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Autore: arwen_eli    09/12/2010    18 recensioni
La vita nel Mondo Magico inizia a risvegliarsi dopo la vittoria contro Voldemort. Hogwarts rinasce e con lei ogni suo studente, dopo il trauma della morte, riscoprirà ogni sfumatura della Vita.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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A Luisa, perchè senza di te non ci sarebbe neanche una riga su questa pagina e perchè se questa cosa ha dei genitori, tu sei di sicuro almeno il papà.

A Jup, per la pazienza, per il suo “tenero sollecitarmi” alla pubblicazione e per tutto il resto...

A Val perchè mi sopporta nelle chiacchierate notturne, quando il peggio di me esce prepotente e ancora continua a lanciarmi corde lunghissime. E perchè siamo fiQue. Oh.

<3



Hogwarts. 6 Maggio 1998.



Uno strano silenzio regnava sulla Sala Grande. Era la stessa sala che aveva visto per anni generazioni di ragazzini crescere e diventare adulti imparando la magia; la stessa sala che li aveva sentiti bisbigliare intimoriti al primo anno prima della cerimonia dello Smistamento e che li aveva sentiti cianciare allegri per le vittorie delle partite di Quidditch o per la Coppa delle Case, che li aveva guardati ansiosi e trepidanti, la mattina prima dei MAGO.
Quella stanza che adesso guardava quei giovani, quasi dei bambini, seduti in silenzio su sedie spoglie, accanto alle loro famiglie o a quel che ne restava, stretti nella sola consolazione che poteva restare loro: l'amore per chi era rimasto, il sollievo per chi era sopravvissuto.

Ogni mattone della scuola sembrava stillare lo stesso dolore delle persone che vi avevano dimorato, l'angoscia della perdita, della fine di vite innocenti, dello stravolgimento del Mondo in cui avevano sempre vissuto. Drappi neri pendevano dal soffitto della Sala, illuminata dalla tenue luce del sole di maggio e in quel momento, alzando la testa verso quello che era sempre stato l'incanto più d'effetto, si vedeva soltanto l'azzurro di un beffardo cielo estivo percorso da qualche nuvola, come a sottolineare quanto la natura fosse poco toccata dalle vicissitudini dei maghi. Quel cielo, però, non era proiettato per magia sul soffitto intatto, come era sempre avvenuto. Era semplicemente il cielo. E lo si guardava attraverso lo squarcio profondo che attraversava tutta la lunghezza della Sala. Sembrava una ferita. Ed era sotto questa ferita, dentro una Hogwarts in ginocchio, ma comunque vincitrice, che la comunità magica piangeva i suoi caduti.

Minerva Mc Grannitt sedeva tra i suoi studenti, con lo sguardo verso quello che per anni era stato il leggio da cui Silente aveva salutato il nuovo anno scolastico, sapendo che era giunto per lei il momento di alzarsi per raggiungere quel posto e per rendere omaggio a tutte le vite che erano state spese per quella vittoria tanto agognata. Aveva indossato l'abito verde che portava il primo giorno di scuola di Harry, Ron, Hermione e di tutti gli studenti del loro anno, e l'espressione migliore che era riuscita ad assumere, nonostante le difficoltà. Aveva scelto quel colore per due motivi: avrebbe simboleggiato la Speranza, che era stata donata loro grazie a quella vittoria ma era anche il colore della casa di Serpeverde e per questo avrebbe simboleggiato l'unione, il perdono, la capacità di passare oltre le difficoltà, per ritrovare lo spirito della Hogwarts nascente. Si era avvicinata alla postazione del Preside, quella che di diritto le spettava, a passi lenti ma decisi, aveva preso un grande respiro e aveva alzato gli occhi sulla Sala gremita. Una sola piccola occhiata al Ragazzo Sopravvissuto, poi aveva iniziato a parlare.

