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Autore: _Ayame_    08/12/2010    3 recensioni
Il Natale è alle porte: alle porte dei comuni mortale e delle Nazioni. Perciò, come ogni anno gli Stati si riuniscono. Ma come faranno spersi tra le montagne chissà dove - in Svizzera? Tra le Alpi? - a fare un albero di Natale se non riescono neanche a conversare civilmente per il cibo? Come faranno a non sgozzarsi tra loro e ad evitare di prendere un rubinetto tra capo e collo da parte di Ivan? Tra vinofili vari, Impero Romano ,paste parlanti e chef "provetti", si svolgono le peripezie più tragicomiche per fare un albero di Natale. Volete una citazione a caso? Eccola: «NOOO!!!!!! TASKUTE DOITSU!!». Eheh.
Good luck! ♥
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Hetalian Xmas Version~'
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Hetalian Xmas Tree Prima ff… Su Hetalia. Fatta e finita oggi, perciò scusate se ci sono errori o altro!
Spero vi piaccia e che qualcuno recensisca! Dovrei scrivere qualcos’altro su “Hetalia&Natale”. Comunque buona lettura! Mi scuso se qualcuno ne ha fatta una simile, ma I don’t know this…
EDIT: modificato il 09/12/2010 * (solo dopo aver letto la storia!) Non ci sono modifiche, solo avevo sbagliato nel ripetere il nome di una Nazione ... Sry!


Chapter 1:
The Hetalian Christmas Tree
Non era una mattina come un’altra: era l’8/12/2010. Il giorno dell’Immacolata e come da tradizione – almeno in Italia – si addobbano gli alberi di Natale.
Bisogna darsi da fare!
Era molto che Italia aspettava questo momento, infatti, era tutto agitato e ripeteva all’esasperazione (per Ludwig) il suo tic: «Ve~».
Lovino sbuffava appoggiato ad una colonna, in un completo cravatta nero con la camicia bianca.
Poi all’improvviso questo ‘idilliaco’ stato fu interrotto da una porta spalancata da un calcio: «Il grande me è quiii!» proruppe una voce. Si intravedeva una figura infagottata in un cappotto lungo beige ma tutti l’avevano riconosciuto, senza bisogno di vedere la sua faccia.
«Non dite nulla? Ore-sama è qui!» ripeté chiudendo la povera porta di abete con un calcio.
«Vedete cosa ho portato! Si può iniziare a lavorare, fantastici amici del grande me!» disse mentre l’abete tra le sue braccia tremava alla vista del suo ‘connazionale’ ridotto a porta.
«Veramente» Lovino si sforzò di parlargli «il trio demenziale dei Paesi Baltici ci sta già pensando» finita la frase indicò con un pollice un lato della stanza dove, vicino al camino, i tre poveretti lavoravano capitanati da Estonia, mentre Russia cercava in tutti i modi di infastidire Lituania, oppure si divertita a minacciare il piccolo Lettonia: tutto cioè mentre Belarus lo tratteneva per un braccio ma il suo “Onii-san” era troppo occupato a terrorizzare. Anche se era terrorizzato a sua volta.
Lud parve shockato dalla scena, ma a peggiorargli la cosa arrivò Polonia: «Cioè, questa è tipo neve rosa!».
«Ma non vedi che non è ancora montato del tutto?» chiese Lituania, esasperato.
Italia rimase a dire: «Ve~» come sempre, Lovino indifferente e Gilbirt che si lamentava borbottando di quanto Ore-sama fosse sminuito.

Dopo circa mezz’ora, trentotto biscotti bruciati, novantanove “ve~”, ventisette tea, cinquantasei “ore-sama” e novantadue torture di Russia a Lettonia, l’albero era montato.
Tutti lo fissavano con occhi sognanti: era il momento di addobbarlo per bene!
« Ve~, Ve~, Ve~, Ve~! Doitsuuu!» diceva Feliciano saltellando come un matto mentre stringeva tra le braccia il gatto di Ludwig.
«Sì, Feliciano?» chiese il tedesco
« Ve~, sono felice!» e detto questo si strinse al braccio di Germania che arrossì visibilmente.
«Finalmente!» dissero Inghilterra e Francia in contemporanea: soltanto l’inglese esasperato dall’attesa e il francese felice.
«Ahahah! Arthur! Su, non lamentarti finché l’eroe è qui, tutto è possible!»
«Oh my good God!» esclamò Arthur guardando la bocca sporca dell’americano.
«America, aiutami a prendere gli addobbi!» esclamò Francis salendo le scale di legno che portavano al piano di sopra. Ma Alfred non l’ascoltava, gridava solo “I’M THE HEROO!”.
