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Autore: StilledAnima    10/12/2010    2 recensioni
Missing Moment da New Moon: Bella parte per l'Italia per salvare Edward, lasciando Jacob davanti casa sua. Il licantropo, preso dallo sconforto e dal dolore, si ritroverà dopo la sua folle corsa proprio nel luogo che più di tutti vorrebbe evitare: lo scoglio da cui Bella si è gettata.
Nota: Questa fanfiction è stata cancellata per sbaglio. Ve la ripropongo adesso. Buona Lettura.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Quileute
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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    Away from the Sun

 

 

“…Jacob era sparito. Mentre Alice dava gas e, con una sgommata stridula come una voce umana, invertiva la marcia dell’auto, notai un brandello bianco ai piedi degli alberi. Un pezzo di scarpa..”
                                                                  
( New Moon,  pag. 335)

  





La realtà pareva alterata da forti sbalzi di colore.
Riuscivo a scorgere a malapena il volto di Bella sopra il finestrino abbassato dell’auto. Era come se i contorni di tutto ciò che mi circondava avessero preso a ballarmi davanti agli occhi, rendendomi cieco.
La rabbia e il dolore dell’abbandono erano elementi secondari, ma contribuivano a far aumentare le forti scariche di adrenalina che già minacciavano di espandersi in tutto il corpo, bruciando come acido nelle vene. 

Dovevo allontanarmi immediatamente.

Tentai di arretrare, una mano già calata a sciogliere il primo bottone dei pantaloni che indossavo.
Ma non ce ne fu bisogno. Il calore era già troppo forte per poter essere contrastato.
Detti le spalle alla casa, raggiungendo l’ombra rassicurante dei primi alberi della foresta, in attesa di quel rumore definitivo che avrebbe inevitabilmente cambiato ogni cosa.
Continuavo a sperare di vederla tornare sui suoi passi, pregavo che sbattesse la portiera in faccia a quella sua piccola, fastidiosa, amica succhiasangue e che tornasse da me, un sorriso di scuse su quelle sue labbra screpolate.

La sgommata stridula di quegli pneumatici lanciati in avanti fu l’unico rumore che risuonò fra i rami degli alberi per molto tempo.

Me ne accorsi a stento.
Una scarica di fuoco fece vibrare la spina dorsale, diffondendo spasmi acuti fino alle braccia e alle gambe. Implosi in maniera dolorosa, un po’ come mi era capitato nei primi giorni dopo la trasformazione. Balzando a terra, dimentico dell’ultimo paio di scarpe che avevo ridotto a brandelli nella foga del momento, affondai le zampe nel terriccio morbido, pronto per la corsa.

Gli alberi si trasformarono ben presto in un mare scuro e indefinito, avvolgendomi come velluto. Contraevo i muscoli, scivolando agile sul tappeto umido di foglie sotto di me.
Correre era diventato un gesto automatico che non richiedeva la minima concentrazione, né il bisogno di prestare attenzione ai possibili ostacoli che si potevano incontrare durante il tragitto.

Un vantaggio, in questo caso.

Perché se il corpo, l’udito sensibile, persino l’olfatto erano concentrati sulla velocità dei miei spostamenti, la mente e il cuore rimanevano invece ancorati a quei chilometri che mi stavo così faticosamente lasciando alle spalle.
Non riuscivo a distinguere con chiarezza le immagini che mi scorrevano come spezzoni di un vecchio film davanti agli occhi, ma ero certo che quella strana patina opaca che li caratterizzava, avesse il retrogusto amaro dei ricordi.
Vedevo l’espressione confusa di Bella quando aveva visto la succhiasangue dei Cullen apparire in cima alle scale di casa sua; le gambe piegarsi verso il basso, mentre rischiava di cadere a terra senza un sostegno sicuro al quale aggrapparsi; quella scintilla di vita - la sola ed unica, che non era mai apparsa durante tutto il nostro tempo trascorso insieme - balenarle negli occhi quando si era decisa a prendere parte a quella spedizione suicida.

Non volevo continuare.

Chiusi di scatto gli occhi, accelerando il passo, perdendomi nei movimenti lenti dei tendini che si flettevano, lavorando in armonia. Non c’era bisogno di indicare una direzione precisa da seguire, sapevo già dove le mie zampe mi avrebbero condotto. Volevo annegare nell’oblio, perdermi nella dimenticanza, trovare un angolo di mondo dove potermi fermare per leccare le ferite in silenzio, senza un pubblico ad assistere.
Eppure, sembrava che neanche questo mio piccolo desiderio potesse realizzarsi.
Una voce, lenta ma autoritaria, prese campo nella mia testa senza che potessi in alcun modo tentare di contrastarla.