Avremo il tempo per gioire di questa vittoria, avremo il tempo per comprendere quanto preziosa sia per la nostra libertà. Ora, in quest'istante, la cosa da fare, ciò di cui tutti noi abbiamo bisogno, è salutare coloro che hanno dato per tutto questo, dei cui frutti noi godremo in futuro, ciò che di più prezioso potessero donare. Non possiamo fare altro che essere grati a loro, alle loro famiglie e ai loro cari per questo dono, perchè grazie a questo, potremo ancora dichiararci Maghi liberi.
Non tesserò le lodi di ognuno né li descriverò come persone speciali nei loro pregi e nelle loro imprese. Erano per me, come per voi, amici, fratelli, compagni, amori. E meritano di essere ricordati da noi per come erano, senza creare immagini idealizzate. Li abbiamo vissuti nella loro quotidianità, nei loro difetti e nelle loro insicurezze, ed è così, che resteranno nei nostri cuori.
Quello che vi chiedo, ora, è di pensare alle persone che abbiamo perso in questa battaglia e di ricordarle per quello che vi hanno donato, per grande o piccolo che fosse. Ricordare i loro sorrisi o i loro consigli, i loro abbracci o le loro ramanzine, i loro baci o le pacche sulla spalla. Luna Lovegood leggerà per noi i loro nomi, perchè non siano mai dimenticati, perchè nessuno di loro possa essere lasciato solo. Vieni Luna.”

Da una sedia, in un angolo della Sala, la piccola figura di Luna si era alzata rapidamente e si era diretta sicura verso la Docente di Trasfigurazione. Indossava un abitino di un arancione pallido, che scendeva fino alle ginocchia, lasciandole scoperte, a mostrare le escoriazioni e lividi sulle sue gambe magre; le spalle erano coperte da un golfino bianco di filo a piccolo punto, chiuso sul petto da un solo piccolo bottone. Non aveva collane, ma indossava i suoi orecchini a ravanello, con che ondeggiavano al ritmo dei suoi passi.
La professoressa McGranitt le aveva ceduto il posto, posandole con dolcezza una mano sul braccio, per guidarla davanti alla lista che avrebbe letto di lì a poco. Luna aveva sorriso e con la sua vocina da bimba, che però sembrava aver perso un poco quel tono svagato che l'aveva sempre contraddistinta, aveva iniziato a scorrere quella lista di ricordi.

- Severus Piton, Serpeverde. -

Harry Potter, seduto in prima fila, stringendo la mano di Ginny, aveva chiuso gli occhi, ascoltando quel nome. Un macigno nel petto, a ricordargli quante volte aveva accusato il professor Piton, quanti sospetti e quante colpe gli aveva attribuito. Ricordava il turbamento e la paura, davanti al lampo verde uscito dalla sua bacchetta diretto al petto di Silente sulla Torre di Astronomia.
Gli occhi neri di Severus, alla fine, mentre gli donava i suoi ricordi, mentre gli chiedeva di guardarlo negli occhi, mentre se ne andava bisbigliando il nome di sua madre.
Minerva Mc Granitt aveva ricordato lo sgomento provato davanti al corpo senza vita dell'amico Albus, il dolore che l'aveva spezzata, la rabbia contro l'uomo che aveva ingannato anche il mago più saggio che avesse mai conosciuto. Aveva pensato all'uomo che aveva conosciuto e accanto al quale aveva combattuto nell'Ordine e a quanto il suo inganno fosse, in realtà, ben riuscito. Quell'uomo aveva davvero giocato tutti, lei compresa, ma la proporzione di quelle bugie e specialmente la loro origine le avrebbero sempre lasciato un amaro rammarico: quello di non aver capito prima quanto realmente fosse un uomo di valore.

- Remus Lupin, Grifondoro. -

Neville Paciock aveva abbassato lo sguardo sulle sue mani, posate sulle ginocchia, poi sull'orlo della gonna di sua nonna Augusta. Per quanto potesse sembrare assurdo, aveva sorriso, riascoltando dentro di sé la risata del Professor Lupin davanti al molliccio che aveva assunto l'aspetto di Piton con il cappello a corvo della nonna. Era stato il primo vero professore di Difesa contro le Arti Oscure, aveva tenuto le loro prime vere lezioni e, per la prima volta, gli aveva donato quella briciola di fiducia in sé stesso che credeva non avrebbe mai trovato.

