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Autore: Breathless92    10/12/2010    4 recensioni
Guardati! Sei ridotto ad uno straccio, trascini la tua scarna carcassa avanti,
intento a salvare un mondo che merita solo di bruciare all’inferno, e strisci, come un verme indifeso, perché in realtà anche tu hai paura di morire.
Ed è questo che ti rende mortale: la paura della morte. Sai che la vita prima o poi giunge al termine, ma non è della tua fine che hai paura, ma di quella delle persone che ami, vero?
Tu hai paura che la morte ti derubi dei tuoi affetti più cari?
Cosa dici ora? Ora che proprio lui ti è stato sottratto?
Nicholas D. Wolfwood.
Lo amavi Vash?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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No. Non sono calde lacrime quelle che ora ti stanno solcando il viso. Avresti desiderato tanto che così fosse. Non è vero ingenuo Vash? Avresti voluto che un disperato pianto ti spurgasse l’anima, lasciandola vuota da ogni peccato? E cosa ci avresti guadagnato? Nulla.
No. Avresti desiderato molte cose se solo ora tu non stessi troppo impegnato a guardare oltre il cielo.
Sei seduto là, sopra quel cornicione e ti chiedi quando tornerà. Ma tu lo sai Vash. Sai bene che lui non tornerà, con quel suo modo strafottente di beffarti, quel suo sguardo e quel suo abito scuro. Si è presentato a te come uomo di fede, ed è morto dinanzi a te come misero essere umano.
Cosa vorresti dire ora? Tu lo sai cosa vorresti sentirti dire. Solo due parole, per poter di nuovo sorridere. Ti piacerebbe tanto sentirle, solo per andare avanti, sino al tuo obbiettivo.
Ma solo tu Vash sai, sai quanto sia doloroso seppellire ogni persona amata?
Solo tu sai quanto sia orribile veder morire una persona tra le proprie braccia senza poterle dire che andrà tutto bene. Non potergli mentire pur di lasciarlo perire sereno, perché quella persona ha già capito, leggendo quei tuoi occhi sin troppo sinceri...
E siedi su quel cornicione, sperando che lui non cada, che lui torni a stringersi a te.
 
Sei un illuso. Te lo diceva spesso anche lui, e persino ora che non c’è più ti chiedi se magari non hai solo sognato, se la pesante croce che porti con te è solo un prestito momentaneo.
La guardi, la croce del reverendo. Sebbene porti con se il simbolismo di una fede onnipotente sotto quel candido telo nasconde un’arma come tutte le altre. Nulla di più, nulla di meno. Una croce per mentire dinanzi alla verità. Anche la fede, ora, ti appare solo come un pretesto per la guerra!
Ricordi di quando lui si presentò a te? Era buffo vero? Con quell’arma così goffa e pesante.
Sorridi Vash? Perché? Dentro di te hai ancora la forza per sorridere dopo tutto questo?
 
Hai scolpito il tuo passato sopra mille lapidi diverse, lasciando sopra ognuna di esse un fiore rosso, come il fiore che Rem ti aveva un tempo citato. Ora non hai più fiori con te Vash. Ti è rimasto solo il tuo mantello, rosso come i gerani. Fiori del tuo essere, pezzi della tua nima. E lasci pezzi di te, sopra ogni tomba, sopra ogni cadavere, così che non siano morti soli. Vorresti accompagnarli tutti, nella loro morte, eppure sai che non sarà così. Hai lasciato un grande numero di fiori rossi sulla tomba del tuo caro amico. Perché sai, in cuor tuo, che solo con lui avresti desiderato in passato perire. Hai lasciato una grande parte di te nella sua bara, accanto a lui, perché sai quanto si freddo ed umido il terreno quando si è soli. Hai lasciato il tuo cuore tra i ricordi di lui, perché sai che ora lui è la tua forza...
E vuoi, che quando si svegli egli veda quella parte di te, ti cerchi e torni al tuo fianco.
Sei sempre stato un imbecille.
Ora lo dimostri.
 
