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Autore: DarkSun    14/12/2010    5 recensioni
Come se il mondo non fosse già abbastanza contento di essersi portato via tutte le mie gioie, si era preso persino l’ultima, l’unica per cui poteva valere la pena vivere, se la mia fosse stata vita.
Fu allora che lo vidi. Un volto come il mio, forse più sconvolto, per il più recente dolore. Ma era uguale al mio. Intenso, straziante, distruttivo.
Come separare un fratello da un altro?
Come portare via i genitori ad una ragazza sola al mondo?
Non una lacrima, non un urlo. Nulla. Il silenzio più carico di rumore che io abbia mai portato avanti. E allora decisi potevo servire ancora a qualcosa.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angels.

 

La vita non è sempre facile. Con me è stata anche abbastanza crudele. Capita di sentirsi soli, ma poi qualcuno ti salva.

 

Credo l’inizio della mia storia sia Ottobre. Non sono mai attenta allo scorrere dei giorni e dei mesi, mi fanno sentire limitata. Mi piace pensare che il mio tempo sia infinito.

Ero molto giovane quando persi i genitori. Scomparsi in un incidente d’auto: e il pirata della strada se l’è cavata con un niente.

E quel niente neppure me li ha restituiti.

Ero giovane e innocente, inesperta. Quindicenne, amavo la musica, come la amo ora.

Il mio sogno era quello di poter andare un giorno ad un concerto dei Tokio Hotel.

Se ci ripenso ora, riesco a sentire ancora la passione che provavo per le loro canzoni, e la sento bruciare forte ora, quando ho il coraggio di riascoltarli.

Essendo minorenne, andai a casa di mia zia: non aveva né tempo, né voglia di occuparsi di me. Io non l’avevo mai conosciuta, era la sorella di mia madre, ma loro non erano mai andate d’accordo. Tutto quello che facevo era andare a scuola, tornare a casa e rintanarmi nella mia camera. Amici non ne avevo: ero troppo diversa.

Troppo matura, troppo anticonformista, troppo senza peli sulla lingua. Troppo per un piccolo paesino di qualche migliaio di anime.

Arriva il momento che quello che hai non ti basta, perché è poco. Perché nessuno si merita di non avere una persona accanto. Io la mia fonte d’affetto l’avevo persa, il calore che ricevevo dalla musica finiva con le note di una canzone. Nessun abbraccio.

 

Una sera stetti sveglia fino a tardi. Uscii fuori di nascosto. Avevo voglia di andarmene. Non tanto in senso fisico, quanto figurato. Voglia di farla finita. Nella mia mente scorrevano le immagini di sogni mai avverati, di promesse mai mantenute, di calore umano strappato. Rivedevo mia madre sempre attenta ad ascoltarmi, mio padre che credeva in me. Il mondo senza di loro non aveva senso, perché nessuno mi capiva più.

Nessuno mi consolava più.

Continuai a camminare lungo il marciapiede bagnato dalla pioggia recente, ascoltando By Your Side.

Quello che mi mancava: qualcuno che mi stesse vicino. Gli unici erano loro, il mio rifugio, il mio posto segreto e il mio sogno più irraggiungibile. Il mio niente e il mio tutto. Lasciai la canzone a metà.

Gli spacciatori si fanno vedere più spesso di notte e io ne avevo notato uno. Ero una ragazza matura, ma tutti fanno degli sbagli. Io in quel momento non ci vedevo nulla di sbagliato. Avevo dei soldi da parte, e ne usai un gruzzolo per comprarmi la droga. Niente di leggero: non volevo diventare dipendente, io volevo morire e basta. E nel modo più indolore possibile e che mi concedesse una felicità che altrimenti non potevo provare. Stavo già soffrendo abbastanza, dilaniata dalle mie ferite profonde.

Da quella sera cominciai il mio lento declino: non era stato come lo avevo immaginato.

Nella mia mente sarebbe finito tutto con la prima dose, ma le cose presero una piega diversa.

Ci fu una seconda, una terza, una quarta volta. E mia zia fingeva di non vedere, di non sapere. A scuola non andava più bene: ma lei mi copriva con gli insegnanti, come se le mie occhiaie non fossero abbastanza evidenti.

Penso che fosse troppo debole per fare qualcosa. O troppo disinteressata, chi lo sa.

Ad ogni modo, successe anche un’ altra cosa in questo periodo. Una cosa che mi sconvolse, una cosa per cui piango solo adesso.

Accesi la TV per noia e scoprii che qualcuno si era portato via la voce dei miei pensieri, la colonna sonora delle mie grigie giornate, dei miei sogni muti.

Qualcuno aveva messo fine ai Tokio Hotel. Qualcuno aveva colpito Bill e lo aveva fatto in mille pezzi. Uno, due, sette colpi. E li avrei volentieri presi io al suo posto. Tutti.

Come se il mondo non fosse già abbastanza contento di essersi portato via tutte le mie gioie, si era preso persino l’ultima, l’unica per cui poteva valere la pena vivere, se la mia fosse stata vita.

Fu allora che lo vidi. Un volto come il mio, forse più sconvolto, per il più recente dolore. Ma era uguale al mio. Intenso, straziante, distruttivo.

Come separare un fratello da un altro?

Come portare via i genitori ad una ragazza sola al mondo?

Non una lacrima, non un urlo. Nulla. Il silenzio più carico di rumore che io abbia mai portato avanti. E allora decisi potevo servire ancora a qualcosa.

 

Tom non era certamente solo. Aveva i suoi amici, i suoi compagni di band. Sua madre.

Ma solo chi ha provato il dolore di una perdita prematura, è in grado di leggere il volto di chi ha subito una perdita uguale. La disperazione totale e sconfinata dei suoi occhi.

