UN MALEDETTO SCHERZO DA ANGELI
«No,
ti prego»,
bofonchiò un giovane uomo mentre qualcuno cercava di
scollarlo dal suo caldo
letto… che il ragazzo non vedeva ormai da giorni. In
realtà non era proprio
suo, quel letto. Come sempre, si trovavano in un Motel, stavolta in
Inghilterra.
Tempo due secondi e Dean già russava come se non
l’avessero mai disturbato dal
suo coma sacro. In effetti se qualcuno l’avesse visto
dall’esterno, avrebbe
dedotto che quel povero figlio non chiudeva occhio da secoli. Ma Sam
Winchester,
che ormai non aveva più bisogno di dormire, stava seriamente
perdendo la
pazienza. Continuava a sbuffare senza sosta, nella speranza che il
fratello
maggiore decidesse di responsabilizzarsi almeno un po’ per
altre 48 ore… poi,
pensava, l’avrebbe fatto dormire fin quando avrebbe voluto.
«Dean, cazzo! Svegliati!», urlò dal
bagno, mentre si spazzolava i denti. Anche
se non aveva anima, l’aspetto fisico non poteva mica
trascurarlo, eh! Quindi
continuava a svolgere le azioni quotidiane… o almeno, le
azioni che facevano
quando si trovavano in un posto un po’ più grande
dell’Impala che Dean aveva
ereditato da John Winchester, il padre ormai defunto dei ragazzi.
Perché quando si trovavano a dover dormire in macchina, per
i diversi casi che
dovevano risolvere in stile Scooby-Doo, i denti dovevano lavarli
versando acqua
da una bottiglietta, direttamente sullo spazzolino… e poi
sputare. Sì, in
effetti era alquanto schifoso, ma era la loro vita e i due giovani non
potevano
farci niente.
Intanto, nell’altra stanza, Dean continuava a bofonchiare
girandosi lentamente
sull’altro fianco, quando…
«Sam, porca puttana! Sei uno stronzo, la fai facile tu visto
che non dormi!»,
urlò scattando in piedi dopo aver ricevuto un secchio
d’acqua gelida proprio
sulla faccia.
«Abbiamo un caso da risolvere, se non ricordi»,
proseguì il più piccolo, con
tutta la tranquillità che solo lui riusciva ad esternare.
«Dopo un volo in aereo mi sembra il minimo, lasciarmi dormire
almeno qualche
ora in più! Il caso può aspettare! Dai, amico!
Siamo a Londra… non sono mai
stato a Londra!», diceva Dean mentre iniziava a vestirsi.
Avrebbe voluto fare
un giro per quel pub londinesi che, sicuramente, erano pieni di
graziose
donzelle pronte ad offrirsi a lui, senza doversi sforzare
più di tanto per
accalappiarle.
Ma poi ricordò Lisa e Ben… e la voglia di fare un
giro per quei locali gli
passò.
«Ho ragione… non posso riprendermi
l’anima! Come faccio, con questo incosciente
che mi ritrovo per fratello?!», sbottò Sam
chiudendo di scatto il notebook che
aveva usato tutta la notte, per cercare di capirci qualcosa sul caso
che si
trovavano davanti.
«Fottiti», rispose l’altro uscendo di
casa.
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«Cos’è
successo?»
«Non lo so,
Dean.»
«Insomma..
dov’è finita tutta la gente
che correva da una parte all’altra?»
«Ti ho detto
che non lo so.»
«Sam, cazzo!
Ma che diamine hai oggi?!»,
urlò Dean, sicuro che non l’avrebbe
ascoltato nessuno. Perché non c’era anima viva, su
quel binario! Nel vero senso
della parola!
Almeno non
ancora…
All’improvviso,
un treno rosso arrivò a tutta
velocità facendo fare ai ragazzi
un passo indietro. E nello stesso istante, da un muro dietro di loro,
spuntarono centinaia di persone, ragazzi, bambini e anche animali!
