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Autore: Josephine_    12/12/2010    11 recensioni
- Allora, ti piace? - Hermione era davanti a lui, le mani unite come in segno di preghiera.
Ron si era gustato quel momento per intero. Aveva valutato bene i gesti che avrebbe fatto, l'aria che avrebbe assunto, il tono con cui avrebbe parlato. Era rimasto qualche attimo in silenzio, fissando con sguardo serio il liquido rosa dentro al bicchiere, tastando con il pollice e l'indice l'ombrellino di carta giallo.
Poi aveva parlato.
- Con cosa hai detto che è fatto? - aveva chiesto con l'aria di uno che se ne intende.
- Vodka alla fragola, succo tropicale e martini. Non ti piace. - aveva detto lei con rammarico.
A quel punto Ron aveva riso sotto i baffi, poi aveva scrollato le spalle.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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ALLA SERA.

Era fermo davanti alla finestra e guardava fuori; sul prato verde stavano due poltrone in vimini, una davanti all'altra, separate solo da un tavolino di legno scuro e, poco più in là, l'erba lasciava spazio alle grosse pietre che precedevano lo strapiombo. Sentiva il rumore del mare -il suono perentorio delle onde che sbattevano monotone contro gli scogli scuri- illuminato solo da una fetta di sole, che assomigliava tanto ad una scorza di arancia in equilibrio su un qualche tipo di cocktail.

Cocktail.

Un odioso flashback si impossessò della sua mente, portandolo in territori oscuri e abbandonati nei quali non sarebbe mai voluto tornare, travolgente come un tornado. 

 

Magicamente era tornato indietro nel tempo, magicamente non era più solo davanti a quella finestra. C'era anche lei, alta, magra, con i capelli crespi e gli occhi color nocciola, la bocca tesa in un sorriso spensierato. La sua Hermione, sempre bella, sempre perfetta.

<< Guarda, non è il panorama più bello che tu abbia mai visto? >> aveva detto, guardando prima lui e poi il paesaggio fuori dalla finestra.

Lui aveva bofonchiato un "sì" abbandonandosi con un tonfo sul divano nell'angolo.

<< Ronald, non essere indisponente! E' stupendo! Dài, alzati e vieni a vedere. >> gli aveva detto, facendogli un cenno con la mano minuta. Lui aveva sorriso di rimando, ma non aveva mosso un muscolo.

<< Sei più bella te, ci scommetto. >> aveva risposto, guardandola di sottecchi. Un banalissimo complimento, niente di troppo forbito o creativo o romantico, quasi zoppicante, detto con il tono di un adolescente alle prese con le prime cotte studentesche. Ma forse a lei andava bene così.

<< Questo mi pare ovvio! >> aveva esclamato allegramente Hermione, sedendoglisi accanto e lasciandosi avvolgere dal suo abbraccio.

<< E' un bellissimo panorama. >> aveva detto poi e, vedendo che lui non accennava a rispondere, aveva proseguito <<è perfetto per... tutto. Potrei piantare dei fiori, viole del pensiero, margherite, qualche tulipano... e noi potremmo sederci fuori la sera e prendere un tè. Insieme, da soli, con il rumore delle onde del mare come sottofondo. >>

<< E prendere un tè? >> aveva obbiettato semplicemente Ron, con aria divertita.

<< Sì, tè. Perchè? >>

<< Il tè è da vecchi. Meglio una burrobirra. O firewiskey. >>

<< Ma la burrobirra rovinerebbe l'atmosfera! E il firewiskey non mi piace. >> aveva ribattuto nuovamente Hermione storcendo il naso.

<< Uhm. Hai ragione. Quindi? >>

<< Cosa ne dici di un cocktail? Sai, Bloody Mary, Cosmopolitan, Manatthan, cose così. >> aveva proposto, colta da un'illuminazione improvvisa.

<< Cocktail? >> aveva chiesto Ron, disorientato.

<< Sono bevande che mischiano vari tipi di alcool, frutta, e altro. Con nomi strani. >> aveva poi aggiunto sorridendo.

<< Carino. Almeno non è da vecchi. >> aveva detto, ridendo, per poi baciarla languidamente.

 

Aveva tanta voglia di un cocktail, in quel momento. Uno di quelli rosa chiaro, densi, che odorano di fragola e frutti esotici, uno di quelli che Hermione gli preparava sempre, mentre lui l'aiutava prendendo gli ingredienti e mettendo nel bicchiere l'ombrellino decorativo. Ora non sapeva più quali ingredienti e quali dosi occorressero, quanto tempo fosse necessario per prepararne uno... ed era sicuro al cento per cento che in casa non ci fosse neanche più uno di quei graziosi ombrellini decorativi.

Ron sospirò, senza però distogliere lo sguardo dal tramonto che si stava consumando piano piano davanti ai suoi occhi.

L'ennesima sera trascorsa in quel modo, solo, davanti alla finestra, ad aspettare qualcosa che interrompesse quell'assurda monotonia che lo stava distruggendo giorno dopo giorno.

Inclinò il volto appoggiandolo alla parete e vide il suo riflesso sull'anta della finestra.

Era proprio vecchio. I capelli, un tempo rossi, ora erano di un marroncino-rossastro ed erano brizzolati di bianco. La pelle, pallida, era piena di lentiggini, come sempre; ma mentre un tempo quelle efelidi erano il suo segno distintivo e ispiravano una singolare simpatia, adesso davano l'idea di essere i postumi di una qualche malattia sconosciuta che lo aveva avvicinato pericolosamente alla morte. Come anche gli occhi, verdi smeraldo, un tempo accesi e vispi, ora spenti e vacui.

