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Autore: ArgentoVivo97    07/12/2010    11 recensioni
Non dovrò chiedere scusa.
Non dovrò.
Moriranno prima che io possa farlo.
O forse, morirò io dopo averlo fatto.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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I Won't Have To Apologize

 

 

 

 

 

La notte era buia e silenziosa.

Nel silenzio, sembrò assordante il rumore prodotto dalle zampe di un gatto che, saltando da un bidone, attraversò di corsa la strada, spaventato.

Spaventato dalle tre figure incappucciate che emersero dal buio del vicolo secondario dove era poco prima.

Percorsero velocemente lo spazio che li separava dalla fontana al centro della piazza. Da lì, le tre figure sembrarono guardare una ad una le case che si stagliavano nel freddo oblio di un autunno che dava l'impressione di non voler lasciar spazio al suo gelato successore.

La figura più alta, voltandosi verso le altre due, indicò con una mano una delle poche finestre illuminate. Dietro la coltre spessa delle tende, si vide sbiadita l’immagine di qualcuno con in braccio un bambino.

La seconda persona esitò quando, con un gesto teatrale del braccio, la prima lo invitò a seguirlo. L’ultima rimasta, senza esitazione, si accodò ai due.

Quando furono vicini alla porta d’ingresso della casa designata, qualcosa di lungo e scuro venne estratto dal mantello nero dell’uomo che precedeva tutti. Un lampo di luce bianca, e la porta si aprì.

Quando le tre persone furono entrate, il gatto tornò pigramente al suo bidone, gli occhi gialli scintillanti. Di nuovo padrone del suo regno.

 

***

 

“Sarà la cosa più veloce ed indolore che tu abbia mai fatto…”.

Le sue parole mi rimbombano in testa. Sembrano picchiare contro la fronte, premere contro le tempie, come se lo spazio nella mia mente fosse troppo stretto per loro. E loro troppo grandi per me.

Saliamo le scale senza fare il minimo rumore, come se farlo potrebbe salvarli da quello che sta per succedere. Non lo vogliamo. Non lo vuole.

Di nuovo luce bianca. Un’altra porta, l’ultima a separarci dallo scopo di quella visita nel cuore della notte, si apre.

Arrivano subito, prepotenti alle mie orecchie, le risate di una bambina.

Allora comincio. Mentalmente, penso al mantra che mi sono preparato. Prima, però, rido sprezzante, dentro di me. Come se potesse cambiare le cose.

Quando la vedo, la bambina le cui risate mi stanno uccidendo, capisco che è necessario.

Non dovrò chiedere scusa.

Non dovrò.

Moriranno prima che io possa farlo.

O forse, morirò io dopo averlo fatto.

Sono un uomo, una donna e una ragazzina, che stanno prendendo una cioccolata calda davanti al caminetto. È quello che fanno molti, in queste notti d’autunno.

‹‹Prendi la ragazzina…›› mi sento ordinare.

Vedo l’uomo sgranare gli occhi, quando ci scorge, in piedi, davanti all’ingresso. Immediatamente si alza. La moglie, spaventata, lancia un grido. La ragazzina s’immobilizza sulla sedia. La tazza scivola tra le sue mani. S’infrange a terra, con un suono macabro ma piuttosto fievole. Oppure, sono io che non l’ho sentito.

‹‹Mamma? Mamma?››.

Un richiamo, dolce, risuona tra le pareti. Lui ride, beffardo.

La donna, al sentire la voce di una bambina provenire dal piano di sopra, fa per aprire bocca. Una risposta a quel grido le viene smorzata sul nascere. Un lampo di luce verde, veloce.

Una risata malefica suona da qualche parte dietro di me.

Dalle mie spalle, parte più rapidamente. Arriva all’uomo, che come ultimo gesto guarda la sua bambina. È finito tutto prima che io o chiunque in questa stanza possa accorgersene.

Poi, un comando. ‹‹Fallo, ti ho detto!››.

E, come tirato dai fili di un burattinaio assassino, il mio braccio si alza. Con lui la mia bacchetta.

Con lui, un grido.

‹‹Avada Kedavra!››.

Ho tempo di pensare molte cose, prima che quella luce verde possa raggiungerla.

A prima vista, ha undici anni.