- Nymphadora Tonks, Tassorosso. -

Hermione Granger si era trovata davanti il viso di Tonks a Grimmauld Place, pensando con tenerezza ai giochi che faceva con loro cambiando la forma del suo naso, al colore improbabile dei suoi capelli e alla sua goffaggine sempre fuori luogo che veniva compensata dalla sua allegria e dal suo coraggio. Con gli occhi chiusi aveva rivisto il momento in cui lei e Remus avevano annunciato l'arrivo del piccolo Teddy con tutta l'emozione e quel poco di paura che ogni futuro genitore prova almeno per un momento. Aveva spostato gli occhi su suo figlio, che ora era sdraiato pacificamente in braccio ad Andromeda e con un minuscolo dito si torturava una ciocca di capelli blu cobalto che gli ricadevano sulla fronte.

- Colin Canon, Grifondoro. -

Un bimbetto con una macchina fotografica più grande di lui, la sua ossessione di fotografare Harry Potter in ogni momento, i suoi appostamenti improbabili dietro ogni angolo potesse nascondere uno scatto degno della sua attenzione; questi erano i ricordi che si erano presentati alla mente di Harry, che non aveva potuto far altro che aprire gli occhi e guardare di nuovo quei capelli biondi nascosti dietro il flash, quando si era ripreso dopo la caduta per colpa dei Dissennatori. E, ancora, lo spavento e il dispiacere di vederlo pietrificato sul letto in infermeria, dopo la liberazione del Basilisco dalla Camera dei Segreti. Era sempre stato un ragazzino coraggioso, a modo suo, il piccolo Colin.

- Fred Weasley, Grifondoro.-

Molly Weasley era rimasta aggrappata al braccio di Percy per tutta la lettura, aveva guardato i suoi figli a uno a uno, mentre scorrevano i nomi sulla lista. Quando era arrivato il nome di Fred aveva ricordato il suo sorriso irriverente a undici anni, accanto a quello di George, quando appena scesi dall'Hogwarts Express avevano terrorizzato Ronald con i racconti surreali dello Smistamento. Ricordava quanto si divertissero ad invertirsi, il loro darsi forza e sostegno l'un l'altro. Aveva rivisto i suoi occhi brillanti di eccitazione per il loro negozio appena aperto a Diagon Alley, per il successo dei loro scherzi. Aveva osservato di nuovo il panico di Fred dopo aver saputo che George era stato ferito. Infine, aveva spostato lo sguardo su George, stretto nell'ultimo maglione che aveva fatto per il suo gemello e, ancora una volta, li aveva visti entrambi. Aveva stretto la mano di suo marito fino a farsi sbiancare le nocche, mentre versava altre lacrime sulle innumerevoli che erano già sgorgate copiose dalla notte di quattro giorni prima.
Ginny Weasley aveva ricordato il suo primo giro su una scopa, quando aveva sei anni, seduta davanti a Fred, che aveva finto di farla cadere una decina di volte, facendola strillare a più riprese, mentre George se la rideva a crepapelle volando subito dietro di loro.
George Weasley non aveva pensato a niente. Non aveva un ricordo per suo fratello, non aveva un'immagine da richiamare; per lui non era come gli altri, lui non aveva perso solo un fratello, se n'era andata metà di se stesso e nulla di quello che avrebbe ricordato sarebbe potuto essere anche solo vicino a ciò che Fred era realmente per lui. Nessuno avrebbe capito quello che stava provando fino in fondo. Per lui, d'ora in avanti, tutto sarebbe sempre stato vissuto a metà.
Ronald Weasley era immobile sulla sua sedia, con lo sguardo fisso sulla mano di Hermione che gli stringeva la gamba, in una carezza che voleva essere di conforto. Riusciva solo a sentire la voce di Fred l'ultimo giorno che aveva trascorso a Hogwarts, mentre diceva a George: “Credo che abbiamo raggiunto l'età per interrompere la nostra carriera accademica”. Lo sentiva ridere di gusto e rivedeva la sua schiena allontanarsi sulla scopa. L'aveva invidiato, allora, avrebbe voluto essere come lui, se non al suo posto. E ora, non c'era più nessuno da invidiare o da ammirare.

