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Autore: Furiarossa    09/12/2010    1 recensioni
La storia fa principalmente due cose: insegnare e scherzare.
Ci fa brutti scherzi, a volte, altre un pò meno ... ma ci ha anche insegnto che alcuni uomini possono essere più pericolosi di altri. O semplicemente più grandi.
E cosa succederebbe se all'improvviso, nella nostra civiltà moderna, si ritrovassero due tiranni del calibro di Vlad Tepes Terzo principe di Valacchia, detto l'impalatore e conosciuto dal mondo come Dracula, e Adolf Hitler, il flagello dei popoli?
Per scoprirlo, non vi resta che seguire questa storia ...
E poi chi dirà più che la storia è noiosa?
Questo racconto è stato scritto in collaborazione con la mia sorellina Roberta, 11 anni. E' piccola, penserete ... si, ma è un genio.
Genere: Azione, Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 4

Come accadde che Adolf conobbe Vlad

 

Un tempo infinito. Goccia dopo goccia, si consumava la sua tortura … rimanere nascosto, fermo, raccolto. Le sue gambe erano ormai intorpidite, ma non osava muoversi.

Era terrorizzato.

Pensava, era fermamente convinto di aver fatto la cosa giusta, eppure lo perseguitavano. Inoltre Melody aveva qualcosa che non andava. Sembrava posseduta.

Si rendeva conto con tristezza che aveva perso tutto il potere che aveva accumulato in tutti quegli anni, d’improvviso e senza un perché. E pensare che era bastato il tempo di una dormita per cancellare tutto …

Ma Adolf non era stupido, e iniziava a sospettare qualcosa. Tutto era troppo diverso da come lo aveva lasciato, e ne era la prova che i ragazzini strafottenti ebrei se ne andavano in giro per la Germania senza un briciolo di paura, perdendo i loro stupidi micetti a destra e a manca. Non avrebbe riconquistato certo il suo potere però stando lì nascosto, al freddo, in una stupidissima grotta, senza seguaci a parte una ragazzina di nove anni che aveva strane crisi di mutismo e andava di tanto in tanto in coma.

Doveva trovare nuovi alleati, dannazione!Ma aveva paura di uscire là fuori, con quegli strani tipi che inseguivano lui, il più potente personaggio del suo tempo!

Rivolse un timido sguardo fuori, sentendosi un animale braccato.

Il cielo, di un grigio esagerato, era coperto da migliaia di nubi rigonfie e morbide, come tanti bozzoli di seta, che si muovevano pigramente lassù. Il tutto era offuscato dalla pioggia, fitta e sottile, che si schiantava sul terreno con un lieve ticchettio frequente. Hitler poteva a malapena vedere la parete del carcere, di un grigio sconfortante.

Grazie all’edificio accanto alla quale si erano rifugiati, oltre a sentirsi pedinato senza un attimo di tregua, era irrequieto. E se quei criminali fossero scappati? E se li avessero trovati e, in preda a qualche strano istinto da malfattori, avessero deciso di ucciderli, per  “eliminare le loro tracce”, incuranti del fatto che sarebbero stati i cadaveri stessi degli indizi?

Ce ne erano molti di pazzi al mondo, e spesso si ammucchiavano in posti come quello. Probabilmente anche Adolf era un pazzo, ma non era abbastanza dotato fisicamente per prendersela con qualcosa di più grosso di animaletti e bambinelli indifesi che giravano per le strade della terra che sentiva … no, Hitler non sentiva di appartenere alla Germania. Era la Germania che apparteneva a lui.

Sospirò.

«Prego» mormorò Melody, in un angolino, scuotendo la testa come un cane che si scrolla via l’acqua dal pelo

«Che?» chiese l’ometto, senza neanche distogliere lo sguardo da fuori dalla grotta. La cosa peggiore di tutte era che si sentiva indifeso e nostalgico. Non poteva proprio sopportarlo

«Niente!» si affrettò a esclamare lei, per ricoprirsi subito dopo la bocca. Come cinque minuti fa gli aveva rivelato, anche lei aveva paura di stare nascosta così vicina al temporale.

Fra l’altro quel luogo pullulava di “forze dell’ordine”.

“Puah. Forze dell’ordine.  Io sono l’ordine! Loro appartengono a me!” pensò, con un leggero esaltamento.

Ma almeno era un nascondiglio.