Gli ordini vanno rispettati.
Specie se sono quelli dell’alfa dominante.

Fermati, Jacob. Non ho intenzione di correrti dietro per tutto il perimetro della riserva.

Le parole si spensero piano, mentre anche la mia corsa si arrestava lentamente, un passo affrettato dopo l’altro.
Un ruggito fece vibrare il petto quando, voltando la testa verso il lontano lamento dell’oceano sulla spiaggia, mi accorsi del luogo in cui mi ero fermato.
Ironia della sorte, forse uno scherzo di cattivo gusto da parte del destino.
In ogni caso, non contribuiva certo a migliorare la giornata.
La scogliera si apriva a perdita d’occhio sul mare aperto, lì dove le onde e la schiuma bianca s’infrangevano con più forza. Il vento sollevava il pelo lungo del mio mantello, portando i ciuffi in disordine sulla schiena.
Abbassai il muso, perso nei pensieri.
Solo allora che mi accorsi del calore sotto le palpebre. Non aveva niente a che fare con il tepore tipico della mia pelle da licantropo, né con il fuoco dirompente della rabbia che mi portavo dentro.
Questo bruciava gli occhi, faceva pizzicare le ciglia, mischiandoci gocce d’acqua salate come quelle del mare sotto di me.
Non andava, non andava per niente.
Odiavo sentirmi così debole, così incapace di fare qualsiasi cosa. Portai una zampa sul muso, scrollando con energia la testa, tentando di non riportare a galla ricordi che mi avrebbero fatto solo del male.

Avevo scelto il posto sbagliato dove andare a rifugiarmi. Senza rendermene conto, alzai lo sguardo su quello strapiombo e osservai il mare impetuoso portare le sue onde sulla riva. La tempesta del giorno prima sembrava essersi placata del tutto, non una nuvola fuoriposto minacciava il cielo rosa-arancio del tramonto.

Se solo mi avesse aspettato…

Aveva agito d’impulso, probabilmente per noia o semplice curiosità. L’ebbrezza del salto, il vento nelle orecchie, sapevo per certo che sensazione di libertà richiamavano. Ma questo non giustificava la pazzia di una mossa tanto avventata, le correnti non sono uno scherzo.
Vederla cadere era stato un colpo al cuore, credevo che non sarei mai riuscito a recuperarla in tempo. Mi ero tranquillizzato soltanto quando l’avevo adagiata sul divano di casa, quasi addormentata. Per me era stato un semplice incidente di percorso senza importanza, un po’ come una di quelle sue cadute quando ci esercitavamo con la moto. Non avrei mai pensato che potesse equivalere ad un salto nel passato.

Abbassai di nuovo lo sguardo, con un sospiro.

Non mi ero mai sentito peggio.
E non era solo per il fatto che Bella stesse andando incontro ad una possibile morte per mano di quei mostri, né per la mia impossibilità di proteggerla da pericoli troppo lontani.
No, c’era qualcos’altro, un particolare che aveva la potenza di ferire con la precisione tipica di una lama a doppio taglio.

Bella aveva scelto di nuovo lui.
In barba alla morte, alle poche probabilità di riuscita, indifferente al dolore che tutto ciò avrebbe inevitabilmente portato con sé.
Trovandosi a scegliere, di fronte alla prospettiva di una vita lunga e, seppur con i suoi limiti, felice e piena dopo tutto ciò che aveva passato, dopo i mesi trascorsi nella più totale apatia e depressione, lei aveva fatto di nuovo un passo indietro, tornando a quel passato che l’aveva quasi uccisa.
Era testardaggine, pazzia, l’aspettativa folle di chi vive di desideri e allucinazioni. Forti a tal punto da costringerla a partire, a mettere a repentaglio persino se stessa, se fosse stato necessario.

Lui era il suo mondo,la giusta ragione per correre a farsi ammazzare. Non era “il suo Sole personale”,che alla prima occasione aveva lasciato indietro senza neanche voltarsi a guardare per chiedere scusa…

Jacob. 

Lanciai un ringhio soffocato, voltandomi lentamente verso quella voce.
Un grosso lupo nero comparve fra le foglie dei rami più bassi, avanzando lento verso di me. Osservò attento la mia postura rigida, le unghie delle zampe conficcate a viva forza nel terreno. Un altro passo e si fermò al mio fianco, gli occhi persi nella contemplazione del mare di fronte a noi, apparentemente interessato al movimento lento e continuo delle onde. Sapevo già che non sarebbe stato lui il primo a dire qualcosa, quella stupida psicologia perversa funzionava sempre, con noi del branco.
Persino quando meno avevi voglia di perderti in chiacchiere inutili.

Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro, sul fatto che volevo essere lasciato solo. Oppure sei diventato talmente romantico da voler condividere questo tramonto col sottoscritto?

Lo vidi storcere impercettibilmente gli angoli della bocca in una smorfia che sapeva tanto di sorriso. Strano,ma mi sentivo molto più rilassato con lui così al mio fianco.

Senza offesa,cucciolo, ma se anche fosse, non saresti di certo tu il primo che sceglierei per un incontro di quel tipo.

Abbaiai una mezza risata, mentre lui continuava ad ignorarmi con lo sguardo.
Il momento d’ilarità passeggero venne presto rimpiazzato da un silenzio gravido di ben altri significati.
La parte difficile non si sarebbe fatta aspettare molto.
Con un sospiro, Sam si voltò per la prima volta verso di me da quando era arrivato.
I suoi occhi scuri,due pozzi neri e profondi,presero ad osservarmi con attenzione.
Era uno sguardo molto diverso da quello degli altri componenti del branco: non c’era divertimento come in quelli di Embry,non vi si trovava traccia dell’indole irritabile di Paul.

Erano occhi di un capo solitario che aveva combattuto la propria battaglia da solo e aveva perso contro se stesso.
Erano saggezza,sbagli già commessi. Indefinito rimpianto.

Che cosa hai intenzione di fare, adesso? La lascerai andare?

Deglutii per scacciare l’acido che dallo stomaco mi era salito in gola.
Era stato troppo diretto come al solito, non c’erano sconti nella durezza dei suoi modi. Sentii la rabbia salire e digrignai i denti.

La cosa non ti riguarda, così come non riguarda più me. Se ha deciso di andare a farsi uccidere da quelle sanguisughe millenarie in nome di un bastardo che non ha esitato un secondo a lasciarla alla prima occasione,che si accomodi pure,è libera di fare ciò che vuole!

I ricordi di tutti quei giorni trascorsi insieme a La Push, i pomeriggi nel garage di mio padre a brindare sulle nostre moto clandestine, le lunghe passeggiate sulla spiaggia, mano nella mano…erano stati solo momenti passeggeri da dimenticare non appena ne aveva avuto l’opportunità?
Erano veri quegli accenni di sorriso che apparivano sulle sue labbra quando mi guardava?
Dove finiva il bisogno di avere accanto una figura amica alla quale aggrapparsi negli attimi di crisi e dove iniziava il vero atto egoista?
Non ero in grado di stabilirlo per certo,non riuscivo ad essere un giudice imparziale.
In più,non riuscivo a scrollarmi di dosso il terribile presentimento di essere stato solamente usato.

Ero talmente concentrato sulle mie riflessioni da non prestare la minima attenzione al turbamento emotivo che avvertivo nell’animo di Sam. C’era qualcosa che non andava, una strana rabbia repressa che poco si addiceva al suo carattere, che pulsava irrequieta sotto l’apparente calma.
Ne percepivo la consistenza, ma non riuscivo a spiegarne la causa.
Fu solo quando incontrai la sua espressione furiosa che mi ricordai che Sam non era a conoscenza del motivo per il quale Bella se ne era andata.

Non avrei mai pensato che avrebbe commesso una pazzia del genere. Proprio lei, più di chiunque altro, dopo tutto quello che ha passato...

L’immagine di un viso bagnato dalla pioggia, il corpo privo di forze abbandonato su di un manto freddo di foglie e terra, si stagliò nitido nella mente di Sam, arrivando sino a me.

Notte di Luna Nuova. La sera in cui tutto era iniziato.

Quel ricordo mi tormenta sempre come la prima volta. Credevo che Bella non gli avrebbe più permesso di ferirla in quel modo, che l’avrebbe tenuto lontano da sé. Non immaginavo che il loro legame fosse così forte...

Uno scatto e mi ritrovai di fronte a Sam, le labbra scoperte a mostrare i denti. Per un attimo dimenticai ogni cosa: il promontorio carezzato dal vento, le zampe artigliate alla roccia bianca,gli schizzi delle onde che ci raggiungevano fin lì dove eravamo. Mi persi a contemplare quelle iridi scure, le pupille piatte, enormi, buchi neri che inghiottivano la vita.

Legame? Che razza di legame pensi che ci sia fra quei due? È un succhiasangue, maledizione, non ha un cuore! È riuscito ad abbindolarla con qualche frase carina,un bel faccino, ed eccolo, il risultato! Se gli importasse veramente della felicità, dell’incolumità di Bella, credi che ora accetterebbe il fatto che lei stessa rischi la vita pur di salvarlo?