Per molti minuti, era proseguita quella lettura e ad ogni nome, in tutte le menti presenti nella sala era comparso un volto, un ricordo, un aneddoto. Qualcuno aveva versato una lacrima, qualcun altro si era appoggiato alla spalla della persona al suo fianco, cercando lì la forza che sembrava mancare.
Circa cinquanta persone avevano perso la vita in quella battaglia ed ognuna aveva una storia, una famiglia, ciascuna aveva lasciato qualcuno che avrebbe sentito la sua mancanza. Infine, un ultimo nome era stato pronunciato dalla voce di Luna, un nome riecheggiato in silenzio tra le menti dei presenti nella sala:

- Vincent Tiger, Serpeverde. -

Erano stati secondi interminabili, quelli che avevano accompagnato Luna al suo posto. Secondi che sembravano racchiudere troppe parole, troppi rumori, troppi tormento. In questi attimi, Augusta Paciock aveva raggiunto il leggio, alzando la testa dalle sue mani per guardare negli occhi suo nipote con un sospiro di orgoglio e sollievo.

Mi hanno chiesto di dire qualcosa, oggi. Ho pensato molto a cosa fosse giusto dire per commemorare questa battaglia e queste persone che vi hanno perso la vita. Ma quello che ora mi sento di dirvi è un po' diverso. Ricordate ognuno di loro, mantenete vivo l'amore che provate e il loro ricordo perchè potranno esservi, così, un poco più vicini. Ma non dimenticate mai che questa Guerra non è stata la Battaglia di Hogwarts; questa battaglia è stata l'esplosione di una malattia lenta e infida, che si è insinuata per anni nella Comunità Magica, silenziosa e crudele, portando via vite e sogni, speranze e famiglie. La vittoria di oggi è una vittoria su anni di paura, ma soprattutto è una vittoria per mio figlio Frank e mia nuora Alice, è una vittoria per il mio Neville, per me e per il giovane Harry Potter. Quella di oggi è la vittoria di tutti quelli che in questo stillicidio hanno perso qualcosa di importante, qualcosa che spettava loro di diritto.
Quello che vorrei ricordaste, quindi, è che questo giorno soprattutto per OGNI vittima di Voldemort e delle sue follie, per ogni persona che sia morta per mezzo della sua bacchetta o per mano dei suoi gregari. Per tutti coloro i quali, a causa sua, hanno subito una mutilazione, che fosse del corpo o dell'anima.”


******


Ginevra Weasley camminava nei corridoi della scuola da sola. Dopo la cerimonia aveva salutato la sua famiglia e aveva detto loro che preferiva restare lì ancora per qualche giorno; aveva bisogno di immergersi in quelle mura, di fingere per un po' che tutto fosse normale, che a breve ci sarebbero stati gli esami, poi le vacanze e che niente era cambiato.
Stava girando da ore per quelle stanze e per quei passaggi che ormai conosceva a memoria, che avrebbe potuto percorrere ad occhi chiusi. Non riusciva a tornare in Sala Comune, non riusciva nemmeno concepire l'idea di restare ferma in una stanza, seduta a non fare niente.
Di dormire poi non voleva nemmeno sentirne parlare. Camminare senza meta le era sembrata la sola soluzione plausibile. Non che ci avesse lungamente pensato, prima di mettersi in marcia, solo che mentre lo faceva per ritornare dal giardino in cui aveva salutato tutti, si era resa conto che ogni cosa le sembrava più sopportabile, mentre metteva un piede davanti all'altro.
E proprio così, mettendo un piede davanti all'altro, si era ritrovata davanti alla Palude Portatile lasciata in onore dell'impresa dei suoi fratelli di un anno prima.

Quello che però aveva trovato accanto a quel modesto monumento ai gemelli l'aveva sorpresa non poco. Suo fratello George era seduto sul ciglio della palude, con in mano una bottiglia di Firewishky mezza vuota ed ancora indosso il maglione di Fred. Fissava la superficie dell'acqua fangosa, con le gambe raccolte al petto ed un braccio a cingerle entrambe e di tanto in tanto portava la bottiglia alla bocca, prendendone un lungo sorso, per tornare immediatamente a fissare la palude.

- George, cosa fai qui? Non eri andato alla Tana con mamma e papà?-

Suo fratello aveva sollevato lo sguardo e l'aveva osservata con disattenzione, come se in realtà non la vedesse, poi aveva l'aveva fissata, come per riconoscerla solo in quel momento e si era aperto in un mesto sorriso.