Hermione diceva sempre che i suoi occhi erano bellissimi. Diceva anche che le sue lentiggini erano tenerissime, che le sue mani non erano troppo grandi e che la sua voce non era poi così tanto stridula. Hermione diceva sempre un sacco di cose belle su di lui, ma Ron pensava di non meritarsele tutte. Non se le era mai meritate le sue attenzioni, le premure, le domande scontate e a volte un po' fastidiose che lei gli poneva in continuazione.

<< Allora, ti piace? >>

Quella frase irruppe nei suoi pensieri come un temporale ad agosto: inaspettato, veloce, caotico. La sua mente divenne un turbinio di sentimenti ed emozioni, e la sua prima reazione fu quella di chiudere gli occhi, come se la scena che stava rivivendo non fosse nella sua testa, ma davanti a lui, vera e palpabile.

 

<< Allora, ti piace? >> Hermione era davanti a lui, le mani unite come in segno di preghiera.

Ron si era gustato quel momento per intero. Aveva valutato bene i gesti che avrebbe fatto, l'aria che avrebbe assunto, il tono con cui avrebbe parlato. Era rimasto qualche attimo in silenzio, fissando con sguardo serio il liquido rosa dentro al bicchiere, tastando con il pollice e l'indice l'ombrellino di carta giallo.

Poi aveva parlato.

<< Con cosa hai detto che è fatto? >> aveva chiesto con l'aria di uno che se ne intende.

<< Vodka alla fragola, succo tropicale e martini. Non ti piace. >> aveva detto lei con rammarico.

A quel punto Ron aveva riso sotto i baffi, poi aveva scrollato le spalle.

<< Sai, Hermione... >> aveva cominciato, ma lei lo aveva interrotto.

<< Non ti piace. Lo sapevo. Cosa c'è che non va? Troppa vodka? Oppure troppo martini? Oppure è il succo... la ricetta che ho trovato diceva di metterne solo un bicchiere, mentre io ne ho messo uno e mezzo. Sai, forse è stata un'idea sbagliata quella di passare la sera qua fuori, bevendo cocktail, forse è meglio se passiamo al firewiskey, come avevi proposto tu. Dopotutto, non sappiamo nemmeno prepararli, i cocktail, e rischiamo di fare esplodere la casa. Oddio, e se ho sbagliato qualcosa ed ora tu muori avvelenato? Oh, Ron, dobbiamo chiamare qualcuno, potrebbe già essere troppo tardi e... >>

Ron era scoppiato a ridere da un bel pezzo, ma Hermione era troppo presa dalla sua filippica catastrofica per rendersene conto. Quando poi aveva detto che molto probabilmente Ron sarebbe morto di lì a due ore, lui per poco non era caduto in terra dalle risate.

<< Ronald, non ridere. Non sto scherzando, potresti morire! >> aveva esclamato, assumendo il tono che Ron definiva "Da pazza isterica in preda ad una crisi di nervi".

<< Hermione... il cocktail è perfetto. Le dosi sono perfette, il sapore è squisito. Posso averne un altro bicchiere? >> aveva chiesto con aria innocente.

Lei si era lasciata cadere sulla panchina, basita, poi aveva alzato di scatto la testa e aveva chiesto, gli occhi ridotti a due fessure:

<< L' hai fatto apposta, vero? >>

<< Fare cosa? >> Il tono era meravigliato, ma vi si leggeva una nota di divertimento.

<< Lo sai cosa. >> aveva risposto lei, secca.

<< Non capisco proprio di cosa tu stia parlando... comunque posso averne un altro bicchiere? Per favore? >>

<< Okay. >> aveva annuito e si era alzata, guardandolo con circospezione. Lui sapeva che lei sapeva che lui l'aveva presa in giro, eppure nessuno aveva detto niente. Eppure entrambi sapevano che Ron aveva vinto. 

 

 Quella era stata la prima sera che avevano trascorso insieme in giardino, bevendo cocktails e raccontandosi la loro giornata. Era stata la prima di tante serate semplici e piacevoli all'insegna delle coccole, dove gli unici suoni presenti nell'aria erano quelli del mare e delle loro voci. Hermione aveva sistemato le poltrone in modo che dessero sul mare, sul tramonto, e mentre Ron le raccontava la sua giornata, le barzellette sentite in ufficio e le novità sul lavoro, lei gli si stringeva al petto e lo ascoltava in silenzio, intervenendo ogni tanto con qualche risata o mormorii condiscendenti.  A Ron mancavano quei momenti, quei baci leggeri eppure così intensi che lei gli scoccava ad un certo punto della serata interrompendo le sue filippiche monotone e noiose,  riuscendo a portarlo in un altro mondo -il suo mondo- e facendogli balenare in mente un solo pensiero, forte e indelebile. Voglio fare l'amore con lei.

Gli mancavano le carezze e il sapore di cocktail rosa -così lo chiamavano entrambi- sulla pelle la mattina appena sveglio. Gli mancavano i tramonti in compagnia e i litigi. I litigi gli mancavano tantissimo. Perchè poi era stupendo fare la pace con lei, con la sua Hermione testarda, orgogliosa, nevrotica, eppure sempre così fantastica. C'erano stati dei litigi orribili, ovviamente; volte in cui non si erano parlati per più di una settimana e lui era dovuto andare a stare da Harry e Ginny. Volte in cui il suo essere tenero, dolce e sempre un po' impacciato -come lo definiva Hermione- non era bastato a salvargli la pelle.

