Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: Ed1505    29/12/2003    8 recensioni
Ecco la mia ultima Runami...Questa volta non dev'essere venuta molto bene...Non andateci troppo pesanti con le critiche, vi prego! One Piece è stato trovato...E' arrivato il momento dell'addio. Come reagirà il simpatico capitano?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN NUOVO INIZIO

 

“Nave in vista! Nave in vista!”

In tutto il villaggio risuonava l’allarme. Era stata avvistata una nave pirata che si avvicinava minacciosamente all’isola. Tutti si riunirono immediatamente davanti alla stazione di Genzo, poliziotto nonché neo-eletto sindaco di Cocoyashi.

“Genzo, dei pirati si avvicinano! Che facciamo?”
“Calmatevi tutti. Non giungete a conclusioni affrettate. Non è detto che sia gente come Arlong. Sappiamo bene che non tutti i pirati sono persone malvagie.”

Un generale mormorio d’assenso percorse la folla. Tuttavia il ricordo dell’insediamento di Arlong nel loro villaggio e degli otto anni passati in sua schiavitù non poteva non riaffiorare nelle menti di tutti. Per calmare l’agitazione generale, Nojiko prese la parola.

“State tranquilli. Il dottore è andato sull’altura per accertarsi di che pirati si tratti. E se ce ne dovesse essere bisogno, difenderemo il nostro villaggio con i pugni e con i denti!”

“SI’!!”

Tutti attesero con ansia notizie dal dottore. Il quale arrivò pochi minuti dopo, di corsa, senza fiato. Genzo gli si avvicinò subito.

“Allora, dottore! Sono pirati?”
L’uomo, con il fiato corto, annuì. La folla si allarmò, ma Genzo fece cenno a tutti di tacere.

“Sei riuscito a vedere la loro bandiera?”
“Sì. E’ nera, con un teschio. Già…Un teschio con in testa un cappello di paglia…”

A questo punto, ogni mormorio di terrore cessò. Tutti fissavano il dottore a bocca aperta. Lui alzò il capo, sorridendo. Allora Nojiko gli corse davanti, con un’espressione tra l’incredulo ed il felice.

“Ne sei sicuro, dottore? Un teschio con un cappello di paglia?”
“Certissimo. E la polena della nave ha una forma strana…la testa di un ariete, o qualcosa di simile…C’era qualcuno, seduto lì sopra…”

Nojiko non attese oltre. Ignorò tutti gli altri e si precipitò verso la spiaggia, per accogliere la nave. Anche gli altri del villaggio fecero per raggiungerla, ma Genzo ed il dottore li fermarono.

“Aspettate. Forse è meglio se lasciamo che sia Nojiko ad accoglierli…”

E così fecero.

Ormai la nave si era fermata e Nojiko poté vedere con chiarezza che una piccola scialuppa veniva calata in acqua e che tre persone vi salivano, raggiungendo quindi la riva. Il cuore le scoppiava in petto e la sua vista era offuscata dalle imminenti lacrime di gioia. In pochi secondi, la scialuppa si arenò sulla sabbia ed immediatamente un fulmine rosso vi scese e si gettò tra le braccia di Nojiko.

“NAMI!!!”

Le due sorelle si abbracciarono e caddero distese sulla sabbia, ridendo e contemporaneamente piangendo di gioia.

“Ah ah, sei tornata, sorellina!”

“Hai visto, Nojiko? Alla fine sono tornata, anche se mi ci è voluto qualche anno!”

“Sì, era ora!”

“Mi sei mancata un sacco, Nojiko! Avrei tanto voluto che tu fossi sulla nave con me.”

“Mi spiace, cara, ma al contrario di qualcun altro io non potevo gironzolare per i sette mari senza curarmi degli altri! Dovevo occuparmi di una coltivazione di mandarini!”

“Eh eh, scusa, ti ho lasciato tutto il lavoro. Ma ora sono tornata e giuro che ti darò una mano, sorellina!”

“Me lo auguro!”

Ancora ridendo si rialzarono in piedi e Nojiko guardò attentamente la sorella.

“Beh, sei cresciuta, eh? Ormai sei una bella donna, mi stupisce che non ti sia portata a casa qualche fidanzato. O ho parlato troppo presto?” – e così dicendo accennò alle due persone che stavano scaricando un sacco di roba dalla scialuppa.

Nami rise, scuotendo la testa.

“Non ho avuto tempo di pensare agli uomini. In questi quattro anni mi sono occupata solo ed esclusivamente di disegnare carte nautiche e di navigare con i miei compagni.”

“Poverina, sarai repressa, allora!”

“Scema!”

Finalmente, Nojiko rivolse la sua attenzione agli altri due. Uno lo riconobbe all’istante, soprattutto grazie al cappello di paglia che spiccava sulla sua testa. Per il resto un po’ era cambiato, si era fatto più muscoloso e anche un po’ più carino…L’altro, invece, era sicura di non averlo mai visto. Aveva un gran tatuaggio sulla schiena ed uno sul braccio. Stava a petto nudo e indossava uno strano cappello.

I due, finito di scaricare, si diressero verso di loro. Subito, cappello di paglia salutò amichevolmente.

“Ciao, Nojippo! Ti trovo in forma!”

Rufy si ritrovò con la testa piantata nella sabbia, a causa del pugno ricevuto da Nojiko. Nami rideva come una matta e pure l’altro ragazzo sghignazzava di gusto.

“E dire che per un momento ho pensato che fosse maturato…Chi è che hai chiamato Nojippo, imbecille?!”
“Dai, sorellina, non prendertela troppo. Rufy è un disastro, con i nomi.”

“Ohi ohi…Nami ha ragione, non era mia intenzione offenderti…Però siete davvero sorelle, non c’è che dire…Avete tutte e due la mano pesante…”

“Da queste parole intuisco che tu sia abituato a prenderle da Nami…Bene, questo mi fa piacere. Ma il resto della ciurma è rimasto sulla nave?”
“No. Tutti gli altri se ne sono tornati a casa. Li abbiamo riaccompagnati prima di venire qua, visto che questa è l’ultima isola dell’itinerario.”

“Già. Per proseguire il mio viaggio mi è più comodo partire da qua. Con noi è rimasto solo Ace, che tu non conosci, se non sbaglio.”

“Infatti. Mi pareva di non averlo mai visto.”

“Noji…ko, ti presento Portoguese D. Ace, mio fratello. Ace, lei è Nojiko, la sorella maggiore di Nami.”

Nojiko rimase sinceramente sorpresa.

“Tuo fratello? Cavolo, ma allora siete in due? Santo cielo, sorellina, hai viaggiato da sola con questo tonto e suo fratello? Non ti invidio davvero!!”

“Ah ah, se li conoscessi come li conosco io mi invidieresti eccome, Nojiko! E poi, ormai sono davvero abituata a Rufy. Dopo averci passato tutti i giorni degli ultimi quattro anni, posso assicurarti che non è affatto male come sembra. Basta farci il callo…”

“Se lo dici tu…Beh, dai, andiamo al villaggio. Ci staranno tutti aspettando con impazienza.”

“Sì, certo.”

Nami e Nojiko fecero per correre via, ma Rufy e Ace non si mossero, scambiandosi un’occhiata veloce.

“Ehm, Nami…”

La rossa si bloccò e fissò l’ormai ex capitano con aria interrogativa.

“Che c’è, Rufy? Qualche problema?”
“Beh, veramente…Io e Ace non possiamo venire al villaggio.”

“E perché? Sai bene che tu sei sempre il benvenuto, a Cocoyashi.”

“Non è che per caso non hai mantenuto la promessa fatta a Genzo, ragazzino?”
Nojiko, a conoscenza del patto tra i due, fissava Rufy minacciosa.

“No, niente del genere. Solo che noi dobbiamo andarcene subito.”

“Ma perché? Pensavo che vi sareste fermati almeno un paio di giorni…”

“No, non possiamo. Eravamo già d’accordo che saremmo partiti subito dopo averti portata a terra ed esserci accertati che qui al villaggio andasse tutto bene.”

“Vedi, il viaggio è piuttosto lungo e dobbiamo andare anche in un paio di posti, prima di tornare a casa. Quindi prima partiamo e meglio è.”

“Ma non credo che qualche ora sconvolgerà i vostri piani…Insomma, almeno il tempo di salutarci come si deve! In tutte le altre isole ci siamo fermati per qualche giorno, prima di salutare gli altri!”

Rufy ed Ace si scambiarono una nuova occhiata. Era evidente che il giovane dal cappello di paglia era molto dispiaciuto, ma anche determinato.

“Mi spiace, proprio non possiamo. Quindi ci salutiamo ora, Nami.”

Per qualche istante vi fu solo silenzio. Poi Ace andò verso la sorella più grande.

“Ehm, Nojiko, giusto? Prima di partire vorrei sapere un paio di cose sulla coltivazione dei mandarini, se non ti dispiace…”

E così dicendo la allontanò dal fratellino e da Nami, lasciandoli liberi di salutarsi in pace.

Nami fissava Rufy con sguardo triste, mentre lui teneva la testa china. Non aveva il coraggio di guardarla negli occhi.

“Rufy, perché non me l’hai detto prima?”

“Perché sapevo che avresti insistito per farmi rimanere qualche giorno qui al villaggio. E così la separazione sarebbe stata ancora più dura. Ho sofferto moltissimo ogni volta che mi sono separato da uno dei nostri compagni. Tu sai bene che per me sei speciale, sei la mia migliore amica. Questo addio, per me, sarà il più duro di tutti. Per questo non voglio prolungarlo troppo. Meglio finirla subito qui.”

“Allora quella del viaggio è una balla. Non c’entra nulla il fatto che dobbiate andare distanti da qua.”

“In un certo senso…è così.”

Ancora silenzio. Poi Nami sospirò.

“E va bene. In fondo, posso capirti. Anche per me questo è il saluto più duro. Però non lo voglio considerare un addio. Noi ci rivedremo sicuramente. Non è così?”
“Certo. Ti prometto che verrò a trovarti, prima o poi.”

“E io ti aspetterò con ansia. Basta che tu non venga per rubarmi i mandarini!”

“Eh eh, mi hai beccato!”

Ridacchiarono un po’, poi tornarono seri. Poco distanti da loro, Ace e Nojiko li guardavano, entrambi preoccupati per la sorella o il fratello minori.

“Beh, allora stammi bene, Nami. Mi raccomando. Salutami il poliziotto e tutti gli altri. E cerca di andare d’accordo con tua sorella.”

“Certamente. Stammi bene anche tu. E stai attento a non cadere in acqua! Ora che sarai solo con Ace, nessuno potrà salvarti, se cadrai dentro.”

“Starò attento, promesso.”

C’era imbarazzo in entrambi. Non sapevano che dire o che fare. Poi, Rufy prese un po’ di coraggio e mosse un passo nella direzione dell’amica, abbracciandola. Lei arrossì di colpo e sentì il cuore scoppiarle nel petto.

“Rufy…”

“Abbi cura di te, Nami. Mi mancherai.”

Con mani tremanti, Nami ricambiò l’abbraccio, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Quando aveva salutato tutti gli altri si era sforzata molto per non piangere. Ma ora le era impossibile trattenersi. In fondo, stava abbracciando colui che quattro anni prima, su quella stessa isola, l’aveva resa finalmente libera.

“Anche tu mi mancherai, Rufy. Cerca di non cacciarti troppo nei guai…”

“Te lo prometto…”

Quindi Rufy le diede un rapido bacio sulla fronte e corse verso la scialuppa, sussurrando soltanto:

“Addio.”

Non si voltò più a guardarla. Allungò le braccia più che poté, fino a raggiungere la Going Merry, e vi si catapultò sopra, urlando un saluto anche a Nojiko ed intimando al fratello di sbrigarsi. Ace sospirò.

“Accidenti a lui. E’ tanto in gamba in battaglia, quanto incapace in queste situazioni. Non è capace di reggere l’imbarazzo, così scappa. Nojiko, piacere di averti conosciuto. Arrivederci.”

Si avvicinò a Nami, che fissava la nave piangendo.

“Non prendertela. Lo conosci anche tu. Sai che se si comporta così è solo per non mostrare le sue debolezze. E non preoccuparti. Ci penserò io a portartelo qua, di tanto in tanto. Arrivederci.”

“Grazie, Ace. Per favore…Stai attento che non gli accada nulla. Impulsivo com’è…”

“Tranquilla. Ciao!”

E saltò a bordo della scialuppa, raggiungendo in fretta il fratello. Nojiko e Nami rimasero ad osservare la Going Merry che si allontanava, finché non scomparve all’orizzonte.

“E’ dura guardare la nave con a bordo una persona cara che se ne va, eh? Ora capisci cos’ho provato io 4 anni fa.”

Nami si voltò verso Nojiko, con le guance ancora bagnate.

“Mi spiace. Non avrei voluto farti soffrire.”

“Lo so. Hai fatto bene a seguire la tua strada, Nami. Nostra madre avrebbe voluto così.”

“Sì, hai ragione.”

Nojiko sospirò. Poi abbracciò la sorella per la vita, incamminandosi con lei. Quindi poggiò il capo su quello di lei.

“Bentornata, sorellina.”

 

I successivi nove mesi furono i più lunghi che Nami avesse mai vissuto. Non avrebbe mai creduto di potersi annoiare tanto al suo villaggio. Per i primi giorni era stato bello. Aveva rivisto tutti quanti e partecipato a molte feste di bentornato. Inoltre aveva trascorso molto tempo in compagnia di sua sorella. Però ben presto la mancanza dei suoi amici e delle mille avventure di ogni giorno si era fatta sentire. La vita a Cocoyashi era sempre la stessa. Svegliarsi presto, raccogliere mandarini, chiacchierare con Genzo e il dottore, cenare con Nojiko…Le mancavano le costanti liti tra Sanji e Zoro. Le mancavano le mille frottole che Usop raccontava ogni giorno. Le mancavano addirittura le idiozie che Rufy sparava dalla mattina alla sera! Ma soprattutto le mancavano i momenti in cui tutti insieme si fermavano sul ponte. A guardare un tramonto particolarmente bello, a fissare le coste di un’isola dopo giorni e giorni di navigazione, a fare quattro chiacchiere amichevoli. Oppure per una partita a carte o una bevuta di gruppo.