Sulla parete del carcere criminale, situato di fronte alla grotta, c’era una finestra, aperta ma ovviamente provvista di robuste sbarre. Se uno strizzava  gli occhi e si concentrava a dovere, come Adolf fece, si poteva scorgere un tizio comune, leggermente in carne, che si accaniva su del pane e un po’ di minestra in modo fin troppo vorace.

I capelli, di una specie di sabbia stinto, erano corti e leggermente spettinati.

Doveva essere dentro da poco, visto che la sua capigliatura era ancora da persona civile. Gli altri particolari, anche se uno si concentrava al massimo erano indistinguibili. Hitler riuscì a capire solo che la parte superiore del suo vestiario era costituito da qualcosa di bianco con qualche macchia di sporco.

Rinunciò, per evitare di rovinarsi la vista e pensò di dormire. Chiuse gli occhi e cercò di non concentrarsi su nient’altro che non fosse sonnecchiare. Oh, che pace. Era tutto così calmo e c’era un odore fresco di pioggia e pulito, di erba e persino di metallo. Era così tranquillo … no. Si stava mentendo da solo. Lui non era affatto tranquillo, piuttosto di stava rodendo dall’inquietudine.

Riaprì gli occhi, sbuffando, e si sentì stranamente arrabbiato. Non sapeva neppure con chi. Decise di prendersela con Melody, per sfogarsi. Di certo non poteva urlare in faccia a un poliziotto o, cosa che lo faceva fremere di spavento anche  solo a immaginarselo, a un carcerato.

«Non sei una tipa che fa molta compagnia, eh?» ringhiò, per iniziare

«No» sbadigliò la ragazzina, incurante

«Allora che ti tengo a fare? Sarebbe meglio che ti buttassi fuori a calci» bofonchiò.

«Mi devi il fatto di non esserti perso …» iniziò a contare sulle dita «Poi di non essere stato preso, interrogato, mandato in carcere, e passato lì il resto dei tuoi giorni» mostrò con un sorriso radioso la mano aperta che indicava il numero di favori che le doveva.  Erano cinque

«Avrei saputo cavarmela!» ringhiò, con i baffetti che fremevano di rabbia

La piccola interlocutrice sorrise. Adolf conosceva bene quel caspio di sorriso, sempre pronto a farlo innervosire «Senza di me ti saresti comunque perso, avresti comunque combinato quel gran pasticcio prima o poi, e anche se non ti avessero preso, tu ti saresti preso una gran bella polmonite per …» con il pollice, con fare trionfante, indicò l’esterno «E poi, quale luogo è più caldo di una bella grotticella?» si abbandonò sul fondo della “grotticella” e chiuse gli occhi, ancora sorridendo di trionfo.

Sbuffando di rabbia Hitler guardò all’esterno. Ripensò alla sua situazione.

“Altro che grotticella!” pensò fra se e se “Questa è una grotti-cella!”.

Ridacchiò poco convinto della sua battuta, poi si zittì.

Sentiva a malapena il respiro regolare suo e di Melody. La bambina si era addormentata, serena.

Rimase molto tempo a contemplare il temporale, neanche lui sapeva quanto anche all’incirca, che infuriava fuori.

Plic. Plic.

Le ultime gocce piovvero sul terreno, frantumandosi in minuscoli frammenti cristallini.

D’improvviso tutto cessò. No, non era tutto d’improvviso. Era l’uomo che, assorto com’era, non si era accorto del progressivo diminuire del temporale fino a quando non era cessato del tutto.

Hitler si affacciò, cautamente, fuori dalla grotta. Decise, adesso che il temporale era finito di cercare nuovi alleati.

Rifletté. Non ne avrebbe trovati molti, di adepti, soprattutto lì.

Avrebbe dovuto allontanarsi, ma non gli andava di lasciare sola Melody. Troppo piccola, troppo giovane.

“Troppo vicina a questi pazzi …”  aggiunse mentalmente. Ma non poteva portarsela dietro: sarebbe stato troppo difficile non farsi beccare. Eppure aveva strane idee quella bambina, idee che facevano pensare ad Adolf che Melody gli avrebbe frequentemente salvato quella sua pelle da dittatore tedesco.