- Hey Gin. Non mi sono mai smaterializzato. Appena tu ti sei incamminata verso la scuola io sono venuto qui, passando per un'altra strada. Brindavo a Fred, sai... Vuoi unirti a noi? - le aveva chiesto alzando in modo significativo la bottiglia verso di lei, guardandola con gli occhi lucidi per le lacrime e per l'alcol.
- Certo che voglio.- aveva affermato Ginny, mentre gli si sedeva accanto e gli prendeva dalle mani il Firewishkey per berne una generosa sorsata.

Nessuno dei due aveva detto una parola in più. Erano rimasti lì seduti, a guardare la Palude insieme; Ginny ricordando di nuovo ogni sorriso e ogni gesto di suo fratello, ogni minuto passato insieme, ogni scherzo subito e ogni diabolica marachella progettata, George semplicemente ascoltando il silenzio; quello che era rimasto dentro di lui nel momento in cui la risata di Fred era morta sulle sue labbra. Non sarebbe più stata la stessa cosa, nemmeno lui sarebbe più stato la stessa persona.
Poi, ad un certo momento, il solo motivo che avrebbe potuto smuovere i due fratelli dal loro torpore, si era concretizzato: la bottiglia era vuota. George l'aveva agitata davanti al naso di Ginny, poi si era alzato e le aveva allungato la mano, per aiutarla ad alzarsi. Si erano incamminati insieme verso la Torre di Griforndoro senza bisogno di dirsi dove erano diretti. Barcollando e sostenendosi l'un l'altro, affrontando non poche difficoltà davanti alle numerose rampe di scale che conducevano al dormitorio, erano giunti all'ingresso della Torre. Una Signora Grassa con un braccio al collo ed una grossa medicazione sulla tempia li aveva fatti entrare immediatamente, quasi senza che Ginny le sussurrasse la parola d'ordine.
Appena varcata la soglia della Sala Comune Ginny aveva avuto la sensazione di essere osservata; le era bastato spostare lo sguardo dai suoi piedi, che aveva faticato tanto a portare fin oltre quel pertugio, per vedere la sagoma del Salvatore del Mondo Magico che la guardava di sbieco dalla poltrona davanti al camino. Ma era durato solo per un secondo, il secondo che precedeva la rovinosa caduta di George dietro di lei, che l'aveva travolta, trascinandola con sé sul pavimento.

- Scusami sorellina, sono inciampato.- aveva detto biascicando, mentre strisciava verso il tappeto cercando di rialzarsi.

Harry si era alzato senza proferire verbo, aveva aiutato George a rimettersi in piedi e poi era andato da lei, che era ancora sdraiata sul pavimento, indecisa se ridere per l'assurdità della caduta, vomitare per la nausea che le era salita dopo il ruzzolone o piangere ogni lacrima che le era rimasta per suo fratello. Le aveva spostato i capelli da davanti al viso e poi l'aveva presa in braccio, facendole poggiare la testa sulla sua spalla. Da quella posizione Ginny aveva guardato George sedersi scompostamente su uno dei divani e guardare le fiamme del camino con un'espressione distratta, persa, assente. Harry le aveva baciato la fronte e poi si era avventurato su per le scale del dormitorio maschile, fino alla sua stanza. Non c'era nessuno quella notte. Neville era tornato a casa con la nonna, così come tutti gli altri, tranne Ron che era disperso chissà dove, probabilmente con Hermione. L'aveva adagiata sul letto con dolcezza e le aveva staccato le mani dalla sua camicia, dove lei le aveva serrate con forza.

