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Autore: suni    08/12/2010    11 recensioni
“Ti va se metto su il tè?” propose Remus, cercando se non altro di dimostrarsi effettivamente sveglio.
Sirius non spostò neppure gli occhi.
“Earl Grey,” precisò distrattamente.
“Sì, Milord,” confermò Remus con un sorriso canzonatorio. Certi ceffi la boria l'avevano proprio nei geni, ne dedusse. “Immagino che un altro tipo di tè disdegnerebbe il tuo stomaco abituato alle migliori raffinatezze,” aggiunse alzandosi.
“L'hai detto, Moony.”
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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sirem
Nella vita, penso in quella di tutti, ci sono notti che si possono definire solo come strane senza riuscire a scendere più nel dettaglio. Notti catartiche, fatte di eventi e parole che non potrebbero esistere alla luce del vivo giorno. Notti rigorosamente in bianco, almeno in parte, fatte di torpori e sbalzi vividi che restano intangibili in qualche modo, come stralci di sogni.
Ne ho già vissuta anche io qualcuna. Certe sono bellissime, certe tremende, comunque sempre intensissime. Spero, con questa mia, di riuscire a restituire un po' dell'atmosfera e delle sensazioni di quelle notti.
Ci si può vedere il legame che si vuole, in questa fic. Volutamente, non è chiarito e non m'interessa che lo sia. Non è questo il punto.
Buona lettura.



Una notte


Mi dispiace.”
Remus sollevò lo sguardo dalla pergamena di scatto, quasi sussultando. Si voltò verso la soglia spiazzato, le labbra semiaperte e gli occhi un po' spalancati.
Sirius se ne stava appoggiato allo stipite, sagoma esangue e filiforme in controluce. Grazie a Godric aveva finito per lasciarsi convincere a fare una doccia, dopo il lungo racconto a fiume su quanto accaduto nell'ultima prova del Torneo Tremaghi che gli aveva propinato senza nemmeno sedersi, appena entrato in casa – o meglio, appena precipitatosi in casa abbaiando a tutta birra.
Per la verità, Remus non aveva capito tutto quanto di quel concitato monologo, e non solo perché oggettivamente gli mancavano alcune conoscenze pregresse su quanto avvenuto ad Hogwarts nell'ultimo anno: Sirius parlava a una velocità pazzesca, mangiandosi le parole e saltando da un punto all'altro della narrazione come un poltergeist impazzito, perdendosi talvolta in divagazioni confuse e farfugliamenti incomprensibili. Lui non aveva potuto far altro che ascoltare in silenzio quella valanga inarrestabile, incapace di intervenire, di interromperlo o anche solo di sedersi almeno lui. Il suo unico riflesso era stato chiudere la porta d'ingresso, tanto perché qualche passante ficcanaso non avesse l'idea di chiedersi chi fosse che pontificava a quel modo nel suo ingresso e andasse quindi ad allertare Scotland Yard o il Ministero della Magia una volta riconosciuto il suo scomodo ospite.
Aveva già ricevuto da Sirius un biglietto sui fatti accaduti, che gli annunciava tra l'altro la sua venuta imminente, ma in quello scritto non era stato preciso e dettagliato quanto narrandoli personalmente. E il pensiero angosciante dei rischi corsi da Harry, insieme a quelli che ancora doveva correre, aveva lasciato per qualche momento Remus intorpidito, quasi trasognato. In tale stato, si era soffermato ad osservare l'animagus dapprima in una sorta di trance meditabonda, poi realizzando poco a poco lo stato pietoso della sua persona: una veste che pareva uno straccio, capelli come filo spinato, barba incolta e fango persino sulle guance.
Fatti una doccia,” erano state le parole sgorgate istintive dalle sue labbra.
Sirius aveva sbattuto rapidamente gli occhi inquieti un paio di volte.
Eh?”
