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Autore: MiseryandValerieVolturi    14/12/2010    2 recensioni
[BellaXEdward]
Per la seconda volta, Edward se ne va. Perché? Cosa lo spinge ad abbandonare Bella e Renesmee?
Bella, distrutta e decisa a non rimanere a Forks, si trasferisce in Alaska ... ma non è tutto come sembra.
Dal primo capitolo:
Iniziò a leggere “So quello che pensi Bella, ma non è così: non vi ho abbandonate, e non ho intenzione di farlo per nessuna ragione al mondo …” si fermò quando si accorse che le lacrime iniziarono a cadermi leggere sulle guance e sospirò “… ho dovuto farlo, perdonami. Voglio che vi prendiate cura di voi, continuando a fare quello che avreste fatto con me al vostro fianco; senza fare stupidaggini Bella, promettimelo questa volta. Tornerò prima o poi, ve lo giuro. Vi lascio questi due cuori, nella speranza che vi possano aiutare a ricordarmi, vi amo. Edward”.
Dal terzo capitolo:
Ero alla ricerca delle parole giuste, di certo non potevo esprimere quello che avevo appena pensato.
“Niente, niente di grave” mentii “Abbiamo deciso di trasferirci”
Dal capitolo dieci:
“Va tutto bene” una voce calda e bassa mi risvegliò, suadente. Era famigliare, quanto il profumo che mi avvolse assieme alle sue braccia. Il freddo si sostituì al sintetico calore di una coperta di pile. Un solo nome, ora, soffiava dalle mie labbra.
“Edward …” mormorai. L’unica risposta fu un bacio a fior di labbra. Lo immaginai sorridere, dietro di me.
“Niente più brutti sogni” mi sussurrò, cullandomi.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Capitolo II

Ridere


<< Ridere, ridere, ridere ancora,
Ora la guerra paura non fa >>


Milioni di domande si agitavano confuse dentro di me, veloci, senza che io volessi o potessi dar loro una voce. Poche risposte, adagiate sul tavolo di mogano, lasciavano una scia di paura e disperazione. Continuavo a ticchettare con le dita sulla superficie lignea, mordendomi il labbro. 

Non è vero.

Sì, è vero.

Edward non se ne è andato.

Ma lo ha fatto.

Il cuore batteva all'impazzata, esclamando a gran voce la sua rabbia e il suo amore perduto. E poi c'era qualcosa, qualcosa che mi stringeva, come un uccellino in gabbia. Cosa c'era dentro il sacchetto?

Cosa Edward voleva che trovassi? Mi avrebbe fatto soffrire?

E se ci fosse stato qualcosa, qualunque cosa, che mi avrebbe detto, a chiare lettere, che Edward non sarebbe tornato?

"Bella ..." la voce cristallina di Alice era spezzata, triste, roca. Aveva il sapore delle lacrime. 

Mi volsi a guardarla, ma senza vederla davvero. I capelli scuri erano scompigliati, gli occhi di quell'oro innaturale e spento. Continuava a girarsi verso il salotto, probabilmente nell'attesa di vedere uno dei Cullen entrare. Nella mia mente, si disegnò la stupida immagine di un  Emmett ridente che entrava gridando a gran voce: "Era tutto uno scherzo!" o "Ve l'abbiamo fatta!". Chiusi gli occhi più volte per ricacciare indietro le lacrime.

"Bella" ripeté "Bella, forse dovresti ... Aprirlo" mi sussurrò piano. Scossi la testa.

Le domande aumentarono, vagando frenetiche. Portai una mano sul volto, nel vano tentativo di asciugare le lacrime.

"Tu ... Tu non dovresti andare a ... Ecco ... Accordare il pianoforte?" mormorai tutto d'un fiato, quasi tremando.

Lei mi fissò, addolcita, ma non rispose subito. Si portò una mano trai capelli, poi di nuovo lungo il fianco. Un'altra volta per vedere se i Cullen erano arrivati, poi si rivolse verso di me. Mi morsi il labbro, nervosa.

"Il pianoforte era di Edward" spiegò alla fine, a fatica. I suoi occhi rasentavano la disperazione.

"E allora?!" proruppi con rabbia, alzando una mano al cielo "Non dirmi che tu non sai accordare un ..." e poi, vidi di nuovo quegli occhi.

Non c'era solo disperazione, no. Paura, rabbia, abbandono. E poi una sola parola. Fine.