 

Vlad se ne stava sdraiato, di nuovo. Non sapeva come raggiungere quel tizio. Se ne stava immobile, con le mani sul ventre e guardava assorto il soffitto. Evadere.  Sarebbe stato difficile? Bah …

Lui aveva un’idea. Era una bella idea, come a volte gli venivano in testa quando era con le spalle al muro, violenta e geniale al tempo stesso …

Se non fosse stato che, per un colpo del destino, l’ennesimo colpo del destino, stava per giungere e stravolgere ancora una volta la situazione. Si trattava di un aspirante regista tedesco in vacanza nell’Europa dell’Est, appassionato di ricostruzione storiche, il quale non aveva potuto fare a meno di notare il principe Vlad e desiderare di potergli mettere le mani addosso e usarlo nel film che gli avrebbe cambiato la vita.

Così, mentre Vlad se ne stava sdraiato tranquillo, vide entrare nella sua cella un giovane uomo dai capelli biondi e la pelle abbronzata. Non sembrava del posto, anzi, quasi sicuramente era uno straniero.

«Ciao» Disse, stentatamente «Ma numesc … »

«Il tuo nome?» il principe sollevò appena la testa dal letto, incuriosito più dal tintinnare delle chiavi della guardia che aveva aperto la porta che dal tizio che lo infastidiva

«Franz» borbottò solo lo straniero, poco convinto

«Oh» Vlad ributtò la testa sul cuscino e continuò a guardare il soffitto.

Entrambi i suoi compagni di cella ridacchiarono della sua indolenza mentre l’aspirante regista sbuffava

«Io sono qui per … tirarti fuori» disse quest’ultimo, con un accento straniero molto duro

«Davvero?» Vlad non sollevò neppure la testa, questa volta «E come conti di farlo?»

«Sono già d’accordo con il direttore del carcere» ammise il regista, con un sorriso curioso «Se farai il bravo, con me, avremo entrambi un certo vantaggio. Ho promesso che avrei pagato bene la tua scarcerazione e dopotutto non sei un criminale così irrecuperabile, no? Violazione di domicilio è un reato ben misero a confronto delle dozzine e dozzine di … » sembrava non riuscire a trovare la parola giusta, in ogni caso parlava molto lentamente «Omicidi»

«Ah» Gilbert ridacchiò «Perché non tiri fuori me, allora? Eh, vecchio crucco?».

Il giovane regista parve non capire perché guardò con occhi vacui il galeotto e poi spostò di nuovo lo sguardo sulla sua “preda”

«Andiamo, vieni con me!» lo esortò, felice

«D’accordo» indolentemente, Vlad si alzò e si avvicinò al suo misterioso salvatore, guardandolo gelidamente.

Franz mise una mano sulla spalla del suo nuovo protetto e fu felice di sentire ossa e muscoli saldi, da guerriero

«Farò di te una celebrità ineguagliabile» disse, sicuro, storpiando le parole

«Prima dovresti imparare a parlare» ribatté il principe, in tono di scherno

«Vorrei … vorrei vedere … tu che parli il tedesco»

«Ci proverò, quando arriveremo nella tua terra. Se ci arriveremo» Vlad sogghignò, ma Franz non fu da meno e per un istante il principe ebbe il terrore che il suo nuovo salvatore volesse proprio trascinarlo in Germania.

Gilbert andò incontro a Vlad e lo abbracciò, battendogli sulle spalle amichevolmente, Frank, invece, si inchinò fino a terra per omaggiarlo. Quasi commosso, Vlad venne trascinato fuori dallo zelante e minuscolo tedesco, inseguito dalle parole di un ironico Gilbert

«Attento a Franz il Crucco, quelli non scherzano mai».

Vlad fu condotto in una boutique di moda parecchio costosa, con il soffitto alto e nero e gli scaffali raffinati, costellati di vestiti costosissimi.

Il suo nuovo amico, o presunto tale, Franz il Crucco così come era stato ribattezzato da Gilbert, gli aveva comprato un completo moderno ed elegante comprendente giacca e pantaloni gessati e una specie di orrenda lingua di stoffa rossiccia che si chiamava cravatta e che pendeva mestamente di fronte al petto robusto del principe, ma anche così il suo aspetto rimaneva abbastanza singolare da attrarre lo sguardo dei presenti.

Vlad si guardò incuriosito

«Sembro … sembro venire da un altro mondo» disse, a voce bassa

«Oh, si, adesso sembri di un altro mondo» confessò Franz, lisciandogli la cravatta contro la camicia bianca «Sembri un vero attore, non potranno rifiutare la mia proposta»

«Che proposta?»