In quattro anni lei, Rufy, Zoro, Sanji, Usop e Chopper erano diventati davvero inseparabili. Inizialmente, tutti loro erano partiti solo per realizzare i loro sogni. Ma ben presto tutti i loro desideri si erano concretizzati in uno solo. Seguire il loro adorato capitano. Ed aiutarlo a realizzare il suo, di sogno. Quando finalmente questo era avvenuto, tutti si erano sentiti veramente soddisfatti. Ma ora non rimaneva più nulla. Se non molti soldi e il ricordo di mille avventure.

“Ehi, Nami! Vuoi darti una svegliata?! Non startene lì imbambolata e porta qui quel cesto di mandarini!”

Nami si riscosse. Come spesso le accadeva, si era persa pensando ai suoi amici.

“Eccomi, Nojiko…Arrivo…”

Con passo lento e svogliato raggiunse la sorella, posando ai suoi piedi una cesta piena di mandarini.

“Era ora! Ma si può sapere che hai? Ogni tanto ti perdi nei tuoi pensieri, isolandoti da tutto e tutti!”

“No, non è nulla. Vado a prenderne altri.”
Nojiko la osservò mentre si allontanava. Trasse un profondo respiro. Nami non era più la stessa, da quando era tornata. E, in fondo, poteva capirla. Fin da quando aveva solo dieci anni, aveva viaggiato in continuazione. Ormai le era difficile restare ferma in un posto per troppo tempo. La monotonia della vita di tutti i giorni le faceva male. E questo lei lo capiva benissimo. Avrebbe voluto fare qualcosa per lei, non sopportava di vederla così depressa e smorta. Ma non sapeva cosa.

Un giorno, per cercare un consiglio, andò a parlarne con Genzo.

“Sì, l’ho notato anch’io. Ma penso che sia naturale. La sua vita è per mare, non ferma in un isola.”

“E’ quello che penso anch’io. Però credo che non sia solo quello. Forse, le mancano i suoi amici. Ormai sono 9 mesi che è tornata. E da allora ha ricevuto solo un paio di lettere dal nasone e dal biondino. Ah, ed alcune dalla sua amica di Alabasta. Stop. Probabilmente sperava che venissero a trovarla. O magari, che qualcuno in particolare si facesse vivo.”

“Con quel qualcuno intendi forse il moccioso dal cappello di paglia?”
“Beh, lei stessa ha detto che lui era il suo migliore amico. E’ ovvio che le dispiaccia non sentirlo.”

“Se lo dici tu…Comunque, credo che abbia solo bisogno di distrarsi un po’.”

“Già. A questo proposito, stavo pensando una cosa...Tu potresti aiutarmi?”
“Di che si tratta?”
“Vedi…”

 

Per alcuni giorni Nami non ci fece caso. Ma poi se ne rese conto. Qualcosa  non andava. La prima stranezza che notò era che Nojiko passava pochissimo tempo con lei. Tutte le mattine si alzavano molto presto per raccogliere mandarini. Poi pranzavano, dopodiché Nojiko spariva. In genere durante il pomeriggio andavano al villaggio insieme, oppure chiacchieravano, ma comunque qualcosa facevano. Invece da un po’ di tempo Nojiko se ne andava da qualche parte da sola. Senza darle nessuna spiegazione. Inizialmente Nami pensò che si fosse trovata un ragazzo. A 24 anni non sarebbe stato poi così strano. Ma presto si rese conto che non era la sola a comportarsi in modo strano. Aveva notato diverse persone parlottare stranamente e poi zittirsi di colpo quando si avvicinava. Altre sembravano come sparite. Quando lei le cercava, tutti dicevano di non avere idea di dove fossero.

Allarmata, una sera decise di fare chiarezza. Durante la cena, pose una domanda diretta a sua sorella:

“Insomma, Nojiko! Si può sapere che sta accadendo a tutti quanti, ultimamente?”

“Non capisco di che parli, sorellina.”

“Parlo del fatto che l’intero villaggio, te per prima, mi sta tenendo all’oscuro di qualcosa. Di che si tratta?”

“Stai prendendo un abbaglio, Nami.”

“Oh, andiamo! Lo sai che non sono stupida! Dimmi che sta succedendo, Nojiko!”

“Ah, ma ti annoi proprio qua, eh? Visto che ti stufi ti inventi le cose per movimentare un po’ la tua giornata? Ah, no, non va per niente bene!”

“Smettila di prendermi in giro! Parlo sul serio!”

“Guarda che anch’io sono seria…Comunque, domani vieni con me. Stare tutto il tempo qui da sola ti farà rincitrullire!”

“E dov’è che dovrei venire?”

“Lo scoprirai domani. Ed ora finisci la tua cena, che poi io devo uscire.”

“Anche questa sera?!”

“Sì, e vedi di non rompere, chiaro?”

“Accidenti a te…”

 

Il giorno successivo, dopo pranzo, Nami si preparò per seguire la sorella.

“Allora, ora me lo puoi dire dove andiamo?”

“Lo scoprirai quando saremo arrivate. Forza, muoviti!”

S’incamminarono lungo il sentiero che portava al villaggio, ma poi deviarono, recandosi al porto.

“Che diavolo andiamo a fare, al porto?”

“Zitta e cammina!”

“Uff!”

Quando arrivarono, Nami notò che era presente tutta la gente del villaggio. Stavano ammassati sulla banchina, apparentemente in attesa del loro arrivo.

“Ma che sta succedendo qui?”

“Certo che sei proprio curiosa! Non riesci ad avere un po’ di pazienza?”
Quando raggiunsero la piccola folla, Genzo si staccò dal gruppo e le raggiunse.

“Eccoti qua, Nami! Ti stavamo aspettando.”

“E per quale motivo, se è lecito?”

“E’ presto detto, mia cara. Abbiamo qui una sorpresa per te.”

“Una sorpresa? Per me?”

“Esatto. Beh, non è che sia proprio da parte nostra…E’ da parte di Nojiko, a dire il vero. Noi tutti le abbiamo soltanto dato un piccolo aiuto per realizzarla.”

“Oh, beh, sono proprio curiosa di vedere questa sorpresa, a questo punto. Anche perché, a dire il vero, stavo impazzendo a furia di pensare a cosa diavolo stavate combinando!”

Genzo e Nojiko, ridendo, la spinsero in mezzo alla folla, che si diradò per lasciarla passare. Quando fu arrivata al limite della banchina, Nami si guardò intorno, senza capire.

“Beh? Dov’è questa sorpresa?”

“Proprio davanti a te.”

Nami guardò meglio. Vedeva solo una nave non molto grande, di dimensioni appena più piccole della Going Merry. La fissò attentamente. Effettivamente non l’aveva mai vista. Poi lesse il nome sulla fiancata:  Bellemer.

“Ma…”

“Nami, ti presento Bellemer. La tua…anzi, la VOSTRA nave.”

E così dicendo Genzo indicò Nojiko. Nami, incredula, si voltò a fissare la sorella. Lei sorrideva, soddisfatta.

“Vedi, Nami, ho pensato che non è affatto giusto che tu abbia visto tanti posti in giro per l’oceano mentre io sono rimasta sempre e solo in questo villaggio. Così ho deciso che io e te partiremo per un bel viaggio. Senza mete precise, solo puro divertimento e ricerca di avventure. Allora, che ne dici?”

“Veramente…Sono senza parole, Nojiko…”

“Direi che è sufficiente. In questo caso, sbrigati a preparare le tue cose. Domani salpiamo.”

“Come domani?!”

“Sì, domani. E’ già tutto pronto. Su, niente storie! Sono io la maggiore, quindi decido io.”

“Ma Nojiko…”

“Alt! D’ora in poi dovrai chiamarmi Capitan Nojiko…”

Tutti risero, eccetto Nami, che ancora non si capacitava di ciò che stava accadendo. Ma ben presto anche lei si unì al gruppo, comprendendo che sua sorella faceva tutto quello per lei e che l’indomani avrebbe finalmente ripreso il mare.

 

In un villaggio molto simile a quello di Cocoyashi, un anziano uomo con occhiali, berretto e bastone camminava gettandosi occhiate attorno. Da quando quel tizio era tornato laggiù, al villaggio di Fusha, il sindaco si occupava ogni giorno di verificare che non accadesse nulla. Già. In quel piccolo villaggio di onesti lavoratori era tornata la persona che avrebbe potuto rivoluzionare la stessa esistenza di tutta l’isola. Ma d’altronde che colpa ne aveva lui, povero sindaco, se il suo piccolo villaggio aveva dato i natali al nuovo Re dei pirati? Lui gli aveva ripetuto mille volte, quando ancora era bambino, che il suo sogno doveva rimanere tale. Ma lui aveva insistito tanto da raggiungere la meta. E, anche se non l’avrebbe mai ammesso nemmeno con se stesso, ne era orgoglioso quanto tutti gli altri abitanti del villaggio, se non di più. Già. Monkey D. Rufy, il famigerato nuovo Re dei pirati, era tornato a casa. Lui e suo fratello maggiore Ace, in una calda mattinata, erano sbarcati in porto, salutando allegramente tutti quanti, come se il loro viaggio fosse durato solo pochi giorni, e non quattro e sette lunghi anni. Tutti erano stati entusiasti di vederli tornare. E per di più vittoriosi. Loro due erano orfani, ed il villaggio li aveva adottati. Erano figli e fratelli di tutti. Ma sicuramente la più contenta del loro ritorno era stata Makino, la ragazza della locanda. Si era sempre occupata di Rufy ed Ace, come una sorella maggiore, vista anche la sua giovane età. E quando qualcuno, quel giorno, era entrato alla locanda urlando: “Rufy è tornato! C’è anche Ace!”, aveva lasciato tutti i suoi impegni e si era precipitata al porto, veloce come un fulmine. Poi, quando li aveva visti, aveva abbracciato entrambi più stretto che poteva. E loro, commossi, avevano ricambiato.

“Makino! Hai visto, Makino? Ce l’ho fatta! Ho conquistato One Piece! E ho ritrovato anche Ace!”

“Ero certa che ce l’avresti fatta, Rufy. Ho sempre avuto completa fiducia in te.”

Era stato un avvenimento molto toccante, e tutti ricordavano quel giorno con grande gioia.

Grazie ai soldi di Rufy, il villaggio stava pian piano progredendo, anche se non troppo radicalmente. Ma le strutture sanitarie erano decisamente migliorate e Rufy aveva provveduto all’istante a fondare un istituto per tutti i bimbi rimasti orfani. Lui ed Ace erano i proprietari e ci lavoravano dentro ogni volta che potevano. Inoltre erano stati loro due, con l’aiuto degli altri abitanti, a costruire l’istituto.

Proprio in quel momento, il sindaco stava fissando la nuova struttura. Nel piccolo cortile, alcuni bambini giocavano ridendo e si sentiva indistintamente una musica allegra provenire dall’interno.

“Buongiorno sindaco! Visto com’è venuto bene, il nostro istituto per orfani?”
L’anziano uomo si voltò, trovandosi di fronte i due fratelli pirati. Entrambi sorridevano soddisfatti. Era evidente che quell’istituto era il loro orgoglio.

“Sì, certamente. Un ottimo lavoro. Però costruito tutto grazie a soldi sporchi!”

“Su, sindaco, non dica così! Quei soldi noi ce li siamo guadagnati col sangue e con il sudore!”

“Io direi soprattutto col sangue…Quante persone avrete ucciso, per raggrupparli?”

“Vuole che le sveli un segreto, sindaco? Nessuno lo sa, ma in realtà…il Re dei pirati non ha mai ucciso nessuno!”

“Tsk, balle!”

“No, glielo assicuro. Ho la coscienza perfettamente pulita. Deve rendersi conto che al mondo esistono vari tipi di pirati, signor sindaco. Ci sono quelli malvagi, che uccidono chiunque si pari sul loro cammino. Quelli che uccidono solo se attaccati. E quelli che per nessun motivo al mondo ucciderebbero un altro essere vivente. Io ed Ace apparteniamo a quest’ultimo gruppo. Se tutti i pirati fossero crudeli come quelli che uccisero i nostri genitori, non avremmo mai potuto scegliere questa strada.”

“Bah. Per me i pirati sono tutti pirati! Ma ammetto che voi due siete ragazzi a posto, nonostante tutto. Ed ora sparite, andate a fare del bene da qualche altra parte! Sciò!”

E si allontanò, lasciando i due fratelli a fissarlo ridendo.

 

“Accidenti, quel vecchio è sempre il solito…Mai una volta che riesca a dirci una parola gentile, eh?”

“Ma dai, lo sai che in realtà ci vuole bene come se fossimo i suoi nipotini! Fa così perché si è preoccupato molto per noi, mentre eravamo per mare.”

“Certo, se non ci paragonasse agli assassini di papà e mamma ogni volta che ci vede, sarebbe meglio…”

“Io credo che lo faccia solo per ricordarci di non diventare mai come loro. Dai, Ace…Sai meglio di me quanto gli dobbiamo.”

“Si lo so. Stai tranquillo, anch’io gli sono grato per tutto ciò che ha fatto per noi. Piuttosto, cambiando argomento…Di chi è quella lettera che ti è arrivata questa mattina?”

“Eh? Ah, la lettera. Era di Usop.”

“Davvero? E dimmi, come sta il nasone?”

“Molto bene, a quanto pare. Dice che è molto contento. Che tutti ora lo rispettando molto più di un tempo. Inoltre si è trovato la ragazza.”