«Vengo anch’io!» gridò Finlandia alzando un braccio come uno scolaretto. Appena si avviò si alzò anche Svezia.
«È quasi uno stalker!» notò Lovino.
«Lovino!» una voce nel suo orecchio gli fece gelare il sangue.
«A-Antonio?!»
«Esatto ♥»
«Vattene, razza di spagnolo bastardo!» disse dandogli un pugno in pieno stomaco, ma ironia della sorte, fu Sud Italia a farsi male. Antonio si era imbottito di tomati geneticamente modificati.
Anche Spagna era un po’ stalker.
Inghilterra si alzò all’improvviso, con lentezza e portò il suo set da tea in cucina.
Alfred si alzò, s’innalzò sul tavolino e, tra un hamburger e un altro gridava alla sua gloria. Poi iniziò a canticchiare l’inno americano.
Intano Cina cercava di tenersi a distanza dall’albero appena montato e cercava di convincere Estonia ad allontanarlo da quella posizione … pericolosa. Hong Kong invece aiutava i baltici, tutto tranquillo.
«Yao» una voce alle sue spalle. Si voltò e vide solo un’aura viola.
«Ivan, aruu!» e cacciò il suo wok da chissà dove.
Nel frattempo Francis, Svezia e Finaldia scendevano le scale portando una pesante scatola: Finlandia portava una scatola più piccola e leggera, aveva una ghirlanda sottobraccio e una barba bianca in volto.
«Un, deux, trois! Coraggio, miei compagni! Dai, su!» e Francis iniziava di nuovo a incoraggiare uno Svezia disinteressato.
«Su su!».
«Ahh! Tasukete, Doitsu! Ivan vuole uccidere Cina-chan!»
«Ah!!!» i gridi di Cina furono ignorati da tutti, ma Lud, con un sospiro si avvicinò cautamente al russo – con un granello di coraggio in più, perché aveva momentaneamente accantonato il fedele rubinetto.
Poggiò una mano sulla spalla di Russia: «Ivan, non credi sia ora di smetterla?» Russia si voltò, gli occhi fluorescenti mentre stringeva il collo del povero Yao.
«Hai ragione, oggi è un giorno di festa!» chiuse gli occhi con fare innocente e sorrise, lasciando andare il povero cinese, ormai più viola che giallo/rosa.
I tre baltici e Polonia gravitavano intorno a lui mentre tossiva riprendendo fiato. Hong Kong rimaneva vicino l’albero. Vagamente menefreghista.
Ludwig si sforzò di sorridere.
«Ecco le decorazione, mon chéris !» e poggiò a terra la scatola rettangolare in legno.
Finlandia immediatamente saltò su gridando come un matto che Natale era arrivato. Cosa aspettarsi dalla Nazione che ospitava Babbo Natale?
«America, ora puoi anche aiutarci, no?» disse Francia mentre trovava i punti per aprire la scatola.
«Chomp!» esclamò. In realtà era un “certo”, ma se sia parla e mangia insieme cosa volete si capisca?
Finlandia scarabocchiava sul coperchio disegnando Babbi Natali deformi e Befane.
«Bela-san, quella non sembri tu?» chiese Ivan indicando una delle Befane.
«Onii-san, come potete dire una cosa simile!» disse e gli saltò al collo.
Arrivò Alfred con un hamburger in mano e una bibita – coca cola, ovviamente – ma lui mangiava, beveva e rideva mentre Francis si lamentava in francese per non riuscire a trovare nessun punto per aprire quella stupita scatola. Svezia, sempre in silenzio, toccava tutti i punti di congiunzione dei pannelli di legno.
«Ahah! Chomp slurp chomp chomp slurp!», ovvero “Ahah! Ma l’eroe è qui!» e scansò i due.
Prese un punto a caso e aprì.
«Miracolo!» proclamò il francese battendo le mani più volte.
Poi si avvicinò di più e vide che l’aveva rotta.
Una goccia di … disperazione crebbe sulla sua fronte.
«Ahah! Visto, the Hero Power!» continuo  America a gridare.
«Oh, Doitsu! Quante belle decorazioni!» diceva il minore dei fratelli Vargas mentre il suo interlocutore non rispondeva. Italia non sarebbe mai cambiato.
«Ma-ma quello è il mio tomato!» escalmò Spagna chinandosi verso il suo pomodoro con le lacrime agli occhi.
«Ben ti sta, bastardo» gridò Lovino
«Non essere geloso, mi querido!» si alzò e abbracciò Romano.
