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Autore: whateverhappened    16/12/2010    8 recensioni
Dormivano tutti, non se ne sarebbe accorto nessuno, nessuno si era mai accorto che progettava quel piano già da due mesi. Mise il piede sul quinto gradino, gelandosi sul posto quando sentì lo scricchiolio. Si morse la lingua istintivamente, si era del tutto dimenticata dell'asse malferma di quello scalino. Scricchiolava sin da quando ne aveva memoria, non era mai stato sistemato perché permetteva a sua madre di sentire chiunque salisse le scale. Aveva un udito finissimo per quello scricchiolio, Andromeda non aveva mai capito come potesse essere possibile. Era tardi per risalire la scala, forse avrebbe potuto saltare quegli ultimi gradini e precipitarsi in giardino, dove avrebbe potuto smaterializzarsi.
«Andromeda?» la voce della madre la bloccò sul posto.

Nona classificata e vincitrice del premio caratterizzazione al contest "Come madre e figlio" indetto da LyndaWeasley.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Andromeda Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Leaving Home








Non si era mai accorta di quanto fosse tetra quella casa di notte. Completamente buia, ad eccezione di qualche raggio di luna che si infiltrava fra le assi delle persiane, rendeva a pieno l'immagine della dimora di una famiglia di cognome Black. Se ci fossero state le teste degli elfi domestici, come in casa degli zii, sarebbe stata perfetta per l'ambientazione di uno di quei film horror babbani che tanto odiava. Una volta che i suoi occhi si furono abituati all'oscurità, Andromeda fece un passo verso la scala, a pochi metri da lei. Si bloccò di colpo, convinta che da un momento all'altro suo padre sarebbe comparso e le avrebbe chiesto per quale motivo si trovasse fuori dal suo letto alle quattro del mattino. Era persino certa di aver udito dei rumori provenire dalla stanza dei genitori, ci mise ben più di un istante a convincersi che era tutto frutto della sua immaginazione accompagnata al timore di essere scoperta. Scosse la testa vigorosamente, come faceva sempre quando cercava di mantenere la lucidità, e fece un altro passo in avanti. Si fermò di nuovo, l'orecchio teso ad ascoltare ogni singolo suono. Andromeda sorrise fra sé quando udì solamente il padre russare, come sempre quando dormiva profondamente. Più sicura di sé, Andromeda raggiunse le scale in punta di piedi, sospirando di sollievo quando sentì il legno del corrimano delle scale sotto le dita. Era quasi fatta, una decina di gradini e si sarebbe trovata davanti alla grande porta d'ingresso. Quando mise il piede sul primo scalino si sentì pervadere da un'allegria che non si sarebbe aspettata in quel momento, ma che sapeva essere lecita: nove gradini e sarebbe stata fuori da quella casa, lontana dalla sua famiglia, finalmente padrona della sua vita. Si sarebbe smaterializzata subito, raggiungendo colui che aveva incoraggiato la sua fuga. Condotta dall'improvvisa felicità di quel pensiero, Andromeda scese altri tre gradini incurante del rumore che avrebbe potuto provocare. Dormivano tutti, non se ne sarebbe accorto nessuno, nessuno si era mai accorto che progettava quel piano già da due mesi. Mise il piede sul quinto gradino, gelandosi sul posto quando sentì lo scricchiolio. Si morse la lingua istintivamente, si era del tutto dimenticata dell'asse malferma di quello scalino. Scricchiolava sin da quando ne aveva memoria, non era mai stato sistemato perché permetteva a sua madre di sentire chiunque salisse le scale. Aveva un udito finissimo per quello scricchiolio, Andromeda non aveva mai capito come potesse essere possibile. Era tardi per risalire la scala, forse avrebbe potuto saltare quegli ultimi gradini e precipitarsi in giardino, dove avrebbe potuto smaterializzarsi.

«Andromeda?» la voce della madre la bloccò sul posto. Imperativa anche da assonnata, Druella la stava probabilmente osservando dal parapetto della scala con le braccia incrociate al petto.
«Ehm, mamma. Cosa ci fai in piedi?» domandò a bassa voce, voltandosi lentamente verso la madre. Proprio come aveva sospettato, Druella era in piedi sul pianerottolo, illuminata dalla luce della sua bacchetta. Se i suoi amici altolocati l'avessero vista in quel momento, con vestaglia e pantofole ai piedi, non avrebbero comunque dubitato delle sue origini: Druella riusciva a mantenere un'aria arcigna e scostante persino appena sveglia.
«Piuttosto vorrei sapere cosa ci fai tu in piedi. Sono le quattro, dovresti essere nel tuo letto» non aveva fatto critiche in alcun modo, eppure Andromeda si sentì mancare. Sua madre sapeva, non vi erano dubbi. Lo capiva da come picchiettava incessantemente la pantofola nera sul pavimento, da come le sue mani fossero strette a pugno e da quanto il suo sguardo fosse estremamente gelido.
«Avevo sete» rispose Andromeda, ma la scusa risultò stupida persino alle sue orecchie. Aveva una brocca d'acqua in camera apposta per eventualità come quelle, come ogni componente della famiglia. Abbassò lo sguardo quando vide Druella stringere le labbra, era arrabbiata.
«E ti vesti per andare in cucina?» Andromeda sussultò, nella paura dell'essere stata scoperta si era dimenticata di essersi vestita prima di uscire dalla sua camera. Se c'era una possibilità che sua madre non sapesse era del tutto sfuggita in quell'istante. Si morse il labbro, rimanendo in silenzio ad osservare le assi dei gradini. Sentì Druella scendere la scala a passi pesanti, il rumore attutito in parte dalle pantofole imbottite. Non alzò mai lo sguardo, ma seppe comunque che si era fermata sul gradino più in su del suo. Lo faceva sempre, in quel modo rimaneva più in alto di lei, le faceva letteralmente sentire il fiato sul collo.