“Che?! Scherzi!? Quello lì?! Mamma mia, deve essere orrenda…”

“Ti sbagli. Io la conosco. E’ lei che ci ha regalato la Going Merry. E’ una ragazza davvero carina. E se vuoi te la mostro, Usop mi ha mandato una foto che lo ritrae assieme a lei.”

Rufy porse la foto al fratello. Si trovavano seduti ad un tavolo della locanda di Makino. Era l’ora di pranzo ed il locale era affollato. Tutti si voltarono di scatto, quando Ace urlò:

“COOOSAAA?!?!?!? SAREBBE QUESTA?!?!?!”

Rufy, impassibile, continuò a mangiare, annuendo.

“Sì. Si chiama Kaya. Sta studiando per diventare medico, ed ormai ha quasi finito. Piace molto anche a Yasop, sai? Usop mi ha scritto che suo padre si è commosso, quando l’ha vista. Perché gli ha ricordato sua moglie.”

“Bah. Da quel che ne so io, la moglie di Yasop non era bella nemmeno la metà di questa ragazza. Dì un po’, Sanji l’ha mai incontrata?”

“No, perché?”

“Perché altrimenti credo che si sarebbe accoppato, piuttosto che vedere uno splendore simile con quel nasone!”

“Ma dai, Ace! Usop è una bravissima persona, lo sai!”

“Certo Rufy. Sai che voglio bene ad Usop, è un caro amico. Però non puoi certo definirlo attraente…”

“Meglio brutti fuori e belli dentro, che il contrario.”

“Su questo hai pienamente ragione. Comunque, restando in tema di belle donne…Spesso ricevi lettere di Usop e qualche volta quelle di Sanji. Un paio di volte hai ricevuto notizie anche da Zoro. A tutti loro hai risposto tranquillamente, no? Eppure mi risulta che tu abbia ricevuto un paio di lettere anche da un’altra persona. Una ragazza ancor più carina di questa Kaya, dai capelli rosso fuoco. Dì, hai mai risposto alle sue lettere?”
Rufy non rispose. Continuava a mangiare tenendo la testa china, senza far vedere la sua espressione.

“Rufy! Insomma, perché ti ostini a non voler contattare solo lei? E’ la tua migliore amica! Senza contare che le avevi promesso di farti vivo presto! Sono passati 9 mesi da quando vi siete separati, e non l’hai mai sentita. Perché?”

“Perché non mi va’.”

“E perché non ti va’, scusa?”

“Insomma, Ace, lasciami in pace! Te l’ho detto e ripetuto, non voglio parlare di lei!”

“Ma scusa, ti ha per caso scritto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare? No, perché non trovo altra ragione che possa indurti a comportarti così. Anche se, effettivamente, avevo già notato qualcosa di strano in te ancor prima che vi separaste…Soprattutto nell’ultimo periodo che avete trascorso insieme.”

“Ace, lascia perdere. Non sono cose che ti riguardano.”

“E invece sì, perché le ho promesso che ti avrei portata da lei! Avanti, non fare lo stupido, Rufy! Dimmi che cosa succede!”

“No! Fatti gli affari tuoi!”

“Ehi ehi! Calmatevi, voi due! Si può sapere che succede? Non vi ho mai visti litigare così!”

Makino, notando che qualcosa non andava, si era avvicinata al loro tavolo, intercettando alcuni frammenti di discorso.

“Allora? Cos’è successo?”

“Niente! Ed ora, se volete scusarmi, vado a fare una passeggiata.”

Così dicendo, Rufy si alzò ed uscì, lasciando qualche soldo sul tavolo. Makino ed Ace lo guardarono allontanarsi, decisamente sorpresi.

“Ma che succede? Non ho mai visto Rufy tanto serio e imbronciato in vita mia!”

“Non chiederlo a me. Non vuole dirmelo. Però so di per certo che in qualche modo c’entra Nami.”

“Nami? Intendo l’ex membro della sua ciurma?”

“Esatto. E’ la sua migliore amica, ma da quando si sono separati non vuole più farsi vivo con lei. E non ne capisco il motivo!”

Makino non rispose. Si voltò nuovamente verso la porta dalla quale era appena uscito Rufy, con espressione pensosa.

 

Rufy era andato sulla collina dove erano sepolti i suoi genitori. Quando qualcosa non andava, e lui non voleva farsi vedere giù dagli altri, andava sempre a rifugiarsi là. Negli ultimi 9 mesi, da quando era tornato, c’era andato quasi tutti i giorni. Si sentiva strano. Non era più lo stesso, stare al villaggio. Una volta, anche dopo la partenza di Shanks, era bello stare lì ad allenarsi, chiacchierare con la gente che conosceva da sempre, passare le giornate in compagnia di Makino e, prima che partisse, Ace. Ma ora era tutto cambiato. Aveva conosciuto una realtà diversa, una vita diversa. La vita per mare. Sentiva la mancanza della sua nave, ma soprattutto della sua ciurma. I battibecchi con Zoro, che nonostante questo rimaneva sicuramente il suo amico più caro. Le risate con Usop, sempre così divertente. I calci di Sanji, quando rubava qualcosa dalla dispensa. E poi quando, di tanto in tanto, gli faceva trovare del cibo qua e là per la nave. “Piccoli avanzi”, diceva lui, ma spesso si trattava di intere pagnotte. E le chiacchierate con Nami. Dio, quanto gli mancavano le chiacchierate con lei. Parlavano di tutto, loro due. Di passato, presente e futuro. La loro infanzia, i loro sogni, le loro prospettive. Era l’unica persona con cui riuscisse davvero ad aprirsi. Nami suscitava in lui sentimenti particolari. Spesso, si era reso conto, parlava con lei come se si fosse trovato davanti a Makino. Già, Nami e Makino erano le uniche due persone al mondo in grado di fargli calare la maschera, anche se solo per pochi istanti. Quante volte, sulla Going Merry, mentre parlavano, aveva visto il volto di Nami mutarsi in quello di Makino…Ogni volta una dolce sensazione lo coglieva, si sentiva scaldare il cuore. Un’emozione che forse solo un’amica può dare. O una sorella. O una madre…E quante volte, da quando era tornato, parlando con Makino l’aveva vista trasformarsi in Nami? Troppe. Ormai, quasi sempre. E a coglierlo, non era più la stessa dolce sensazione. Piuttosto, un’angoscia straziante ma incredibilmente dolce. Si sentiva torturato, strappato in due. Una parte di lui scoppiava di gioia, mentre l’altra si lacerava in preda al dolore più sordo. Era insopportabile. Ecco perché non le aveva mai scritto, né aveva mai risposte alle sue lettere. Anche perché, soprattutto, non voleva rispondere alla sua domanda più costante. “Dove ti trovi?”. Nami sapeva molte cose di lui, del suo passato. Ma non sapeva in che isola fosse nato e cresciuto. Rufy era stato ben attento a non rivelarglielo mai. Forse, in fondo al suo cuore, aveva sempre saputo che prima o poi avrebbe avuto bisogno di nascondersi da lei. Ed in quei momenti, vederla sarebbe stato terribile. L’avrebbe, probabilmente, portato lassù dove stavano i suoi genitori.

All’improvviso, udì un rumore dietro di sé. Si voltò, di scatto. E per un attimo si sentì morire. Nami era lì, davanti a lui, che lo fissava preoccupata. Rufy chiuse gli occhi, stropicciandoseli. Quando li riaprì, si rese conto di essersi sbagliato di nuovo. Una dolce e straziante tortura…

“Makino…”

“Scusa, non volevo disturbarti. Ma mi sei sembrato molto giù.”

“Non preoccuparti, non mi disturbi affatto.”

Makino si sedette accanto a lui, e insieme rimasero in silenzio a fissare le due tombe. Dopo un po’, lei si decise a parlare.

“Allora, Rufy…In tutti questi 9 mesi non mi hai mai detto una cosa. E nemmeno io te l’ho chiesta, a dire il vero…”

“Cosa?”

“Hai incontrato Shanks?”

“Sì, l’ho incontrato. Possibile che io non te l’abbia detto?”

“No, non me l’avevi detto.”

“Perdonami, Makino. Deve essermi passato di mente. Sai, tra l’orfanotrofio, una cosa e l’altra…”

“Non preoccuparti. Dai, dimmi, com’è stato?”

“Com’è stato cosa?”

“Rivederlo da pirata a pirata.”

“Un’emozione fantastica. Quando l’ho rivisto, non ero più un moccioso fissato con la pirateria, incapace e debole. Ma ero diventato un pirata. Anzi, il Re dei pirati. Ero un suo pari. Ci siamo stretti la mano, come due vecchi amici. Ed abbiamo parlato tanto. L’emozione più grande è stata quando mi ha detto di essere veramente orgoglioso di me. Mi ha detto che era un po’ come se l’allievo avesse superato il maestro. Anzi, come se un figlio avesse superato il proprio padre. E’ stato davvero commovente…”

“Posso ben immaginarlo…Ma come mai hai ancora tu il suo cappello?”

“Ha detto che me lo sono meritato. Che ormai è mio. E mi ha fatto promettere che se un giorno dovessi incontrare qualcuno di speciale, con grandi sogni e grandi potenzialità, glielo darò. Come lui fece con me, tanti anni fa.”

“Scommetto che ne sei stato felice, eh?”

“Non immagini nemmeno quanto.”

Rimasero ancora in silenzio. Poi Makino parlò nuovamente.

“Ti manca la vita per mare, non è vero?”

Per un po’ Rufy non rispose. Si limitò a fissare le tombe in silenzio. Poi annuì.

“Sì. Tantissimo. Ma soprattutto mi manca la vita per mare assieme ai miei amici. Ormai erano diventati come fratelli, per me. Importanti quasi ai livelli di Ace.”

“E perché non proponi loro di ricominciare a viaggiare? In fondo, è questo che fanno i pirati, no?”

“Nessuno di loro sarebbe interessato. Tutti hanno altri interessi. A parte Usop, nessuno di loro voleva davvero diventare pirata. Zoro è uno spadaccino, mi ha seguito solo per una promessa. Sanji è un cuoco, voleva trovare All Blue, e seguirmi era il modo più rapido. Non gli interessa la pirateria. Chopper è un medico, deve salvare la vita alla gente. I pirati, in genere, le stroncano, le vite. E Nami…lei odia i pirati. Perché le hanno ucciso l’unica madre che abbia mai avuto. L’hanno tenuta prigioniera per otto anni. L’hanno separata da sua sorella. E’ venuta assieme a me solo per gratitudine. E perché sapeva che io ero diverso da loro. Ognuno di loro è finalmente libero di vivere la vita che ha sempre desiderato. Non potrei mai andare da loro e chiedere di seguirmi nuovamente. Sarebbe troppo egoista, da parte mia.”

“E allora, per altruismo, vuoi forse ridurti a vivere una vita del genere? Sempre depresso e giù di morale? Non mi sembra giusto…Almeno, vai a trovarli.”

“No. Mi farebbe stare peggio. Meglio non vederli più. Se verranno loro a trovarmi, ok. Ma non voglio essere io a cercarli.”

“Però, se non sbaglio, loro non sanno dove stai, giusto? Come possono venire a trovarti?”

“…Tanto meglio.”

Per un po’ Makino lo osservò in silenzio. Poi sospirò.

“Rufy…Piangi un po’, dai. Ti farà bene.”

Lui si voltò verso di lei.

“Gli uomini non piangono.”

“Ma i bambini sì. E tu non hai praticamente mai pianto nemmeno quando eri piccolo. Quindi ne hai, di lacrime arretrate. Dai, Rufy, sfogati un po’. Se non lo fai con me, praticamente l’unica persona ad aver visto le tue lacrime, con chi vuoi farlo?”

Ancora, Rufy la guardò. Ancora, il volto di lei si trasformò in quello di Nami. E allora, una lacrima gli scivolò sul volto. Seguita da un’altra e da un’altra ancora. Mille lacrime scendevano ormai sul suo volto, mentre poggiava la testa sulla spalla di Makino. Che, prontamente, lo accoglieva tra le sue braccia.

 

Sul ponte della BELLEMER, Nojiko stava distesa a prendere il sole, mentre Nami, al suo fianco, studiava alcune cartine. Ormai il loro viaggio durava da ben 5 mesi. E nessuna delle due accennava a voler tornare indietro. Evidentemente, la vita per mare aveva appassionato anche Nojiko.

“Sai Nojiko, stavo pensando…Certo che in questi 5 mesi ne abbiamo visti, di posti!”

“Altroché! E poi questa nave fila che è un piacere. Gli altri, al villaggio, hanno fatto davvero un ottimo lavoro, quando l’hanno costruita!”

“Già. La nostra BELLEMER…Se ci pensi, è un po’ come se lo spirito di nostra madre si fosse incarnato in questa nave. E quindi, è come se questo viaggio l’avessimo fatto tutte e tre insieme.”

“Mamma mia, che spirito romantico ha la mia sorellina! Comunque questa tua idea mi piace davvero. E l’abbraccio completamente. Piuttosto, cambiando argomento…Sono 5 mesi che viaggiamo, ormai. Eppure ci siamo tenute distanti da tutte le isole dove avremmo potuto incontrare qualcuno dei tuoi amici. Non credi sia ora di andare a trovarli?”

“Te l’ho detto, Nojiko! Non ne ho voglia! Così è più divertente.”

“Invece, secondo me, tu muori dalla voglia di andare sull’isola di uno di loro in particolare…Dimmi, perché non andiamo dove vive Rufy?”

Nami assunse la solita espressione sconsolata di quando le veniva nominato il suo ex capitano.

“Ti ho detto che non ne ho voglia. E poi, comunque…”

“Comunque cosa?”

“Non ho idea di dove lui si trovi.”

“Con tutta probabilità, sarà nella sua isola natale, no?”

“Certo, è molto probabile.”