Edward non c'era e non ci sarebbe più stato. I suoi occhi di veggente non lo trovavano, no. 

E mio marito se ne era andato. Per sempre.

Il pianoforte sarebbe rimasto lì, senza che qualcuno potesse suonarlo come avrebbe fatto il vecchio proprietario. 

Tremavo davvero, ora. Alice guizzò accanto a me e mi strinse in una abbraccio.

Poi, piano, la sua mano candida si mosse verso il sacchetto, stringendolo appena. 

"Aprilo" mi disse.

Annuii e lei sorrise impercettibilmente. Le lanciai uno sguardo indagatore e lei alzò le spalle. "Hai deciso di aprirlo, quindi ora posso vedere cosa c'è dentro" spiegò con un sorriso triste "Mi sono sbagliata, comunque".

"Su cosa?" mormorai, con le guance bagnate, sciogliendo i nastri. Lei, in risposta, indicò con un cenno della testa l'oggetto che era appena caduto sul tavolo, causa la mia scarsa coordinazione, con un tintinnio dolce quanto quello di un cuore che si spezza.

E persi un battito, mentre lo osservavo.

Era un cuore. Puro diamante, opaco, incorniciato dall'oro del bracciale a maglie larghe. Ne  seguii la forma delicata, sospirando. Era un cuore, come quello che portavo io al polso.

Mossi la mano verso il braccio per sfiorarlo, ma accarezzai solo la pelle nuda.

Alice mi vide e mi strinse a sè. "Avevi lasciato il tuo bracciale con il cuore e il lupo in casa, così l'ho preso e l'ho messo in un cofanetto, assieme ai regali di matrimonio, in caso volessi portarli via con te. E’ posato sul letto" spiegò, con un guizzo degli occhi chiari che la diceva lunga. "Perdonami" aggiunse, per paura di aver toccato la mia privacy.

"Ti ringrazio, invece" sorrisi, poi la guardai ancora. "Di tutto".

Lei annuì, per poi voltarsi verso il salotto. Un solo secondo, e tutta la famiglia Cullen era lì fuori. Sospirai e raccolsi il bracciale, stringendolo piano fra le dita. 

Un piccolo biglietto si trovava ancora sul fondo del sacchetto. Non c'era un secondo dono, come aveva detto Alice. Si doveva essere sbagliata.

Afferrai il biglietto, nello stesso momento in cui i Cullen entravano in casa.

"A mia figlia ..." lessi in un sussurro, mentre la voce di Esme mi raggiungeva fioca.

"Bella, tutto bene?"

-.-

Osservavo, quasi con timore, il pavimento di casa Cullen. E loro, i Cullen, mi osservavano, l’unica umana tra quelle statue di marmo e ghiaccio. Ogni espressione era indecifrabile, leggermente tesa. 

Rosalie era l’unica ad aver proferito parola. 

“Dov’è Renesmee?” mi aveva chiesto, rabbiosa.

E io ero rimasta in silenzio, ancora scossa dai singhiozzi di poco prima, stretta dalla morsa che mi impediva di respirare, assopita in quella realtà troppo veloce per me. Alice mi stringeva ancora, con un braccio sulle spalle, e mi ritrovai a pensare, con una nuova morsa di dolore, che la sua pelle ricordava quella di Edward.

E dentro di me volevo ridere, ridere e ridere ancora. Ferire con la mia voce quelle maschere di pietra che non mi rivolgevano parola, uccidere quell’angoscia. E volevo anche urlare.

In primo luogo, contro la vampira bionda che mi sedeva davanti.

“ E’ con Jacob” mormorai a fatica. Lei strinse i denti in un ghigno adirato.

“La terremo noi” mormorò alla fine “Tranquilla, vivrà benissimo qui e …”

Non volevo ascoltarla. Renesmee sarebbe rimasta lì, sì, ma tra gli umani. O, almeno, tra i più vicini ad essere umani. La volevo con Jacob, con il branco, al sicuro.  Al sicuro da quella realtà fuori dal normale che mi aveva quasi ucciso.

Lontana da me. E lontana da lui.

Mi morsi il labbro e non risposi, mentre lei continuava a fissarmi con quel suo sguardo dorato che un tempo le avevo tanto invidiato. Ora, stretta nella morsa dei ricordi, le invidiavo solo il tempo e gli anni che aveva passato con il fratello adottivo.