Remus aveva scosso piano la testa, ritrovando un barlume di logica.
Ti puoi riposare, fare una doccia. Sembri averne bisogno,” aveva ribadito, pacato e ragionevole.
Lupin, hai sentito quello che ti ho detto?” aveva ribattuto Sirius, animoso.
Lui aveva sospirato piano.
Appunto. Dammi il tempo di digerire le cose. Vai a farti una doccia, io intanto ragiono un attimo e ti preparo qualcosa da mangiare,” aveva insistito meccanicamente lui. Tutt'a un tratto gli era sembrato importante, continuare quella conversazione davanti a una persona che sembrasse tale e non somigliasse più che altro a un Inferius.
Una doc...” aveva ringhiato Sirius irritato. “Ma chissenefrega. E non ho fame. Ma ti rendi conto che...?”
Sirius.” L'aveva interrotto, grave. “Sono le otto di sera. Abbiamo almeno dodici ore di tempo davanti a noi prima di dover fare qualunque cosa di utile. E tu devi, devi assolutamente prendere fiato. E io devo pensare un attimo a questa storia, quindi fammi il favore di...”
Ma Harry potr...!”
Harry è vivo e vegeto, e certo non grazie a te. O a me.”
La sua voce era suonata secca e aggressiva alle sue stesse orecchie, e aveva ammutolito Sirius di botto. Per una decina di secondi c'era stato un silenzio glaciale nella stanza, poi Sirius aveva sbuffato malevolo.
Bene. Ok, la doccia. È capitale,” aveva commentato tetro, voltandosi per imboccare le scale.
Intendo dire...”
Sì, ho capito cosa intendi dire.”
No, che non hai capito, Sirius.”
L'altro già stava iniziando a salire le scale, senza più voltarsi.
Adesso sei al sicuro, qui, come lo è Harry a casa sua. Questo volevo dire.”
Dove sta il bagno?”
Remus aveva sospirato, rassegnato.
In fondo a destra. Asciugamani puliti nell'armadio a muro,” aveva risposto, forzandosi ad avere un tono disponibile.
Poi aveva sentito la porta chiudersi, e poco dopo l'acqua che iniziava a scorrere. Era rimasto fermo per qualche istante ancora, quindi aveva preso un lungo respiro. Un secondo. E un terzo.
Harry se l'era vista davvero brutta, aveva vissuto qualcosa di tremendo e devastante, e Sirius Black stava nel bagno di casa sua a fare la doccia.
Tutto ok,” aveva mormorato tra sé, girando a casaccio intorno al tavolo. “Tutto peeerfettamente a posto, Lupin.”
Poi aveva acceso il fuoco sotto la pentola di gulasch avanzato a cena, si era seduto allo scrittoio e aveva preso un foglio. Lo faceva sempre, quando doveva cogitare su qualcosa d'importante. Sin dai tempi della scuola, il suo metodo per riflettere era sempre stato prendere appunti di modo da organizzare strutturalmente il filo dei pensieri.
Ed era appunto immerso in quella salutare attività al risuonare della voce di Sirius.
Scusami,” diceva.
A guardarlo lì sulla soglia, pulito e sbarbato, Remus ebbe il dubbio che la sua idea dopotutto non fosse stata molto buona: con i capelli puliti, il viso libero e addosso una veste che doveva aver preso nel suo armadio, Sirius somigliava un po' di più a Sirius Black, quello che conosceva lui. Ma al tempo stesso era così radicalmente diverso che quasi faceva male ai polmoni.
Stava meglio dell'ultima volta che l'aveva visto ma era lo stesso scavato in faccia, pallido come i morti, tutto ossa e nervi: persino la veste gli cadeva addosso come ad un ragazzino che prende per scherzo gli abiti dei genitori; eppure Padfoot era sempre stato più alto e più massiccio di lui, spalle larghe e schiena dritta.