“E allora? Che problema c’è? Ehi. Un momento. Nami, non mi dirai…”

La rossa annuì, triste.

“Non è possibile. Tu non sai da che isola provenga Rufy?”

“Esatto. Lo ignoro completamente.”

“Ma non è possibile! Non te l’ha mai detto?!”

“No, mai.”

“Ma scusa, tu gli hai mandato alcune lettere, no? Se non sapevi dove si trovava, come hai fatto a sapere dove mandarle?”

“E’ stato sufficiente scrivere “X Monkey D. Rufy, mare orientale”. E’ il Re dei pirati, penso sia piuttosto facile trovarlo.”

“Ma allora, può essere che lui non abbia ricevuto le tue lettere e che per questo non ti risponda!”

“No. Sulle buste ho sempre specificato di ritornarle al mittente, in caso di mancata consegna…”

Nojiko non disse più nulla. Qualsiasi cosa avrebbe solamente aumentato il dolore di Nami. Dopo un po’, sorridendo, disse:

“Allora, hai deciso quale sarà la prossima isola che visiteremo?”

Anche Nami sorrise, sapendo bene che la sorella non sopportava di vederla triste.

“Sì. E’ una piccola isola qui vicino, dicono che sia molto bella. Non c’è nulla di eccezionale, però dovrebbe essere davvero carina! Che ne pensi?”

“Penso che è perfetta! Lo sai che preferisco di gran lunga le isole tranquille come la nostra, piuttosto che quelle troppo grandi e affollate!”

“Lo so, sì. E’ proprio per questo che l’ho scelta!”

“E brava la mia sorellina sempre premurosa!”

 

Un paio di giorni dopo, la BELLEMER sbarcò in un piccolo porto di un’isoletta pacifica. Non appena furono scese dalla nave, Nojiko e Nami si innamorarono all’istante di quel posto. Si capiva subito che si trattava di un posto tranquillo, una piccola isola dove tutti conoscevano tutti e dove si poteva stare tra amici. Ad entrambe ricordava molto la loro isola.

“Perfetto. Mi sembra il posto ideale dove trascorrere qualche giorno in completa tranquillità. Allora, come ci sistemiamo?”

“Direi che potremmo cercare subito una locanda, dove poter passare anche la notte. In alternativa potremmo dormire sulla nave, però penso che sarebbe più bello restare al villaggio.”

“Concordo pienamente. Però dobbiamo anche occuparci di comprare alcune cose, soprattutto medicinali e affini. Siamo rimaste a secco.”

“Per quello c’è sempre tempo, no?”

“No, cara. D’accordo che la maggiore sono io, ma anche tu dovresti cercare di essere un po’ più responsabile! E se andando alla ricerca della locanda ti ferissi cadendo?”

“In questo villaggio ci sarà sicuramente un dottore…”

“Senti, io non voglio correre rischi. Se poi ce ne dimentichiamo, rischiamo di affrontare il prossimo viaggio sprovviste. Quindi mentre tu vai alla ricerca della locanda, io vado a comprare tutto ciò che ci serve. Sei d’accordo?”

“Il capitano sei tu…”

“Esatto.”

“Come facciamo a trovarci, poi?”

“Appuntamento alla BELLEMER tra un’ora. Intesi?”

“Intesi. A più tardi.”

“A più tardi.”

 

In cinque mesi, l’umore di Rufy era progressivamente peggiorato. Sempre più spesso gli accadeva di litigare con Ace e sempre più spesso andava da Makino in cerca di un po’ di sostegno. Anche perché erano le uniche volte in cui riusciva a rivedere Nami, anche se dietro gli occhi di un’altra. Nonostante i parecchi anni di differenza, in molti, al villaggio, cominciavano a sospettare che il sentimento che li legava non fosse più il semplice affetto fraterno di un tempo. E anche Ace cominciava a sospettare che quelle voci fossero vere. La cosa non gli creava troppi problemi. A lui bastava che suo fratello tornasse ad essere felice. Però si rendeva perfettamente conto che non era così. Forse davvero aveva una storia con Makino. Ma quella storia, invece di rasserenarlo, lo tormentava. Probabilmente perché, come era convinto Ace, in realtà i pensieri di Rufy erano rivolti a qualcun altro.

Anche quel giorno, Rufy era terribilmente giù di morale. Nemmeno giocare con i bambini dell’istituto lo aiutava. Quindi, in preda alla più cupa depressione, si recò lentamente in direzione della locanda di Makino. Era da poco passata l’ora del pranzo, quindi il locale era praticamente vuoto. Makino stava pulendo i tavoli, quando lui entrò.

“Rufy, ciao. Come va’?”

Il giovane non rispose. E a Makino non servì una risposta. Aveva capito soltanto guardandolo in volto che quella era una delle giornate peggiori, per lui. Senza una parola andò dietro al bancone, si tolse il grembiule, afferrò due bicchieri e una bottiglia ed andò a sedersi al fianco di Rufy, davanti al bancone. Ormai era abituata al suo cattivo umore e sapeva che l’unica cosa di cui lui avesse bisogno era sostegno e affetto. Dopo un po’, Rufy parlò, con voce bassa e profonda.

“Sono un fallimento…”

Makino lo guardò, senza una parola.

“A soli 17 anni sono partito per diventare pirata. Ho messo su una ciurma tutta mia e sono partito alla ricerca di One Piece. A 21 anni sono diventato il Re di tutti i pirati. A 22 sono un uomo completamente finito, che nella vita ha dato e ricevuto tutto. Ormai, tanto vale che la faccia finita.”

“Non dire stupidaggini, Rufy. Tu non sei finito. Hai ancora tutta la vita davanti a te. Puoi fare tutto ciò che vuoi.”

“Ma il problema è che non voglio fare niente. Tutto ciò che desideravo, era diventare il numero uno. Lo sono diventato. E ora non so proprio che farmene, di tutti quei tesori e di quella qualifica. Un Re dei pirati ha senso solo dopo la sua morte, quando può spingere altri pirati a partire alla ricerca dei suoi tesori. Quindi perché farli aspettare tanto? Almeno darà subito una ragione di vita ad altri ragazzi come me.”

“Decisamente, non è la tua giornata. Vattene a letto, Rufy. Dormi fino a domani, e vedrai che queste idee assurde ti saranno passate di mente.”

“Meglio dormire per sempre, no?”

“Rufy, smettila. Con questi stupidi discorsi mi stai facendo davvero innervosire.”

“Mi spiace. Non ti creerò più nessun nervosismo né altro, quando l’avrò fatta finita.”

“Rufy, piantala…”

“Tutti saranno più felici. I bambini non si spaventeranno più, vedendomi con lo sguardo cupo.”

“Piantala…”

“I miei ex compagni non si daranno più pena di scrivermi.”

“Piantala…”

“Ace non dovrà più preoccuparsi né litigare per ogni minima sciocchezza.”

“Piantala.”

“Sicuramente, tutti saranno felici.”

“PIANTALA!!!”

Un sonoro schiaffone arrivò dritto sul volto di Rufy. Uno schiaffo talmente forte che il cappello di paglia volò a terra. Rufy rimase impassibile per qualche istante. Poi, di scatto, si voltò verso Makino, le afferrò i polsi e, attirandola a sé, la baciò.

Lei, sconvolta, sbarrò gli occhi. Poi, per quanto la sua testa le ripetesse di allontanarsi immediatamente, li chiuse, ricambiando il bacio. Nessuno dei due si rese conto che la porta della locanda si era aperta. Per richiudersi in fretta pochi istanti dopo. Nessuno dei due si accorse che qualcuno li aveva visti per poi fuggire di corsa.

Dopo qualche istante si separarono. Rufy non guardò Makino in faccia. Si alzò dallo sgabello e raccolse il suo cappello. Poi se ne andò, sussurrando solo uno “scusa”, e lasciando Makino rossa in volto, sconvolta.

 

Nojiko aveva terminato di comprare i medicinali e ciò che era necessario, così stava tornando alla nave. Camminava serena per le vie di quel villaggio. Ad ogni istante le piaceva sempre di più. Quando raggiunse il porto, si avviò senza fretta verso la BELLEMER, ma improvvisamente fu travolta da qualcuno che correva come una furia. Arrabbiata, urlò:

“E stai attento, accidenti a te!”

Ma preso si accorse che la furia che l’aveva investita era una sua conoscenza.

“Nami! Ma dove diavolo corri in quel modo?”

La giovane si voltò e riconobbe la sorella. Nojiko si stupì non poco, vedendola in volto. Sembrava sconvolta ed i suoi occhi erano pieni di lacrime.

“Nami, che succede?”

“Nojiko…Dobbiamo andarcene da quest’isola.”

“Cosa?! E perché mai, scusa?!”

“Lascia perdere, ti spiegherò poi, l’importante è che ce ne andiamo al più presto. Dai, saliamo sulla nave e partiamo!”

“Non possiamo! Prima di partire dobbiamo fare rifornimento, siamo completamente senza cibo!”

“Lo faremo alla prossima isola!”

“E intanto moriamo di fame?”

“Allora vai a fare questo benedetto rifornimento, ma sbrigati! Io preparo tutto per la partenza. Dai, vai!”

Nojiko fissò sconvolta la sorella, mentre correva sulla loro nave. Non riusciva proprio a capire cosa stesse accadendo. Tutta l’altra gente era tranquillissima, non c’erano pirati in vista. Ed il cielo era limpidissimo, non poteva esserci una tempesta in arrivo. Sconcertata, fece dietrofront ed andò in cerca di un negozio dove fare provviste. Mentre camminava continuava a pensare allo strano comportamento di sua sorella. Era assorta nei suoi pensieri, ma si voltò di scatto sentendo una persona che diceva:

“Ehi, bellezza! Ce l’hai un mandarino?”

Non credeva certo che ce l’avessero con lei, ma si voltò ugualmente alla parola “mandarino”. Per scoprire che, invece, la persona aveva proprio chiamato lei. E scoprì anche di conoscerla, quella persona.

“Come sospettavo! Mi pareva di averti già vista, da qualche parte!”

Si trattava di un ragazzo, più o meno della sua età. Capelli neri un po’ lunghi e tante lentiggini sul volto. Sorrideva beatamente con simpatia.

“Ehi, ma tu non sei il fratello di Rufy?”

“Esattamente. Ace. Mentre tu sei Nojiko, la donna dei mandarini. Più precisamente, la sorella di Nami.”

“Proprio così. Beh, non immaginavo che ti avrei rivisto. Che ci fai qui?”

“Potrei farti la stessa domanda, visto che so per certo che tu non vivi qui. Ma prima risponderò alla tua. Io ci vivo.”

“C- ci vivi? Vuoi dire che questo villaggio…”

“Sì, è il villaggio natale mio e di Rufy.”

“Ma allora…possibile che Nami l’abbia scoperto? Ed è per questo…che vuole andarsene?”

“Ehi, ci sei? Che ti prende?”

“Oh, scusa. Dicevi?”

“Beh, io ti ho detto che faccio qui. Ora tocca a te.”

“Ah. Io sto viaggiando con Nami e siamo capitate qui per caso.”

“Che hai detto? Nami è qui con te?”

“Esatto.”

“Fantastico! Dimmi dov’è, dobbiamo subito portarla da Rufy!!”

“Eh?”

In quell’istante, i due furono interrotti. Makino era arrivata di corsa, afferrando la camicia di Ace.

“Makino…Che succede?”

“Ace! Hai visto Rufy?”

“No, ma stavo per andare a cercarlo anch’io. Ma perché? Sembri agitata, è successo qualcosa?”

“Sì! Prima è venuto in locanda da me, ed era più strano del solito! Si è messo a fare discorsi assurdi, poi io l’ho picchiato e lui mi ha baciata!”

“COSA?!”
Nojiko fissava entrambi. Era piuttosto sconvolta, perché temeva che tutto ciò che stavano dicendo c’entrasse qualcosa con lo strano comportamento di Nami. Quando sentì la parola “baciata” e nella stessa frase “Rufy” e “locanda”, capì. S’intromise nel discorso, interrompendo Ace.

“Scusa! Per caso, mentre accadeva tutto questo, è entrata una ragazza sui 22 anni con i capelli rossi?”

Makino guardò per la prima volta Nojiko. Anche lei, ora, sembrava agitata. Ace non capiva.

“Ti riferisci forse a Nami?”

“Esatto! Era venuta in cerca di una locanda, ma quando è tornata alla nave era sconvolta, diceva di volersene andare al più presto.”

“Io non so…Non mi sono accorta di niente. Però, ora che ci penso…Mi è parso di sentire la porta aprirsi e poi richiudersi!”

“Che casino! Makino, piuttosto…perché dici che Rufy faceva discorsi assurdi?”

“Perché diceva di volerla fare finita!”

Il sangue si gelò nelle vene di Ace e Nojiko.

“Ma com’è possibile? Ace, io non conosco troppo bene Rufy, però sono certa che non potrebbe mai nemmeno pensare a certe cose!”

“E’ quello che pensavo anch’io. Ma Rufy non è più la stessa persona di prima!”

“E’ vero. E poi…All’inizio non ci ho fatto caso, ma quando mi ha baciata ho sentito chiaramente che aveva bevuto. Era ubriaco, credo.”

“Ecco il perché di quei discorsi, allora. Diavolo, dobbiamo trovarlo al più presto! Da sobrio non farebbe mai una sciocchezza simile, ma se è ubriaco…”

“ACE!! MAKINO!!”

Un uomo stava correndo nella loro direzione, visibilmente agitato.

“Tom, che succede? Oh, ma che gli prende a tutti, oggi?!”

“Ace, ho appena visto Rufy! Era vicino alla sponda del fiume e sembrava completamente ubriaco! Ho provato a chiamarlo, dicendogli di stare attento, ma lui non mi ha nemmeno ascoltato!”

Ace sbiancò. Poi partì di corsa, urlando a Nojiko:

“Porta subito Nami al fiume! Fatti spiegare da loro dov’è!”