«Ho intenzione di farti recitare in un film, sarai un ottimo Dracula. Non possono rifiutare la mia proposta, sono anni che cercano uno come te. Hai lo charme giusto, vieni dalla terra giusta, ehi, non avrai neanche bisogno della controfigura se ho sentito bene le voci che circolano sul tuo conto»

«Quali?» Vlad era infastidito dalla mano di quel ragazzo che continuava a toccarlo, ma cercò di contenersi dedicando i propri pensieri ad altro, ad esempio alle dicerie che circolavano su di lui

«Hai davvero spaccato la faccia a uno dei poliziotti che presiedevano al tuo interrogatorio e combattuto come un leone contro gli agenti che volevano portarti in prigione?»

«Come un drago» disse fieramente il principe, gonfiandosi

«Riesco a capire come mai mi hai fatto l’impressione giusta. Senza offesa, ma sei il ... » voleva dire una parola in particolare, matto, ma non ne ricordava la giusta traduzione in rumeno « … uomo di cui abbiamo bisogno»

«Ora, vorresti smettere di accarezzarmi» Vlad indietreggiò di un passo

«Eh? Scusa, non capisco quando parli veloce» l’aspirante si infilò le mani in tasca

«Vorresti smettere …» Vlad si passò una mano sulla cravatta « … di accarezzarmi? Mi dai i brividi».

Franz rise e Vlad ci rimase male, poi il tedesco lo spinse fuori dalla boutique, lo infilò di nuovo in macchina e lo portò all’aeroporto.

Il viaggio in aereo fu stressante per il vecchio impalatore, sentiva la terra beccheggiare sotto i suoi piedi e una paura oscura gli attanagliava le viscere

Vlad strinse convulsamente i braccioli della poltroncina per tutto il viaggio, gridando, e fu del tutto inutile che Franz il Crucco gli spiegasse che non c’era da avere paura. Tutti i passeggeri lo guardavano curiosi.

Quando toccarono terra, Vlad scese di corsa a terra, si inginocchiò riverente e baciò il suolo come Cristoforo Colombo appena arrivato in America, esclamando benedizioni in rumeno ed attirandosi sguardi di simpatia da parte dei presenti.

Nessuno aveva viaggiato particolarmente bene, c’erano state delle piccole turbolenze sgradite soprattutto a metà del tragitto, ed era come se il principe si fosse sfogato a nome di tutti.

Senza dubbio non era stata una bella esperienza, per lui, ma quella sua scenata teatrale sarebbe stata ricordata a lungo dalle persone che vi avevano assistito.  Sembrava che quell’uomo distinto fosse appena uscito dall’inferno e non avesse paura di manifestare la sua gioia. Chi poteva immaginare che lui era un esperto, in materia di inferni sulla terra? Gli incendi non si appiccavano soli e qualcuno doveva pure aver impalato quelle centinaia di migliaia di Turchi, cinquecento anni prima, no?

 

Hitler aveva fame, aveva sete, aveva sonno.

Se ne stava abbandonato sul fondo della grotta, mentre Melody tentava di smuoverlo da lì, additando il Sole «Dannazione, c’è il Sole! Esci un po’ a sgranchirti o diventerai un grosso invertebrato anchilosato! Mi capisci?! WOOO! » gli urlò nelle orecchie.

Hitler, infastidito, la spinse via e si girò dall’altro lato. Aveva perso il suo potere …

La ragazzina era davvero preoccupata. Sembrava che Adolf fosse caduto in depressione dopo il temporale, che aveva lavato via ogni sua resistenza. Melody aveva paura che diventasse un emo-depresso.

Pestò un piede, e si arrabbiò. Con Hitler. E con quei diavolo di piedipiatti che tutto il giorno gli alitavano sul collo. A nulla valsero le esortazioni alla calma della Vera Melody, lei si arrabbiò ancora di più

“Stai calma, piccola!”

“Non mi dire di stare calma!Io mi arrabbio quanto mi pare!Tu non sei mia madre!Mia  madre  è stra-stecchita!Sei solo una stupida voce nella mia testa!”

“Oh” disse la “Vera Lei”, con amarezza “Io sono … solo una stupida voce nella tua testa. Non servo a niente. Bene. Credo che me ne andrò, visto che non vi servo. Addio Melody. Sei stata tu a mandarmi via, ricordatelo” le rispose, pacata

“E vattene!” gli urlò mentalmente Melody, ma se ne pentì subito. Era lei che l’aveva aiutata in tutti questi anni. Lei sapeva benissimo che quella per lei non era una stupida voce nella sua testa. Era la Vera Lei. Era colei che l’aiutava nei momenti più difficili.