Povero ingenuo Vash. Guardi il cielo. Ti ricordi ancora di quella notte con lui vero? Non è poi passato tanto tempo, eppure ci ripensi e ti sembra passata una vita intera. A cosa ti serve vivere così a lungo, essere definito immortale, se poi è morto lui? E anche loro? Tutti coloro che hai amato, ora marciti sotto la terra. Forse era destino ti dici. Chissà, magari è vero.
La vita non vale la pena di essere vissuta senza di lui? Vero? Lui era un nuovo futuro, tinto di damasco, un futuro splendente, ora lercio e fetido. E’ morto Vash. Anche quel futuro. Fattene una ragione. Sei svuotato di ogni tua essenza. Sei vuoto, come presto lo sarà la sua bara. Un giorno ci sarà una bara che aspetterà anche te. E non sarà sepolta accanto a lui. Nemmeno quest’ultima preghiera vedrai esaudita.
 
Lascia che ti abbracci, sono il tuo dolore che vengo per portarti via da questo mondo!
Lascia che io cinga per sempre la tua anima, nessun sorriso. Rammenti? Di quando lui ti sgridava di avere quel vuoto sorriso sempre dipinto in viso, perché non me lo mostri? Eh? Da bravo, lascia che lo strappi per sempre dal tuo viso. Lascia che me lo porti via con me, in un altro luogo. Poi, quando mi raggiungerai te lo restituirò, come è giusto che sia, per sfoggiarlo di nuovo dinanzi a lui, chissà, forse allora sarà vero. Me lo prometti Vash? Mi prometti che sorriderai ancora per me?
E tu lo sai Vash. Lo sai così fottutamente bene che lui non tornerà, ma ci speri, non ci credi, ci speri!
 
Io so tutto, vi ho visti, io ero sempre con voi, io ero sempre tra le vostre parole, tra i vostri pensieri. Non vi ho mai abbandonati, perché io sapevo che prima o poi avrei visto perire anche lui. Vi osservavo, perché sapevo che me ne sarei presto dovuto andare con una parte di te. Ed è colpa tua, lo sai Vash? Perché l’hai addolcito, lo hai reso docile. Hai fatto di lui un debole! E lo hai lasciato marcire come ora sta facendo sotto terra! Ti senti in colpa?
Perché stringi le tue mani alla testa urlando? Ti sentiranno! Vuoi che me ne vada? Non preferiresti la mia compagnia, una volta per tutte? Non vorresti che ti stringessi debolmente sino a lasciarti addormentare tra le mie braccia? Sai, ti risveglieresti in un luogo migliore!
No? Mi scacci Vash? Mi detesti? Perché? Forse perché ho voluto avere Lui al mio fianco? Ora che l’avresti desiderato tu? Ancora non capisci vero?
 
Guardati! Sei ridotto ad uno straccio, trascini la tua scarna carcassa avanti, intento a salvare un mondo che merita solo di bruciare all’inferno, e strisci, come un verme indifeso, perché in realtà anche tu hai paura di morire. Ed è questo che ti rende mortale: la paura della morte.
Sai che la vita prima o poi giunge al termine, ma non è della tua fine che hai paura, ma di quella delle persone che ami, vero? Tu hai paura che la morte ti derubi dei tuoi affetti più cari?
Cosa dici ora? Ora che proprio lui ti è stato sottratto?
Nicholas D. Wolfwood.
Lo amavi Vash?
 
...Chissà...
 