«Voi iniziate a prendere luci e festoni, noi andiamo a prendere le altre decorazioni!» disse il francese facendo l’occhiolino a Seychelles e prendendola per mano la trascinò con sé ai piani superiori.
Svezia quindi trascinò via Finlandia e tutti insieme andarono nell’enorme sgabuzzino, perché, sì sa, nazioni incasinate richiedono grandi stanzini per oggetti non utilizzati – o non meglio identificati.
Si sentirono dei mormori suadenti in francese e delle grida: cosa aveva combinato? Seychelles l’aveva punito con la solita tattica: fish in ass. Non si sentì più niente poi.
«Oh issà!».
 Si sentì qualcosa cadere, una risata e poi altri rumori: «Mon Dieu!» disse Francis comparendo dalle scale mentre Finalndia usava l’altra scatola degli addobbi con una tavola da surf.
«Voglio farlo anch’io!» proclamò Australia avvicinandosi alle scale.
«No, cioè, è troppo! Voglio farlo pure io, su una scatola rosa!» urlò Polonia, e poi rivolgendosi a Toris: «Verrai anche tu, vero?» e fece gli occhi dolci. In quel momento Ivan comparì, aura e rubinetto come accompagnatori.
«Lituania è MIO» gridava mentre veniva molestato da Belarus, e mentre Spagna molestava Lovino, mentre Veneziano infastidiva Germania, e mentre Francia ci provava spudoratamente con Seychelles.
Insomma, era un prova-prova generale. Escludendo Tony che giocava a UNO con Canada.
«I’m the hero! I will save your souls! I’m the Xmas hero! I’m gonna eat this hamburger for us!» gridava USA.
«Basta, smettetela!» disse Arthur comparendo da non si sa dove.
Poi nella stanza entrò Ucraina: «Eccomi, ragazzi! Ho portato degli addobbi! Li ho presi di nascosto al mio superiore! Finalmente un Natale con Russia-san e Bala-chan!».
Tutti si azzittirono, Francia lasciò stare Sey e si avvicinò, per poi beccarsi una rubinettata in testa e una ginocchiata in volto. Potete immaginare da chi.
«Sei ancora vico, Onii-san?» chiese Feliciano sempre stringendo il gatto di Germania.
«Mh… ancora per poco» disse un Francis  irriconoscibile.

Una cosa almeno sembra andare bene:
«Austria-san, è Natale» disse Ungheria arrossendo in braccio al suddetto Stato.
«Dimmi, c’è qualcosa che vorresti questo Natale?» chiese lui.
«Austria-san, io …»
«Eliza, dimmi ora ciò che vuoi, perché non so se più tardi, dopo aver speso i miei risparmi natalizi, potrò.»
Qualcosa fece “crack” in Ungheria; guardò il tessuto beige del divano su cui era seduta e nascose il volto tra i capelli.
«Austria-sama … sei un idiota!» sospirò a bassa voce tra sé.
Ecco, come non detto.

«Nihon! Sei-sei qui!» esclamò Yao, ancora rosso, ancora in ginocchio – metaforicamente.
Corse verso il fratellino e l’abbracciò, notando solo poi la piccola figura che stringava possessivamente un braccio a Kiku: Taiwan.
«Cosa ti è successo? » chiese Giappone, che indossava un bel kimono azzurro.
«Niente, fratello, niente» disse. Entrambi portavano le vesti tradizionali, e, in un certo senso, si vedeva la differenza tra loro. Anche Taiwan vestiva gli abiti tradizionali del suo Paese, più eleganti di quelli quotidiani.
All’improvviso, a rompere la pace – ovvero mentre Russia strangolava Feliks – fu un’altra figura: «Un’altra?» proruppe Gilbert che dava del cibo a Gilbird. La tempesta infuriava e dentro casa entrarono dei fiocchi di neve.
Era Vietnam: «Non vi eravate dimenticati di me, vero?» chiese con le braccia appoggiate ai fianchi in modo molto macho, anche se era vestita in modo molto femminile.
«Ma chérie! Come potevamo!Potremmo scordare Matthew, non te!» disse Francia facendo il baciamano.
«Vuoi smetterla!» gridò Seychelles.
«Ve~, facciamo l’albero!» disse Italia per mettere pace.
«Ehi, nessuno mi sente!» si lamentò Canada mentre Tony annuiva serio.
«Sì, iniziamo!» disse Romano liberandosi da Antonio.
Presero le luci ed insieme ad Estonia iniziarono a girare attorno all’albero.
Austria si alzò e iniziò a suonare il piano: Chopin, ovviamente.
Feliks prese un festone rosa e iniziò ad attorniare la porta. Russia si avvicinò: «Vuoi una mano?» chiese e iniziò a muovere la scala su cui Polonia era salito.