Avevano
tutti un carrello, uno di quelli che si usano per fare la spesa di
solito. Ma
dentro questo carrello, i ragazzi, aveva un baule con inciso sopra uno
stemma,
che riuscirono a scorgere a malapena, tra tutta quella confusione.
Sam forse iniziava a
capire. Anche se non c’era veramente
niente di normale!
Però si poteva dire che nella loro vita, niente era normale.
Il più
piccolo dei Winchester alzò la testa e gli
venne sbattuta in faccia la
realtà. Ma come diavolo avevano fatto a finire su quel
binario?!
«Sam..»,
lo chiamò Dean, con gli occhi
fuori dalle orbite. Ne aveva viste di
stranezze..ma quella.. «che giorno è
oggi?»
L’altro lo
guardò confuso, poi rispose:
«Il primo Settembre. Perché?»
«No, ti
prego. Fa che sia solo un sogno!»,
sussurrava il ragazzo, tra sé e sé. Ma
ormai aveva capito.
“Almeno
spero ci sia la Granger! Ho sempre voluto
vederla!”
Di fatti, proprio in
quel momento, uno alla volta tre ragazzi sbucarono
dallo
stesso muro di prima. Uno occhialuto, con occhiali talmente ridicoli
che
avrebbero fatto ridere anche Lucifero in persona. L’altro
rossiccio, alto e
brufoloso… mentre il terzo, o meglio, la
terza era una ragazza, con lunghi capelli castani pieni di boccoli. Era
lei,
Hermione Granger.
«Dean,
smettila di sbavare. Ti ricordo che probabilmente
è minorenne. O, anche
se fosse maggiorenne in questo mondo, nel nostro ancora non lo
è. E lei conosce
il nostro mondo.» Di quelle parole Dean non aveva ascoltato
un fico secco. Cosa
gl’importava che la streghetta era minorenne? Una botta
poteva dargliela!
Sempre che non stesse già con Pel-di-Carota.
Erano effettivamente
finiti sul binario 9 ¾, il famoso
binario della Rowling.
Dire che i tre
protagonisti non assomigliassero minimamente ai loro
interpreti,
ovvero Daniel, Emma e Rupert, era enormemente un eufemismo. Certo, Emma
era
bella.. ma Hermione.. !
«Dobbiamo
capire che ci facciamo qua. E soprattutto, dobbiamo
capire COME mai
questo posto esiste», parlò di nuovo Sam. E
stavolta Dean lo sentì chiaramente.
«Ma
rilassati, amico. Per una volta che non dobbiamo
preoccuparci di maghi e
streghe. Loro sono buoni!», cercò di calmarlo il
più grande. Se quella
meraviglia dai boccoli di cioccolato era vera, non avrebbe mai
più voluto andar
via da quel posto.
«Dean, siamo
babbani. Lo capiranno.»,
continuò Sam, imperterrito. Proprio non
capiva cos’era tutta quella fretta di andarsene!
«Per favore,
Sam. Sappiamo più cose noi del
soprannaturale che loro. Cosa vuoi
che ci dica-»
«Ciao!»
li interruppe qualcuno. Si girarono insieme
verso quella voce nuova,
mai sentita. Il ragazzo occhialuto era davanti a loro. Come poteva,
quel
ragazzo, aver salvato il mondo magico… Dean ancora se lo
chiedeva.
«Ciao..»,
rispose Sammy. Harry Potter sorrideva,
mentre i suoi due migliori
amici erano dietro di lui e li guardavano incuriositi. E Dean aveva
notato come,
più volte, gli occhi della Grifoncina si bloccavano a
fissare le sue labbra.
Era evidentemente attratta da lui. Come ogni donna che si ritrovava di
fronte, naturalmente.
Le sorrise e lei arrossì.
«Non vi ho
mai visti da queste parti.. però non mi
sembrate babbani. E direi
che siete un po’ troppo grandicelli per essere del primo
anno. Comunque io sono
Harry P- »
«Potter,
sì. Ti conosciamo, direi»,
disse Sam, scrutandolo attentamente.