- Non vado da nessuna parte Gin, tranquilla. Avanti, sdraiati.-

Continuava a sentire la testa girare, lo stomaco ribellarsi alla sua brillante idea di consolarsi con la bottiglia e un vuoto terribile dentro il petto. Harry era lì con lei, questa volta, anche se la sua vista non le rimandava un'immagine che si sarebbe potuta definire propriamente nitida; era seduto sul bordo del letto e la guardava con un'espressione impotente.
Avrebbe tanto voluto fare qualcosa per lei, per lenire quel dolore, per farla sentire meno vuota; non riusciva a capire la sua scelta di ubriacarsi a quel modo, non comprendeva come avesse potuto preferire quello al conforto, seppur irrisorio, che lui le avrebbe potuto offrire con le sue parole, con il suo affetto. Ma non doveva capire, né giudicare. Si era sforzato di pensare a questo, mentre la vedeva sollevarsi sui gomiti verso di lui.
Ginny guardava negli occhi l'Eroe del Mondo magico, vedendo soltanto quel verde che per tutto quell'anno scolastico l'aveva tormentata, di notte nei sogni e di giorno nei ricordi. Guardava negli occhi di Harry e vedeva finalmente l'amore che lui provava per lei, libero dalla paura di Voldemort, libero dai troppi vincoli che lui stesso si era imposto prima della vittoria, paventando lo spauracchio della Guerra, i timori per la sua sicurezza. Ancora prima di rendersene conto in modo cosciente Ginevra aveva scelto come provare a superare quella notte, come tentare di restare a galla. Aveva afferrato il colletto della camicia di Harry con una mano, mentre con l'altra si sosteneva per restare seduta sul letto senza ondeggiare pericolosamente, e l'aveva tirato verso di sé. Non appena le loro labbra si erano incontrate aveva sentito qualcosa sciogliersi e il dolore diventare liquido nel petto. Non se ne sarebbe andato, questo era certo, ma in quella forma forse sarebbe stato più sopportabile. Harry era rimasto rigido davanti a quell'assalto completamente inaspettato, ma quando Ginny si era lasciata cadere sul materasso, trascinandolo con sé, aveva capito che niente importava più. Si era fatto trasportare da lei, dalle sue mani che gli slacciavano febbrilmente ogni bottone della camicia, dalle sue labbra che assaggiavano ogni centimetro del suo torace.
L'aveva sognata a lungo, durante l'inverno alla ricerca degli Horcrux, l'aveva immaginata con sé in ogni momento, ma mai avrebbe pensato che sarebbe stato così, con tutta questa rabbia e questo dolore, che si sarebbero ritrovati. Aveva lasciato che ogni sentimento provato, che ogni scheggia di sofferenza e di rancore fluissero, attraverso di loro, fuori dai loro corpi. Il profumo di Ginny, la sensazione della sua pelle sotto le dita, gli avrebbero permesso di ricominciare da capo.
Ginny aveva assaporato di nuovo l'odore di Harry, il suo sapore, il calore delle sue mani; aveva lasciato che la passione per lui si facesse spazio nella sua mente, schiacciando in un angolo, per qualche momento, tutto il resto. Non ci era riuscita, ma l'angoscia che provava aveva trovato sfogo in quell'unione, il dolore per ogni perdita aveva trovato un flebile conforto nel sentirlo con sé, finalmente, dopo tanti mesi. E quando l'aveva sentito spingersi in lei, con quel desiderio per tanto tempo rimasto insoddisfatto, aveva lasciato andare le lacrime.


*****

Hermione stava cercando Ron da più di mezz'ora ormai. Dopo la funzione in Sala Grande erano andati con Ginny a salutare tutta la famiglia nel giardino della scuola, li avevano guardati per qualche momento mentre si allontanavano a piedi verso Hogsmeade per potersi smaterializzare e poi si erano avviati insieme verso le porte del grande castello.
Erano passati davanti al grande spiazzo che a settembre, al ritorno a scuola degli studenti, avrebbe ospitato il Memoriale per le vittime di Voldemort. Avevano deciso di sistemarlo sulla collina, in modo che potesse dominare tutta la scuola dall'alto e che tutti coloro i quali sarebbero entrati l'avrebbero visto lassù, con tutti i nomi e con tutti i ricordi che racchiudeva.
Ron non aveva parlato molto durante tutto il pomeriggio, lo aveva fatto solo per esporre qualche informazione assolutamente necessaria oppure per avvertirla di qualcosa.

Mione, stai attenta al gradino.”

Mione, vado un attimo in bagno. Aspettami.”

Mione facciamo una passeggiata sul Lago.”

Mione, ho fame, scendiamo in Sala Grande per cena.”