Poteva pesare cinquantacinque chili, forse. O forse no. Forse era solo che sembrava tanto più esile che da ragazzo.
Come?” chiese atono.
Per un attimo si sentì sprofondare nel terrore. In quattordici anni si erano visti un'unica volta, nella Stamberga l'anno prima. Non si erano pressoché parlati. Ora Sirius era entrato in casa sua da meno di mezz'ora e lui non si sentiva affatto preparato ad affrontare l'argomento della spia, del Fidelius e di quello che era successo a James e Lily. In un certo senso non aspettava altro dal 1981, ma così gli sembrava un po' affrettato, per quanto paresse un controsenso.
Sirius scosse piano la testa, mesto.
Il tuo lavoro. L'hai perso per colpa mia.”
Remus lo guardò ancora senza capire, incerto.
Che... Ad Hogwarts, vuoi dire?” ipotizzò stupefatto, sporgendo appena il capo in avanti.
Sirius annuì serio.
Professore di Difesa,” precisò, con un lieve incurvarsi delle labbra. “Il mestiere fatto apposta per te. Mi dispiace, Remus.”
Sembrava seriamente mortificato e a Remus tutto parve così surreale che l'unica cosa che gli riuscì di fare fu scoppiare freneticamente a ridere. Il posto ad Hogwarts. Come se fosse quella la cosa importante, dopo tutto quello che era successo. Era veramente assurdo.
Remus?” azzardò Sirius esitante, non capendo la sua ilarità improvvisa.
Il licantropo cercò di smettere di ridere, trattenendo il fiato per qualche secondo. Ma appena lo ebbe rilasciato, esplose in un accesso di risa ancor più violento. Non riusciva proprio a fermarsi.
Ah... Remus, ti...stai bene?”
Un cadavere ambulante sopravvissuto a dodici anni di Dementors si preoccupava della sua salute, sicuramente quella mentale. Era ancora più comico, e la sua crisi di riso isterico s'impennò ulteriormente. Cercò di fare segno che non era nulla, ma il viso cinereo dell'altro non sembrava trasmettere molta convinzione in merito.
Remus era una persona calma e controllata, Sirius lo sapeva e se lo ricordava ancora perfettamente, nonostante tutto. Tuttavia era consapevole anche del fatto che tutta quella calma e quell'autocontrollo si traducevano talvolta in esplosioni improvvise. Come quando l'aveva preso a schiaffoni al suo primo scherzo a Snape dopo la volta della Stamberga.
Perciò, e anche perché oggettivamente era sfinito, Sirius rimase zitto e non fece niente. Aspettò soltanto che le risate si calmassero e che Remus recuperasse un minimo di calma e un po' di fiato.
F...fa niente, Sirius,” commentò infine il licantropo, ancora ridacchiando. “Non è grave.”
Perché ti fa ridere?”
La domanda scatenò una sua nuova, breve risata, poi Remus scosse vigorosamente la testa.
Ma che...! Era solo un lavoro! É tutto il resto che...”
S'interruppe con un sospiro. Tutt'a un tratto ogni ombra di divertimento era sparita dal suo viso, lasciando il posto a una altrettanto subitanea amarezza.
Un nuovo silenzio, greve.
Ma quella cena..?” mormorò Sirius, cupo.
Remus annuì ripetutamente, alzandosi.
Ti ho scaldato questo,” annunciò, avvicinandosi al fornello su cui sobbolliva la pentola. “Non è un granché ma...”
Dietro di lui, Sirius sospirò profondamente, prima di mormorare impercettibilmente qualche parola, con appena un filo di voce.
Mi dispiace anche per tutto il resto.”
Remus s'irrigidì perdendo un respiro e impiattò il gulash come se non l'avesse sentito, prima di girarsi e poggiare il piatto in tavola. Sperava che almeno non gli tremassero le mani.
Tieni... Un cucchiaio,” aggiunse, aprendo il cassetto delle posate.
