deciso di porre fine a tutto, chiudendo i tuoi sentimenti in un piccolo angolo di cuore. Eri caduto in un pozzo profondo e da lì non saresti più emerso.

Tornato a Londra, l’avevi sognata. No, avevi avuto un incubo. Uno ogni notte. Lei, raggiante, i lunghi capelli liberi sulla schiena ed un sorriso gioioso. Era seduta sulla sedia a dondolo della vostra camera e teneva fra le braccia un fagottino. Un inizio meraviglioso, se dopo il fagottino non fosse diventato incandescente e lei, la tua unica ragione di sopravvivenza, si fosse tramutata in un cadavere putrefatto, che sbraitava maledizioni contro di te.

Sapevi, nel tuo profondo, di essere il vero colpevole per la sua morte. Se tu non fossi tornato a Londra, sarebbe andato tutto bene. Non potevi perdonarti, lo sapevi bene.

La rivedevi sempre, la tua Aria, per questo motivo evitavi ogni pervinca ed ogni fiordaliso come se fossero portatori di morte. Infondo lo erano, per te. Ricordandoti la tua amata, loro portavano alla tua dolorosa morte.

Ce l’avevi fatta a sopravvivere, fino a quel giorno. Quel giorno in cui tua madre, senza troppi complimenti, ti aveva mandato dal fioraio a prendere un bouquet per tua sorella Susan, che avrebbe compiuto diciotto anni.

Ti eri rifiutato, appellandoti al buon cuore ed alla conoscenza della tua cara sorella. Speravi che lei comprendesse il tuo stato d’animo e decidesse di rinunciare.

Ma Susan era cambiata. Era diventata una schiava di quel mondo orribile. Schiava della bellezza e delle impure tentazioni. Non ricordava nulla di Narnia o del tuo dolore.

Lucy ci aveva provato, ed anche Edmund. Ma non aveva funzionato.

Eri stato costretto a soffrire.

Ogni passo verso il magazzino poco lontano dal parco era come una pugnalata al cuore. Sapevi che avresti visto quei fiori, sarebbe stato ridicolo il contrario. E con loro avresti rivisto lei, la tua fonte di angoscia.

Ti sentisti morire, notando che la maggior parte dei fiori presenti, fossero pervinche e fiordalisi. Era il destino che ti andava contro? Era il tuo destino, soffrire la minima parte di quello che aveva passato la tua sposa, abbandonata a Narnia?

« Cosa posso fare per lei? » ti aveva domandato la giovane voce della commessa, alle tue spalle. Non ti eri curato di voltarti per porre conferma al dubbio atroce che ti aveva assalito. Non era possibile che fosse reale. Il tuo subconscio ti stava tradendo, nuovamente.

« Si sente bene? » ancora quella voce. Era insopportabile, un vero danno per la tua mente già distrutta. Odiasti quella donna, senza neppure conoscerla.

« Posso fare qualcosa per lei? Forse… » improvvisamente non ce la facesti più, ti infuriasti come mai in vita tua avevi fatto.

« Basta! Zitta! » urlasti, iracondo, voltandoti improvvisamente verso la donna e restandone folgorato.

Era molto bella, non si poteva discutere, ma quello che ti colpì furono i suoi occhi.

Pervinca con sfumature di fiordaliso.

Erano sgranati dalla sorpresa o, forse, dallo spavento. Poi divennero iracondi e sdegnati, scurendosi leggermente.

Quel cambiamento non ti sorprese, perché troppo familiare.

« Ma come si permette! Lei è un maleducato, lo sa? Oh, non solo io mi preoccupo per la sua salute, lei si permette anche di urlarmi contro! Questo è un atto molto meschi… » non le lasciasti finire la frase, troppo emozionato e stordito per ragionare razionalmente e renderti conto che forse quello era solo un ulteriore segno della tua pazzia, che forse stavi baciando una perfetta sconosciuta. Ma non riuscisti a farne a meno, troppo estasiato per fare qualsiasi altra cosa. Era un bacio dolce e coinvolgente, come quello che vi eravate scambiati per la prima volta nella serra del castello.

Lei si staccò dopo poco, troppo poco per i tuoi gusti, e ti schiaffeggiò, oltraggiata.

Come la prima volta.

Ed in un attimo in quegli occhi tanto amati, ti sembrò di rivedere una scintilla familiare, la stessa scintilla che ti aveva fatto impazzire.

L’osservasti sgranare gli occhioni chiari e portarsi le mani sulla bocca per non urlare. Osservasti le lacrime scenderle silenziose sulle guance pallide ed il corpo esile tramare.