Era bhè … per Melody era difficile ammetterlo, ma era anche la sua migliore amica.

“Va … va bene” disse, con tono indecifrabile, ma la ragazzina avrebbe potuto giurare di scorgere un singhiozzo fra le parole

“Senti … mi, mi dispiace. Davvero, non volevo. Mi scuso. Ti prego non te la prendere! Ci sto male!”

“Sei sicura? Io sono solo una stupida voce nella tua testa” 

“Al diavolo! Te l’ho detto, mi dispiace, ma sai meglio di me che questa schifo di situazione mi fa imbestialire. Che cosa posso fare? Sei tu la voce dalle mille risorse. Ti prego, aiutaci!”

“Uhm. Va bene. Vi do un consiglio”

“Sarebbe?” chiese Melody, ansiosa e con una scintilla di speranza che sentiva accendersi dentro di lei

“Aspettate”.

Quell’unica parola schiacciò e compresse la piccola scintilla che si spense. Che bellezza. Aspettare.

Hitler, come faceva perennemente dopo il temporale, se ne stava zitto e guardava Melody. Il suo aspetto era preoccupante, ma Hitler ormai ci era abituato: seduta per terra, Melody fissava il vuoto con i suoi occhi neri e intelligenti, anzi non lo fissava, lo attraversava, con la bocca spalancata. Sapeva che anche se avesse provato a parlarle, lei non gli avrebbe risposto.

Ma, sapeva anche che di solito, dopo quegli strani attimi in cui lei sembrava posseduta, aveva delle straordinarie idee che li tiravano fuori dai guai, o, in alternativa, li aiutavano verso la scalata del dilemma. Come andarsene senza essere notati?

Eppure aveva notato che la ragazzina era leggermente contrariata ogni volta che si parlava di andarsene da dove erano.

Sperava che stavolta avesse avuto un’idea geniale che li avrebbe tirati fuori dai guai. Probabilmente, se non fosse stato Adolf stesso, Hitler avrebbe deriso il modo in cui un uomo s€i affidava alle idee di una bambina indemoniata, eppure lui non ci faceva caso.

Il suo volto non esprimeva alcuna emozione.

Melody si riscosse e guardò con un sorriso dispiaciuto Adolf. Neppure lei era riuscita ad avere una buona idea? Neppure lei che aveva un cervello così perfetto per essere una bambina? A Hitler non veniva nulla di buono.

«Allora?» chiese, e per la prima volta da un bel po’ di tempo si dipinse sul suo volto un’espressione di ansia

«Niente» un sorriso, seppure di amarezza, si disegnò sul suo volto da bambina «Aspettare»

«A … aspettare? Perchè? Fino a quanto?»  era molto, molto deluso.

«Non lo so. La mia voce non mi dice niente»

«La tua … voce?»

«Si … la mia voce» lo guardò perplessa.

Ma quello davvero confuso fra i due era Hitler «Cosa?»

«Tutti» iniziò a spiegargli, come si fa con i bambini piccoli che si dimostrano fin troppo ignoranti «Hanno una specie di voce interiore che gli spiega certi nostri comportamenti non condizionati dalla nostra “etica” o “morale”» fece con le dita il segno della virgolette quando pronunciò le due parole «Infatti la nostra voce interiore è la nostra parte più vera e pura. Ce l’hanno tutti a quanto ne so io» concluse, con una scrollata di spalle.

Tutti? Lui non aveva mai avuto una voce interiore che non fosse lui che formulava i suoi pensieri. Era anomalo?

Non era possibile. Lui era sempre stato abbastanza normale.

Almeno così lui pensava, non sapendo quanto fosse pazzo in realtà. Ma non era stupido e pensò a un fraintendimento da parte di Melody sulla “voce”.

Poi, all’improvviso, Melody sentì un rumore di passi diguazzanti che venivano verso la grotta. Dovevano essere due uomini … dio, due piedipiatti che venivano a cercarli!

«Presto!» Esclamò la ragazzina «Presto, presto, per l’amor del cielo, dobbiamo fare qualcosa!».

“No”  la voce nella testa di Melody era soave più che mai, sicura “Sta arrivando quello che voi aspettavate”

“Sicura?”

“Si”

“Ma sicura sicura? No, perché sai, sarebbe un tantino imbarazzante se quello che aspettiamo è di entrare in prigione …”

“Ti fidi di me?”

“Neppure fossimo sul Titanic …”

“Ti fidi di me?”

