Per
qualsiasi
attacco omicida e qualsiasi chiarimento per favore leggete in fondo!
Più
del
Quarzo e del Diamante ♥
Poco
importava che avesse i capelli sporchi di fango e un orribile vestito a
fiori,
lei era mia amica e mi si torceva il cuore a vederla in quel letto
d’ospedale.
Posai la
mano sul vetro freddo che mi separava da lei, da quella che ormai
consideravo
come una sorella, un pugno di petali di ciliegio e rose sparse che con
la
stessa forza di un uragano tramortiva la mia anima scuotendola
più di un
terremoto.
Era della
stessa consistenza del quarzo rosa, così tremendamente trasparente, così debolmente scheggiabile.
Il suo petto malato si alzava a ritmi regolari mentre le palpebre
serrate
impedivano alle due giade incastonate al posto degli occhi di vedere il
mondo
esterno.
Era della
stessa sostanza di un ruscello, le sue mani erano fresche e limpide, il
suo
corpo era la mappa di un mare
ancora
non solcato da alcun marinaio.
I polsi
malati stavano inermi adagiati sulle lenzuola come il cuore pesante,
malato,
stava rinchiuso tra due punti di sutura.
Era della
stessa irruenza di un vulcano, le sue parole erano lava
bollente che ustionava, la sua voce era un marchio a fuoco
che
ormai da troppo tempo il mio corpo aveva cicatrizzato.
Le sue
labbra ribelli, malate, stavano chiuse non producendo alcun suono e le
orecchie,
una volta attente al minimo bisbiglio, erano come vele mai spiegate.
Ed era
proprio lì tra due costole che dormiva lei, assopita nei
suoi sogni di bambina.
Giocava
tra un polmone e l’altro mozzandomi il respiro a ogni suo
sorriso, si divertiva
a rincorrere il mio cuore mentre batteva, galoppando veloce, correva
lungo il
mio stomaco acchiappando farfalle.
Era fatta
così lei: era un rovo di
rose che era
nato nell’incavo del mio cuore.
Ma lei
era semplicemente mia, nessuno me
l’avrebbe strappata dalle braccia.
Serrai le
mani in un pugno finché le nocche non divennero bianche.
Sentivo
la rabbia montarmi dentro mentre le lacrime continuavano a scivolare
via dagli
occhi.
“Dai
andiamo via, Ino” mi sussurrò Shikamaru
all’orecchio mentre tentava di
intrecciare la sua mano alla mia chiusa a pugno.
Non
volevo abbandonarla proprio ora, la sua fune che stringeva la sua vita
alla mia
avrebbe retto ancora per un po’: era d’acciaio
proprio come lei!
Eppure le
mie gambe si mossero, la mia mano si allontanò dal vetro e
così pian piano io
mi allontanai da lei che mi era sempre stata accanto.
Mi
sarebbe mancata più di quanto immaginassi.
E provavo
un dolore pazzesco al solo pensiero della sua assenza.
Mi sentii
catturare da due occhi neri e lì fui sul punto di morire.
Stava
ritto appoggiato alla parete nuda dell’ospedale, con il cuore
in tasca, con i
denti stretti.
Uchiha
Sasuke non sarebbe mai stato in grado di capire il dolore eppure lo
stava
provando nel modo peggiore possibile: la morte.
Mi
staccai dalle braccia di Shikamaru e mi avvicinai all’uomo
dallo sguardo
furente.
“Perché
non me lo hai detto?” fu l’unica cosa che disse
prima di crollare sul freddo pavimento.
M’inginocchiai
senza proferire alcuna parola: sentivo tutti i muscoli del mio corpo
irrigidirsi al contatto con il freddo.
“Rispondimi
Yamanaka prima che ti stacchi la testa a morsi”.
Il dolore
si tramutava in rabbia, le lacrime in parole: era duro e freddo
più del diamante.
Niente
era mai riuscito a scalfire l’animo nero e malvagio di Sasuke
eppure si stava
spezzando, struggendo, incrinando, rompendo.
“Vaffanculo,
Uchiha, sta zitto” intrecciai la sua mano alla mia e scontrai
la mia fronte
alla sua: era buffo quanto la nostra vicinanza mi facesse rivoltare lo
stomaco
anche allora.
Era solo
questione di minuti, manciate di secondi eppure il tempo
faceva un male del cazzo.
E poi la
sentii: timida la corda si sfilò dal mio cuore, leggera si
ruppe ed io
sprofondai nell’immensa consapevolezza della fine.
Mi sentii
appoggiare una mano su una spalla e sollevai il viso fino a scontrarlo
con il
suo.
Le sue
iridi scure divennero opache, il suo viso pallido divenne cereo, la sua
mano
stritolò la mia: Uchiha Sasuke era
stato
distrutto.
Non ebbi
altra scelta che stringerlo a me e piangere insieme a lui: le sarebbe
mancata
più di quanto fosse pensabile, forse sarebbe mancata
più a lui che a me.
Le mie
grida sovrastavano il dolore ma non lo cancellavano, cercai di
aggrapparmi di
più per non farmi trascinare nell’oblio che
inquieto mi aspettava.
Lo
sentivo eppur lei c’era.
Chi
l’avrebbe mai detto che il duro e debole
diamante per risplendere avrebbe avuto bisogno dell’inutile bellissimo quarzo?
Ma loro
erano forti, più del
quarzo e del
diamante.
Fu così
che il tenero quarzo riuscì a far battere il suo nuovo cuore
di diamante che
aveva iniziato un po’ ad amare.
♥.♥.♥
NdA// Ecco
si lo so lo so voi
aspettate il capitolo di Darker Than Black…beh per adesso
godetevi queste mie
follie sasusakuose (o.O?). A dire il vero ho già pronto il
nuovo capitolo di
Happily Ever After questione di minuti e pubblico anche quello, per la
storia
SasuSaku ho qualche problemino con Sasuke ma si risolverà in
fretta ve lo
garantisco. Per adesso popolo Black non posso far altro che deliziarvi
(sempre
se vi piacciano) con queste mie one-shot non proprio allegre ma cariche
del
senso di bisogno incondizionato di Sasuke nei confronti di Sakura.
All’inizio
l’avevo immaginata come una semplice shot fra Sakura e Ino
poi mi è giunta
l’ispirazione black e così ho continuato creando
forse un Sasuke un po’ OOC. Per chi
non l’avesse capito Sakura è malata
di cuore e per un momento di intuisce che lei sia morta, ma dopo il suo
cuore
ribatte più forte di prima sia perché sente in se
il “cuore” di Sasuke che
glielo ha donato sia perché dopo un intervento riesce a
sopravvivere. Come
avete potuto notare il cuore ha un duplice significato. Colei che narra
è Ino e
Shikamaru non c’entra niente, lui è solo compagno
di squadra, non intercorre
nessuna relazione amorosa fra i due sia chiaro! Bene con questo
concludo =) Le
recensioni sono ben accette.
dreem