E poi c'era stata la sera più bella della sua vita, quella in cui lei gli aveva detto di essere incinta, e poi...

 

 

<< Ron, non fare il cretino, ridammi il mio Rosa! >>

A quel ricordo, il suo volto si rilassò un attimo e le sue labbra si incresparono in un sorriso. Oh, un altro flashback. Intenso e improvviso come gli altri, dolce e amaro al tempo stesso. Odiava ricordare. Ma sapeva che non avrebbe potuto stare senza.

 

<< Ron, rivoglio il mio Rosa. Subito.>> Hermione era sdegnata e, Ron ne era sicuro, se lui non l'avesse assecondata, molto probabilmente sarebbe morto di lì a qualche secondo.

<< Herm, non puoi, non te lo ricordi? >> aveva chiesto lui, ridendo sotto i baffi e tenendo in mano il bicchiere della moglie.

<< Chi se ne frega. Quello è mio e tu non lo berrai. >> aveva detto lei di rimando, sfidandolo con lo sguardo. Ora Ron ne era certo, sarebbe morto di autocombustione da un momento all'altro.

<< Seriamente Herm, lo faccio per te. Il dottore ha detto che non devi bere alcolici.>> aveva insistito Ron tranquillamente. Tutti e due sapevano che Ron aveva ragione, ma non per questo Hermione si sarebbe arresa.

<< Il dottore ha detto un sacco di cose trascurabili. Non morirò per qualche drink in più. >>

<< Ti comporti come un'alcolista, lo sai?>> aveva chiesto Ron, ridacchiando.

<< Oh, vaffanculo Ronald. Vuoi gustarti da solo il tuo bel cocktail? Eccoti accontentato.>> aveva detto allora lei, arrendendosi, e senza tuttavia rinunciare alla sua melodrammatica uscita di scena.

Ron era rimasto qualche minuto incerto sul da farsi, poi con un sospiro si era alzato ed era rientrato in casa senza neanche aver bevuto un sorso del suo Rosa. Una parte di lui temeva che non avrebbe trovato Hermione e che lei lo avesse abbandonato solo per quella piccola scaramuccia. Una parte di lui aveva sempre paura che Hermione un giorno lo avrebbe abbandonato, lasciandolo da solo in quella casa troppo grande con l'unico conforto degli ombrellini decorativi.

Ron aveva aperto la porta di camera, poi si era diretto in bagno. Lei stava là, ferma davanti allo specchio con la spazzola in mano.

<< Herm, dài, io scherzavo. >> le aveva detto avvicinandosi.

<< Hai già finito il tuo Rosa? >> lo aveva ignorato lei senza tuttavia guardarlo.

<< Non l'ho neanche cominciato. >> aveva ammesso lui sospirando.

<< Ah. >>

<< Hermione, stavo solo scherzando. Torniamo fuori, dài. >>

<< Ma hai detto tu che non posso bere alcolici. Quindi sarà meglio che tu vada da solo, no? >>

<< Non puoi essere veramente arrabbiata. >> aveva detto a quel punto Ron, andandole in contro.

<< Sì che lo sono, Ronald. >> era sbottata lei, girandosi e dandogli le spalle.

<< Ma io scherzavo. >> aveva detto, accarezzandole i capelli con una mano.

<< La sera è il nostro momento. Quello in cui ci sediamo fuori, guardiamo il mare e beviamo Rosa. Perchè il tè è da vecchi, la burrobirra rovinerebbe l'atmosfera e il firewiskey non mi piace. Senza il Rosa, non ha senso tutto il resto. >> aveva detto Hermione con la voce rotta.

<< Certo che ha senso. E poi potremmo cambiare e prendere il tè finchè non nascerà il bambino... >> aveva suggerito abbracciandola da dietro.

Lei aveva scosso la testa.

<< Non voglio cambiare. A me piace tutto così com'è. E poi... magari all'inizio prenderemo il tè, ma poi ti verrà a noia, tu vorrai bere un cocktail e lo dovrai fare di nascosto per non farti vedere da me... e poi inviterai qua i tuoi colleghi, per non bere da solo. Mentre io resterò sola a letto con il mio tè. >>

Ron stava ridendo.

<< Hermione, a me non interessa il Rosa. A me interessi tu. >> le aveva detto semplicemente, abbracciandola. << Non mi importa se non puoi bere alcol, se dovrò rinunciare al Rosa e se tra qualche mese assomiglierai ad una mongolfiera... io ti amo. E voglio passare le mie serate con te. >>

Hermione era stata qualche attimo in silenzio, lasciando che Ron le accarezzasse i capelli, le braccia, il ventre leggermente rigonfio. Poi aveva parlato.

<< Assomiglierò ad una mongolfiera e a te non importerà? >> aveva chiesto con aria scettica.

<< Non mi importerà. E poi sarà solo per qualche mese, penso di poter resistere.>> aveva risposto Ron baciandola teneramente.

<< Ron... >> aveva mormorato lei.

<< Sì? >>

<< Preferisci il tè verde o quello aromatizzato? >>

Ron aveva riso spensieratamente, poi l'aveva attirata a sè per baciarla con più foga, mentre lei cominciava a sganciargli i bottoni della camicia. Ad un certo punto lui l'aveva presa in braccio -rischiando quasi di sbattere la testa contro la mensola sopra il lavandino- ed erano andati in camera, e Ron era così felice che nelle pause tra i baci riusciva solo a sorridere. Hermione indossava un vestito blu lungo fino alle ginocchia, e Ron, nel tentativo di spogliarla, quasi non ne aveva rotto la cerniera. Ogni due secondi si dava mentalmente dell'imbranato, ma Hermione non pareva notare il suo imbarazzo -o forse lo notava eccome, ma a lei andava bene così- ed era presa dalla cerniera dei pantaloni.