 

Nami era sulla nave, dentro la sua cabina. Passeggiava avanti e indietro nervosamente, in attesa di Nojiko. Intanto, ripensava a ciò che aveva visto in quella locanda. Non poteva sbagliarsi, quel ragazzo era Rufy. L’aveva visto solo di spalle, ma la sua figura di schiena era impressa nella sua mente in modo indelebile. Quante volte era rimasta a fissarlo mentre, seduto sulla sua adorata polena, guardava l’orizzonte con un sorriso entusiasta sul volto? E poi aveva notato anche il cappello in terra, lì vicino. Era stata una stupida. Quando lui non aveva risposto alle sue lettere, avrebbe dovuto capire subito che non l’avrebbe mai considerata nulla di più di una semplice amica…E, forse, nemmeno quello.

In quel momento, udì delle urla provenire dall’esterno. Con stupore, si accorse che era la voce di Nojiko e che urlava il suo nome. Si precipitò sul ponte, e vide sua sorella sul molo, in compagnia di una persona. E…cavolo! Era la stessa ragazza che stava baciando Rufy! Per un momento si sentì invadere dall’imbarazzo. Ma subito passò, quando udì le parole di Nojiko.

“Vieni subito, Rufy è in pericolo, ha bisogno di noi!!”

Non le ci volle nemmeno un istante. Si precipitò giù dalla nave e, senza una sola domanda, seguì di corsa la sorella e quella ragazza.

Corsero come delle disperate, attraversando il villaggio. Poi s’inoltrarono in un boschetto, per spuntare poi sulla riva del fiume. Lì, parecchia gente fissava l’acqua con sguardo sgomento. Altre persone erano all’interno del fiume e continuavano a rituffarsi sott’acqua, in cerca di qualcosa. O qualcuno.

Nami vide la ragazza avvicinarsi agli altri e chiedere cosa stava accadendo.

“Makino! Ace e Rufy sono lì dentro!”

Nami non si rese nemmeno conto di essersi avvicinata e di aver parlato.

“Non può essere! Quei due non sono in grado di nuotare, affogheranno!”

La gente si voltò a fissarla. Nessuno la conosceva, era chiaro che non capissero. Makino si affrettò a spiegare:

“E’ un’amica di Rufy, faceva parte della sua ciurma.”

In quel momento, qualcuno riportò a galla Ace, che uscì dall’acqua tossicchiando, aiutato da altre persone. Quando si fu ripreso, fece per buttarsi di nuovo, ma in tre lo tennero fermo.

“Ace, sei pazzo? Se torni lì dentro muori!”

“Lasciatemi andare! Mio fratello è lì sotto, se non faccio qualcosa morirà!”

“Ma se ti butti morirai anche tu!”

Per Nojiko, come un dejavù. Per Nami, il suo peggior incubo che si trasforma in realtà. All’improvviso, una visione fugace. Un cappello di paglia galleggiante sulla superficie. E poi, più niente. Solo freddo, una sensazione di gelo. E l’acqua che l’avvolgeva completamente. Lì sotto c’era il suo capitano. E stava morendo. Restare a guardare? Mai.

 

Nojiko vide sua sorella correre verso il fiume e tuffarsi. Per un istante, fu tentata di seguirla. Se quel ragazzo fosse morto, anche Nami l’avrebbe seguito, ne era certa. Ma poi capì che il suo compito era un altro. Lei era sempre stata brava a convincere le persone. Doveva impedire ad un ragazzo di commettere una sciocchezza. Si recò velocemente verso Ace, che ancora tentava di liberarsi della presa della gente per potersi buttare. Ma smise subito, non appena ricevette lo schiaffo. Si voltò verso chi glielo aveva dato e vide una ragazza semi-sconosciuta, preoccupata quasi quanto lui. Improvvisamente, smise di opporre resistenza. Si rilassò, permettendo agli altri di lasciarlo libero. Nojiko sorrise, consapevole di aver fatto la cosa giusta.

“Se tuo fratello, tornando a galla, scoprisse che sei annegato per cercare di salvarlo, ti seguirebbe all’istante. Questo lo sai, vero?”

Ace non rispose. Crollò sulle ginocchia, fissando un punto imprecisato e mormorando:

“Devi farcela, devi farcela…”

Poi, un urlo.

“CE L’HA FATTA!”

Tutti si voltarono verso l’acqua. Una ragazza sconosciuta, una forestiera appena giunta sull’isola, teneva tra le braccia il loro Rufy, cercando di riportarlo a riva. Numerose persone l’aiutarono, sussurrandole frasi del tipo: “Che tu sia benedetta, ragazza.”. Nojiko si precipitò da lei, dandole della pazza ma sorridendo felice ed orgogliosa. Nami la fissò, sorridendo a sua volta. Sussurrò:

“E’ salvo…”

E svenne, tra le braccia della sorella maggiore.

 

Fuori dall’ospedale, tutto il villaggio attendeva ansioso. All’interno dell’edificio, Ace e Makino aspettavano notizie di Rufy, mentre Nojiko parlava con il medico che aveva appena terminato di visitare Nami.

“Non si preoccupi. E’ solo stanca e nervosa. Basta che riposi un po’ e si rimetterà completamente.”

“La ringrazio.”

Nojiko comunicò la notizia anche agli altri due, che ne furono sollevati. Anche Ace era piuttosto debole. Era stato sott’acqua per un pezzo, e la cosa non gli aveva fatto certo bene. Stava seduto su una sedia, a testa china.

Dopo un po’, un medico uscì dalla stanza dove stava Rufy. Ace alzò lo sguardo, troppo debole per avvicinarsi.

“Ace…Rufy è stato molto a lungo sott’acqua…E’ davvero debole. Mi spiace, ma non posso assicurarti che ce la farà…”

“Dottore…deve salvarlo. Assolutamente.”

“Non dipende da me. Ma da lui. La cosa più importante è che voi, che gli siete più cari, gli restiate vicino. Ha bisogno di avere accanto coloro che ama di più.”

Detto questo se ne andò. Anche Makino, con le lacrime agli occhi, uscì, per comunicare la notizia a tutti coloro che attendevano fuori. Ace sembrava ancora più debole. Non riusciva più nemmeno a muovere un dito. Nojiko gli stava vicina, consapevole di cosa stesse provando. Lei aveva passato ben otto anni nel terrore che un giorno le arrivasse la notizia che la sua adorata sorellina, tutta la sua famiglia, era morta. Conosceva molto bene il terrore, la sensazione di impotenza di quegli istanti.

Ad un certo punto, lui parlò.

“Ti ringrazio…per avermi fermato, prima.”

“Figurati. Non ho fatto nulla di particolare. Semplicemente, mi sono resa conto che bisognava farti rinsavire. Sai, so bene come ci si sente, in certe situazioni. Tutto ciò che ti resta della tua famiglia, la tua sorellina o, nel tuo caso, il tuo fratellino, è lì, che sta rischiando la vita. E tu non puoi fare niente, non puoi muovere nemmeno un dito per aiutarlo. E ti senti morire, perché daresti la tua stessa vita piuttosto che vederlo ferito. E invece è il contrario, è lui che sta morendo per te.”

Ace voltò il capo verso di lei. Poi le mostrò un debole sorriso.

“Abbiamo dei fratelli impegnativi, eh?”

“Già. Ma proprio per questo, più combattivi di chiunque altro.”

“No. Non Rufy. Non ora. Hai sentito cos’ha detto Makino. E poi…probabilmente…”

“E’ stato un incidente, Ace. Rufy era ubriaco, non sapeva nemmeno dove stava andando. Si è ritrovato vicino al fiume ed è scivolato dentro. Punto.”

“Non possiamo saperlo. Forse si è davvero buttato. Sai, quando sono arrivato al fiume ed ho visto il suo cappello galleggiare sull’acqua…non ci ho pensato nemmeno per un istante. Mi sono buttato. E non l’ho fatto per cercare di salvarlo. Ma per seguirlo. Ho pensato che se lui era morto, allora dovevo morire anch’io. Ma poi, in acqua, ho capito che forse potevo ancora salvarlo. E ho ricominciato a combattere.”

“Hai fatto bene. E sono certa che anche Rufy ricomincerà a combattere.”

“Non da solo. Lui ha bisogno di determinate persone, al suo fianco. E queste persone non sono i nostri concittadini. Nojiko…ti prego. Convinci Nami a stargli vicino. Io…proverò a contattare tutti i suoi amici, gli ex membri del suo equipaggio. Solo loro possono salvarlo.”

“Certo, loro. E tu. Ricordatelo.”

Si sorrisero, stringendosi la mano. Poi Ace si alzò e si allontanò a fatica.

 

In un altro villaggio, nei pressi di una palestra di spada, due persone si stavano allenando.

“Insomma! Sei lenta! Speri davvero di riuscire a battermi, un giorno?”

“Stai zitto e combatti, Zoro! Vedrai che ce la farò!”

“Se ne sei così convinta…”

“Chiudi il becco! Ma non riesci mai ad essere un minimo gentile, con me?!”

“E perché dovrei, sei una mia avversaria!”

“Sono anche la tua ragazza, nel caso te lo fossi dimenticato!”

“Ma non eri tu, Tashigi, a dire che mentre ci alleniamo dobbiamo dimenticare i sentimenti e pensare solo a vincere?”

“Però tu dimentichi i sentimenti anche quando non ci alleniamo…Sei freddo, dovresti comportarti in modo più gentile, come Sanji!”

“Vuoi che mi comporti come quel damerino? Ma sei pazza?”

La loro discussione si interruppe. Uno degli allievi della palestra correva verso di loro.

“Maestro Zoro! Maestro Zoro!”

“Che succede, Paul?”

“E’ arrivato un telegramma urgente per lei. Tenga.”

Zoro afferrò il foglietto e lesse:

-Rufy grave. Potrebbe morire. Vieni subito a Fusha. Ace.-

Il giovane spadaccino impallidì. Tashigi, incuriosita, lesse il foglio e lo imitò. Poi lui si voltò verso di lei e disse:

“Devo partire all’istante. Vieni con me?”

“Certo. Preparo subito tutto, tu occupati di trovare la barca più veloce.”

E così si divisero, correndo in due direzioni diverse. Zoro, agitatissimo, andò subito a procurarsi una barca.

“Rufy…Che cazzo ti è successo, amico? Aspettami. Sto arrivando.”

 

“Ehi, Usop! Ci sei?”

“Sono qui, papà, che succede?”

“Un telegramma urgente per te. Viene da Ace, il fratello di Rufy.”

“Eh? E che c’è scritto?”

“Devi partire subito. A quanto pare Rufy ha bisogno di te.”

“E per cosa?”

“Non lo so. Ma qui c’è scritto che è in pericolo di vita.”

Senza aggiungere altro, Usop si precipitò ad avvertire Kaya, per poi prendere una barca e partire immediatamente per Fusha.

 

“Ehi, Paty! Ma non vedi che stai bruciando quella bistecca?! Fai più attenzione, idiota!”

“Accidenti a te, stupido moccioso! Quand’è che te ne torni a viaggiare per il mare?”

“Ma smettila! Ehi, vecchio! Finalmente! Si può sapere dov’eri finito? Beh? Che è quell’espressione cupa?”

“Paty, vai subito a preparare la barca più veloce. Sanji deve partire.”

“Che vorresti dire, scusa? Mi stai forse cacciando?”

“No, idiota. Ti è arrivata una richiesta di aiuto, leggi qua.”

Sanji lesse il foglietto. Era serio e molto pallido, quando lo stracciò.

“Non mi servono provviste. Ho intenzione di arrivare in poco tempo.”

“Ehi, ma tra quanto tornerai?”

“Solo quando sarò certo che quel coglione non corra più pericoli…”

 

Nami entrò titubante nella stanza. Quando lo vide disteso sul letto, con gli occhi chiusi ed un’espressione di dolore sul volto, ebbe un tuffo al cuore. Non riusciva a credere che quella fosse la stessa persona che l’aveva fatta impazzire con la sua stupidità. La stessa persona che l’aveva convinta a diventare una pirata, nonostante lei odiasse i pirati. Beh, non tutti, ormai. Alla fin fine, un certo pirata aveva imparato ad amarlo.

Si avvicinò al letto. Il cuore le batteva forte, le mani le tremavano. Si sedette su una sedia, spostandola vicino al letto. Rimase per un’ora in silenzio, a fissare il volto di Rufy e a riflettere. Su quella che era stata la sua vita mentre viaggiava con lui, su quella che non era stata vita senza di lui. Su cosa avrebbe dovuto fare, da quel giorno in avanti. Era assurdo continuare a fingere. Doveva dirgli tutto. Tutto quanto, fin dal principio. Probabilmente, in quel modo l’avrebbe perso anche come amico. Ma non poteva continuare a vivere portandosi dentro quel peso enorme che la tormentava.

“Certo – pensò – prima bisogna che si svegli. Non sono così codarda da confessargli i miei sentimenti mentre dorme.”

In quel momento, udì qualcuno entrare nella stanza. Si voltò e vide Makino. Entrambe si fissarono imbarazzate. Praticamente, non avevano ancora mai parlato tra loro. Nami la osservò. Era più grande di lei, almeno di 5 anni. Ma forse era ancora più vecchia. Tuttavia, aveva un aspetto molto giovanile e lo sguardo di una ragazzina. Pensò che per un ragazzo dell’età di Rufy fosse molto facile innamorarsene.

Anche Makino stava esaminando Nami. Aveva sentito parlare parecchio di lei. Da Rufy, ma soprattutto da Ace. Ed aveva capito che si trattava di una persona molto speciale, per Rufy. Fino alla sua partenza, era stata lei l’unica ragazza presente nella sua vita.

“Scusa il disturbo. Pensavo non ci fosse nessuno.”

“Ah, non ti preoccupare. Io…stavo per andarmene.”