Durante tutte quelle ore aveva tenuto stretta la sua mano freddissima nella sua, bollente, e l'aveva trascinata di qua e di là in ogni cosa sentisse la necessità di fare e lei l'aveva seguito, assecondando ogni suo desiderio.
Ora erano seduti in Sala Grande, per cena appunto, ed Hermione guardava Ron mangiare ogni oggetto commestibile fosse presente su quella tavola; si chiedeva, molto malignamente, pensò tra sé, se sarebbe stato capace di mangiare anche uno Schiopodo Sparacoda, se inondato di salsa e presentato in un piatto. La risposta che si diede era che, si, probabilmente l'avrebbe fatto.
Si riprese mentalmente per quel pensiero cattivo e sorrise al suo ragazzo, che le restituì un sorriso stentato, nascosto dietro ad un bicchiere di succo di zucca. Il suo ragazzo. Ancora non riusciva bene a capacitarsi di quanto stava succedendo.

Amava Ron? Certamente.

Aveva sperato per tanto tempo che si accorgesse di lei, che riuscissero a stare insieme.

Era felice? No.

Ma anche questo era perfettamente normale. Si erano scambiati quel bacio fugace, in un momento che era il meno appropriato possibile all'esternazione di un sentimento di quel genere, dopodichè la tragedia della morte di Fred e di tutti gli altri si era abbattuta sulle loro teste.
Non aveva avuto neanche il tempo di essere felice, perchè il dolore aveva immediatamente preso il posto di qualunque esaltazione o manifestazione di gioia avesse tentato di affacciarsi ai loro cuori.

Dalla fine della battaglia in poi era stata accanto a Ron in ogni momento, perchè aveva percepito il suo bisogno di sentirla con sé, ma l'unico gesto che lui aveva continuato a fare, nei suoi confronti, che si discostasse un poco dall'amicizia, era quel suo costante tenerle la mano, in ogni momento.
L'aveva lasciata soltanto ora, mentre erano seduti al tavolo ed aveva comunque preteso che lei gli stesse seduta accanto, non di fronte, per poterla sentire vicino.
Ron si era rifugiato in Hermione perchè era la sola persona che riusciva a sopportare di avere di fianco senza crollare; lei gli dava quella sensazione di sicurezza, di pace, che aveva trovato soltanto tra le braccia di sua madre, quando da piccolo veniva tormentato dai dispetti dei gemelli.

I gemelli. Fred.

Si era alzato di scatto dal tavolo, trascinando con sé parte della panca e facendo sussultare Hermione per lo spavento. Si era precipitato fuori dalla Sala Grande, lontano dalla vista di tutte quelle persone che sentiva di conoscere appena, lontano da tutti quegli occhi giudicatori, e poi su per le scale. Si era fermato su un pianerottolo e seduto su uno dei davanzali delle grandi finestre gotiche della scuola. Finalmente, lì, lontano da ogni sguardo, si era lasciato andare al pianto che aveva trattenuto per quattro giorni.

Hermione l'aveva raggiunto in pochissimi minuti, giusto il tempo di capire che strada avesse preso e di seguirlo su per le scale. L'aveva trovato accovacciato nella nicchia della finestra, con la testa appoggiata sulle ginocchia e le spalle scosse dai singhiozzi. Sembrava un bambino cresciuto troppo e troppo in fretta, racchiuso in quel piccolo spazio.
Si era avvicinata a lui e gli aveva circondato le spalle con un braccio, per poi posargli un bacio leggero sulla testa.

- Ron...- gli aveva sussurrato - Hey, guardami. Non devi nasconderti. -

Aveva soltanto mugugnato qualche sillaba, scuotendo la testa senza alzarla dalle ginocchia.

- Non nasconderti da me almeno, dai. -

Gli aveva preso il viso tra le mani, poggiando i palmi sulle guance umide di lacrime e l'aveva sollevato verso il suo. Ron aveva subito fuggito il suo sguardo, come se si vergognasse di quella manifestazione di dolore.
Lei gli aveva asciugato una lacrima con il pollice e poi si era sporta un poco verso di lui, poggiando le labbra sulle sue in un bacio dolce, tenero, che voleva essere una manifestazione di affetto sincero, di comprensione, di vicinanza. Si era allontanata quasi subito, per prendergli poi la mano e tirarlo giù da quella finestrella.