Come risultato Feliks cadde su Toris e Russia si avventò su di loro mentre Natalia lo stringeva per un braccio rallentandolo.
Ucraina vicino a Lettonia e Sealand mostrava dei piccoli gingilli in vetro.
«Doitsu!» chiamò Veneziano «Potresti mettere questa ghirlanda fuori la porta, ve~?»
«C-certo!» Lud si sbrigò: meglio prendere una boccata d’aria, quella casa era troppo piccola, e quei matti erano troppo matti. Siete Nazioni? Comportatevi da tali! In generale questo pensava.
«Lovino, perché non hai messo la tua divisa?» chiese il più piccolo dei Vargas.
«E perché tu l’hai indossata?»
«Ve, avevo solo questa da mettere»
«Razza di stupidino!» disse Francia a Italia.
«Ore-sama è qui, per la vostra gioia! E addobberà l’albero con miniature di Gilbird!» e prese un pupazzetto che mise sull’albero.
«Il rosso, l’amore, il Natale!» disse Francis guardano una pallina rossa.
«Che vai farneticando, razza di maniaco!» gridò Lovino mentre si levava la giacca per liberarsi da Antonio.
«E lui, allora? Ti sei dovuto levare la giacca per liberarti!» fece notare Francia stringendo tra le mani una rosa.
Lovino arrossì: aveva ragione. Antonio smise si torturarlo: «Come puoi dire così, noi …noi»
«Cosa?» chiese gelido Francis
«Nulla!» si arrese Antonio deprimendosi.
«Su su!» lo spronava Seychelles, provocando gelosia in Francis, che si avvicinò e l’abbracciò: «Seychelles, tu es trés belle!» diceva.
Lei si stupì: per una volta non un commento strano ed equivoco, non uno spogliarello, no nulla!
«Francis-sama!»
«Andiamo via, scappiamo in Francia!»
«AH! LO SAPEVO! SEI SEMPRE UN MANIACO!» e con un sonoro schiaffo lo mandò via.
Gilbird intanto la spadroneggiava nell’albero.
«Nii-san, guarda!» disse Italia riferito a Romano «Ti piace? È vetro di murano! L’ho preso a Venezia!»
«Guarda, io ho questo!» disse e mostrò una piccola palla di vetro con dentro novantanove piccole fontane «Non è bella?» chiese sorridente.
«Già, fratellone! Ma Ludwig dov’è finito?» chiese e Vietnam, addetta alla porta, ormai, l’aprì: «È qui» e un ghiacciolo cadde e si ruppe in mille e mille pezzi.
«Doitsu! Doitsu!» gridò Italia lanciandosi verso di lui con le lacrime agli occhi.
Stava per disperarsi quando Nonno Roma comparì: «Dai su, ci penserà l’Harem Paradisiaco a tirarlo su!»
«NOOO!!!!!! TASKUTE DOITSU!!» disse iniziando a piangere sul corpo esanime di Ludwig.
«Perché gli hai detto così?» chiese il nonno di Germania mettendogli una mano sul braccio.
Poi comparirono Ancient Egypt e Ancient Greece al fianco di Impero Romano.
«Perché … questa è VITA! » aveva la stessa espressione maniaca di Francis: da lui avrà preso?
«Posso partecipare?» chiese, infatti, il francese mettendo una mano sulla spalla di Impero Romano, mentre il progenitore di Germania e Ore-sama si disperava – molto in stile Ludwig.
Francia incrociò le gambe, e sventolò nella mano libera una preziosissima bottiglia di vino. Si creò un’aria rosea e d’intesa.
«Figliuolo! Certo che … no!» disse Nonno Roma.
CRACK!
«MA COME!» si lamentò il francese andando vicino a Spagna – ancora depresso.
«Scusa, fratello!» disse riferendosi allo spagnolo.
«Questo è il Karma!» esclamarono gli asiatici.
«Sì, ma ora chiudi la porta, Vietnam!» esclamarono – sempre gli asiatici – quando udirono la sua voce.
«Fermi tutti!» un’altra figura fece irruzione … dalla finestra!
«Idiota, non potevi entrare dalla porta» gridò Romano riferito a Korea.
«Romano, come sei carino così!» disse Spagna abbarbicandosi alle gambe dell’italiano.
«Ma così è ancora più totalmente carino! Cioè!» disse Polonia posando sulla testa di Lovino una ghirlanda di fiori di ciliegio.
«Quella quando l’hai fregata a Nihon-san!» esplose Taiwan.
Un colpo di piano interrupe gli strozzamenti e i flirt vari: «Austria-san suonate così bene!» disse Elizabeta estasiata.