« Peter » il suo fu solo un sussurro, che ridiede vita al tuo cuore a pezzi. Era lei, non eri impazzito.

« Aria, amore mio » fu la tua pronta risposta, prima che le tue labbra si ritrovassero troppo impegnate in ben altre azioni, molto più piacevoli.

Ah, quanto ti era mancato il sapore dei suoi baci! Quanto ti era mancato stringerla fra le tue braccia!

« C-Credevo… c-credevo che n-non ti avrei più v-visto » sussurrò, staccandosi ed appoggiando il capo sul tuo forte petto, che già tante volte l’aveva accolta.

« Amore mio… non ti lascerò mai, mai più » mormorasti in risposta, stringendola ancora più forte.

Anche tu piangevi, senza ritegno. Non ti importava di essere malgiudicato dai passanti, che ti vedevano come un giovane uomo troppo debole. La tua Aria conosceva il tuo valore, e tanto bastava.

« Ero morta, lo sapevo » affermò, singhiozzante, guardandoti negli occhi, ancora scossa da forti tremiti. Era incredula, anche più di te.

« Anche io lo ero, credimi » dicesti, sorridendo nel modo più gioioso di cui eri capace, senza riuscire a trattenerti dallo stringerla ancora a te. Quanto avevi agognato quel contatto, negli ultimi tre anni? Tanto, forse troppo. Forse non eri impazzito perché dentro di te sapevi che prima o poi sareste tornati insieme.

« Io… Peter, Aslan mi ha fatta rinascere qui… io mi ricordo tutto della mia vita a Narnia… però prima che io nascessi qui. Ricordo anche meglio della mia nuova infanzia. Certo, non credo che dimenticherò mai il bambino ma… oh! » ti guardò, chiudendosi improvvisamente le mani sulla bocca, per impedirsi di parlare. Credeva che tu non sapessi il destino funesto che era toccato a voi ed al vostro erede. Ma tu sapevi, sfortunatamente.

« Non preoccuparti, amore mio, so tutto, anche se vorrei dimenticare » la rassicurasti, tristemente, senza guardarla negli occhi. Se ci avessi trovato disprezzo? Cosa avresti fatto? Di certo non avresti lasciato che lei ti abbandonasse, non più. A costo di seguirla di nascosto.

« Peter, guardami » ti costrinse ad abbassare lo sguardo ed incontrare il suo, straordinariamente intenso e calmo « non sono arrabbiata con te, sappilo »

« Ma come… » iniziasti, confuso, lasciandoti plasmare come creta fusa dai suoi occhi.

« Ti conosco bene, Peter Pevensie e so cosa passa nella tua testolina bionda » ridacchiò, per poi tornare immediatamente seria « quello che è successo a noi ed al… al bambino, è stato qualcosa di imprevedibile ed inevitabile. Se non fosse successo nulla, se io non lo avessi perso e non fossi morta, forse adesso non saremmo qui, insieme »

La guardasti, aveva gli occhi lucidi e la voce tremula. Però trasmetteva forza e sicurezza da ogni poro della sua pelle. Era così la tua Aria e tu dovevi tornare ad essere il suo Peter.

Non un ragazzino spaurito.

Non un uomo morto dentro.

Tu eri Re Peter, il Magnifico, a prescindere dal luogo. E lei era la Regina Aria, l’Incrollabile.

“Quando si è re o regine di Narnia, si è sempre re o regine”

Quella che stavate per iniziare non era altro che una nuova ed emozionante avventura. Al posto di cavalieri e creature fantastiche, c’erano militari ed automobili.

Non era altro che una nuova avventura. Un’avventura da cominciare insieme.

« Sì, insieme. Questa volta per sempre » affermasti, felice come non mai, chinandoti per baciarla nuovamente. Era una droga, per te.

« Credo che dovremmo risposarci, però. Anche se per noi non è cambiato nulla, dovremmo dare qualche spiegazione alla burocrazia ed alle nostre famiglie » ragionasti, guardandola come a farle sott’intendere la proposta.

« Mi stai chiedendo di sposarti? » rise lei, infatti, guardandoti con un gran sorriso.

« Regina Aria, l’Incrollabile, Regina Suprema delle Regine di Narnia e sovrana indiscussa del mio cuore, sareste disposta a concedermi l’onore di diventare mia moglie? » chiedesti con lo stesso sorriso esibito nella prima proposta. Sembrava di essere tornati a quel giorno. Certo, senza gli abiti sfarzosi, il castello e gli invitati.

« Certamente » ti rispose, gettandosi ad abbracciarti, emozionata. In un momento, però, un dubbio ti colse.

« Aria, qual è il tuo cognome? »

   
 
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