- Vieni con me.-

L'aveva portato nel corridoio che conduceva all'aula di Divinazione, quello più lontano dal trambusto prodotto dalle persone che erano rimaste nella scuola; aveva frugato per qualche minuto nelle tasche dei jeans e vi aveva trovato quello che stava cercando.
Mai qualcuno avrebbe scommesso sulla presenza di un simile oggetto nelle tasche del Prefetto Granger, eppure, ne aveva estratto uno dei Fuochi d'Artificio dei Tiri Vispi Weasley e l'aveva acceso, sotto lo sguardo esterrefatto del suo ragazzo.
Lampi e spirali rossi e oro si erano librati sopra le loro teste per qualche minuto e mentre li guardava, Hermione aveva stretto la mano di Ron, che l'aveva attirata contro il suo petto per abbracciarla. Solo allora, in quel momento, si rese conto di quanto il dolore per la morte di Fred fosse anche un suo diritto, quanto anche lei l'avesse amato e quanto anche lei, pur non essendo una Weasley, ne avrebbe sentito la mancanza.

Quando i bagliori dei Fuochi si erano dissolti, si era girata verso Ron e quando lui aveva visto le lacrime sul suo viso aveva scosso la testa, gliele aveva asciugate con una mano e l'aveva baciata con foga, quasi goffamente, stringendola a sé con quelle braccia grandi, che ancora stava imparando a comandare. Lei si era divincolata dalla presa poco dopo e si era incamminata verso la propria camera. Ron l'aveva seguita, caracollandole dietro per afferrarle di nuovo quella mano, come durante tutto il giorno.
Una volta in camera, Hermione si era nascosta dietro l'anta dell'armadio per togliersi gli abiti che aveva tenuto per tutto il giorno, per indossare un paio di pantaloncini blu e una semplice maglietta, molto abbondante. Ne aveva lanciata una uguale a Ron e l'aveva raggiunto sul letto.
Si era seduta sul materasso, con le gambe allungate in avanti e la schiena poggiata alla testiera e aveva fatto cenno al suo ragazzo di raggiungerla. Lui si era rannicchiato accanto alle sue gambe e le aveva poggiato la testa in grembo, mentre le accarezzava le gambe con una mano.
Ron aveva sentito subito la consueta sensazione di pace, quella che provava quando Hermione gli restava accanto e aveva chiuso gli occhi, cercando di congelare quel momento.
Si erano addormentati così, con le mani di Hermione tra i capelli di Ron e con il pensiero che forse, un giorno, sarebbero stati anche felici, insieme, senza quel retrogusto di malinconia che aveva permeato ogni momento, da quel loro primo bacio.




Benvenuti nei meandri della mia mente malata. Il titolo è CHIARAMENTE un omaggio ai Muse (tanto tanto amore per loro) e una sorta di "ispirazione" per quello che accadrà nella storia. Si, non si capisce, lo so, ma sono malefica. :)

Ringrazio ognuno di voi per essere arrivato fino qua, è già una grande cosa e ringrazio quei lettori fedeli che non mi abbandonano mai (si si dico proprio a voi)... xD

Questa storia parte canon che più canon non si può, almeno per me, ma se siete amanti delle cose fatte come vuole mamma Row diffidate di me, sono quanto di peggio potrebbe capitarvi, a discapito di quanto possa sembrare. Questo è solo l'inizio e la storia ha intenzione di discostarsi parecchio.

Non ho moltissimo da dire per introdurre alla faccenda. Come avrete capito e immaginato si piazza subito dopo la sconfitta di Voldemort e non terrà conto nella maniera più assoluta dell'epilogo, che per me è assolutamente irrilevante, anzi oserei dire inesistente.
Aspettatevi parecchie testoline bionde e parecchio Slytherin Pride, tengo sempre per il lato Oscuro e ne vado molto fiera, che ci vogliamo fare... xD

Per questa volta vi lascio brevemente, ricordandovi solo che se volete addentrarvi ancora di più nella mia folle psiche, potete venire a trovarmi su Facebook. Sono QUI. xD

   
 
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