 

Per lui ricordare era come assistere ad una parata il giorno di carnevale. C'era lui, al bordo della strada, e c'erano gli altri che lo guardavano, sorridevano e gli dicevano di godersi tutto quello a cui avrebbero assistito di lì a poco. E poi c'erano i coriandoli. Piccoli e fini frammenti di carta, leggeri, che non avevano una propria meta ma si accontentavano di seguire il vento, il suo soffio gentile ma deciso. I coriandoli erano quelli che lui chiamava "i segnali": quegli odori, sapori, luoghi e frasi che precedevano i flashback e che innescavano in lui un vorticare di pensieri ed emozioni veloce ma  intenso quanto bastava a lasciarlo senza fiato.

Una volta finita la pioggia di coriandoli, arrivavano i carri. Grandi carri addobbati a festa con striscioni di tutti i colori. Ce n'erano di tutti i tipi: carri lunghi, larghi, alti, semplici, a tema, con sopra statue di cartapesta o  persone vere che si muovevano a ritmo di musica; carri trainati da animali o da un motore, preceduti da una parata o semplicemente da un annuncio fatto al megafono.

E ogni carro era per lui un ricordo vivido, unico e insostituibile. Un ricordo che arrivava cigolando, che si fermava davanti a lui e occupava la sua mente, e che Ron non riusciva ad evitare neanche chiudendo gli occhi. Il ricordo stava lì, si consumava lentamente nella sua testa come se fosse stato reale e, alla fine, se ne andava via così come era arrivato, sferragliando e lasciandogli in bocca un retrogusto amaro. E la certezza che prima o poi ci sarebbero stati altri coriandoli e altri carri che non avrebbe voluto vedere.

Ron era perennemente ai lati di una strada, guardava gli altri divertirsi, parlare, vivere. Lui esisteva -non viveva, questo no-, e spesso aveva il forte presentimento che fosse ancora al mondo solo per poter ricordare, per poter assistere continuamente ad una parata che aveva già vissuto e che voleva solo lasciarsi alle spalle. Ron era diventato inconsciamente spettatore della propria vita, e quei ricordi che lo facevano sorridere mentre gli attraversavano la mente, erano gli stessi che lo lasciavano spossato ogni volta che se ne andavano. 

 

Ron attraversò con passo malfermo il salotto e andò in cucina. Aveva ancora tanta voglia di un cocktail, ma l'unica cosa presente nella dispensa era del tè. Aromatizzato. Era incredibile quante cose fossero cambiate da quando la sua Hermione se n'era andata. Era incredibile quanto fosse diventato vecchio e triste e monotono. Se Hermione fosse stata lì, lo avrebbe sicuramente rimproverato. Anzi, se Hermione fosse stata lì, tutto quello non sarebbe mai successo; lei sarebbe riuscita a farlo sentire per sempre giovane e allegro. E avrebbero continuato ad essere felici insieme.

 

 

<< Ronald, non chiamerò mia figlia Brulee.>>

 

<< Perchè? E' un nome originale, unico e... buono. >> aveva spiegato Ron con occhi sognanti.

<< Ronald, te lo ripeto un'altra volta: non chiamerò mia figlia con il nome di un dolce. >>

<< Guarda che la Creme Brulee è un dolce buonissimo. >> aveva insistito lui.

<< Ma non per questo devo dare il suo nome a mia figlia. >>

<< Non è solo tua figlia. >>

<< Come vuoi. Non darò mai quel nome a nostra figlia. >> aveva ribattuto lei, incrociando le braccia sul petto.

<< Brulee Weasley. Suona bene. >> aveva osservato Ron.

<< Non puoi essere serio.>> Hermione era scettica. << Sai almeno cosa vuol dire "brulee" in francesce? >> aveva poi chiesto, con quell'insopportabile tono da so-tutto-io.

<< Oh, chissene importa di cosa vuol dire in francese. >> aveva ribattuto Ron.

<< Vuol dire "bruciata". Vuoi davvero chiamare nostra figlia Bruciata? >> aveva chiesto lei ignorandolo e alzando la voce di due ottave.

Ron era rimasto qualche attimo in silenzio, poi aveva scosso la testa. Hermione era parsa alquanto sollevata, e si era seduta sulla poltrona in vimini accanto a lui. Era sera, una di quelle sere uggiose in cui non sai se la mattina dopo ti risveglierai con il tintinnio della pioggia nelle orecchie o con un timido solicino che ti illumina il volto. Una di quelle serate in cui il sole traspare attraverso una nebbiolina umida e getta sfumature rosa tutto intorno. Hermione stava per portare a termine l'ottavo mese di gravidanza, ed assomigliava veramente ad una mongolfiera. Una mongolfiera splendida, a detta di Ron.

<< Allora forza, suggeriscilo tu un nome.>> aveva mugugnato Ron.

<< Ne ho già suggeriti più di venti, ricordi? E nessuno di loro ti piace. >> era sbottata, alzandosi in piedi.

<< Herm, calmati. Il dottore ha detto che devi stare tranquilla, e non mi sembra che tu lo sia, al momento. >>

<< Lo sarei, se tu ti decidessi a scegliere un nome per nostra figlia che non sia quello di un dolce.>> aveva ribattuto lei , appoggiandosi una mano sul ventre gonfio.