«Siete del
ministero, per caso?» chiese il
rossiccio, Ron, da dietro le spalle
di Potter.
«No, siamo
quasi babbani. Ma non del tutto.», disse
Dean, senza staccare gli
occhi dalla streghetta più bella che avesse mai visto.
«Ah, quindi
siete mezzosangue», continuò
Pel-di-Carota, annuendo per dare più
enfasi alla frase.
«No,
neanche. Siamo Cacciatori»
«Cacciatori?»
chiesero all’unisono i tre
ragazzi.
«Sì,
sapete… quelli che usano questa
per sparare del sale ai fantasmi, giusto
per farli sparire per poco», spiegò Dean,
mostrando la sua fidata pistola, che
si portava dietro sempre e comunque.
«Q-quindi..
volete uccidere i fantasmi di
Hogwarts?» chiese ancora Potter,
sgranando gli occhi.
«Ma no.
Sappiamo che loro non farebbero del male ad anima
viva.», disse Sammy. «Siamo
capitati qui per caso… eravamo nel bel mezzo di un
caso», spiegò poi.
Dean si
guardò intorno, giusto per non spogliare
definitivamente con gli occhi
la Granger, che ricambiava interessata lo sguardo. I quattro accanto a
lui
chiacchieravano, ma lui si concentrò su due persone in
particolare. Entrambi
biondi. Uno aveva i capelli corti, l’altro li aveva lunghi.
Quello dai capelli
corti aveva già capito chi fosse. E anche l’altro,
che aveva una specie di
bastone in mano con una testa di serpente argentato in cima. Erano i
Malfoy,
senza alcun dubbio.
«Malfoy
senior e figlio, vero?», disse
interrompendo la conversazione dei
quattro.
«Sì»,
rispose Harry freddamente. Li
odiava e Dean e Sam lo sapevano. «Avrebbe
dovuto essere ad Azkaban a quest’ora. Ma da quando Voldemort
è morto, il
Ministro ha deciso di dare una possibilità a chi ha una
famiglia. Quindi tutti
fuori a sparare a tutti fuochi di Maledizioni Senza Perdono.»
«Alt alt
alt. Hai detto che Tu-Sai-Chi è
morto?», Dean, a differenza di Sam, si
sentiva incredibilmente preso da quella faccenda assurda.
«Sì,
l’abbiamo ucciso
quest’estate»
«Ma.. ma..
quanti anni avete?», continuò
il più grande dei Winchester.
«17».
«E quindi
siete all’ultimo anno di
Hogwarts?», chiese a quel punto Sam.
«Esatto!»,
esclamò euforica la ragazza,
sorridendo.
Dean e Sam si
guardarono per un secondo e poi dissero
all’unisono: «Ma voi non
andate ad Hogwarts per l’ultimo anno!»
«Cosa?».
I tre ragazzi iniziavano seriamente a
preoccuparsi per la sanità
mentale di quei due. C’era da ricoverarli al San Mungo
all’istante.
«Niente»,
disse Sam poi.
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Dean Winchester si
trovava su uno sgabello, di fronte a forse 500
studenti
seduti su lunghe tavolate. Per la precisione, quattro tavolate. Accanto
a lui,
una vecchia strega aspettava il verdetto di quella cosa che parlava e
che si
trovava sulla sua testa in quel momento. Dietro di lui invece,
c’erano due
tavoli meno lunghi di quelli che aveva davanti, posizionati
orizzontalmente
alla sua posizione, dove sedevano forse 20 maghi adulti, compreso il
vecchio
preside.
«E’
una scelta difficile», borbottava il
cappello sulla testa. «Sei coraggioso,
non leale perché hai detto parecchie bugie a quanto
vedo..»
«A fin di
bene!», sbottò Dean che
iniziava ad esasperarsi.
