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Autore: damned88    02/12/2005    1 recensioni
“ Questa sera è una tale desolazione “ sospira Genny annoiata, accennandomi con la coda dell’occhio l’uomo seduto su uno dei tavoli dietro il biliardo “ Non fa che bere e fissare il lampadario, per me si sta annoiando a morte anche lui “ Accenno un sorriso e prendendo il bicchiere semivuoto di birra, mi avvicino al biondino silenziosamente, osservando i suoi movimenti e il suo sguardo scontrarsi con il mio. Splendidi occhi nocciola, profondi e caldi. Mh, non male il tipo
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono proprio le notti come questa che ti fanno stare più male

Buoni e Cattivi si incontrano

Sono le notti come questa che ti fanno stare più male.

Apri la finestra inspirando l’aria pungente della sera, catturandone l’aroma asprigna e cercando di scaricare quella tensione stabilitasi proprio sulla bocca dello stomaco.

Una ragnatela invisibile di fili inesistenti ti si attorcigliano attorno, rallentando i movimenti e facendoti sentire dannatamente goffa.

E la luna gode della tua vista, risollevandosi di fronte alla tua pietosa figura e rivalutando la sua spettrale luce riflessa.

Perché ridi di me? “

Non resta che rinchiuderti nel buco della tua stanza e schiacciando il naso sullo schermo piatto di un computer troppo vecchio e scassato, picchietti freneticamente le dita sui tasti lisci della tastiera, buttando giù quel che ti viene in mente. Non interromperti mai perché quel determinato momento potrebbe non tornare.

Pensieri indistinti e fugaci reclamano attenzione mentre con aria esasperata traduci le idee in parole vuote dentro una scatola elettronica che ti crea dipendenza.

Ma questo non ti basta, hai bisogno di qualcos’altro. Orientandoti nel buio pesto nella tua camera ti dirigi con mani protese verso la chitarra, cercandola ad occhi chiusi ed afferrandola con mano tremante. Torni a sederti sulla sedia di fronte al computer e, rileggendo passivamente ciò che fino ad ora hai scritto, intoni una semplice melodia dai suoni dolci e rilassanti.

“ Suono per dimenticare “

La luna, unica testimone di questa manifestazione di debolezza, sorride con il più ironico di tutti i sorrisi, burlandosi di te e della pena che culli nelle vene. Dunque è così miserevole la mia persona?

Ma non importa, fin quando questa melodia non cesserà di suonare potrò dimenticare.

Le dita pizzicano dannate le corde metalliche, creando un susseguirsi di note limpide. Braccia e gambe si distendono ed i muscoli della faccia non sembrano più così tirati.

Chiudo gli occhi, addentrandomi in un mondo ancor più nero della mia stanza, cercando in essa un incavo, un luogo dove io possa scoprire un qualche cosa di nuovo.

Tutto inutile, qui non c’è proprio nulla.

Che strazio!

Spengo stizzita il computer ed adagio noncurante l’acustica sul letto. Sciolgo i capelli castani fino ad ora miracolosamente tenuti da un mollettone azzurro e prendendo il cappotto, esco da quell’appartamento troppo stretto per i miei gusti, ritrovandomi immersa nella strada brulicante di fantasmi, illuminata dalle luci arancio dei lampioni.

Intraprendo una marcia senza senso, limitandomi a fissare lo sguardo per terra e mantenendo il passo veloce. Infondo non è fondamentale avere una meta, basta continuare ad avanzare e tutto va bene. Al diavolo poi il resto, basto io ed il mondo.

Ecco, tra poco sono arrivata; svolto l’angolo e mi addentro in un locale, un bar deserto per la precisione. Mi avvicino al bancone di legno lucido e saluto con un cenno del capo la proprietaria, una donna grassoccia e di colore che ama fasciarsi i capelli ricci con le bandane più strambe e colorare. La sua voce dolce mi accoglie in un caloroso benvenuto, allungandomi senza che io abbia detto nulla un bicchiere di birra. Ormai mi conosce bene ed è abituata ai miei soliti sbalzi di umore.

Sul fondo del locale, proprio sull’angolo, un gruppo anonimo suona musica jazz. Le note calde si fondono con l’aria, venendomi incontro e penetrandomi in testa.

“ Questa sera è una tale desolazione “ sospira Genny annoiata, accennandomi con la coda dell’occhio l’uomo seduto su uno dei tavoli dietro il biliardo “ Non fa che bere e fissare il lampadario, per me si sta annoiando a morte anche lui “

Accenno un sorriso e prendendo il bicchiere semivuoto di birra, mi avvicino al biondino silenziosamente, osservando i suoi movimenti e il suo sguardo scontrarsi con il mio.

Splendidi occhi nocciola, profondi e caldi.

Mh, non male il tipo

“ Posso? “

Non lascio il tempo allo sconosciuto di rispondere e con disinvoltura mi accomodo sulla sedia di fronte. Poso il bicchiere sul tavolino rumorosamente per poi riportarlo alla bocca, bevendo a gran sorsi la birra rimasta.