«Era per esprimere la mia rabbia».
Ungheria s’inginocchiò accanto a lui, disperata, con un’aura da triste mietitrice.
Intanto Italia aveva messo Germania vicino al camino in posizione da cadavere e l’aveva contornato di ghirlande di fiori. Iniziò a ritrarlo dicendo: «Doitsu, tasukete, ho perso la gomma! Perché sei morto! Tasukete!» e cacciò fuori la bandiera bianca.
Una voce cupa provenì dall’oltretomba aka cucina: «Su, è ora di una pausa, sarete stanchi!».
Ma se non avevano combinato niente di niente!
Finlandia e Australia ancora usavano la seconda scatola degli addobbi come tavola da surf.
«Finalmente un momento di pausa!» esordì Francia che aveva smesso di piangersi addosso, anzi, per meglio dire, aveva smesso di piangere addosso alla povera Seychelles.
«Ve~, io vado, ma Doitsu, non ti perdonerò per non aver cercato la mia gomma! Come potrò ritrarti!» e iniziò a piangere lamentosamente.
«Su, su! Veneziano non piangere!» gli disse suo fratello «E tu, razza di spagnolo bastardo, lasciami stare!».
«Davvero ti infastidisco?» chiese quello alzando gli occhi lucidi.
«Ma hai bevuto qualcosa? Eh sì, razza di bastardo!!» e si liberò con un calcio diretto alla bocca dello spagnolo.
«Bene è ora di mangiare!» una figura uscì dalla cucina.
«Ar…Arthur!» urlò impaurita Seychelles.
«Ti difenderò io, mon amour!» esclamò il francese mettendosi davanti all’isola con una spada in mano… cioè con una rosa impugnata al contrario.
«Cosa è successo?» esclamò il greco mentre Turchia lo rassicurava: «Nulla nulla, nulla che ti possa interessante» disse suadente per poi aggiungere «Inghilterra ha cucinato qualcosa per noi…. Inghilterra ha cucinato qualcosa per noi?».
«Si salvi chi può!» gridò Vietnam aprendo la porta.
Giappone si era armato di mascherina per le esalazione, Taiwan e Cina si coprivano la bocca con le lunghe maniche degli abiti. Gilbert sussurrava a Gilbird di nascondersi tra i suoi capelli.
Russia sventolava il braccio dove Polonia si era arrampicato, mentre Natalia e Ucraina lo trascinavano per l’altro.
Le due Italia si erano rannicchiate in un lato mentre Spagna davanti a loro si sforzava di stare in piedi per difendere i due fratelli.
«Pata pata, pata pata!» mormorava Feliciano sventolando la bandiera bianca portatile. Poi Lovino si levò la cravatta e la mise come bavaglio davanti alla bocca del fratello.
Tra le grida generali si svegliò anche America, che con Australia e Finlandia faceva surf. Anche se lui dopo i primi dieci round era caduto in catalessi e lo usavano come freno umano. Ovvero lo buttavano sotto la scatola quando andavano troppo veloci.
Con loro c’era anche Liechtenstein che urlecchiava di tanto in tanto, colta dalla paura.
«Here’s the HERO!» gridò l’americano e mise i piedi a fare da freno mentre continuava a mangiare hamburger le cui briciole finivano nei capelli di Liechtenstein.
Svizzera strappò via la sorellina dall’abbraccio dell’americano e la trascinò all’aperto, in ricerca del rifugio anti-Arthur.
«Così mi offendo!» disse l’inglese. Si era anche vestito da chef.
Chiuse la porta: «Ben vi sta, morite assiderati!».
Guardò la stanza: all’interno ancora c’erano le due Italie protette da uno Spagna quasi ubriaco – forse ha rubato il vino a Francia, pensò –, Austria e Ungheria, Norvegia e Danimarca che non si erano accorti di nulla per quant’erano intenti a litigare, i Baltici con Russia&co. e Polonia.
Finlandia era vicino all’albero e l’addobbava con tanti piccoli Babbi Natali.

Intanto all’esterno:
«Ho freddo» si lamentò Seychelles. Francia, in un gesto da gentiluomo l’abbracciò e le mise sulle spalle la sua giacca.
«Grazie, Francia-san» disse
«Di nulla» e prese una bottiglia che stappò.
«Ne vuoi un po’, jolie?»
«Sei sempre il solito maniaco» sospirò
«È il potere dell’amore».
«Certo certo!» rispose lei.
Svizzera invece era riuscito a raggiungere una baita con Liechtenstein grazie al suo mezzo: un simpatico carro armato rosa.