“No, resta pure. Tanto, non credo sia un problema se restiamo entrambe.”

“Oh…sì, certo…”

Un silenzio molto pesante piombò nella stanza. Makino posizionò una sedia dalla parte opposta del letto, sedendosi praticamente di fronte a Nami, con Rufy al centro. Per un po’ rimasero zitte. Poi la più grande parlò.

“Ecco…Dunque, io volevo ringraziarti. Tu l’hai salvato.”

“Eh? No, non è vero. Non ho fatto nulla.”

“A dire il vero, tu ti sei buttata in acqua e l’hai portato in superficie. Tutto il villaggio ti deve molto. Ma io e Ace in particolare.”

“Figurati. Ehm…io…credo che non ci siamo ancora presentate…”

“Hai ragione. Scusa. Io sono Makino. Sono…una vecchia amica di Rufy e Ace. Diciamo…che ho fatto loro da sorella, un tempo.”

“Capisco. Io sono Nami. La sua navigatrice.”

Makino non mancò di notare il cambiamento del tono di voce di Nami quando disse “navigatrice”. Sarebbe stato molto più semplice dire “amica”. Ma Nami non voleva dire ciò di cui non era nemmeno sicura.

“Ehm…Ho saputo che Ace ha avvertito il resto della vostra ciurma. Presto saranno qui anche loro.”

“Sì. Rufy è molto affezionato a tutti quanti. Probabilmente, sentirli vicini lo aiuterà.”

“Speriamo.”

“Già.”

Nami si tormentava le mani. Avrebbe voluto chiederle di quel bacio, ma non ne aveva il coraggio. Makino avrebbe potuto tranquillamente risponderle che non erano affari suoi. In fondo, era la verità.

In quel momento, a togliere entrambe da quella situazione imbarazzante, arrivò Ace.

“Oh. Ciao, ragazze. Siete qua.”

“Sì. Ciao.”

“Nami, Nojiko ti stava cercando.”

“Allora vado da lei. Grazie per avermi avvertita. Ciao.”

Si alzò e se ne andò più velocemente possibile. Una fuga.

“Codarda! Ecco cosa sei diventata.”

Era arrabbiata con se stessa. Per non essere riuscita ad ammettere i suoi sentimenti per Rufy fino a quel momento, per non essere riuscita a chiedere spiegazioni, per non essere riuscita a comportarsi in modo naturale. Con un gesto di stizza, calciò una sedia, per andare poi in cerca di sua sorella.

 

Era passata ormai una settimana dall’ “incidente” accaduto a Rufy. Lui ancora non aveva ripreso conoscenza. Nami andava a trovarlo tutti i giorni e passava delle ore nella sua camera. Senza dire una sola parola, si limitava a fissarlo in silenzio. Spesso incontrava Makino, e rimanevano entrambe in silenzio. Ace era sempre più preoccupato. Non vedeva l’ora che il resto della ciurma arrivasse. L’unico suo sostegno, in quei giorni di estenuante attesa, era Nojiko. Lei riusciva a comprenderlo benissimo, quindi sapeva sempre cosa dire o fare per tirarlo un po’ su. Erano ormai diventati ottimi amici quando, un giorno, gli altri arrivarono. Praticamente contemporaneamente. Si erano incontrati durante il tragitto e avevano navigato insieme. Ace quel giorno si trovava alla locanda. Stava pranzando in compagnia di Nojiko, quando qualcuno entrò di corsa, dirigendosi da lui.

“Ace! Sono arrivati! E’ la ciurma di Rufy!”

“Ne sei sicuro?”

“Certissimo. C’è Yasop, con loro.”

Ace e Nojiko si scambiarono un’occhiata. Poi corsero verso il molo.

Li videro subito. Erano raggruppati sul pontile, stavano parlando tra loro. Sembravano decisamente nervosi.

“Ehi, ragazzi!”

Si voltarono. E subito Zoro gli si avvicinò.

“Ace, che diavolo è successo?”

“Zoro, è una storia lunga. Intanto, venite all’ospedale. Vi racconto strada facendo.”

“All’ospedale? E’ lì che si trova Rufy?”

“Sì.”

Mentre camminavano svelti, Ace spiegò la situazione a grandi linee. Tutti rimasero molto scossi da quelle notizie. Quando arrivarono, subito notarono Nami fuori dalla porta.

“Nami!”

“Sì? Oh, ragazzi! Siete arrivati, finalmente!”

Nonostante tutto, sorrisero rivedendo l’amica.

“Come mai sei qui fuori?”

“Lo stanno visitando.”

“Capisco.”

“Senti Ace, ora ho più o meno capito come stanno le cose. Ma noi che dobbiamo fare, di preciso?”

“Dovete convincerlo a continuare a vivere.”

“E come possiamo fare?”

A quel punto intervenne Nami.

“Zoro…Sanji…Usop…Voi tre avete realizzato, proprio come me e Rufy, i vostri sogni, vero?”

“Eh? Beh, certo.”

“Ora vivete una vita tranquilla, vicino alle persone che amate, facendo ciò che preferite. Giusto?”

“Più o meno…”

“E nelle vostre vite, non sentite la mancanza di niente? So che non capite, ma è proprio questo che sta uccidendo Rufy! Lui non ce la fa! La sua vita è per mare, assieme a noi. Stare fermo qui, senza progetti, senza speranze, senza aspettative, l’ha ridotto in quello stato! Non potete fare niente?”

Zoro e gli altri si scambiarono un’occhiata. Poi lo spadaccino si voltò nuovamente verso la navigatrice.

“Credo di aver capito cosa ci stai chiedendo, Nami. E, a dire il vero…ne abbiamo già parlato.”

“Eh?”

“Esatto, dolce Nami. – intervenne Sanji. – Mentre venivamo qui, in nave, abbiamo parlato delle nostre vite attuali. Tutti noi, non riusciamo più a sentirci davvero soddisfatti, vivendo come un tempo. Sentiamo tutti la mancanza di qualcosa. E credo sia inevitabile, no? Abbiamo vissuto per quattro anni fianco a fianco. Ogni giorno, per quattro anni, noi siamo rimasti insieme. Abbiamo vinto battaglie, salvato vite, vissuto mille avventure. Ci sono stati momenti di pura gioia e momenti di tristezza profonda. Ma abbiamo vissuto tutto questo sempre e rigorosamente insieme. Ed ora è difficile rimanere separati e vivere vite indipendenti.”

“Sicuramente, prima di incontrare Rufy nessuno di noi avrebbe pensato di fare il pirata. Beh, Usop a parte. E, sicuramente, Rufy è convinto che siamo ancora di questa idea. Ma ormai noi siamo una ciurma. La SUA ciurma. E le vere ciurme non si separano così presto. Insomma, che Re dei pirati è, se smette di fare il pirata?!”

“Volete dire che…”

“Vogliamo dire che anche noi moriamo dalla voglia di riprendere il mare in sua compagnia. Di vivere altre avventure, tutti insieme. Di visitare terre nuove e sconosciute. Sempre e comunque tutti insieme.”

Il volto di Ace si illuminò. Rufy era stato uno stupido. La sua ciurma non l’aveva mai tradito e mai l’avrebbe fatto. Anche Nami era felice.

“Allora, ci troviamo tutti d’accordo. Andiamo a riprenderci il nostro capitano?”

Gli altri sorrisero. Poi, alzando un braccio al cielo, esclamarono in coro:

“ANDIAMO!!”

 

Si trovava in uno spazio freddo e buio. Continuava a girarsi da una parte e dall’altra, ma non vedeva nulla. Solo il buio più assoluto. Aveva freddo…terribilmente freddo. Mai provato un freddo così intenso, nemmeno a Drum, quando scalava la montagna in pantaloni corti e canottiera, con sulle spalle Nami e tra i denti la giacca di Sanji. Ma quella volta il freddo nemmeno lo sentiva, a pensarci bene. Erano ben altre cose a occupargli la mente. Cose come salvare la vita ai suoi più cari amici…Una scarica di adrenalina. I suoi amici. Se fossero stati con lui, in quel momento, anche in mezzo al buio e al gelo, se la sarebbero cavata. Magari in quel momento avrebbero pure riso. Era facile ridere, assieme a loro. Anche nei momenti più difficili. Strinse i denti e i pugni. Pensò a Zoro. Sicuramente, se fosse stato al suo fianco, l’avrebbe deriso, per quel suo comportamento assurdo.

“Sembri quel coniglio di Usop!” – gli avrebbe detto. Poi gli avrebbe tirato una gran manata sulla spalla, sorridendogli. E dandogli coraggio.

“Tu sei il numero uno, capitano.”

Ecco cosa gli avrebbe detto, il suo migliore amico.

“Ce la puoi fare. Io sono qui, ti copro le spalle.”

E gli sembrava di sentirla davvero, quella voce. Altra scarica di adrenalina. Sì. Zoro era sempre stato al suo fianco. O meglio, dietro di lui, a coprirgli le spalle. In battaglia, sapeva di potersi buttare a capofitto nella mischia, senza preoccuparsi di altro. Il suo più caro amico gli avrebbe comunque coperto le spalle.

Aveva riacquistato un po’ di lucidità. Sapeva di non doversi arrendere. Per Zoro. Ma non era facile comunque. Si sentiva debole, privo di forze. Come quando aveva fame!

“Ehi, stupido! Non mi dirai che hai ancora fame!”

Sanji. Anche lui, al suo fianco, sempre. Pronto a dargli sostegno. A prenderlo in giro. Ma poi, pronto a sorridere e a porgergli qualcosa, tipo un po’ di pane, o una mela.

“Tieni qua. Lo so che se non mangi non hai forza. Vorrà dire che sarò la tua riserva personale di energia. Vai. Pensa solo a combattere. Del resto mi occupo io.”

Sì. Sempre così. Non aveva mai dovuto preoccuparsi dei pesci piccoli. Un paio di calci, ed erano spariti. Sanji, il suo cuoco personale. Quante volte si era svegliato nel cuore della notte, con lo stomaco che brontolava? Un sacco. E sempre, in qualsiasi occasione, andando in cucina aveva trovato qualcosa da mangiare sul tavolo, apposta per lui. In genere accompagnato da qualche messaggio tipo:

-Mangia questo e non svaligiarmi la dispensa.-

Si preoccupava sempre che non gli mancasse il cibo, il suo amico Sanji. Anche a lui voleva molto bene. Anche se faceva sempre lo scemo con Nami.

“Forza, capitano.”

Sì. Le forze gli ritornavano. Ce la poteva fare. Ora aveva riacquistato coraggio e forza. Ma ancora non bastava. Sentiva…che gli mancava qualcosa. Sì, in lui c’era qualcosa che non andava. Il suo volto. Era serio. Non riusciva a sorridere. Eppure, da quel che ricordava, anche nei momenti peggiori e nelle battaglie più difficili, non aveva mai perso il sorriso. Forse da scemo, ma comunque allegro. E infondeva allegria anche in chi gli stava vicino.

“F- f- f- forza, c- c- c- capitano!!”

Usop. Tremava, durante le battaglie. E si nascondeva dietro agli altri. Ma poi tirava fuori la fionda o qualche sua strana invenzione, ed ecco che ti salvava la vita.

“Sì, sono il migliore! Beh, Rufy, ovviamente dopo di te!”

Gli infondeva sempre tanta allegria. Si divertiva tantissimo, con Usop. Facevano i buffoni insieme, scherzando e ridendo.

“Io sono il capitano Usop! Però stavolta ti cedo il posto, Rufy! Vai!”

Ecco. Le labbra si sollevano verso l’alto. Sì, era quello. Il sorriso che in ogni occasione era presente sul suo volto. Ancora adrenalina. Ormai era forte, era coraggioso, era allegro. Non gli mancava più niente. O sì? Sentiva che ancora non era perfetto. Qualcosa ancora mancava. Il freddo…sì, quello non gli era passato. E si rese conto che non era all’esterno. No, il freddo ce l’aveva dentro…nel cuore. Cos’era? Cos’era che gli mancava, ancora?

“Idiota! Piantala di startene imbambolato e fa qualcosa! Non mi dirai che sei tanto stupido da farti sconfiggere in quel modo!”

Calore. Un po’ di calore nel cuore. Ed il ghiaccio pian piano si scioglie. Nami. Era lei la sua fonte di calore. Il volto arrabbiato, i denti in fuori, la mano pronta a sferrargli l’ennesimo pugno in testa. E la trasformazione. Un sorriso, dolcissimo. Ed una fiamma che si accendeva nel suo cuore.

“Dai, sbrigati a batterlo. Poi facciamo festa, con tanto cibo e roba da bere, eh?”

Sì. Il coraggio, Zoro. La forza, Sanji. L’allegria, Usop. E la fiducia, il calore…Nami…Ecco di cosa aveva bisogno per vincere. Non un tesoro, non delle armi. Ma i suoi amici. Senza, non era in grado di muovere nemmeno un dito. Li sentiva. Li sentiva dentro di sé. Il fuoco esplodeva in tutta la sua potenza.

“SI’, CON LORO POSSO FARCELA!!”

E le tenebre, scompaiono. Luce. Accecante. Calda. Dolce. E tutti loro, i suoi amici, attorno a lui. Chiusi a cerchio, che gli sorridevano.

“Forza Rufy. Metticela tutta. Siamo con te.”. Zoro…

“Muoviti, capitano. Ti aspettano tanti nuovi manicaretti.”. Sanji…

“Potremmo fare il capitano un giorno io e un giorno tu, che ne dici, Rufy?”. Usop…

“Torniamo a navigare tutti insieme, Rufy. Non ti abbandoneremo mai più…Noi siamo…la tua ciurma.”. Nami…

“Sì, loro sono qui…Mi stanno aspettando…Ora arrivo.”