<< Va bene, non chiameremo nostra figlia Brulee. O Caramel. Ma neanche Phoebe, Astral, Karma o Daydream. Ma dove li hai trovati questi nomi? >>

<< Li ho letti nel libro dei nomi che mi ha regalato la mamma. C'è scritto che sono originali e che nel periodo Hippie erano molto di moda anche in America. >>

<< L'unico che mi piace è Demetria. Demetria Weasley. Demi Weasley. >> 

<< Suona bene, ma non possiamo chiamarla Demetria. >>

<< Guarda che è uno dei nomi che hai proposto tu! >> si era difeso subito Ron.

<< Lo so.>> aveva ribattuto Hermione. << E' che anche mia cugina sta per avere una bambina, e la chiamerà Demetria. Non possono esserci due Demetria nella stessa famiglia.>>

<< Quindi siamo punto e a capo. >> aveva constatato Ron.

Erano rimasti qualche attimo in silenzio, seduti l'una di fronte all'altro guardandosi negli occhi. Hermione aveva freddo, Ron lo poteva vedere dal modo spasmodico in cui stringeva le braccia sotto il seno. Ma non l'avrebbe mai ammesso e non sarebbe mai voluta tornare in casa. Non quando c'era una discussione in sospeso e un tramonto così bello davanti ai loro occhi.

<< Voglio un nome che piaccia a tutti e due. Un nome semplice ma elegante, non troppo originale. Qualcosa che ci faccia sorridere quando ci pensiamo. Un nome con una storia, non deciso a tavolino. >>

<< Quindi lasciamo perdere e aspettiamo un segno del destino o simili? >> aveva chiesto Ron, sorridendole e accarezzandole i capelli. Lei aveva chiuso gli occhi.

<< Penso proprio di sì. >> lei gli aveva sorriso a sua volta accettando la mano che lui le porgeva. << Ron, hai lasciato tutto il tuo tè. >> aveva osservato poi.

<< Uhm... sì. Non ne ho voglia. >> le aveva spiegato lui mentre rientravano in casa.

<< Io ho voglia di preparare un Rosa. Ti va? >>

<< Herm, ne abbiamo già parlato. Solo tè, ricordi? >>

<< Lo so, lo so. Ma non ho intenzione di berlo, solo di prepararlo. Sai, mi manca l'odore di fragola e martini in cucina. Lo adoravo. Io preparo e tu bevi, okay? >> aveva proposto, cingendogli il collo con le braccia.

<< Uhm. Okay, ma ti do una mano... Così non ti stanchi troppo. >>

<< Come vuoi. >> aveva scosso le spalle, sorridendogli. Ron si preoccupava per lei. Lo faceva con frasi e gesti semplici, quasi banali, sempre accompagnati da una leggera nota di imbarazzo. In modo unico e maldestro.

Erano andati in cucina, dove Hermione stava armeggiando con dei bicchieri e uno shaker.

Con la magia aveva chiamato a sè una bottiglia di vodka alla fragola, una di Martini e una caraffa di succo, e li aveva posizionati uno accanto all'altro sul tavolo. Ron la stava guardando affascinato.

<< Ginny e Harry ci hanno invitato a cena da loro, venerdì sera. >>

<< Ah, fantastico. E' da un po' che non vedo Harry. Sta bene? >>

<< Oh, sì, molto; va pazzo per Jim. >>

<< Tutti vanno pazzi per Jim. >> aveva detto ironica lei, mentre versava un po' di Martini in un  bicchiere di vodka.

<< Vuoi una mano? >>

<< Sì grazie. Potresti mescolare il tutto? >>

<< Certo. >>  aveva acconsentito Ron, cercando di non far cadere nessuno dei tre bicchieri che Hermione gli stava passando. << E poi ho parlato con Ginny. Ha detto che sei... preoccupata. >>

Hermione era arrossita violentemente.

<< Non sono preoccupata. Solo un po' in ansia. E' diverso. >> aveva specificato lei.

<< Non dovresti esserlo. >>

<< Ma lo sono. >> Hermione si sforzava di sorridere -con scarsi risultati-.

<< Ci sono io. Per... per qualsiasi cosa. Anche la più stupida, la più banale. >>

<< Lo so Ron. E' solo un po' di ansia, va tutto... oh, Ron, cosa hai fatto? >> a Ron era scivolato di mano lo shaker che era caduto insieme a due bicchieri, ed Hermione stava ridendo.

<< Miseriaccia! Attenta Herm, non muoverti di lì, risolvo tutto io. Dov'è la bacchetta? >> Hermione avrebbe tanto voluto dirgli "Chi è adesso quello ansioso?" ma non lo aveva fatto. Si era limitata a guardarlo, ridendo.

<< E' laggiù, sul div... Ahia! >>

<< Herm, tutto bene? >> se avesse continuato così, molto probabilmente non sarebbe arrivato vivo al giorno dopo.

<< Sì, mi sono solo tagliata. >>

 Ron aveva raggiunto la bacchetta sul divano e aveva fatto evanescere i bicchieri rotti con una breve formula, poi si era diretto verso Hermione che si stava guardando la mano con aria critica.

<< C'è tanto sangue? >> aveva chiesto in uno slancio di coraggio.

<< Tantissimo. Anzi, penso che dovrò farmi amputare la mano. >> aveva risposto seria Hermione, ma Ron aveva intravisto nei suoi occhi una scintilla di divertimento.

<< Ah-Ah, molto simpatica. Dài, fai vedere. >> le si era avvicinato e aveva puntato la bacchetta sul graffio, facendolo rimarginare quasi del tutto.

