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Autore: Negative Creep    13/12/2010    6 recensioni
C’era da aspettarselo, davvero. Benché gli esseri umani li credessero immortali, i robot non duravano per sempre.
Genere: Fantasy, Science-fiction, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Nota della traduttrice: Il sottotitolo di questa storia potrebbe essere, “la potenza della semplicità.”
Ho scoperto quest’autrice proprio mentre Caska ricordava su livejournal quanto fosse commovente Wall-E, mesi e mesi e mesi fa. Se non l’avesse fatto forse non mi sarebbe mai venuta la curiosità di leggere una fic che lo riguardasse, quindi questa traduzione è dedicata a lei con tanto affetto. Anche perché io ci ho provato a guardare nel fandom inglese di FMA, lo giuro, ma come tutti i manga-fandom è troppo incasinato e stratificato per i miei gusti e le mie capacità XD
Ciao Caska <3




( Where Fires Begin ~ Dove nascono le fiamme )





E gli anni passarono, e loro erano felici.
La felicità era lo stato d’animo che corrispondeva a un lavoro ben svolto. Significava non avere mai voglia di altro. Essendo una parola umana aveva un mucchio di connotazioni aggiuntive, ma essendo robot a loro questo non importava.
In quei cuori di metallo non c’era spazio per futili gelosie e per il declino delle attenzioni tipici delle creature mortali, non c’erano smanie volubili e capricciose. Loro amavano. Quella era la nuova direttiva. Non avevano bisogno di altro.
Gli alberi tornarono, così come le piante e i fiori che lei amava tanto. Il genere umano riparò quello che aveva distrutto con negligenza infantile, poi fece ritorno alle stelle, la voglia di viaggiare affievolita ma ancora viva, come lo era sempre stata.
C’era sempre qualcuno, però, che rimaneva a prendersi affettuosamente cura di casa. Generazioni intere di persone vissero, morirono, sperarono, si preoccuparono e si amarono davanti agli occhi affascinati dei due che avevano assistito alla rinascita, che riconobbero tratti delle precedenti nelle successive. Erano riveriti e rispettati. La gente li cercava per chiedere loro aiuto e possibili consigli.
I ricordi si sbiadirono e si annebbiarono nell’arco di migliaia di anni, con il sole in cielo che diventava sempre più caldo e rosso. Chi era rimasto seguì i propri simili verso i cieli, lasciandosi alle spalle un pianeta risanato. Lo riposero nelle mani degli amministratori, quelli meccanici che non morivano.
Per un periodo vi fu pace, scandita soltanto dalla compagnia che si tenevano a vicenda. Poi, una mattina, lui non si svegliò.
C’era da aspettarselo, davvero. Benché gli esseri umani li credessero immortali, i robot non duravano per sempre. I pezzi di ricambio fabbricati dai suoi antichi costruttori erano contati. Quel giorno, oltre a quelle scorte limitate terminò anche il tempo che potevano trascorrere insieme. Lei cercò invano, come aveva fatto eoni prima, ma non era rimasto più niente che potesse usare.
E così attese al suo fianco, sperando che fosse una sciocchezza, un’anomalia del sistema.
La stella che un tempo aveva elargito vita adesso incombeva gonfia su di loro. I mari che erano stati riempiti di nuovo ora ribollivano, popolati da creature mai viste prima, e la superficie della Terra mutò in modi che gli esseri umani, ormai chissà dove nello spazio, difficilmente avrebbero potuto sognare.
Lui non si svegliò. Il suo involucro si arrugginì e si corrose fino a sparire, e lei non riusciva a spiegarsi come fosse potuto accadere. C’era una parte di loro che non poteva essere spenta dagli elementi. Il fuoco, quella fiamma che li animava – doveva ancora esistere, da qualche parte.
Gli esseri umani avevano parlato di un posto in cui sarebbero tornati tutti, di un punto ardente dove si forgiavano le anime. Decise di scovarlo, di rintracciarne le coordinate. Una volta che ci fosse finalmente riuscita, l’avrebbe ritrovato lì ad aspettarla. Lui l’avrebbe presa per mano, come aveva sempre fatto, e quel vuoto che aveva dentro si sarebbe colmato di nuovo.
Tuttavia, lei era un’amministratrice. I girovaghi le avevano affidato la loro madre, e detestava il pensiero di doverla abbandonare, anche se la sua adorata vegetazione avvizziva e moriva sotto il sole in costante espansione.
I mari si prosciugarono. Con il ripiegamento di acqua e erba vennero alla luce strane figure scheletriche, furono denudate le ossa della Terra. Quando l’atmosfera divenne troppo pesante persino per la sua esistenza continuata, comprese che era tempo di andare.
Incise un disegno nella roccia, una resa rudimentale di due creature che si tenevano per mano. Non è noto se qualcuno l’abbia visto prima che il sole divorasse tutto.
C’è chi dice che lei vaghi ancora tra le stelle, in cerca del posto dove nascono le fiamme.
   
 
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