“Diciamo pure di si”

“Allora stai ferma dove sei. Non impedire al tuo amico storico di fuggire: sarebbe un grave errore”.

Melody rimase immobile, mentre Hitler balzava in piedi e si guardava intorno come un furetto allarmato. I passi si fecero più vicini e il dittatore cercò di guadagnare il fondo della grotta, ma Melody lo afferrò per un braccio

«Cambio di piano» disse «Non ci muoviamo!»

«Ci prenderanno!» Adolf era preoccupato, aveva iniziato a sudare freddo «Sono praticamente dietro l’angolo!»

«La mia vocina nel cervello dice che devo stare immobile. Ti fidi di me?»

«No, per l’amor del cielo, no, non mi fido di te!»

«Stai immobile e basso. Mantieniti calmo e lucido» Melody cercò di prendere il controllo della situazione mentre il panico si impadroniva anche di lei, paralizzandola.

Il sole, fuori, splendeva brillante, eppure c’era qualcosa di mesto nell’aria … come se stesse per scatenarsi una qualche calamità sovrannaturale. In pieno giorno, con quel bel tempo.

I passi bagnati si avvicinavano ancora, e poi qualcosa si fermò di fronte all’imboccatura della grotta. Melody trattenne il respiro: conosceva quel tizio, in qualche modo. Lo conosceva la Vera Lei e lo conosceva anche la Melody che aveva studiato sugli stupidi libri di storia delle elementari e aveva cercato di saperne di più comprando libri senza il permesso dei suoi tutori legali. Lo conosceva perché aveva visto la sua faccia stampata su un volumetto  che trattava del sovrannaturale.

Hitler emise una specie di mugolio strozzato e balzò in piedi, ma sembrava non essere nel pieno delle sue facoltà mentali perché si limitava a fissare con sguardo ebete la figura che ostruiva l’entrata della grotta.

Il principe Vlad avanzò verso il Fuhrer sorridendo. Aveva un sorriso che andava da una parte all’altra della faccia, come quello del gatto del Chesire. Sembrava che quel sorriso camminasse da solo in un manto di nero e grigio.

Franz il Crucco tirò bruscamente indietro il suo protetto

«Ma dove vai?» gli chiese, con rabbia «Non dovresti gironzolare così per le campagne! E per le grotte poi …» gli occhietti chiari dell’aspirante regista incontrarono in quel momento Hitler.

“Gesù, quest’altro è perfetto. Spiccicato al vecchio Adolf, mi ci gioco le ossa se non si è impomatato anche il ciuffo uguale. Mamma, quei baffetti sono tanto fuori moda quanto tagliati bene”.

Vlad, infastidito da Franz, lo sbattè contro la parete a destra della grotta come se questi fosse poco più che un misero insetto. L’aspirante regista mugolò e sentì le lacrime affiorare per il dolore

«Sei impazzito?» chiese, in tedesco.

Vlad non capì le parole, ma le sue labbra crudeli e scarlatte si curvarono ugualmente in un sorriso che era un ringhio animale. Era come quando un cane vede correre un bambino di fronte a se: doveva abbatterlo. Dracula aveva sentito l’odore del sangue di Franz, lo aveva visto piagnucolare e adesso non si sarebbe fermato finché non avrebbe ucciso quella vile seccatura

«Non mi servi più. Ho raggiunto chi volevo. Dio è con me, in questo giorno di trionfo, e come al solito mi ha guidato verso i miei desideri».

Franz tossì forte e cerco di rimettersi in piedi, ma l’Impalatore se ne accorse e gli poggiò un piede contro la caviglia

«Oh, non andrai da nessuna parte …» mormorò, diabolicamente, poco prima di colpire con il tacco della scarpa la giuntura della sua vittima, più e più volte, lacerandogli la pelle sotto il risvolto pulito dei pantaloni e infine spezzandogli l’osso.

Franz il Crucco urlò di dolore e si voltò, cercando di trascinarsi fuori dalla grotta, lontano dalla portata di quel pazzo, ma Vlad gli diede un calcio in faccia che lo rivoltò pancia all’aria.

Hitler e Melody si avvicinarono involontariamente tra loro, come se potessero mettersi reciprocamente al sicuro dal mostro sadico che era piombato a sconvolgere le loro vite e che stava letteralmente ammazzando di botte un poveraccio di fronte ai loro occhi attoniti.