<< Domani mattina sarà come nuova. Merito mio ovviamente.>> le aveva fatto l'occhiolino, stile "John Travolta".

<< Certo, merito tuo se mi sono tagliata e se abbiamo due bicchieri in meno. >> aveva ribattuto Hermione baciandolo languidamente.

<< Bhè, almeno il Rosa è salvo. Sarà buono? >>

<< Oh bhè, lo spero per te. Sei tu che lo devi bere. >>

Ron aveva raccolto lo shaker da terra, lo aveva aperto e aveva versato in un bicchiere nuovo il cocktail rosa e un po' troppo denso che aveva preparato. Poi aveva avvicinato il bicchiere alle labbra  assaporando quel delizioso odore di fragola e frutti tropicali. Infine vi aveva poggiato le labbra e aveva cominciato a bere. E quel sapore di alcol e frutta, buono, dolce e unico, gli era proprio mancato. Sentiva gli occhi di Hermione addosso, vedeva le sue labbra tese mentre osservava il liquido rosa scivolare velocemente dal bicchiere nella bocca di Ron.

<< Buono. Mancava l'ombrellino. >> aveva concluso lui, appoggiando il bicchiere ormai vuoto sul tavolo.

Hermione aveva sospirato. Avrebbe voluto berne un po' anche lei, Ron lo sapeva.

<< Vuoi assaggiare? >> le aveva proposto allora.

<< Lo sai che non posso. E ormai l'hai finito tutto tu. >> aveva risposto lei seccamente.

<< No, non è vero. E un po' per uno non fa male a nessuno. >>

Così dicendo l'aveva attirata a se e l'aveva baciata. Lei aveva dischiuso le labbra quasi subito, permettendo alle loro lingue di sfiorarsi, incontrarsi e sfidarsi in giravolte. Ron aveva premuto la propria lingua contro il palato di Hermione, poi le aveva mordicchiato un labbro ed era passato a baciarle ogni singolo punto del viso.

Aveva sentito la pelle di Hermione incresparsi in un sorriso sotto il suo tocco veloce e delicato, poi le aveva messo una mano sul ventre e una tra i capelli, e si era fermato a guardare il suo volto arrossato, gli occhi scuri senza trucco e le labbra gonfie. La trovava stupenda.

<< Allora, com'era questo Rosa?>> le aveva chiesto.

<< Buonissimo. Per essere stato fatto in dieci minuti e poi essere caduto per terra. >> aveva sorriso mentre Ron le stampava un bacio sul collo.

<< Chiamiamola Rose. Rosa, come il nostro coktail. >> aveva detto Ron ad un certo punto, abbracciandola. Hermione non aveva detto niente per qualche minuto, ma Ron poteva quasi sentire lo sferragliare delle rotelle nel suo cervello che valutava attentamente la proposta.

<< Rose. E' perfetto. Mi piace. E' un nome con una storia. >> aveva commentato alla fine, senza però staccarsi dall'abbraccio di Ron.

<< E che Rose sia. >>

<< Molto meglio di Brulee. >>

<< O di Daydream. >> aveva ribattuto lui, divertito.

Hermione era rimasta in silenzio e per qualche attimo Ron si era chiesto se per caso quel suo ultimo commento l'avesse offesa. Insomma, era risaputo che Hermione era piuttosto suscettibile.

<< Tutto bene Herm? >>

<< Sì, certo. Stavo solo pensando... >>

<< Uhm? >>

<< Perchè non è venuta a me quell'idea? Insomma, avrei dovuto pensarci io! >> aveva esclamato.

Ron aveva riso, per poi aggiungere:

<< Grazie della stima, Herm. >>

<< Lo sai che non intendevo quello. Hai avuto un'idea stupenda, e Rose è un nome bellissimo. >>

 

Rose era un nome bellissimo. Il Rosa era un cocktail bellissimo. Quel momento era bellissimo.

Ricordava ancora con precisione la nascita di Rose, pochi giorni dopo che avevano deciso come chiamarla; Hermione lo aveva chiamato in ufficio e gli aveva chiesto di tornare a casa prima perchè forse "c'era qualche problema", e dopo neanche due ore era nata sua figlia. La sua Rosie. Poi era stata la volta di Hugo, e i figli li avevano spossati a tal punto che certe volte si erano addormentati prima che facesse sera. Poi c'era stata Hogwarts, e loro avevano ripreso lentamente la loro splendida routine, le loro sere a base di cocktail e tramonti. La sera era diventata di nuovo il loro momento, sempre troppo corta eppure così intensa.

 

E poi, così fulminea come era entrata nella sua vita, Hermione ne era uscita. O forse no, forse lei gli aveva lanciato dei segnali prima di andarsene e lui non li aveva colti, forse ciò che era successo era stata solo l'ultima scena di uno spettacolo che ormai andava avanti da tempo. Non ricordava il momento esatto in cui le cose erano cambiate e, quando ci pensava, davanti a sè vedeva solo spezzoni di vita che si susseguivano a casaccio. Sapeva solo che all'improvviso la loro strada aveva preso una direzione diversa, in discesa, tra rocce e rovi che diventavano sempre più grandi e pericolosi. E poi Hermione aveva deviato, lasciandolo solo e ansante in quel deserto desolato.

L'ultimo anno in cui Rose frequentò Hogwarts, Hermione era rimasta di nuovo incinta. Quando lo avevano scoperto, entrambi erano impazziti di gioia; Ron avrebbe voluto dirlo a tutto il mondo, Hermione anche, ma preferiva aspettare qualche settimana e verificare che fosse tutto apposto. Avevano di nuovo cominciato a fantasticare su tutine, pigiamini, lettini e biberon, e Ron si era sentito come un bambino che stava per salire sulla sua giostra preferita dopo essere stato a lungo in punizione. Hermione era radiosa.