A undici anni, tu hai ricevuto la lettera per Hogwarts.

A undici anni, hai conosciuto Lily.

A undici anni, hai scoperto il tuo posto nel mondo.

Quest’ultimo pensiero arriva troppo in fretta perché il mio cervello possa elaborarlo. Questa bambina  non lo scoprirà mai.

 

 

Non è finita.

Sono passati pochi secondi da quando sua sorella è stata colpita dal mio incantesimo. Forse ore. Ma, ora che ci penso, che importa?

‹‹Mamma! Mamma, rispondi!››.

Non riceverà mai una risposta. Mai. Nessuno le risponderà mai ‹‹Sono qui››.

Non c’è più nessuno. Solo io, Bellatrix e Voldemort.

Appare sulle scale che portano al piano di sopra. Le scende troppo velocemente, per quello che sta per vedere.

Ha i capelli castani. È piccola. In lei riconosco la sagoma della bambina dietro la tenda, la voce che la madre ha sentito prima di morire.

Quando ci vede, sgrana i suoi enormi occhi verdi. Così verdi. Lily.

Ha una vestaglietta rosa e delle graziose pantofoline verdi. Il disegno di un cucciolo mi sorride, ignaro di tutto.

E qualcosa mi spinge a cambiare incantesimo. Proprio nell’attimo in cui scorge sorella, mamma e papà dietro di me, le punto contro la bacchetta.

È come paralizzata dalla paura. Ha lo sguardo smarrito, le tremano le labbra. Vedo le lacrime, o comunque qualcosa che annunci quelle perle salate, spuntare nei suoi occhi.

‹‹Obliv…›› faccio per dire. Cancellerò dalla sua memoria il ricordo di quella notte, i corpi della famiglia, questi due signori e la donna che si sono macchiati della strage.

‹‹No, Severus…››. La sua mano, pallida, si posa sulla mia bacchetta. ‹‹Non pensi che sarebbe più…doloroso, per lei, vivere su questa terra senza di loro?›› e indica i corpi sul tappeto.

Proprio lui parla di dolore. Lui, che non l’ha letto negli occhi di quella bambina ma ha contribuito a farlo nascere. Però, sono costretto.

E, nell’attimo in cui decido di obbedirgli, il mio mantra cambia del tutto significato.

Dovrò chiedere scusa.

Dovrò.

Morirà dopo che io l’avrò fatto.

O forse, morirò io per averlo fatto.

Voglio avere un bel ricordo di questa bambina. Quindi, mentre si vede puntare di nuovo la bacchetta contro, le sorrido, un sorriso mesto e assolutamente innaturale, ora. E le sussurro ‹‹Scusa…››.

L’ultima cosa che fa è ricambiare, debole, quella specie di incoraggiamento. Prima che Lui possa accorgersene e comprendere che il primo a farlo sono stato io, lo dico.

‹‹Avada Kedavra!››.

E tutto intorno a me diventa buio, quando vedo la luce negli occhi della bambina spegnersi per sempre.

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ehilà, gente! Ormai rompo così spesso che non vi faccio più la solita tiritera sulla storia che, stranamente, mi piace, sugli errori di battitura da farmi perdonare, su come è nata l’idea… Oggi no.

 

Però, qualche chiarimento sul suicidio letterario che avete appena letto.

Allora… Qui abbiamo un Severus Piton diciottenne, agli inizi della sua ‘carriera’ da Mangiamorte… Dato che Piton rimane uno dei miei personaggi preferiti, l’ho reso più…diciamo dolce, per quanto la dolcezza si possa attribuire ad un Mangiamorte al suo primo assassinio.

Non prendetela come una cosa macabra! Non volevo assolutamente la morte delle due bambine, ma semplicemente sottolineare quanto Sev sia in fondo tanto buono…

 

La storia non sarebbe dovuta finire così, con la morte della bimba, ma arrivata a questo punto, non me la sono più sentita di continuare. Spero non me ne vogliate a male! ^^

 

Sono ovviamente benvenute le recensioni, positive e negative: se avete qualcosa da dirmi sulla storia, sono a vostra disposizione per sentirvi! :D

 

Detto ciò, me ne vado.

Un Bacio

 

 

 

 

 

ArgentoVivo97

 

 

  
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