Hitler era crudele, ma … ma non aveva mai visto una cosa del genere in prima persona. Sapeva bene che aveva bruciato i corpi di migliaia di ebrei, che un numero infinito di persone era morto perché lui lo aveva ordinato, perché ci aveva messo la firma, ma non aveva mai visto qualcuno capace di causare così deliberatamente e lentamente dolore, ridendo. Quell’uomo lo spaventava.

Franz gridò ancora, portandosi le mani davanti al volto e reggendosi il naso spezzato dalla quale colava lentamente il sangue caldo, poi rotolò su un fianco e si trascinò sui gomiti.

Vlad gli piantò con forza il tacco della scarpa in mezzo alla schiena

«Hai finito per sempre di palparmi» disse «Brutto maniaco schiarito dal sole»

«Pietà!» strillò Franz, con la voce rotta «Pietà! Cosa ti ho fatto?»

«Non avresti dovuto farla tanto da padrone … non avresti dovuto toccarmi in quel modo».

Melody, mentre si nascondeva dietro Adolf, pensò che quel tizio era parecchio permaloso se per qualche palpatina stava massacrando un poveraccio.

Franz piangeva: le lacrime gli bagnavano quasi interamente la faccia e si mescolavano al sangue. Era orribile a vedersi, i lineamenti distorti dal dolore e una striscia sottile di muco che gli scendeva dalla narice sinistra. Vlad rise, una risata terribile, con la voce forte che saliva e scendeva di tono in maniera cantilenante e divertita, poi afferrò saldamente Franz per le spalle, lo sollevò da terra come se non pesasse più di una dozzina di chili e lo sbattè con il petto contro la parete della grotta.

Il rumore della cassa toracica contro la roccia fu quello di un tamburo e Franz non aveva fiato per gridare, i polmoni compressi. Vlad lo guardava da dietro, ben piantato sulle gambe divaricate, e sembrava compiaciuto. Aveva un’idea. Un’idea piccola e diabolica per fare passare un brutto quarto d’ora a quell’insignificante omiciattolo. Doveva pagare! Perché? Perché avrebbe pagato a nome di tutti quelli che gli avevano fatto del male, oltre che per il suo comportamento così imbarazzante e confidenziale.

Anche stavolta, però, i piani del principe vennero stravolti dal destino: Hitler intervenne alquanto coraggiosamente per salvare il suo concittadino. In genere il Fuhrer sarebbe stato un inguaribile codardo, ma adesso non vedeva fine più gloriosa del morire combattendo; credeva che il pazzo furibondo, una volta finito di distruggere quel poveraccio con una caviglia spezzata, se la sarebbe presa con loro.

Così Hitler balzò sulle spalle di Vlad e ci si attaccò come un granchio

«Mollalo!» ruggì.

Ovviamente, Vlad non capiva il tedesco, ma lasciò ugualmente andare Franz, che si afflosciò contro la parete scoppiando in singhiozzi pietosi.

Il principe rimase immobile finché Adolf, confuso riguardo a quel comportamento,  non lo lasciò andare e indietreggiò. Vlad afferrò per i capelli Franz e lo sollevò, appoggiandoselo a un fianco

«Ci farai da traduttore» gli disse, in tono quasi dolce «E se sarai bravo in questo lavoro, ti risparmierò la vita».

Franz cercò di contenere i singhiozzi e di trovare una via di uscita da quel pasticcio: avrebbe dovuto essere veramente bravo e rapido nella traduzione, altrimenti quel pazzo che si era portato dalla Romania e che si credeva Dracula lo avrebbe rovinato. Così annuì convinto in mezzo alle lacrime e il principe lo guardò con un’espressione vagamente scettica prima di spostare lo sguardo su Hitler

«Ciao» disse «Ti ho visto sul giornale, sei tu Adolf Hitler?»

Singhiozzando, il Crucco tradusse in modo comprensibile ad Adolf le parole che l’Impalatore aveva pronunciato.

Adolf annuì e, di colpo, perse tutto il suo coraggio. Quell’uomo era enorme!

Con un filo di voce, chiese «E tu?» con la conseguente traduzione in rumeno

«Mi chiamo Vlad, voivoda di Valacchia. Lieto di conoscerti!»

Hitler si sentì dannatamente a disagio. E ora?Aveva paura che quel tizio, senza un motivo, lo ammazzasse di botte come aveva fatto col Crucco. Indeciso, tese la mano «Io sono un Fuhrer»

«È così che dite principe?» Vlad strinse la mano di Hitler con le sue dita forti «E’ questo, più o meno, che significa voivoda …»

«Già …» Adolf si gonfiò d’orgoglio «E così che diciamo principe». Melody, dalla grotta, fece una smorfia. Ora Hitler era anche un principe.