Sì, rosa: Feliks l’aveva colorato quando era uscito dal camino, non si sa quando e come.
Vietnam si era aggrappata a qualche parte sporgente, e così anche Cina, ma per Cina fu diverso: la parte dov’era appeso si staccò, e dopo circa quindici secondi – di caduta – esplose.
Tornò da Taiwan e Giappone, completamente bruciacchiato: lei nell’abbraccio di lui. Paravano una coppietta.
Comparvero dei romantici fiori di ciliegio, sì in pieno inverso, perché l’immenso potere di Giappone e dell’amore tutto poteva.
Ad una finestra si sporse Danimarca: non era per cercare fuga, era solo che Norvegia stava avendo la meglio.
Si affacciò proprio per cercare salvezza Finlandia, seviziato da Inghilterra e Svezia.
Uno lo voleva intossicare, un altro lo voleva costringere a sposarlo.

In casa:
Dal piano di sopra scesero ridendo Lettonia e Sealand. Poi notarono le facce provate, una bandiera bianca e delle nazioni legate barbaramente.
«Su piccoli, assaggiate la pappa di zio Arthur!» disse una figura vestita da chef ma che cucinava da cane con voce roca e teatralmente spaventosa sventolando davanti alle due piccole nazioni un cucchiaio di roba annerita.
Furono legati anche loro…

Alcuni colpi sulla porta: «Per favore, fateci entrare, per favore!» gridò  Seychelles.
«Lascialo stare, non sa cosa sia l’amore! Sposami, ma petite fille!»
«Scordatelo, maniaco!»
«Ah! COME HAI POTUTO, ma petite amour!»
«Perché tu sei un maniaco!».
«Silenzio!! ARU!».
Altri colpi sulla porta: «Se ci fai entrare, se ci fai entrare ti darò una confezione di oppio alla settimana per un anno, aru!».
«Falli rientrare, KOLKOLKOL!».
Un rumore: dei cingoli si sono scontrati con un tronco.
«Andiamo a piedi!» un grido. Dei passi veloci sulla neve.
«Facci entrare, dannato inglese!» gridò Vash tempestando la porta di pugni.
Nel frattempo il russo si avvicinava – trattenuto dai soliti – con il rubinetto alzato sulla testa, l’aura viola attorno e gli occhi infuocati.
Ma prima che potesse fare qualcosa dei colpi di fucile ruppero la serratura e con un calcio entrarono in massa, sommergendo Iggy-sama.
«Inglese! Per come hai ridotto Liechtenstein, io ti ridurrò a groviera!»
«Certo! Provaci!» e gli lanciò un biscotto in bocca.
Il poveretto cadde a terra intontito.
«Nii-san» disse Lietchtenstein disperata. Dai suoi capelli scendeva acqua, era una scena tragica: il suo amato fratello era morto per avvelenamento, e non avrebbe potuto vedere com’era variata la sua idea nel fargli regali. Gli aveva regalato un pigiamino rosa, fatto a mano da lei!
Seychelles ringraziò il francese che non si fece scappare l’occasione per provarci e così ricevere un altro “FAA” (ovvero un FISH in ASS ATTACK).
«Ahah!! The hero likes this soap!».
«Zitto!» urlarono tutti e così Arthur approfittò delle sue risa e lanciò anche a lui un biscotto tra le fauci.
I due pazienti sull’orlo della morte – Arthur aveva dato il suo meglio – furono spostati accanto a Germania, che ancora non dava segni di ripresa.
Parentesi: Germania nel periodo di segregazione era stato usato come scudo dagli italiani e dallo spagnolo.
Anche se glielo chiederete, loro NON l’ammetteranno mai.
Italia si preoccupò di mettere anche loro in posizione da morto e li contornò di ghirlande a mo’ di corone.
«Spettacolare, spettacolore!» diceva Francia, sempre più ubriaco.
«Sì, però levami le mani di dosso!» disse Arthur.
«Lascialo stare!»  disse Alfred riprendendosi.

PREPARATIVI!
Gilbert era tornato a decorare con tanti Gilbird l’albero, lo stesso Finlandia con i suoi Babbi Natali, lo stesso Ucraina con i gingilli di vetro e le due Italia con miniature di piatti di pasta e palline artistiche: quelle in vetro di murano, quelle in vetro che contenevano le bellezze d’Italia, quelle classiche.
Poi c’erano tante luci e festoni rosa, luci verdi e rosse, quelle arancioni e blu, le palle in vetro con dentro gli orsacchiotti di Canada.
«Dove sei stato?» chiese suo fratello mettendo un hamburger di plastica sull’albero
«Ero a dormire; prima ho giocato con Tony!» ma già più nessuno lo sentiva.