 

Erano tutti e quattro attorno al letto. Gli sussurravano incitamenti e proposte per i loro viaggi futuri. Niente lacrime né tristezza. Solo coraggio, forza, allegria e fiducia. Tanta, interminabile fiducia. Ed eccolo. Sì. Non era un sogno.

Il giovane, steso sul letto, increspò le labbra in un debole sorriso. Poi socchiuse gli occhi, e li vide. Erano lì. Tutti. I quatto sorrisero di pura gioia. E versarono anche qualche lacrima. Ma erano comunque lacrime di gioia. Era tornato, il loro capitano. Sì. Rufy ce l’aveva fatta. Era tornato da loro.

 

Per tutti fu gran festa, al villaggio di Fusha. Rufy si era salvato. Erano stati i suoi amici ad aiutarlo. Tutti erano loro estremamente grati.

Ace entrò nella stanza d’ospedale di suo fratello. Rufy era sveglio, seduto sul letto. Sembrava tornato lo stesso di un anno e mezzo prima.

“Ace!”

“Ciao fratellino. Come ti senti?”

“Annoiato. Perché non mi lasciano uscire da questo noiosissimo ospedale?”

“Perché fino a ieri eri con un piede nella fossa…”

“Ma ora sto bene!”

“Tsk, sei proprio tornato te stesso, eh?”

Rufy rise. E anche Ace lo imitò. Sì, Rufy era davvero tornato. E, in quel momento, Ace decise di non porre più la domanda che gli premeva in testa dal giorno in cui Rufy era quasi affogato. La risposta la sapeva già. Tuttavia, forse intuendo che era meglio chiarire tutto, Rufy rispose, senza saperlo.

“E’ stato un incidente, sai?”

Si scambiarono un’occhiata significativa. Poi Ace annuì.

“Sì. Lo so. L’ho sempre saputo.”

“Bugiardo. I tuoi dubbi li hai avuto anche tu.”

“Forse per un istante. Ma ho capito subito che non ti eri buttato. Me l’ha fatto capire Nojiko.”

“Siete diventati amici?”

“Direi di sì.”

“Ne sono felice.”

Discorsi brevi, frammentati, allegri, quasi senza senso. Erano tornati i fratelli tanto legati di un tempo.

“Dove sono tutti gli altri?”

“Stanno discutendo circa la nuova partenza.”

“Senza il loro capitano?”

“Beh, per il momento stanno sistemando ciò che li riguarda. Tipo avvertire le famiglie, gli amici.”

“Capisco.”

“Rufy, dimmi una cosa, sinceramente.”

“Quale?”

“Ami Makino?”

Rufy lo fissò, senza un minimo di stupore.

“No. Non come lo intendi tu, almeno.”

“Come una sorella?”

“Esatto. Proprio come te.”

“Quindi se l’hai baciata è stato solo perché eri ubriaco?”

“Sì.”

“Mi sa che devi parlare con lei, sai?”

“Lo so. E’ ciò che ho intenzione di fare non appena verrà a trovarmi.”

“In questo caso, le dirò di passare al più presto. Prima ti chiarisci, meglio sarà per tutti. Per te, per lei e anche per qualcun altro.”

Rufy annuì. Era decisamente tornato quello di prima.

“Ok. Ora vado. Devo fare un paio di cose. Il dottore ha detto che ti dimetteranno domani. Quindi, nel frattempo, vedi di non combinare troppi danni.”

“D’accordo! Ah, dimenticavo. Quando dici a Makino di venire qua…”

“Sì?”

“Dille di portarmi da mangiare! Ho fame!!”

Ace se ne andò, ridendo a voce alta.

 

Qualcuno bussò alla porta. Un tocco leggero, che non poteva appartenere a nessuno dei suoi amici.

“Avanti.”

Infatti, fu Makino a entrare. La stessa Makino di sempre.

“Ciao Rufy. Ti ho portato qualcosa da mangiare. Ace mi ha detto che eri disperato!”

“Oh, che tu sia lodata, Makino! Non so cosa farei, senza di te!”

“Eh eh. Tutto questo ben di Dio è stato preparato personalmente dalla sottoscritta con la collaborazione del tuo amico Sanji.”

“Cibo di Sanji?! Oh, ti prego, dammelo subito! E’ da un anno e mezzo che me lo sogno di notte!!”

“Ci avrei giurato. Ma un tempo non dicevi che ero io la migliore cuoca del mondo?”

“Prima di conoscere Sanji. Non ti offendere, ma la sua cucina ha…qualcosa in più.”

“Tranquillo, non mi offendo. Anch’io l’ho assaggiata, e devo dire che hai ragione. Certo, forse se mentre cucina si occupasse solo di quello, sarebbe meglio.”

“Ci ha provato con te, eh?”

“Lo conosci bene.”

Risero. Poi Rufy ingurgitò tutto alla velocità della luce. Makino, come tutti coloro che lo conoscevano abbastanza bene, era abituata. Non ci fece nemmeno caso. Quando ebbe terminato, Rufy divenne serio. Anche se mai quanto quel giorno di una settimana prima.

“Che hai?”

“Makino, io…ti devo parlare.”

Lei capì all’istante. Sapeva che prima o poi avrebbero affrontato l’argomento. E lei non aveva fatto che pensarci da quando era accaduto. Lei voleva bene a Rufy. L’aveva visto crescere. Si era presa cura di lui come di un fratellino minore. Eppure, vedendolo tornare dopo quattro anni, con quel cappello, l’aveva scambiato per Shanks. Il suo primo amore. Forse per quello, perché glielo ricordava tanto…si era lasciata baciare, ricambiando. Però ciò non significava che amasse Rufy. O forse sì.

“Ciò che ho detto…e fatto quel giorno…il giorno in cui sono caduto nel fiume…”

“Rufy…lo so. Eri completamente ubriaco. E nemmeno io ero completamente in me. Rufy, tu sei come…anzi, io ti considero mio fratello. Esattamente come tale considero Ace. Non ti amo. Non come un uomo. Quindi, ti prego, dimentichiamo quel giorno. E torniamo ad essere come fratello e sorella. Vuoi?”

Rufy sorrise. Un sorriso sincero, Makino lo capì subito. E ne fu immensamente felice. Poi si abbracciarono, felici di aver chiarito una situazione tanto complicata.

“Grazie, Makino. Anch’io ti voglio bene. E ti considero mia sorella. E sì, quel giorno ero ubriaco. E per un istante, quando mi hai picchiato, ti ho scambiata per un’altra.”

“Lo immaginavo. Comunque, sarebbe il caso che tu lo dicessi, a questa persona.”

“Dirle cosa?”

“Che pensavi a lei, quando mi hai baciata. E ciò che provi.”

“…E’ complicato…”

“Lo so. Ma devi farlo comunque.”

“Ci proverò.”

 

Il giorno successivo Rufy fu dimesso. Era in perfetta forma e uscì dall’ospedale saltellando. Quando arrivò alla locanda, scoprì che i suoi amici avevano organizzato una grande festa in suo onore. Mangiarono e bevettero alla grande, ridendo e divertendosi da pazzi. Rufy era al settimo cielo, perché si trovava con tutti i suoi più cari amici. Ad un certo punto, Zoro gli si sedette vicino.

“Allora, Rufy…Va decisamente meglio, così, eh?”

“Oh, sì. Questa è vita, amico mio.”

“Già…Senti, ho bisogno di parlarti di una cosa.”

“Dimmi.”

“Vedi, io non vedo l’ora di ripartire con te e gli altri. Ma ho un problema. Non voglio separarmi da Tashigi.”

“E dov’è il problema? Falla venire con noi.”

“Eh?”

“Tashigi è un’amica. Ci ha aiutato molto. E se per lei non è un problema viaggiare insieme a dei pirati…”

“Dici sul serio? La accetteresti nella nostra ciurma?”

“Io direi piuttosto che già ne fa parte…”

Zoro sorrise.

“Già. Che scemo. In appena un anno e mezzo mi ero dimenticato che tipo sei. Grazie amico.”

“Sono io che ti ringrazio. E’ solo grazie a te e agli altri se sono ancora qui. E poi, volevo dirti una cosa. Tu per me sei come un fratello. Sei il mio braccio destro, il mio vice…Sei il mio migliore amico.”

Si strinsero la mano. Poi brindarono e si fecero insieme una bella bevuta.

Poco più in là, Ace li osservava sorridendo. Assorto, non si accorse che qualcuno osservava la stessa scena, dietro di lui. Così sobbalzò, sentendo una mano posarsi sulla sua spalla. Si voltò di scatto.

“Nojiko!”

“Eh eh, non dirmi che ti ho spaventato, signor Pirata!”

“Acc, mi hai beccato! Ebbene sì, ero distratto.”

“Se fossi stata un tuo nemico, ora saresti morto.”

“Morirei in pace, se ad uccidermi fosse una bellezza del tuo calibro.”

Nojiko arrossì di colpo, imbarazzata da quel complimento improvviso. Ma si ricompose subito, com’era nel suo carattere.

“Beh? Mi sa che in questi giorni sei stato un po’ troppo vicino a Sanji…Ti sei messo a parlare come lui!”

“Eh eh, colpito e affondato! Ero solo curioso di vedere come avresti reagito ad una frase del genere…Da quando lo conosco, mi sono sempre chiesto se certe cose fanno effetto sulle ragazze…”

“Dette da qualcuno di più serio di te, può essere, mio caro.”

“Ehi, guarda che potrei offendermi! Sono una persona sensibile, sai?”

“Chi, tu?! Ma non farmi ridere!”

“Tsk! Antipatica!”

Qualcuno rise, vicino a loro. Era Usop.

“Certo che si vede davvero che voi siete i fratelli di Nami e Rufy! Vi comportate esattamente come loro due!”

“Ehi, nasone! Fatti gli affari tuoi! E pensa alla tua bella, va’!”

Usop rise ancora. Era un po’ alticcio. Ace si alzò.

“Senti un po’, ti va’ di fare un giro qua fuori? Ho bisogno di prendere un po’ d’aria.”

Nojiko fece spallucce e lo seguì, non senza aver prima lanciato un’occhiataccia ad Usop, che aveva commentato:

“Ogni scusa è buona per pomiciare…”

Passeggiarono un po’, parlando del più e del meno. Poi Nojiko gli pose una domanda che le frullava in mente da un paio di giorni.

“Senti un po’, Ace…Ma tu che farai, ora?”

“Cosa intendi dire?”

“Voglio dire…Rufy tra breve prenderà il mare. Tu hai intenzione di andare con lui?”

“Ah, ti riferivi a questo. Beh, sì. Ne ho già parlato con lui. Non farà molta differenza, perché dopo il ritrovamento di One Piece io ho viaggiato con loro per un po’.”

“Insomma, sei già un membro dell’equipaggio.”

“Esatto. E tu che farai?”

“Io? Beh, mi farò dare un passaggio fino a Cocoyashi, poi ricomincerò ad aspettare la mia cara sorellina.”

“Non vorresti doverlo fare?”

“Eh?”

“Non vorresti continuare ad aspettare tua sorella?”

“Sinceramente? No. Insomma, tu sai cosa significa. Non è molto piacevole. Senza contare che mi spiace non poterle essere vicina.”

“Allora rimani sulla nave con noi.”

“No, io non sono un membro della ciurma. Sono un’extra. E poi, non sono nemmeno sicura che a Nami farebbe piacere.”

“A me invece sì.”

Nojiko fissò Ace, decisamente sorpresa. Lui aveva lo sguardo fisso altrove, ma poi si voltò verso di lei.

“Sarei davvero felice se anche tu venissi con noi.”

Nojiko si sentiva strana. Per la prima volta in vita sua era imbarazzata. Ma cercò di non darlo a vedere.

“Beh, ma temo che la decisione non spetti a te…”

“Non importa. Posso sempre chiedere a Rufy di accettarti, come favore personale. Anche se sono certo che non ce ne sarebbe bisogno. Lui sarebbe felicissimo di accoglierti nella sua ciurma.”

La ragazza cercava disperatamente di riacquistare il controllo di sé.

“Lascia stare. Non sono nemmeno tanto sicura di voler viaggiare con voi…”

Ace la fissò, serio. Forse per la prima volta le stava rivolgendo uno sguardo completamente serio.

“Allora lo chiedo a te, come favore personale. Ti prego, vieni con noi. Io…voglio che tu venga con noi…con me.”

Ormai Nojiko non capiva decisamente più nulla. Fissava Ace a bocca aperta.

“Ti assicuro che colui che sta parlando in questo momento è Ace. Non uno scemo che vuole imitare Sanji…”

Lei continuava a non rispondere. Non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere. Lui comprese la sua confusione e sospirò, riassumendo la solita aria tranquilla e allegra.

“Comunque, questo è quanto. Immagino che sarai un po’ sconvolta, ora, quindi ti lascio libera di pensarci con calma. Mi basta avere una tua risposta prima della partenza. E non preoccuparti…Anche se sono sensibile, non ne farò una tragedia, se rifiuterai.”

E così dicendo si allontanò, lasciando Nojiko sola e più confusa che mai.

 

Mentre tornava alla locanda, Ace incrociò Nami.

“Ace! Scusa, per caso hai visto mia sorella? Usop mi ha detto che era uscita con te…”

“Sì, è sulla strada, poco più avanti.”

“Sulla strada? E perché?”

“Credo sia rimasta un po’ sconvolta per una cosa che le ho detto…E credo anche che sia il caso che tu vada da lei, a parlare un po’. E un’altra cosa…Rufy ha già chiarito tutta la situazione, con Makino. Se vuoi un consiglio, vedi di chiarirti anche tu, prima della partenza!”

E se ne andò, lasciando che Nami, pensierosa, raggiungesse sua sorella.

 

“Nojiko! Ehi, che hai?”

“Eh? Nami?”

“No, guarda, sono Arlong! Ma che ti prende?”

“Niente, no…”

“Ace mi ha appena detto di averti lasciata sconvolta…Che ti ha detto?”