«Ehm … sembra che tu volessi incontrarmi, o sbaglio?» gli domandò, acquistando un po’ di coraggio

«Non erri, mio rivoluzionario amico, ma pensavo ad una reazione un po’ più … un po’ più …» schioccò le dita «Si, possiamo tranquillamente dire che mi aspettassi una reazione più decisa da parte di un personaggio di levatura pari alla tua»

Almeno c’era qualcuno che capiva ancora il suo potere. Ma se lui lo conosceva già, perché si aspettava qualcosa di più deciso? … E comunque quel tizio gli ricordava qualcuno …

«Chi, Adolf? Feroce? Non credo proprio» insorse Melody, facendosi avanti. Guardò su verso Vlad, scrutandolo in cerca di una qualsiasi reazione. La vocina le aveva parlato e le aveva detto che stavano aspettando lui. Allora doveva farselo amico. E poi si chiamava Vlad, era un voivoda ed era un principe. Senza contare che era spiccicato a Vlad l’Impalatore. Nella sua testa in una parola si susseguiva a ruota continua: money, money, money.

«Cosa?» il principe fu chiaramente deluso «Tu non sei feroce?».

«Io … ehm … si!Io sono feroce!Che vai dicendo, tu?!» strillò additando Melody, che rispose con una scrollata di spalle

«A me nella grotta sembravi piuttosto … depresso. E poi hai quel ciuffo “alla emo”. Non sembri feroce quando non uccidi i gatti per strada».

Vlad, confuso, guardò i due che iniziarono a litigare

«Io … io sono sempre feroce!»

«Ma va!Eri caduto in depressione lì dentro!Non ti muovevi neanche se ti prendevo a calci!» Melody urlò indicando la grotta

«Nein! Non è vero! Stupida bambina, non riesci a capire quando uno pensa!» In un certo senso era vero che lui stava pensando. Stava pensando a quanto era caduto in basso.

«Ceerrto! Ovviamente, quando uno pensa, è talmente assorto dai suoi pensieri da essere UN MALEDETTO NOSTALGICO TUTTO IL TEMPO!» urlò le ultime parole, quasi sputandole, sporgendosi leggermente in avanti come per sfidare il dittatore

«Io ero assorto dai miei pensieri, ma STAVO RIFLETTENDO SU COME TIRARCI FUORI DA QUI! Dannata …  maledetta!»

«Dannata maledetta?A me?Bene, Fuhrer, allora dimmi come avresti fatto senza di me. Mio caro amico tedesco. Saresti morto, o in prigione. Mio caro Hit» il suo tono si fece tagliente, gli occhi come due fessure.

Hitler ringhiò, Vlad continuò a guardare imperterrito, senza intervenire, Melody sbuffò e il Crucco starnutì.

La Voce parlò nella testa della bambina “Ha torto. E comunque lui stava riflettendo sulla sua povera e misera caduta in basso. Di certo in questa maniera non ci avrebbe tirato fuori da qui. Ah … poveretto, mi fa quasi pena. Resisti, tra un po’ cederà. Non so, in realtà se …” fece una pausa, poi continuò “Se cederà alla rabbia, oppure cederà al conflitto. Ma resisti. Non mollare. È solo un mulo testardo, ma lo domerai, fidati”

“Ed è anche uno stupido. Perchè dobbiamo tenerlo?Quasi quasi lo lascio da solo, così impara …”

“NO!NON PUOI!” urlò la voce, quasi isterica

“Perché no?” Melody trasalì. Era la prima volta che la “Vera Melody” urlava in quel modo.

“Ci serve. Non puoi allontanarlo da noi. Ti ho mai mentito?”

“No”

“Bene, fidati allora”

“Va … va bene. Lo faccio. Mi fido”.

«Sei solo una stupida mocciosa che si crede super-sapientona!Ya!»

«Sei senza dubbio un mulo testardo. Non sai come difenderti. Mi accusi. E nascondi la verità. Mi aggredisci verbalmente perché non sai come fare per espiare le tue colpe. Se sei pieno di rabbia buttala su qualcun altro, non gettare veleno su di me»

Veleno.

Adolf spalancò gli occhi.

Ve … veleno?

Il cuore di Hitler accelerò.

Dio santo … lui era ... morto?

  
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