Nessuno si era accorto di lui neanche nel periodo di segregazione!
«Sfaccendato!». Era Cuba, che scambiandolo come sempre per America, lo stava strozzando.
«Ma io sono Canada! Lui è America!»
«Oh, scusa! Tu assomigli più al vinofilo!» e detto ciò lasciò Canada e si scaraventò su America: una lotta all’ultimo hamburger e gelato.
«Italia» una voce gentile «vuoi un biscotto?»
«Grazie!»
«Non accettare nulla dall’inglese!» Francis si buttò tra i due.
Inghilterra invece di litigare si ritirò in un lato dove era tornato anche Spagna.
Francia ne approfittò: buttò i biscotti. Poi si avvicinò ad Arthur: «Sposami!»
«NO!» gridò l’inglese mentre un hamburger e un pesce spada lo colpivano. Chi fu a lanciarli?
È ancora un mistero, ma anche no… [Cit. Nonciclopedia].
Intanto Cuba appendeva rappresentazioni gelatesche, le due Italie cucinavano pasta calda per ritemprare corpo e anima.
Germania si svegliò e fu accolto dallo sguardo di nonno Roma. Aveva fatto un incubo: Francia!
Fu accolto ben presto da Italia che gli disse si aver temuto il peggio e che non aveva mantenuto le sue promesse.
Insomma, lui aveva perso la sua gomma, e lui dormiva??
«Mi odi?» chiese l’italiano preoccupato.
«No, io, io non ti odio … Feli …ciano» ancora assiderato.
Italia gli mise una coperta sulle spalle e si diede da fare per una volta, come Lud poté costatare.
Ogni paese si avvicinò a mettere un suo segno distintivo: Norvegia lo scalpo di Danimarca e una ghirlanda a forma di fiocco di neve, Danimarca mise una ciocca di capelli di Norvegia e una miniatura del suo paese racchiusa in una sfera con la neve, Svezia mise una proposta di matrimonio per Finlandia di cui il diretto interessato bellamente se ne fregò mettendo un pacchettino con scritto “from Finland, with love”, Egitto mise una piccola piramide e la Sfinge, Tuchia … un trattato per Grecia, Grecia un gatto e una colonna, Giappone delle miniature della Tokyo Tower  – per distinguersi dalla Eiffel – con Gundam e uno dell’EVA.
Scegliete voi quale. Quello che più vi alletta.
E così Cina – un panda –, Russia – un rubinetto sporco di sangue – , Belarus – un trattato matrimoniale per Russia – e tutti gli altri.
Mancava solo la stella.
Il punto più discusso ogni anno.
«Quest’anno ci penso io!» disse il minore dei Vargas.
Andò a pescare qualcosa nella seconda scatola – quella usata come tavola da surf.
Veneziano scansò il corpo esausto dell’australiano e prese una misteriosa punta.
«Romano aiutami!»
«Perché dovrei entrare nel ridicolo e metterti sulle mie spalle?» disse.
«Allora ci penserò io!» proclamò nonno Roma e detto questo prese i due fratelli sulle sue spalle.
Erano davvero alti così.
La casa era tutta agghindata a festa: addobbi partivano per andare a finire a lati opposti della stanza di legno, dei festoni di ritagli – quello classico, dei bambini che si danno la mano – era attaccato alle travi in legno e finiva sull’alta libreria, degli enormi fiocchi natalizi appesi qua e là, le stelle di Natale non si contavano, la ghirlanda sul camino, le stelle con i glitter e candele profumate, spazzi di rosa e rose qua e là. Sempre qua e là.
Tutto sapeva di Natale.
Tutto meno i biscotti di Inghilterra.
Su, facciamo i buoni, in quei biscotti c’era lo spirito del Natale: tante buone intenzioni di NON avvelenare gli “amici”.
Feliciano sorrise e si sporse a mettere sulla punta una stella dorata con un omino che mangia la pasta.
Fatto ciò, rimasero estasiati per un po’ a guardare il lavoro – finalmente – concluso.
Poi Impero Romano li fece scendere e tutti appesero una foto: gli Alleati, le potenze dell’Asse, loro tutti insieme a scuola, alle riunioni delle Nazioni – da notare quella con America che, tanto per cambiare, mangia e grida.
Inghilterra si era avvicinato sorridendo mentre beveva del thé al limone, anche Spagna, i Baltici, Polonia che mise una foto in cui tutto era rosa, abiti compresi, tranne i capelli, poi Russia che pareva calmo, le sue sorelline, gli Asiatici e tutti i Nordici.
Ovviamente la casa era stretta solo per loro.