Sirius si sedette in silenzio, prendendo voracemente a mangiare. Sembrava non lo facesse da settimane, tant'era la foga.
Remus si accomodò di fronte a lui, esitando per qualche istante.
Una volta, attaccavano a parlare appena si trovavano nella stessa stanza. Lo facevano naturalmente, senza stare a pensarci su. Era nella norma, rientrava nell'ordine delle cose. In quel momento, invece, gli costò uno sforzo immenso socchiudere le labbra e tirar fuori la voce,
Ricominciamo dal principio. Questa storia della Passaporta al Torneo...”
Sirius sollevò la testa dal piatto in cui l'aveva quasi immersa e riprese a raccontare.
Passarono quasi due ore prima che avessero sviscerato tutti gli snodi della vicenda, e altrettante perché analizzassero le conseguenze, le implicazioni e una primitiva panoramica delle possibili misure che potevano essere adottate da Dumbledore. C'erano ancora qualche milione di cose da dire – la rinascita dell'Order, quale potesse essere il loro ruolo – ma la testa di Sirius ciondolava e i suoi occhi faticavano a rimanere aperti. Anche Remus era esausto.
Ti preparo il letto qua in sala, va bene? Quel divano sembra tremendo, ma in realtà non ci si dorme così male,” propose, risolvendosi ad alzarsi.
Sirius annuì intontito.
Non so, sono abituato a giacigli di un certo livello,” brontolò ironico.
Remus gli recuperò lenzuola, cuscino e coperta, intanto che lui quasi s'addormentava seduto, poi sparecchiò mentre quello si preparava a dormire.
Se hai bisogno di qualcosa sai dove dormo,” concluse, esitando sulla porta.
Sirius, annuì catatonico, già infilandosi sotto le coperte.
Notte” biascicò.
Buonanotte,” rispose Remus imboccando le scale.
Si mise a letto con calma, assorto. C'erano tante cose da dire, e ancor più da fare. Era uno di quei momenti in cui aveva la sensazione che gli eventi lo sorpassassero, che non ci fosse nessun controllo possibile e che ogni logica disertasse sistematicamente la realtà.
Sirius che dormiva al piano di sotto, sul divano. Sembrava incredibile, qualcosa che esulava dal possibile. Una volta, quand'era ragazzino, c'era stato un periodo in cui Sirius Black era stato per lui la persona più importante che avesse mai solcato il suolo terrestre. Lui, James e Peter avevano costituito tutto il suo mondo, le sue morbide certezze. I suoi amici. Poi, per tredici anni, il pensiero di Sirius era stato il veleno delle sue notti e il rammarico delle sue giornate, per tredici anni la ferita accomunata a quel nome e quel viso l'aveva fedelmente accompagnato ricordargli ogni giorno l'immagine sorella di James. Tredici anni di astio, rabbia, sgomento e rimpianto, tredici anni di odio e nostalgia, e insieme di dolore per la morte di James.
E infine Remus aveva scoperto la verità. Il sollievo era stato vertiginoso, ma insieme era venuto il risentimento. Per la fiducia tradita, per il sospetto, per la stupidità e perché in fondo rimaneva comunque colpa di Sirius. Era orribile, dal momento che aveva fatto tutto per James, ma la sua morte rimaneva in buona parte una responsabilità sua. Remus non se lo poteva dimenticare.
Non riusciva a dormire. Impiegò tantissimo tempo per prendere sonno, agitandosi tra pensieri a scroscio, e quando poco a poco riuscì a placarli e cominciò ad abbandonarsi alla stanchezza, perdendosi nella confusione che precede l'abbandono, dovevano essere quasi le tre di notte.
E sentì bussare alla porta della stanza.
Sollevò di scatto la testa dal letto, voltandosi indietro con ritrovata lucidità.
Sirius?” mormorò.
