-Nella cara vecchia
Tana vuota-
Poteva
sentire solo il
rumore dei suoi passi tastare il pavimento, il cigolio del legno, il
rumore
stesso del suo respiro affannato. Il mondo magico festeggiava,fuori da
quella
casa, ma per lei non c’era nulla da festeggiare. Avrebbe
preferito che nessuno festeggiasse
nulla, che Voldemort fosse ancora vivo, se solo questo avesse potuto
riportare
il suo bambino da lei.
Tante volte era
rimasta ad osservare il volto inespressivo di Harry dopo la morte di
Sirius,
dopo quella di Silente; aveva visto quell’espressione vuota
dei suoi occhi
verdi, l’aveva osservato guardare il cielo interrogandosi su
di esso, senza mai
capirlo, cercando solo di pensare a come avrebbe potuto farlo stare
meglio,
farlo sorridere ancora. I suoi sorrisi non sarebbero mai stati
più gli stessi,
ora si rendeva conto, ora che la rabbia era scemata e dentro di lei non
aleggiava che il vuoto di quella voce che non avrebbe mai
più sentito, di
quegli scherzi che non l’avrebbero più tormentata,
di quelle risate che non le
avrebbero più scaldato il cuore. Aveva partorito sette
figli, li aveva amati
dal primo momento, anche se sapeva, sempre meglio, bambino dopo
bambino, che
forse avrebbero dovuto portare abiti smessi e usare bacchette
riciclate. I
gemelli erano nati di notte, lo ricordava bene, tempo prima del dovuto,
avevano
iniziato a prenderla in giro sin da subito, aveva pensato allora, e la
loro infanzia, la loro adolescenza avevano confermato la sua ipotesi.
“Quei
due!”
I
ragazzi che riuscivano a
prendersi in giro anche quando uno dei due se ne stava tremante e
sanguinante
sul loro divano smesso, con un enorme foro maledetto al posto di un
orecchio.
Quella risata, quella risata che le era rimbombata nelle orecchie in
ogni
occasione, quel rumore stridulo che l’aveva fatta esplodere
di rabbia, che
l’aveva fatta urlare fino a diventare paonazza e agitare, e
spaventare…quella
risata ora era solo un ricordo,un’evanescente melodia
confinata nell’area
dolorosa della memoria, in quelle immagini di vita passata che non
sarebbero
mai state raccontate ai nipotini davanti al fuoco.
Il
buio dominava ancora il
cielo, era passato almeno tre giorni da quella serata maledetta in cui
il male
prima di cedere al bene si era inghiottito suo figlio, o almeno
così doveva
essere, Molly se ne stava fuori tutto il giorno, camminando senza meta,
senza
guardare davvero attorno a sé e tornava a casa quando le
gambe stanche e pesanti non le
reggevano più. La Tana era buia e vuota, il dolore aveva
lacerato quella
famiglia prima tanto unita, senza smembrarla però, come
un'AVADA KEDAVRA mal riuscita. George e Ron erano spariti da quella
notte
chissà dove, Ginny, Arthur, Percy, Bill e Fleur erano a
Villa Conchiglia,
nessuno riusciva a respirare la Tana senza respirare la mancanza di
Fred.
Molly
no, Molly non poteva
lasciare anche lei quella casa,la sua casa, non poteva lasciare quel
luogo dove il suo Fred
aveva strillato il primo pianto, dove aveva giocato, sempre,
in tutta
quella sua breve vita. Se la prese per un attimo con Dio, i maghi non
sono
granchè religiosi, ma a Molly il pensiero cadde su di Lui.
Che senso aveva
avuto far nascere un figlio che non avrebbe mai raggiunto i trenta
anni? Che
senso aveva avuto darle la possibilità di amare un figlio
che non sarebbe stato
più, lasciandole davanti, incolpevole del dolore che portava
sul volto, la sua
copia?
Pensò
che non voleva più
vedere George, che non poteva più guardarlo negli occhi,e
per un secondo credette addirittura di
disprezzarlo, cominciò a gridare, estrasse la sua bacchetta
ruvida e cominciò a
colpire ogni cosa intorno a sè, le foto con i ragazzi
sorridenti che
salutavano e saltavano qua e là, i mobili ammuffiti, il
divano, gli oggetti
sulle mensole, i libri, la sedia a dondolo, tutto esplodeva e si
sbriciolava
sotto lampi accecanti di colore scarlatto. Le lacrime tagliavano il
volto di
Molly invecchiato di tanti anni, tutt’un tratto, in quelle
ultime ventiquattro
ore.
<<
MAMMA!>>
Una voce familiare alle sue spalle, un sussurro e lei sorrise, sperò con tutta l’anima che quella voce fosse SUA, del suo Fred, ma girandosi trovò solo il suo volto, “prestato”a quella parte di lui sopravvissuta,George; fino a un secondo prima pensava che non avrebbe voluto vederlo mai più, e sentì un dolore irrazionale salirle dalla punta dei piedi in un brivido gelato che le attraversò il corpo in un secondo. Gettò da un lato la bacchetta, tremante, e si gettò alle braccia del figlio, piangendo ancora tanto forte. Le mani grandi strette intorno a lei sciolsero il ghiaccio che le cingeva il cuore, i due rimasero lì, piangendo abbracciati per molti minuti, prima di sedersi sul loro caro vecchio divano smesso e logorato dagli incantesimi rabbiosi di poco prima e aver parlato, parlato di Fred, parlato del dolore.
Una One-Shot che mi è uscita in un momento di pura malinconia, un po' troppo triste e?
Era tanto che non scrivevo Fanfiction perchè con la maturità in ballo sono stata davvero presissima durante quest'anno, però la mia passione è rispuntata tutt'un tratto! Sto lavorando ad una Long Fic, ma nell'elaborazione mi è spuntata l'idea per questa One-Shot ( che tra l'altro non c'entra affatto con la storia più lunga)
Beh, è la prima volta che pubblico con questo account, dopo tanto tempo dalle mie altre FF, spero che, nonostante la serietà, vi sia piaciuta, accetto critiche e consigli ! Grazie a tutti per averla letta! Silvia