La gelosia e l’ira erano un connubio troppo potente per poter essere ignorato. Sentii la vista appannarsi, la ragione venire meno, ero in completa balia dell’istinto. Persino le parole nei miei pensieri uscivano da sole,senza che io riuscissi a controllarle.

Poteva continuare a vivere quella sua schifosa vita immortale così come ha fatto in questi mesi precedenti, lasciandola in pace, una buona volta! Forse si sarebbe ripresa, forse alla fine se ne sarebbe fatta una ragione! Io l’avrei aiutata, io le sarei stato accanto, avrebbe potuto avere una vita piena e normale, non ci sarebbero stati pericoli di morte imminenti a gravarle addosso in ogni momento !

Non ci fu bisogno di aggiungere altro. L’effetto delle mie parole arrivò di colpo,inaspettato.
Mi ritrovai catapultato a terra, la schiena premuta sulla roccia dura e fredda, la testa ciondolante nel vuoto. Riuscivo a sentire a malapena la zampa premuta sullo sterno, l’unico appiglio al quale mi aggrappavo per cercare di non precipitare. Tutta la mia attenzione era calamitata in avanti, verso il muso di Sam. Trasfigurato dalla rabbia, le fauci spalancate fino a far coincidere la dentatura perfetta attorno alla linea della giugulare, si trovava a dominarmi dall’alto.

Non riuscivo a concentrarmi su nient’altro che non fossero quegli occhi.
C’era troppo dolore perché li si potesse ignorare.

"Normale”, è questo che pensi? Ma non l’hai ancora capito, Jacob?Vivere una vita come la nostra è tutto tranne che una sicurezza! Non ci nutriamo di sangue umano, questo è vero, ma non possiamo ugualmente definirci creature affidabili, anche quando ci reputiamo tali!Basta abbassare la guardia per un attimo, il tempo di innescare la trasformazione e dopo…dopo non puoi far altro che odiarti per quello che sei.

La zampa si sollevò lentamente, concedendomi di tornare a respirare a pieni polmoni. Rimasi fermo, ancora schiacciato a terra, mentre l’immagine del volto trasfigurato di Emily si faceva strada attraverso le palpebre chiuse.
Il senso di pena, di commiserazione che sempre accompagnava quel pezzo di passato, si mischiò al dolore e all’orrore che marchiavano a fuoco i lineamenti del lupo nero al mio fianco.

Importava poco il tempo trascorso da allora. Sam non si sarebbe mai perdonato per ciò che aveva fatto alla donna che amava.

Il grande lupo si spostò di nuovo sulle zampe posteriori, eliminando la posizione d’attacco che aveva assunto pochi istanti prima. Si voltò ancora, dandomi le spalle, facendomi credere per un istante che non avesse più niente da dirmi.
Fu solo in prossimità dei primi alberi che si voltò appena per guardarmi.

Noi non siamo meno mostri di loro. Anche se agiamo per la comunità, siamo comunque un pericolo per chi ci sta intorno. Se Bella ha deciso di voler seguire la strada di quel Cullen, sarà una sua scelta. Noi non interverremo,se non per far rispettare il patto dei nostri antenati.

Il tono distaccato dell’ alfa lasciò per un momento spazio allo sguardo sincero di un amico.

Sono legati insieme da un filo indissolubile. È un rapporto forte, tanto quanto quello formato dall’imprinting fra Emily e me. Non ci sono vie d’uscita quando c’è qualcosa di così radicato nel cuore. Cerca di andare avanti, Jacob. Per lei e, soprattutto, per te.






Le parole rimasero sospese su quel promontorio di mare fino a che non cambiò il tempo.
Le nuvole tornarono basse, qualche goccia di pioggia cominciò ad appesantire il pelo rossiccio della mia pelliccia. A quelle si mischiarono altre gocce che non avevano sapore,che poco avevano a che fare con quel temporale passeggero.
Rimasi con lo sguardo fisso puntato in avanti finché non arrivò la sera,l’oscurità che trascinava via ogni cosa, anche un po’ di quel dolore.

Non c’erano aspettative, nessuna sicurezza, ogni strada conduceva ad un bivio.
L’unica cosa di cui ero certo era che da qualche parte,dietro quelle nuvole grigie gonfie di pioggia, il Sole stava tramontando a sud-ovest.





Note al Capitolo: 

- Il titolo della storia è ispirato dall'omonima canzone dei 3 Doors Down, "Away frome the Sun";

- Questa storia è stata cancellata per un mio sbaglio. Aveva partecipato tempo fa ad un Contest, " You Smeel like a Vampwolf", classificandosi come seconda;



Ringrazio chi ha letto e chi vorrà lasciare un commento!
Alla prossima,
StilledAnima.
   
 
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