Quando avevano appreso dal ginecologo che Hermione era incinta di due mesi e che stava andando tutto bene, per festeggiare avevano deciso di fare un picnic e una  lunga passeggiata lungo la costa. Quello stesso pomeriggio Hermione aveva perso il bambino.

Il dottore aveva detto che erano cose che capitano, che non era colpa di nessuno, che molto probabilmente era stato un bene, visto che Hermione non era più una ragazzina.

Ron aveva pianto un po' in macchina, Hermione invece era rimasta seduta in silenzio ad ascoltare un vecchio pezzo di Fred Astaire. Non avevano parlato, semplicemente lui aveva allungato una mano fino a prendere la sua -così leggera e tremante- per poi stringerla delicatamente. Avrebbe potuto fare di meglio, oh se avrebbe potuto, ma non ci era riuscito. E in quel momento aveva sperato ardentemente che quel suo gesto  banale e troppo poco intimo bastasse.

Ron ricordava quella sera come il momento peggiore della sua vita.

 

<< Hey, che ci fai ancora in camera? >>

<< Leggo.>> aveva risposto lei stancamente.

<< Ma è sera, è il tramonto.>> aveva detto lui con ovvietà.

<< Sì, lo so.>>

<< E allora perchè stai leggendo?>>

<< Perchè ho voglia di leggere.>> questa volta era stata secca.

<< Herm... non ti va di venire in giardino con me a bere qualcosa, come facciamo sempre?>>

<< No, non mi va. Non sono dell'umore.>> aveva detto lei a quel punto, come ad esortarlo ad andarsene.

<< Forse dovremmo parlare.>> aveva esordito allora Ron con voce incerta.

<< Di cosa?>> aveva chiesto lei con noncuranza, ma Ron poteva vedere distintamente il labbro inferiore tremarle e gli occhi luccicare nella penombra.

<< Lo sai. Di... quello che è successo.>> incredibile come riuscisse ad essere impacciato e insicuro proprio nei momenti in cui avrebbe dovuto prendere in mano la situazione e sistemare le cose.

<< Non voglio. >> aveva detto lei semplicemente, per poi abbandonarsi ad un pianto liberatorio.

Ron inizialmente era rimasto indeciso su cosa fare -se lasciarla sola ed evitare che il suo orgoglio andasse in frantumi o se fregarsene di tutto e correre ad abbracciarla- ma, non appena aveva mosso un passo verso di lei, Hermione si era alzata in piedi ed era corsa in bagno sbattendo la porta.

<< Hermione.>> aveva sussurrato Ron davanti alla porta scura << Ti prego, fammi entrare.>>

Lei non gli aveva risposto. Semplicemente aveva continuato a piangere le sue lacrime tutta la sera, tutta la notte e tutta la giornata successiva, sorda alle parole del marito che, quel giorno, pianse ben due volte.

 

Ogni volta che Ron pensava a quella fatidica sera -quella in cui lei gli aveva spezzato il cuore- le lacrime gli salivano automaticamente agli occhi, rompevano gli argini e scendevano sulla sua pelle -sulle sue rughe- come una pioggia che dopo anni e anni di siccità bagna un terreno arido e ormai sterile.

Si era imposto molto tempo prima di non pensare più a quella scena, ma Ron ormai lo sapeva: i suoi propositi andavano in frantumi se decideva di lasciar andare a briglia sciolta i pensieri.

Ricordava ancora vividamente com'erano passati lenti e dolorosi i giorni successivi alla notizia della perdita di loro figlio. Hermione era uscita dal bagno invecchiata di dieci anni, la pelle secca, gli occhi rossi e le labbra gonfie. Aveva barcollato fino alla cucina e Ron, non appena l'aveva vista, era corso ad abbracciarla, baciandole ogni centimetro di pelle scoperta e assaporando sulle sue labbra il sapore salato delle lacrime.

L'aveva tenuta stretta tra le sue braccia tutto il giorno e tutta la notte, e avevano parlato. Lui le aveva detto del suo lavoro, di quanto la amasse, di come stavano Harry e Ginny, di Rose che aveva ricevuto un sacco di complimenti per la sua media scolastica, di come le cose sarebbero migliorate di lì a poco, di quanto la amasse, dei proverbi seccanti ma veritieri come "Quando si chiude una porta si apre un portone", di quanto la amasse eccetera eccetera. Lei era stata prevalentemente ad ascoltarlo, interrompendo i suoi monologhi ogni tanto con qualche bacio leggero e sorridendo ai suoi goffi tentativi di tirarle su il morale, aveva pianto, si era lasciata consolare, aveva pianto ancora, aveva detto che le dispiaceva -per poi, cosa, Ron non lo aveva mai capito fino in fondo- e poi si era addormentata.

E quella fu l'ultima sera in cui Ron vide la sua Hermione.

 

Dopo quella giornata, le cose non erano migliorate. Hermione non aveva ripreso a sorridere, non era tornata a lavoro, non aveva preso in mano la sua vita e, soprattutto, non aveva ricominciato a preparare il Rosa.

All'inizio Ron aveva pensato che con il tempo le cose si sarebbero sistemate, che Hermione si sarebbe resa conto di essersi lasciata andare un po' troppo e si sarebbe tirata su da sola, come aveva sempre fatto. Non fu così. Le cose non migliorarono, i ragazzi se ne andarono di casa e Hermione continuò ad allontanarsi da lui. La mattina rimaneva sempre a letto fino a tardi, non cucinava più, non parlava, era sempre immusonita, rifiutava le attenzioni che gli amici e il marito le rivolgevano, ignorava i tentativi di quest'ultimo di fare conversazione la sera e, molto spesso, si coricava prima che lui tornasse da lavoro.