Nojiko arrossì di nuovo e Nami ne rimase a dir poco esterrefatta.

“Nojiko! Che hai?! E’ la prima volta in tutta la mia vita che ti vedo arrossire!!!”

“Nientenientenienteniente!!”

“Oh, Santo Cielo, mi si è rimbecillita la sorella!”

“Ma no, smettila di prendermi in giro!”

“Mi dici che ti è successo?”

“No, niente, è che…”

“E’ che…?”

“Ace mi ha proposto di venire con voi.”

“Ed è per questo che sei tanto sconvolta? E’ una caratteristica tipica anche di Rufy…Se una persona gli va a genio la vuole nella sua ciurma.”

“No, non è proprio la stessa cosa…Lui…ecco…Mi ha detto che VUOLE che io venga con voi…Anzi, ha precisato, con lui…”

Nami per un momento non capì. Poi interpretò meglio quella richiesta.

“OH MIO DIO…ACE SI E’ INNAMORATO DI TE?!?!?!?”

“E non gridare, per l’amor del cielo!!”

“S- scusa…E’ che non me lo sarei mai aspettata, giuro!”

“Figurati io! Insomma, mi ero accorta che con me parlava molto e si trovava bene, ma non credevo in quel senso!”

“Già…Wow! Che notizia…”

“Sì…sono felice che tu ti diverta…Io non sono mai stata tanto in crisi in vita mia…”

“Scusa, scusa…Ma, senti un attimo…E tu cosa senti, per lui?”

“Eh?”

“E’ solo un amico, oppure ti piace in modo particolare?”

“Beh, mi piace molto, questo è certo, però…Ah, non lo so, Nami!”

“Dai, non c’è male…In fondo, non lo conosci da molto…A me ci sono voluti praticamente 5 anni per ammettere che Rufy mi è sempre piaciuto!”

Per qualche istante Nojiko dimenticò i suoi problemi.

“AH! Allora l’hai ammesso, finalmente!”

“Ebbene sì, cara sorellina. Lo dico a voce alta, a te, per la prima volta, ma…Sono innamorata di quell’idiota di Monkey D. Rufy. E credo di amarlo da sempre. Sicuramente, da quando ci ha liberati della tirannia di Arlong. E forse, persino da prima…”

“Perfetto. Allora adesso corri a dirglielo.”

“Neanche per idea! Nojiko, io adesso devo ricominciare a navigare con lui…Non posso rivelargli i miei sentimenti!”

“Perché?”

“Perché rovinerei tutto. E non voglio.”

“Uffa! Nemmeno comincio questo discorso con te, perché so che tanto non mi dai retta. Dai, torniamo alla locanda. Ho proprio bisogno di bere qualcosa…”

“Che ne dici, sorellina…Gara a chi regge di più?”

“E sia.”

 

In breve tempo, tutti i preparativi furono ultimati. Si erano procurati una nuova nave, più grande della Going Merry. Avevano sistemato tutto a dovere e l’indomani sarebbero partiti. Tuttavia, Nojiko ancora non aveva preso una decisione. E Nami ancora non si era decisa a parlare con Rufy. In quei giorni era capitato che scambiassero qualche parola, ma sempre battute e cose del genere. Come quando erano sulla Going Merry.

Quella sera, Nami e Nojiko ne stavano parlando.

“Domani salpiamo.”

“Già…”

“E tu non hai ancora dato una risposta ad Ace.”

“Mentre tu ancora non ti sei chiarita con Rufy…”

“Ti aveva chiesto di dargliela prima della partenza…E poi, in base alla tua risposta, dobbiamo impostare la rotta. Se tu non verrai, la nostra prima tappa sarà Cocoyashi. Altrimenti, partiremo subito per la prima meta decisa da Rufy.”

“La fai facile, tu. Ti limiti a stabilire il cambio di rotta, ma non è così semplice!”

“Oh, invece è semplicissimo. Ascolta, io ti ho già detto che sarei ben felice se tu decidessi di venire con noi. Ma non è questo il punto. Il punto è: cosa provi per Ace?”

“Senti, a te ci sono voluti più di 5 anni per capire cosa provavi per Rufy! E io devo capirlo in pochi giorni! Non è giusto!”

“La situazione è completamente diversa. Se a me capitasse ora, sicuramente saprei decidermi.”

“Uffa, mi sono stufata! Me ne vado a fare un giro!”

Detto questo uscì, sbattendo la porta. Nami sospirò.

“Accidenti a lei…”

 

Nojiko camminava per il villaggio, imbronciata. Sapeva che sua sorella aveva ragione, ma questo non toglieva che non aveva ancora capito. Amava Ace? A volte pensava di sì. Altre, invece, si convinceva che per lei era solo un amico. Non era affatto facile capire.

In quel momento alzò la testa, e vide proprio Ace. Era nel cortile dell’orfanotrofio, e stava salutando tutti i bambini.

“Papà Ace…Ma perché tu e papà Rufy ve ne andate?”

“Io e papà Rufy ce ne andiamo a fare un piccolo viaggio. Ma presto torneremo, portandovi tanti regali!”

“Non vogliamo regali, vogliamo che rimanete!”

“Mi spiace, piccolo Tommy, ma non possiamo.”

Nojiko, nascosta dietro ad una casa, stette ad osservare la scena. Uno ad uno, i bambini stavano scoppiando in lacrime, mentre Ace cercava di consolarli, senza riuscirci. Poi lo vide abbassare lo sguardo, mentre cercava di trattenere le lacrime. La scena era davvero toccante, tanto che anche lei si commosse, vedendola. Poi si voltò, appoggiandosi alla parete della casa e sorridendo, mentre un paio di lacrime le scivolavano sulle gote.

“Nojiko?”

Si voltò. Senza che se ne accorgesse, Ace aveva lasciato i bambini e, allontanandosi, l’aveva vista. Ora era di fianco a lei. Cercando di non farsi vedere, si asciugò le guance, ma lui si accorse ugualmente delle sue lacrime.

“Ehi, che succede? Perché piangi?”

“Niente. E’ solo che ho visto una scena molto toccante. Ed anche una dura come me è riuscita a commuoversi…”

Ace comprese che si riferiva al suo saluto ai bambini e si sentì imbarazzato. Nojiko ridacchiò.

“Accidenti. La mia reputazione è nelle tue mani…”

“Stai tranquillo, non sono così crudele. Però potrei sempre usarla per ricattarti…”

“E meno male che non eri crudele…Vabbè, dai. Ora devo andare. Domattina devo alzarmi molto presto, per la partenza. Anche tu faresti bene a tornare alla locanda…”

Si voltò per andarsene, ma Nojiko lo bloccò.

“Aspetta, Ace. Dovrei chiederti un favore.”

“Cioè?”

“Portami con te.”

Ace si voltò, con gli occhi sbarrati, convinto di aver capito male.

“Eh?”

“Ti prego, portami con te nel tuo viaggio. Voglio starti vicino.”

Nojiko sorrideva, non senza un lieve imbarazzo. Lui continuava a fissarla a bocca aperta.

“Non l’ho capito finché non ti ho visto con quei bambini…Ma ora ne sono certa. Voglio stare con te, signor Pirata. Perché credo proprio di essermi innamorata.”

Lui sorrise, e l’abbracciò stretta. Lei, ridendo, ricambiò l’abbraccio. Dopodiché, nascosti dalle pareti di quella casa, si baciarono.

 

Nami era rimasta sveglia tutta la notte. Quando, la sera prima, Nojiro era rientrata alla locanda, aveva un’espressione molto più serena, ma non aveva voluto dirle cosa era accaduto. Probabilmente una piccola vendetta per la discussione avuta con lei prima di uscire. Tuttavia Nami aveva intuito che sua sorella avesse finalmente preso una decisione e chiarito le cose con Ace. Questo fatto non la fece dormire, perché le fece ricordare che era arrivato anche il suo turno di essere sincera. Con se stessa, ma soprattutto con Rufy.

Prima dell’alba, dato che ancora non riusciva a dormire, decise di alzarsi. Nojiko dormiva beatamente, con un’espressione soddisfatta sul viso. Un po’ indispettita per essere stata tenuta all’oscuro di ciò che era avvenuto, Nami le scarabocchiò la faccia con un pennarello, poi uscì in tutta fretta, prima che si svegliasse. Per un po’ camminò per il villaggio, poi decise di salire sulla collina. Aveva sentito dire che da lassù si vedeva un panorama magnifico. Magari avrebbe potuto vedere l’alba da lassù.

Con passo svelto salì la collina, mentre il cielo pian piano schiariva. Per lei non fu un problema arrivare in cima in poco tempo. Ma quando finalmente raggiunse il punto indicatole come il migliore, vi trovò una sorpresa. Il posto era già stato occupato da Rufy, che si era addormentato, disteso sull’erba.

Per un po’ stette a fissarlo, incerta sul da farsi. Poi, stando ben attenta a non fare rumore, gli si avvicinò, sedendosi al suo fianco.

Il sole stava sorgendo di fronte a loro e Nami fissava incantata quello spettacolo a dir poco meraviglioso. E ancora più bello si mostrava ai suoi occhi, perché Rufy era al suo fianco, e lo sarebbe stato ancora a lungo. Forse solo come amico…ma per il momento le bastava. Si spaventò, quando lo sentì muoversi. Si voltò verso di lui e lo vide fissarla con espressione sorpresa.

“Buongiorno, capitano. Ben svegliato.”

“Oh. Ciao. Che ci fai qua?”

“Non dormivo. Ace mi aveva detto che da qui lo spettacolo era fantastico, così ho pensato di farci un salto, prima di lasciare l’isola.”

“Quando sei arrivata?”

“Mah, circa venti minuti fa…”

“Potevi svegliarmi!!”

L’espressione di Rufy era dispiaciuta.

“Beh, sembravi dormire così bene che mi dispiaceva…”

“Uffa, e dire che ero rimasto qua proprio per vedere l’alba!”

“Dai, non fare quella faccia! In fondo il sole non è ancora sorto del tutto.”

“Sì, hai ragione!”

Era tornato allegro e sorrideva. Ma smise, incantandosi a fissare l’orizzonte.

Restarono a lungo in silenzio. Il momento era magico, per entrambi. Stare lì, davanti a quello spettacolo, insieme…Sembrava un sogno. Ma tutti i sogni, prima o poi, sono destinati a finire. E Nami decise di infrangere quel silenzio, per non rischiare di rendere quel magnifico istante un’agonia.

“Rufy…Vieni sempre qui a guardare l’alba?”

“No, non spesso. Solo a volte. In genere vedo il tramonto, perché vengo qui di pomeriggio. Sai, qui vicino ci sono le tombe dei miei genitori…”

“Oh. Scusa. Non volevo…”

“Di che ti scusi? Tu non mi hai chiesto niente, sono stato io a dirtelo.”

Quella tranquillità, quella spensieratezza…Erano proprie solo di Rufy. E lei lo amava con tutta se stessa anche per quello.

“Ace mi ha detto che anche Nojiko verrà con noi.”

“Sul serio? Quella maledetta…ieri sera non mi ha detto nulla!”

“Sono rimasto davvero sorpreso quando Ace mi ha detto di essersi innamorato di lei. Ma ne sono felice. Nojiko è una brava ragazza ed è anche molto simpatica.”

“Se la conoscessi come la conosco io non diresti così…”

“Eh eh, litigate sempre, ma si capisce che le vuoi un bene dell’anima!!”

Nami sorrise, vedendo l’espressione fanciullesca di Rufy.

“Si capisce davvero così tanto?”

“Eccome! I tuoi sentimenti sono un libro aperto, per me!”

A quelle parole Nami rimase di stucco. Ma capì subito che Rufy non sospettava minimamente quali fossero i suoi VERI sentimenti. Allora, con il cuore che batteva all’impazzata, chinò il capo. I suoi occhi erano nascosti dai capelli e Rufy s’incuriosì.

“Invece, ti assicuro che non è così. C’è una cosa, dei miei sentimenti, che tu non hai mai capito.”

“Davvero?”

“Già. Beh, forse la colpa è mia. L’ho nascosto talmente bene che nemmeno io me n’ero resa conto…”

“E di cosa?”

Rufy continuava a fissarla innocentemente, con curiosità. Non aveva minimamente afferrato l’importanza della questione.

“Rufy, quel giorno che tu sei caduto nel fiume…io ti ho visto baciare Makino.”

L’espressione tranquilla scomparve dal volto del giovane. Ne assunse una decisamente sorpresa. E preoccupata.

“Co…”

“Stavo cercando una locanda…Sono entrata e vi ho visti. Ti ho riconosciuto subito, anche perché ho visto il tuo cappello lì vicino.”

Era doloroso, per lei, ricordare quei momenti. Il momento in cui il suo cuore era andato in mille pezzi. E Rufy dovette intuirlo dal suo tono di voce. Perché le si fece più vicino, posandole una mano sulla spalla. Lei lo guardò, rossa in volto. Le parole uscirono di getto, senza che lei riuscisse a fermarle.

“E’ stato il momento più brutto della mia vita, Rufy. Perché ho pensato…di averti perso…”

“Perché? Perché hai pensato una cosa del genere?”

“Perché io ti amo, Rufy. Ti amo da impazzire. Da sempre…”

Gli occhi di Nami si riempirono di lacrime, ma con tutte le sue forze impedì loro di scendere. Rufy la guardava, stupefatto. Ma poi sorrise, un sorriso mai visto sul suo volto, estremamente dolce.

“Sciocca…Anch’io provavo lo stesso. E l’ho baciata…solo perché nei suoi occhi vedevo te.”

Si fissarono intensamente, mentre un raggio di sole li illuminava. Si sorrisero, poi le loro labbra si sfiorarono.

Il sole era ormai alto in cielo. Era l’inizio di un nuovo giorno. L’inizio di una nuova avventura. L’inizio della loro nuova vita…insieme…

 

FINE

  
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