Vorresti che fossero lacrime quelle che ti bagnano il viso eh? No Vash, quello è sangue. Il sangue di cui ti sei macchiato per giungere sino a questo passo, e lo sai, no? Che in quel sangue vi è pure lui? E’ meraviglioso vederlo scorrere sul tuo viso angelico, occhi azzurri, occhi verdi, che miserabile miscuglio! Capelli dorati, ora oscurati dalla tua folle e cieca brama di vendetta! Saresti potuto rimanere con lui, anche ora. Ma tu vuoi continuare a trascinarti a terra, e allora striscia, e la strada sarà empia di cocci rotti, di vetri, di chiodi, perché nulla è perfetto, e tu sei un mostro!
 
Urli Vash? Urli il suo nome? Ma come, non hai capito? Guardami bene Vash... O dovrei dire “Testa a Punta”? Sei proprio stupido eh? Tu non mi vedi, senti che cingo ogni parte del tuo corpo con freddi lembi di morte e dannazione. Sai che accettare la mia mano significhi cadere nell’oblio, e lotti, persino contro di me, l’uomo che hai amato. Vorresti vedermi... Mi chiami più forte. Urlalo ti prego; quel nome!
Più forte! PIÙ FORTE!
Fammelo sentire ancora una volta, prima che io mi dissolva in polvere, forse, se sarai fortunato, le mi ceneri si poseranno anche su di te... Vorrei dissolvermi in questa notte solo per te. Solo vedendo te! Per poter finalmente dare pace a questo mio vagare tra il nulla e la vita deturpata che mi è stata rubata. Vorrei sciogliermi su di te, per essere delicatamente assorbito e vivere per sempre dentro di te, stuprando la tua anima e rendendoti schiavo del mio ricordo.
 
La morte, il dolore, la disperazione, sono solo parole usate dagli uomini, non vi è chi la può personificare, lo sai, vero? Allora perché cerchi in ogni modo di trovare una figura a cui addossare tutte le tue colpe? Smettila di credere nelle favole stupido!
Stringimi Vash. Per un’ultima volta. Fammi sentire come quella notte... Quando eravamo solo io e te... Mi hai amato? Stupido! Non dovevi! Sapevi che me ne sarei andato. Non ero così forte, così indistruttibile come credevi! Ero solo un essere umano! Non ero come te... Per nulla...
E ancora sogni che io torni? No, Vash, io non tornerò, io sto marcendo sotto terra, lascio che le mie carni si disfino e che non rimanga nemmeno la più piccola goccia del mio sangue.
 
No. Non sono calde lacrime quelle che ora ti stanno solcando il viso piccolo ingenuo bambino ferito.
Addio Vash The Stampede. Striscia verso il tuo paradiso, sino all’apice, attento, non ci sarò più io a prenderti in fondo a quel precipizio, questa volta devi essere certo che le tue gambe non cedano, che il tuo corpo non desideri di cadere.
Lascia che ti stringa un’ultima volta, poi scomparirò.
So che tu non puoi udire nemmeno la più misera di queste parole, so che nonostante io ti stia stringendo a me tu non percepisci altro che il freddo vento notturno. E questa volta sono le mie lacrime a bagnare il tuo viso, e se ti chiederai se sta per piovere guarda verso il cielo Vash, perché sarò io che piangerò per te... Solo per te...
Addio Vash.
...
...
...
Quella notte vi fu un’inspiegabile pioggia di cenere su quella modesta città. Nessuno seppe spiegarne il motivo. Però gli abitanti dissero di aver veduto una figura misteriosa sedere in quella notte.
Vi era un uomo su quel cornicione, là, sopra quell’alta collina che sovrasta la città, che pareva piangere. La cenere cadeva dal cielo solo per lui. Si, gli abitanti giurarono di aver visto quell’insolita pioggia formare un vortice debole attorno a quell’ignota figura, come se lo volesse cingere a se. Sembravano amanti. Nel vento, dissero gli abitanti della cittadina, si potevano quasi udire parole precise, ma solo se si ascoltava bene la voce di quel flebile vento.
Ora di quell’uomo non rimaneva alcuna traccia.
Solo un piccolo lembo di stoffa rosso...
   
 
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