«Calma,
ragazzo. Lasciami finire. Dicevo.. coraggioso,
intelligente.. e anche
orgoglioso. Sarei indeciso tra Serpeverde e Grifondoro… ma,
visto che salvi il
mondo, forse è meglio GRIFONDORO!»
Un applauso
partì dalla tavolata alla sua sinistra, tutti si
alzarono in piedi,
pronti per accoglierlo. Il ragazzo guardò un istante il
fratello che ormai ne
aveva piene le scatole di quella storia, e si avviò verso i
Grifondoro.
C’era Sam,
dopo di lui, ad occupare lo sgabello con quel
pazzo cappello in
testa.
«Stessa cosa
per l’altro Winchester»,
iniziò il cappello. «Coraggioso, certo.
Ma anche malvagio forse. Hai bevuto sangue di demone, sei senza anima.
Il tuo
posto è indubbiamente… SERPEVERDE!»
L’evento di
poco prima si ripeté, però
quella volta furono i Serpeverde ad
alzarsi in piedi e ad applaudire.
Così, i due
fratelli vennero divisi.
Al tavolo dei
Grifondoro, Dean chiacchierava con Harry e Ron, mentre
lanciava
sguardi che lasciavano poco all’immaginazione alla grifoncina
che gli stava
seduta accanto. E mentre chiacchierava, si abbuffava di quel ben di Dio
presente sulla tavolata.
Dall’altra
parte della sala invece, Sam Winchester era a dir
poco imbestialito.
Si trovava in mezzo a ragazzi completamente privi di cervello, che
parlavano
solamente di magia oscura e avrebbe voluto ucciderli tutti, senza
lasciarne uno
solo vivo.
Anzi, forse uno
sì. Quel Zabini gli stava simpatico.
Non aveva toccato cibo
e lanciava sguardi assassini verso tutti quelli
che lo
circondavano. Altri suoi sguardi volavano verso il tavolo dei grifi
dall’altra
parte della stanza, ma gli occhi del fratello non li incontrarono mai.
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Si era fatto tardi
ormai, e i due Winchester si trovavano nei
rispettivi
dormitori, nei propri letti. Sam che non soffriva più il
freddo, stava
divinamente nei sotterranei. Mentre Dean stava semplicemente sudando,
non
essendo abituato al calore della torre dei Grifondoro.
Piano, i ragazzi si
addormentarono nello stesso istante. Sì,
anche Sam si
addormentò.
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Una luce fortissima
fece aprire gli occhi a Sam e Dean. Era ormai sorto
il sole,
e dovevano andare a lezione.
Si alzarono dai letti
e si stiracchiarono, ritrovandosi faccia a faccia.
«E tu che ci
fai qua, serpeverde?», disse Dean
guardando di sottecchi il
fratello.
«Che ci fai
TU, qui, razza di grifone delle nevi!»,
sbottò l’altro, volgendo lo
sguardo altrove e non capendoci più nulla.
Anche Dean si
voltò e riconobbe quella stanza, come la
stanza del Motel che
avevano lasciato quella mattina.
«Ma che
succede?!», esclamarono entrambi nello
stesso momento.
Poi, Sam
ricordò quello che gli successe qualche anno
prima… quando Gabriele
gli aveva fatto un brutto scherzetto.
«Qua
c’è puzza di angeli. Ho
già vissuto una situazione come questa».
«Angeli?»,
chiese Dean confuso.
«Ehy Sam.
Gli angeli non puzzano». Fu quella la
battuta d’esordio di un angelo.
Per la precisione, di quel maledettissimo angelo.
«CASTIEL!»
OK, questo
voleva essere uno svago xD
Spero non via abbia annoiati questa mia follia… al
contrario, spero vi abbia
divertiti come ha divertito me scriverla ^^
E’ una OS, quindi questo sarà il solo capitolo di
questa storia.
Grazie a chiunque la leggerà… se lascerete
recensioni, risponderò con
il nuovo metodo, quindi potrete trovare la risposta sotto la vostra
recensione
^^
Un bacio,
Lucy.