Ha l’aria di essere il tipico “ bravo ragazzo “ che ogni ragazza vorrebbe presentare alla propria madre; viso pulito e modi gentili.

“ Ti va di fare una partita? “ domando poi allo sconosciuto puntando il dito contro il biliardo.

L’uomo strabuzza gli occhi luminosi e divertito si alza, posando il cappotto che fino ad ora lo ricopriva sullo schienale della sedia ed i guanti sul tavolino. Con movimenti lenti e decisi si

avvicina al biliardo, prendendo le stecche e preparando il triangolo.

Sinceramente parlando sono una mezza cartuccia col biliardo, ma poco importa ho voglia di compagnia, ed in questo momento della sua in particolare.

Genny osserva la scena divertita, avvicinandosi con in mano due bottiglie di birra che ci porge gentilmente.

“ Offre la casa “ ci sussurra poi appoggiandosi incuriosita alla colonna di fianco.

Il gioco ha inizio e come previsto non faccio che commettere un errore dietro l’altro. Ve l’avevo detto che sono una schiappetta no? E ancor peggio non sono munita della tipica fortuna del principiante. Vabé, infondo mi sto divertendo. E poi mi piace il sorriso che gli affiora ogni volta che manco il centro.

L’uomo si inumidisce le labbra e con un colpo secco chiude la partita.

Cavolo sei un portento! “ esclamo sinceramente colpita dall’ennesima performance. Non che me ne intendi tanto, ma l’abilità che fino ad ora ha dimostrato è indubbiamente notevole.

Lui mi osserva silenziosamente, accarezzandomi con il suo sguardo caldo. Il bianco dei denti evidenzia quel suo sorriso non più represso sulle labbra gonfie e rosse.

E te sei proprio un disastro “ risponde divertito, appoggiando la stecca sul biliardo e tornando al tavolo.

Che tipo il signorino!

Bhè, che ci vuoi fare, in tutto ho giocato si o no tre o quattro volte, non posso mica pretendere miracoli !“ ribatto ironica, posando rumorosamente la bottiglia verde ormai vuota di birra davanti a lui per poi allontanarmi.

“ Ciao Genny, mi sono stufata. Vado a farmi un giretto qui attorno “ sussurro alla padrona accennando ad una strizzata d’occhio e lasciandole sulla cassa una banconota.

Velocemente esco dal locale, scontrandomi con la bassa temperatura così diversa da quella del bar da farmi tremare leggermente.

Dopo una quindicina di minuti di marcia, arrivo al giardino pubblico del quartiere. Una piccola area naturale costeggiata da querce secolari e vecchie altalene cigolanti. Quanti ricordi passati sono legati a questo luogo ormai trascurato e consumato dal tempo.

Mi siedo su un’ altalena, sperando che la catena arrugginita non ceda sotto il mio dolce peso.

“ Non male qui “

Quella voce..

Alzo lo sguardo ed incontro gli stessi occhi nocciola che poco prima avevo ammirato. Lo sconosciuto del locale mi si avvicina avvolto nel suo cappotto nero che sembra essere veramente caldo.

Lo odio profondamente; io sto seriamente rischiando di morire assiderata e lui invece, felice come una pasqua, sembra stare al settimo cielo con quel sorrisino da ebete stampato in faccia.

L’uomo si china di fronte, poggiando le mani al terreno e raccogliendo nei palmi stretti la fina sabbia da gioco.

“ Già “ rispondo imbronciata, osservandogli le mani liberare poco alla volta la terra al vento passeggero.

“ Questa è una serata così nostalgica “ La sua voce mi giunge roca e lontana, sfuggevole proprio come il vento che mi scompiglia i capelli.

L’uomo si alza dalla sua posizione, avvicinandosi e bloccando l’oscillare della catena con le mani sporche di polvere e sabbia.

Le sue labbra si fanno d’improvviso vicine; ne catturo il calore quando mi sfiorano il collo, percorrendo il tratto la mascella fino a raggiungere l’orecchio per poi tornare indietro e cominciare tutto da capo.

Un sorriso egocentrico imperla quel volto dalla pelle color avorio ed un ciuffo biondo ricade dispettoso sulla fronte, coprendogli gli occhi velati di folle piacere.

Mi lascio coinvolgere da quelle mani sapienti, facendomi scoprire e scoprendo contemporaneamente quel corpo sodo e scolpito, passando le mani sulla sua pelle ambrata ed accarezzandogli il viso un poco ispido e profumato di dopobarba.

Sembra una droga la sua presenza, così prepotente da seppellirmi in un turbine di indecisione e contraddizioni.

Non ricordo molto bene quel che poi è successo. Proprio come un puzzle da ricomporre i miei ricordi assomigliano a tanti frammenti di sogno, confusi dalla passione e dall’attrazione dei nostri corpi infuocati.

Ma forse non voglio ricordare..

Morale della favola? Se proprio devo dare un consiglio io che in vita mia ho sempre fatto di tutto per raggirarli, allora non innamoratevi mai di uno sconosciuto, soprattutto se si scopre essere il cattivo della storia.

  
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