 

Era ieri che mi salvava da un auto che rischiava di investirmi.
Era ieri che mi rivelava la sua natura.
Era ieri che mi abbandonava.
Era ieri che tornava da Volterra per me.

Eppure, non potevo vedere un domani con lui, come anche Alice.

Non mi avrebbe più amato. Mai più.

E allora lo feci davvero. Risi, piano, lasciandomi andare a quel suono fatto di felicità e dolcezza.

E le immagini di Edward e di me nella radura, e la sua risata.

Mi sentii cadere e pregai di non riaprire mai più gli occhi.

-.-

Le pareti bianche e le vetrate mi accolsero quando mi svegliai, alzandomi piano. La testa era pesante, troppo. La vista appannata. E l’udito … Quello sì che doveva essere davvero danneggiato.

Altrimenti perché sentivo la voce di Seth?

“Cosa farà?”

Le gambe erano così intorpidite da far male, come un milione di spilli pronti a trafiggermi. Provai a muovermi, ma la schiena mi obbligò a non tentare oltre. Quando ero svenuta?

“L’ho già detto a Jacob … Lei …”

Questa era Alice. La sua voce cristallina mi risuono in testa, mille campanelli dall’allarme tintinnarono come mossi da un vento gelido. “L’ho già detto a Jacob …”

Cosa gli aveva detto?

Di nuovo, provai ad alzarmi, ma non ci riuscii. Tutto divenne bianco e mi ritrovai nuovamente distesa sul divano. Sbuffai, distrutta dal dolore lancinante che mi bloccava i muscoli.

“Sì, è a casa di Billy con Nessie, mi ha detto tutto … E’ vero?”

Era di nuovo Seth, con quella sua voce dolce e infantile che mi cullò per un attimo, mentre mi riferiva indirettamente che Renesmee era al sicuro a casa di Billy. Eppure …

Jacob. Perché parlavano di lui? 

Mi passai delicatamente una mano sugli occhi e cercai di concentrarmi sulla voce di Alice.

“Si, vuole andarsene”

Chi?! Chi voleva andarsene?

Questa volta riuscii a tirarmi su, senza far rumore. I due sulla soglia – la vampira e il licantropo- mi ignorarono, con un veloce sguardo che diceva qualcosa di più di quello che riuscivo ad afferrare.

Respirai profondamente. Uno, due, tre …

“Chi se ne va?” mormorai piano, osservandoli. Tacquero.

“Chi?” ripetei, ancora, piano. Altri sguardi, poi Seth mi si avvicinò, con quel suo passo leggero di bambino e quella sua sicurezza di adulto. “Bella” mi sorrise, prendendomi le mani “tranquilla, va tutto bene”.

Il suo calore mi fece quasi sussultare, quando mi abbracciò amichevolmente con un solo braccio, cingendomi le spalle. “Tranquilla” ripeté “Jacob mi ha detto di salutarti”. Mentiva.

Scossi la testa. “No” sussurrai “gli avete … Cosa … Cosa gli avete detto?”

Sentii Alice sospirare.

“Bella” e si avvicinò “Bella, Jacob mi ha chiesto cosa volevi fare e …” la sua voce si infranse.

“No …” gemetti disperata.  Aveva parlato con Jacob? No, non poteva essere. No, Jacob non sapeva nulla. 

Jacob non sapeva che volevo andarmene.

Ma, per quanto cercassi di crederci, stavo perdendo via via la speranza. Dovevo parlargli, dovevo dirgli tutto, dovevo … 

Mi alzai di colpo, confusa, ma decisa. Sfuggii dalla morsa di Seth, stringendomi al bordo del divano per non cadere, e allo stesso tempo cercai di riordinare le idee. La Push. Sì, da Jacob.

Alice riuscì a bloccarmi con la sua morsa di acciaio e ghiaccio, mentre io rovinavo a terra come una sciocca. E, ancor più sciocca, vedendo la porta aprirsi, tentai di scattare verso quell’unica via di fuga. Un secondo e mi ritrovai a faccia a faccia con un Jacob serio e incredibilmente composto.

E, come era inevitabile, la gravità fece il resto.

“Bells” lo sentii muoversi e aiutarmi ad alzarmi, senza altre parole. La voce era così contenuta da farmi male. Strinsi i denti e mi rimisi da sola in piedi, anche se traballante. Lui si allontanò piano, osservandomi mentre ritrovavo l’equilibrio e si lasciò sfuggire un sorriso triste. Che scomparve subito.