Germania sorrideva, per una volta, e anche Austria, perfino Lovino! Stavano andando nel fantastico (WTF!) mondo dell’ OOC.
Sorrisero solo fino a quando Italia strinse il braccio a Germania, che arrossì, e lo stesso ad Austria quando Ungheria lo prese per mano … e lo stesso a Lovino quando Antonio si avvicinò pericolosamente … fino ad abbracciarlo.
«Ita-Italia!» disse Lud
«Eliza … Eliza ….» Austria non riusciva neanche a finire il nome di quella povera – pazza.
«Che vuoi, bastardo!».
«Che bell’atmosfera natalizia!» esclamò Taiwan.
«Eh già» concordò Hong Kong.
«Ci sono anch’io!» disse Canada indicando una foto.
Guardarono l’albero, le decorazioni, le foto …
«Quanto siamo diversi però…»
«Ma il mondo è bello perché vario!» disse ad alta voce Seychelles.
«Già!» disse Francis saltandole addosso.
«Appunto» disse lei liberandosi con un altro FAA.
«Ora bisogna iniziare a preparare il presepe!» dissero.
Già, quell’anno esperimento all’italiana!
«Per oggi basta! Ora si mangia un bel piatto di pasta alla carbonara!»
«E i tomati?» chiese lo spagnolo in lacrime.
«Viva la diversità!» disse Lovino liberandosi e andando a sedersi vicino al fratello.
Peccato che così avrebbe anche dovuto sopportare il crucco.
Italia, insieme a Taiwan serviva il cibo.
Si guardarono l’un l’altro: che bell’atmosfera allegra. Neanche Ivan era aggressivo…
«Buon appettito!».



Notte fonda, Hetalia House:
Germania era spossato dalla congelazione subita e dal karaoke; dopo cena Impero Romano aveva cantato All’inferno e In paradiso, la canzone in cui a ogni stato è affibbiato un mestiere.
Andò in cucina, cercando del cibo, magari un wurst, o un po’ di quell’ottima pasta.
Invece sul tavolo in legno massiccio della cucina trovò dei biscotti. Non potevano essere di Arthur: avevano un bell’aspetto, con quella panna e il cioccolato.
Guardò fuori: neve, alberi e la luna.
Dov’erano andati?
Dove andiamo ogni anno, si rispose da solo.
No, aveva deciso, avrebbe mangiato quei biscotti: ne prese coraggiosamente uno e lo infilò in bocca.
«OUH!» un gemito si sentì nell’aria.
Sì, era proprio lui, proprio Germania: svenì battendo la testa.
Erano stati fatti da Arthur, ma Ludwig non lo sapeva. Nessuno lo poteva sapere, Francia li aveva buttati: ma Germania più che mai, non sapeva neanche che li avesse fatti!
Ma quello che nessuno sapeva era che quei biscotti era vivi, parlanti … insomma fatati.
C’era da aspettarsi qualcosa del genere, in fondo erano stati fatti da Arthur.

«DOITSU, TASUKETEE!» gridò Feliciano buttandosi nel letto di Germania.
«Perché quando mi dovresti aiutare non ci sei mai!»
«TASUKETEEE!!»
Nel frattempo, Germania: «A-aiuto!».

«Chissà cosa succederà stasera» disse Kiku ispirando profondamente l’aria fredda della sera.



Note:
Ci sono varie citazioni prese completamente – o parzialmente – da Hetalia. Per esempio Austria che esprime la sua rabbia con Chopin, Cina che non vuole l’albero vicino al fuoco (in una puntata sul Natale di Hetalia diceva qualcosa di simile), Feliciano che domanda a Lud se lo odia (puntata in cui viene sigillato il Patto d’Acciaio, per capirci).
Le novantanove fontane nella sfera di Romano sono un riferimento alle novantanove fontane dell’Aquila.
Mi sono lasciata andare troppo alla fantasia. Scusate.
Altre sono mie: Russia che dice a Belarus che una delle Befane pare lei.
Bielorussia l’ho chiamata come in english beceause is more fashion!
Spero non sia noiosa….
Che dire…
«I’m the hero!» *da dove è spuntato Alfred?*
Vai a rompere a qualcun altro!
Saluti!
*(avevo scritto che Danimarca metteva sull'albero una ciocca dei suoi stessi, cosa impossibile visto che Novergia ha appeso il suo scalpo, e lui non ha più i suoi capelli. Tranne questo, non penso sia così masochista! Sorry!)
Recensite, vi pregooo!
Così mi potrò fare un’idea se scrivere anche gli altri “Special Hetaliani”!
_Ayame_

   
 
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