Ron era convinto che Hermione sapesse che tutto ciò lo distruggeva ma che continuasse a comportarsi in quel modo per puro sadismo; era una cosa orribile da pensare, ma in un angolino del suo cuore Ron sapeva che era così, che quando lo vedeva seduto in giardino con l'unica compagnia del firewiskey, triste e amareggiato, Hermione gioiva e si sentiva un po'  meno sola nella sua disperazione.

Tutti si erano accorti del cambiamento di sua moglie, eppure nessuno riusciva a fare niente. Ginny, Harry, Neville, Luna, gli amici di un tempo, venivano trattati da Hermione come completi estranei, e reagiva alle loro preoccupazioni con stizza, come se pensasse che non erano in grado di capire la sua rabbia e la sua malinconia. Si rifiutava di vedere dei dottori, sostenendo che andava tutto bene e che era solo un periodaccio, che tutto si sarebbe risolto in fretta, ci voleva solo tempo.

 

Ron non avrebbe saputo dire quando fu il momento preciso in cui smise di sperare che le cose si sarebbero aggiustate; forse fu in una delle tante sere in cui aveva aperto la porta di casa e aveva realizzato che Hermione era andata a letto senza aspettarlo. O forse, forse fu proprio quando la vide sdraiata esanime sul pavimento del bagno, il volto completamente coperto dai capelli bruni, in una posizione innaturale. Oppure fu davanti alla sua bara, tre giorni dopo, in uno dei tanti cimiteri alla periferia di Londra, circondato dagli amici di una vita eppure così solo. Forse però, la speranza non l'aveva mai persa. Non aveva mai smesso di sperare che prima o poi il tempo avrebbe veramente sistemato le cose, che si sarebbe svegliato da quell'incubo orrendo in cui le cose continuavano a sfuggire al suo controllo, e si sarebbe trovato accanto un'Hermione raggiante appena sveglia che gli chiedeva come avesse dormito.

 

Certe volte avrebbe voluto sistemare tutto così come aveva fatto Hermione: un paio di pillole in più e via. Una soluzione codarda, che mai pensava una Grifondoro come Hermione avrebbe adottato. Hermione era stata una codarda, e non si vergognava di pensarlo; aveva preferito scappare, distruggendo non solo la sua vita, ma anche quella delle decine di persone che la amavano e che un tempo non avrebbe mai permesso soffrissero. Non solo non aveva pensato a lui, suo marito, ma aveva abbandonato anche i figli, gli amici, i genitori. Era stata egoista, ecco cosa, aveva messo la sua felicità davanti a quella degli altri, e fino a qualche mese prima non lo avrebbe mai fatto. Negli ultimi tempi non aveva avuto più niente della bella ragazza orgogliosa e testarda di cui si era innamorato, quella ragazza che aveva la soluzione ad ogni problema, che non si scoraggiava mai e che lo sorprendeva sempre con quel suo modo di fare da so-tutto-io che lui trovava irritante e adorabile al tempo stesso.

Ron aveva provato ad aiutarla, e tutti continuavano a dirgli che aveva fatto il massimo ma che sfortunatamente il massimo non era bastato. No, lui non aveva fatto un bel niente, si era lasciato sfuggire di mano la situazione e aveva lasciato che Hermione andasse alla deriva, ecco cos'aveva fatto. Aveva provato a parlarle, a farle capire quanto immenso fosse l'amore che provava per lei, ma non era mai riuscito a imporsi e, lentamente, l'aveva persa. Aveva continuato a pensare che un giorno Hermione sarebbe venuta da lui, in lacrime, dicendogli che adesso aveva capito tutto, che le dispiaceva e che era pronta a ricominciare da dove si erano interrotti, e cioè da quando si sedevano in giardino la sera a sorseggiare Rosa.

Non era successo niente di tutto ciò, e Ron sapeva che in parte era colpa sua. Una grande parte era colpa sua. Perchè Hermione non aveva mai chiesto aiuto a nessuno in vita sua, ma proprio quando ne aveva avuto bisogno, lui non era stato in grado di salvarla, non era stato in grado di essere per lei quello che lei era stata tutta la vita per lui.

 

Ron ricacciò indietro le lacrime pensando che, se era troppo vecchio per gli ombrellini decorativi, allora era troppo vecchio anche per piangere la sua defunta moglie. Andò verso la credenza e prese una tazza -quella che Rose gli aveva regalato quando era alle elementari, con su scritto "Miglior papà del mondo"- e riempì d'acqua il bollitore. Chiamò a sè le bustine del tè, accese il fuoco e vi mise sopra il bollitore. Controllò l'ora e con un po' di sollievo si rese conto che erano le 7.00 e che tra qualche minuto avrebbe ricevuto una chiamata da Hugo e Rose che, tutte le sere, gli telefonavano per sapere se era ancora vivo. Dio solo sapeva perchè non usavano un qualsiasi stupido incantesimo.

Il tè era pronto, e Ron ne bevette subito un sorso, che gli scese in gola amaro e bollente. Avrebbe di gran lunga preferito un Rosa, ma non avrebbe avuto senso berlo da solo. Ci voleva Hermione, ci voleva la sera, con il tramonto e l'alta marea. E ci volevano gli ombrellini decorativi.
  
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