Il suo dolore muto come il mio. Solo io volevo e potevo aiutarlo insieme.

A casa di mia zia non avevo lasciato neppure un biglietto. Non ero poi tanto distante da Berlino: presi la mia carta di identità e l’ultima parte di denaro rimastami, insieme a qualcosa per il viaggio. La mia strana idea era quella di parlargli. Ma avevo rifiutato di pensare a quanto sarebbe stato impossibile farlo.

Quando arriva nella capitale, la trovai in subbuglio. Fan riunite, in lacrime, quotidiani che riportavano tutti lo stesso titolo, la polizia davanti all’albergo dove alloggiavano in quel momento i ragazzi. Quello sarebbe stato il tour in cui io avrei avuto l’occasione di vederli dal vivo.

Passare inosservati era impossibile.

Come avrei fatto a raggiungere Tom? Sapevo che avrebbe fatto qualche sciocchezza, come l’avevo fatta io, anche la notte precedente. La mia dipendenza aumentava, e avevo finito il denaro e la droga.

L’albergo si affacciava su due strade e sul suo lato destro c’era un vicoletto, con una piccola rampa di scale e l’uscita di sicurezza. Mi infilai nella stradina, salii le scale e trovai che la porta era miracolosamente aperta.

Non credo nelle coincidenze, e adesso capisco che quello era un chiaro segno del destino.

Entrai. Non avevo idea di quale fosse la camera di Tom. Cominciai ad avanzare nel corridoio: il mio aspetto non era certo quello di una star, ma finsi sicurezza, nel caso fosse passato qualcuno di là. Sentii sbattere violentemente una porta dietro di me: era quella dell’uscita di sicurezza, ed ora sapevo chi l’aveva lasciata aperta.

Il destino mi aveva portato Tom proprio dove avrei voluto che fosse. Per un attimo restai a fissarlo e lui fece altrettanto. “ Tom…”- pronunciai il suo nome.

“ Non sono in vena di autografi”- disse, freddo come il ghiaccio.

“ Non è per questo che sono qui”- affermai, sicura ma dolce.

“ Cosa vuoi? Denaro? Fare una foto a Tom Kaulitz dopo la morte di suo fratello, per far vedere al mondo che faccia ha? Vuoi che ti rilasci un’ intervista?”- mi gridò

contro. Indietreggiai, sotto il peso della sua rabbia cieca, la mia stessa rabbia, che io mi tenevo tutta d’entro. E soffocavo con la droga.

“ Vorrei parlarti”- riuscii a sussurrare, spaventata dai suoi occhi lucidi e fiammeggianti.

“ Grazie, ma non ho tempo”- mi voltò le spalle, ma io lo raggiunsi e gli afferrai la maglia.

“Non hai tempo perché vuoi morire anche tu?”-

Si bloccò di colpo.

“ Perché mi dici tutto questo? Chi sei?”- domandò. La sua voce tremava.

“ Sono una ragazza sola al mondo come te, che ha bisogno d’aiuto come te, e che vuole aiutarti”

“ Dici di aver bisogno d’aiuto e sostieni di voler aiutare me?”- mi squadrò sarcastico.

“ Io ho bisogno d’aiuto, ma nessuno me lo ha mai dato. Vorrei che tu accettassi il mio, perché tu hai degli amici, delle persone che ti vogliono bene. Hai dei genitori…”-

Non riuscii a proseguire.

“ E tu non li hai?”- chiese. Il suo tono non aveva più nulla di astioso o sarcastico.

“ Un pirata della strada me li ha portati via”- risposi, con un filo di voce, a testa bassa.

Potevo sentire che mi osservava in silenzio. Non volevo che mi compatisse.

“ Vieni”- disse.

Mi ritrovai a seguirlo per il pianerottolo, finchè non raggiunse la sua stanza e mi fece entrare.

Volle sentire la mia storia ed io non omisi nulla. Stavo parlando con una delle persone che mi erano state più vicine in quel periodo, senza saperlo.

“ Volevi loro molto bene, non è così?”- chiese. Annuii.

“ E volevi bene...volevi bene a…Bill?”-

Improvvisamente il groppo che mi era salito in gola fu più difficile da ingoiare. Annuii di nuovo e ricacciai faticosamente le lacrime.

“ Era l’unico che mi capiva senza neppure conoscermi”.

A quel punto Tom pianse. Pianse a lungo, tirando fuori tutto il dolore che aveva accumulato in quei due giorni e mi abbracciò come se fossimo stati amici di vecchia data. E poi la crisi d’astinenza si fece viva. Svenni.

 

Tom non mi lasciò mai tornare a casa, se tale si poteva definire. Mi aiutò a disintossicarmi, a rendere più lieve il mio dolore, ad essere la persona che sono oggi.

Fondamentalmente felice.

Una cosa ancora accadde e continua ad accadere, lo stesso giorno dell’anno.

Vedo Bill. Non sono pazza. Lui mi viene a trovare, e viene a trovare suo fratello ed i suoi amici, che però non possono vederlo.

“ Perché loro non possono vederti?”

“ Perché loro hanno avuto o hanno ancora il loro “angelo” accanto a loro. Adesso è arrivato il momento che anche tu ne abbia uno, perché i tuoi li hai persi troppo presto”

                                             

                                                      Fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice: sì, lo so è triste, ma spero che lasci qualcosa in chi la legge. L’idea mi era venuta già da un po’, ma l’ispirazione e il tempo per scriverla ce l’ho avuto solo adesso xD

Ringrazio in anticipo chi la leggerà, perché è la OS più difficile che ho scritto, dal punto di vista emotivo.

Alla prossima,

DarkSun

  
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