“Dobbiamo parlare” mi annunciò, con tono che sapeva di sfida e frustrazione. Mi morsi il labbro.

“Jake io …”

Lui mi afferrò per la spalla con gentilezza e mi condusse in cima alle scale, fino a quello che sapeva essere il bagno. Quando si fermò, le mie guance erano già bagnate.

Tentai di fermarlo, inutilmente. E le mie resistenze non servivano a niente.

“Non puoi andartene” cominciò in un sussurro, ma con forza. 

Lo fissai negli occhi. “Jacob … Io devo. Quaggiù non posso rimanere” spiegai, lentamente. La mia voce era spenta e roca, i suoi occhi neri mi seguivano e io non potei resistere. Abbassai i miei.

Alla fine mi strinse la spalla e mi costrinse a guardarlo. I singhiozzi continuavano.

“Cosa pensi di dire a Charlie? A Renee? Come ti allontanerai da loro?”

“Io …”

“Quando tua figlia si renderà conto di essere diversa, quando non potrai più scappare?!”

Scossi la testa.

“Ormai fai parte di questo mondo, Bella”

Mi voltai e corsi via avvertendo il suo sguardo fisso su di me dal primo all’ultimo istante.

Risi pianissimo, e la mia risata nervosa si mescolò al suono delle lacrime sul pavimento di legno.

Caddi di nuovo, la debolezza si impadronì di nuovo di me. Qualcuno mi aiutò ad alzarmi.

E, spostando lo sguardo, mi ritrovai davanti due occhi così dorati da farmi male.

-.-

“Bella” sussurrò Esme, vedendomi a terra. Si mosse velocemente e in un attimo era accanto a me, preoccupata. “Ti sei fatta male?”

Scossi piano la testa. “Sono solo stanca …” mentii. Non ero solo quello. Ero distrutta, morta, finita, uccisa dall’interno come se un ombra nera si agitasse dentro di me. Sospirai.

Esme mi sorrise comprensiva, poi mi accarezzò lentamente i capelli.

“Sai, non sono abituata ad avere figli umani” sussurrò “Ho l’eterna paura che tu o Nessie vi facciate male”. Rise piano.

Annuii. 

“E poi, l’unica cosa vicina a un adolescente con cui ho mai convissuto è stato … Edward”.

A quel nome le gambe quasi mi cedettero. Le voci, mille e mille voci che mi avevano accompagnato per tutto quel tempo, si fecero di nuovo sentire.

“Edward” pensai. Ma perché lui? Perché non qualunque altro? Perché mi ero innamorata?

“Parlami di lui” mormorai, gli occhi spalancati e le voci sempre più forti.

La vidi sorridere piano e quel sorriso illuminò il suo volto perfetto per diversi attimi. Poi si spense.

“E tu dimmi quale problema c’è con Jacob” replicò.

E rimanemmo lì, sedute sul suo splendido pavimento mentre le raccontavo delle mie paure, di mia figlia e del mio migliore amico. Mi ascoltò mentre confessavo tutto il dolore e tutta la forza, mentre le spiegavo che non volevo ripetere ciò che era successo prima di Volterra.

E lei mi raccontò con voce di madre di quel vampiro gentile e ribelle, di quel suo amore per la musica e per gli altri e di quei suoi occhi, a volte rossi, a volte dorati, dietro ai quali si intravedeva sempre quell’ombra di verde acqua che li aveva caratterizzati in vita. 

E di cui mi ero perdutamente innamorata.







Note delle Autrici:


Ehmm... Salve! Scusate infinitamente il ritardo u.u Sempre colpa mia (Missy xD) che scrivo lentamente. Questo capitolo è mio, sisi u.u Non so se vi piacerà, ma vorremmo comunque ringraziare tutti quelli che:


-hanno letto
-preferito
-seguito
-ricordato
-recensito

Ci piacerebbe sapere la vostra opinione sulla nostra storia, quindi cliccate subito e recensite u.u
Peeeer favooore **
Come vedete, questo capitolo è un po' particolare... ho voluto dare spazio ai Cullen (Alice, Rosalie, Esme) e a un paio di lupetti (Jacob, Seth) ... Per quanto riguarda Bella e Jake, la situazione non è chiara u.u Ognuno è nervoso per un motivo e sono entrambi molto umani e incerti, abbiate fede u.u
La citazione all'inizio e nel testo viene dalla canzone "Samarcanda" di Vecchioni, che per quanto triste mi sembrava molto adatta ^^
  
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