L'uscio si socchiuse, poi la testa dell'animagus fece capolino con incertezza. Rimase per qualche istante lì, in silenzio. Aveva la faccia gonfia e abbottonata, doveva essersi appena svegliato.
Dimmi,” l'invitò Remus, la voce arrochita dallo stordimento.
Sirius non parlò ancora, decidendosi ad entrare nella stanza. Aveva in mano il cuscino e sembrava quasi a disagio, vergognoso. Solo dopo un po' prese fiato.
Occupo poco spazio,” borbottò impacciato.
Remus impiegò qualche secondo a capire, poi spalancò la bocca sorpreso.
Ma certo. Vieni. È così scomodo quel divano?” replicò cordiale.
Sirius scosse la testa, tuffandosi sotto la coperta.
No,” rispose, allungandosi proprio sull'orlo del materasso. “Ma, basta.”
Basta cosa, Remus non glielo chiese. Non ce n'era bisogno, perché lo capiva benissimo anche lui. Dopo quattordici anni di isolamento dal mondo, c'era di che dire basta alla solitudine.
In un certo senso era lo stesso per lui.
Sirius riprese sonno quasi istantaneamente, il suo respiro si fece pesante nel giro d'un paio di minuti. Anche Remus non impiegò molto ad addormentarsi. Quel suono regolare proveniente dalla sua destra – un suono che l'aveva accompagnato in innumerevoli notti, in un passato lontano - lo cullò senza che nemmeno se ne accorgesse, trasportandolo nel mondo di Morfeo.
Si risvegliò di soprassalto che albeggiava. Scorse una luce pallidissima penetrare dalle imposte e riconobbe immediatamente che dovevano essere le cinque e mezza del mattino, grossomodo. Si rotolò sul fianco, scoprendo così che il lato destro del materasso era vuoto: Sirius non c'era più.
Si tirò a sedere aggrottando la fronte, sorpreso. Il suo primo pensiero, conoscendo il soggetto, fu che quell'incosciente di una testa calda per qualche motivo fosse uscito, nonostante tutto quel che rischiava. Poi gli venne in mente che poteva anche solo essere in bagno, o a bere dell'acqua in cucina. Dopo aver aspettato qualche minuto, però, non poté evitare di alzarsi per andare a controllare.
Sirius non era in bagno, ma effettivamente non era nemmeno uscito. Lo ritrovò seduto su quello stesso divano che aveva disertato qualche ora prima, rannicchiato e perfettamente sveglio.
Sirius?”
L'animagus voltò lentamente la testa verso di lui. Per qualche secondo sembrò persino non vederlo, o non riconoscerlo. Poi gli fece un cenno.
Che ci fai sveglio?” chiese a mezza voce, anticipando la sua domanda.
Potrei chiedere lo stesso a te,” ribatté Remus raggiungendolo sul divano. “Niente, mi sono riscosso un attimo e non c'eri, così sono venuto a vedere,” spiegò poi, con un mezzo sbadiglio.
Aspettò in silenzio per qualche secondo, sperando in un'analoga delucidazione.
Mi sono dovuto alzare. Non riesco a dormire bene, ultimamente.” Sirius ridacchiò piano, senz'allegria. “Sai, negli ultimi quattordici anni,” rettificò, con un'ironia rabbiosa.
Remus non trovò nulla da rispondere, lì per lì. Rimase silenzioso e assorto, mezzo addormentato.
Torna a letto, Remus,” gli suggerì l'animagus. “Sopravviverò anche a questa notte. Sopravvivo a tutte.”
Il licantropo annuì distrattamente.
Dovresti sforzarti di dormire anche tu,” rispose poi, mite. Scorse la piega amaramente sarcastica delle labbra dell'altro, intuendo le sue successive parole, e allora mentì tranquillamente, senza pensarci. “Comunque è passato il sonno anche a me.”
Sirius scosse le spalle con noncuranza. Il suo sguardo, come quando lui era entrato nella stanza un attimo prima, tornò a posarsi fissamente sullo spigolo della parete, a sinistra. Remus non era affatto sicuro di voler sapere cosa stesse vedendo.
Ti va se metto su il tè?” propose, cercando se non altro di dimostrarsi effettivamente sveglio.
Sirius non spostò neppure gli occhi.
Earl Grey,” precisò distrattamente.
Sì, Milord,” confermò Remus con un sorriso canzonatorio. Certi ceffi la boria l'avevano proprio nei geni, ne dedusse. “Immagino che un altro tipo di tè disdegnerebbe il tuo stomaco abituato alle migliori raffinatezze,” aggiunse alzandosi.
L'hai detto, Moony.”
La voce di Sirius era remotamente divertita. Ma soprattutto eccolo lì, odiato e benedetto, quel soprannome che era tutta la sua storia. Gli strappò un sorriso, letteralmente glielo strappò in modo brusco e quasi doloroso.
Lo sai che le so tutte, Padfoot,” cercò di scherzare ripetendo una delle frasi con cui erano soliti stuzzicarlo gli altri Marauders, secoli prima, mentre s'avvicinava i fornelli.
Non lo sentì muoversi nemmeno di sfuggita: semplicemente le braccia di Sirius improvvisamente lo strinsero da dietro, spasmodiche, serrandolo contro il torace dell'animagus alle sue spalle. Rimase immobile, rigido, senza neppure respirare. Anche alla Stamberga s'erano abbracciati: era stato un gesto spontaneo nato dallo sbalordimento e dalla foga irreale del momento. Ora invece era tutto tangibile, concreto. Quella era la cucina di casa sua, la sua mano stringeva l'impugnatura del bollitore, c'era il silenzio dell'aurora e Sirius lo abbracciava. Era diverso.
Quel suo momentaneo stand-by emotivo dovette essere interpretato come fastidio, o rifiuto, e già la stretta si allentava. La mano di Remus lasciò il bollitore e insieme alla gemella si posò su quegli avambracci striminziti, mentre il corpo del licantropo ruotava per ricambiare l'abbraccio. Dovevano essere ben ridicoli dall'esterno, due omaccioni grandi e grossi abbracciati tra le pentole.
C'erano troppe cose da dire. Troppe scuse da fare, troppi rimpianti da esternare, troppe spiegazioni da dare. Troppe.
Era meglio un abbraccio, e il silenzio.
Lo stesso silenzio che rimase a mezz'aria, tiepido, quando i loro corpi si allontanarono quasi con imbarazzo, e Remus tornò a dedicarsi al tè, Sirius girellò intorno al tavolo e poi riconquistò la postazione sul divano, aspettò che lui lo raggiungesse facendo svolazzare le tazze a mezz'aria. Il silenzio restò lì, confortevole, mentre sorseggiavano lentamente la bevanda bollente, fianco a fianco. Bastava quello, e qualche sguardo obliquo che si faceva sempre meno circospetto da tutt'e due i lati, le labbra di Remus che si arcuavano verso l'alto e il viso di Sirius che riscopriva l'uso di muscoli dimenticati in un sorriso minimo ma disteso.
Il silenzio.
Lo stesso silenzio che salutò il socchiudersi delle palpebre di Remus nel sole pieno del mattino, senza che si fosse accorto di averle chiuse. Era tutto storto di lato, mezzo incastrato tra il corpo stravaccato di Sirius e e il divano. Sbadigliò stupito, erano le nove passate. Quando mosse il braccio Sirius sbuffò, spalancò a sua volta le fauci e sbatté gli occhi ancora assonnati. Non s'era reso conto di essersi addormentato di nuovo.
Poi fece un regalo al mondo, o qualcosa del genere. Storse le labbra e arricciò appena il naso, malandrino.
Si batte la fiacca, Moony?” esordì roco.
Remus appoggiò la testa indietro, ridacchiando leggero.
   
 
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