«Non trattarmi da stupida, Andromeda, sai bene che non lo sono» aveva ragione, la figlia lo sapeva. Era da lei che aveva ereditato quell'intelligenza che la rendeva una delle migliori a Hogwarts, non sarebbe mai riuscita ad ingannare la madre.
«No, mamma, io...» iniziò a dire Andromeda, ma non riuscì a trovare nessuna parola a sua discolpa.
«Tu stai scappando – la interruppe Druella – Te ne stai andando per quel... quel Mezzosangue» sussurrò le ultime parole con un disprezzo tale che Andromeda pensò che le avesse sputate. Sentì la rabbia ribollire dentro di sé, strinse la mano a pugno per impedirsi di urlare.
«Non parlare così di Ted» disse a denti stretti, pentendosene immediatamente. Lei e Druella avevano parlato una sola volta della situazione e più che una discussione civile era stata una litigata furiosa.
«Ma certo, dovrei parlarne come se fosse il tuo fidanzato. Come se fosse bene accetto, come se io e tuo padre bramassimo per averlo come genero! Non sarà mai così, Andromeda, mettitelo in testa»
«Già fatto, non ti preoccupare» bofonchiò Andromeda, volgendo lo sguardo di lato per non incrociare quello della madre. Conosceva bene il parere dei genitori a proposito di Ted, erano stati molto chiari.
«E per affrontare la cosa scappi di casa in piena notte. Complimenti, molto maturo»
«Non vedo la maturità nel non accettare una persona solo perché i suoi genitori non sono maghi» ribatté Andromeda, tornando su quel discorso che tanto l'aveva distanziata dalla sua famiglia negli ultimi tempi.
«Te lo abbiamo detto, Andromeda, lui non è degno di te» Druella pronunciò quelle poche parole, secche e decise, senza minimamente preoccuparsi dell'effetto che avrebbero avuto sulla figlia. Che le condividesse o meno, Andromeda avrebbe dovuto capire il nodo cruciale della vicenda.
«Da quando una persona che mi fa stare bene non è degna di me? Non dovrebbe essere un incentivo?»
«Quel Sanguesporco sta solo cercando di infilarsi in una importante famiglia! Se fa il carino con te è perché vuole qualcosa in cambio, non lo capisci?»
«Se anche così fosse farei comunque un affare: voi volete tutto da me e non mi date nulla in cambio. Anche il peggiore dei Sanguesporco sarebbe meglio di questa famiglia» il dolore alla guancia arrivò prima che si potesse rendere conto di quello che aveva detto. Guardò la madre attonita, mai in tutta la sua vita le aveva dato uno schiaffo. Non ne aveva bisogno, sin da quando era piccola bastava qualche parola detta al momento giusto per metterla al suo posto, né lei né il padre avevano mai alzato le mani su di lei o sulle sorelle. Si massaggiò la guancia, che probabilmente era diventata dello stesso colore di un pomodoro maturo, e osservò la madre sempre più stupita. Druella aveva ancora la mano alzata, gli occhi erano lucidi di rabbia e la bocca aperta, forse sorpresa da quel suo stesso gesto. In fondo Andromeda poteva anche capirla, le aveva appena detto che ciò che odiava di più al mondo era migliore di lei. Ma non l'avrebbe detto se fosse stata Druella a capire lei.
«Mamma...» provò a dire, ma si interruppe subito. Non sapeva come rispondere a quel gesto, non voleva chiedere scusa per le sue parole e come tante altre volte non riusciva a parlare con sua madre. Non aveva con lei quel rapporto che, invece, aveva Narcissa, fatto di confessioni e comprensione. Non aveva quel reciproco rispetto e ammirazione che vi era con Bellatrix, anzi. Spesso si ritrovava a pensare che il loro rapporto fosse come quello di due estranei che discutono in coda alla cassa di un bar, almeno finché non litigavano.
«Non scomodarti a scusarti, Andromeda, hai chiarito bene le tue idee» disse gelida Druella, stringendo di nuovo le braccia al seno. Nonostante la debole luce, Andromeda poteva vedere un leggero tremore nella mano che l'aveva schiaffeggiata. Abbassò la testa, mentre la guancia bruciava sempre più, quasi a non farle dimenticare quel momento.
«E, a quanto sembra, anche le tue decisioni» continuò la madre. Il suo tono era freddo, quasi fosse incurante dell'importanza di quella discussione, Andromeda ebbe istintivamente paura. Sua madre non era quasi mai fredda, nemmeno con lei. Poteva essere di buon umore, preoccupata, persino infuriata, ma mai era sembrata così poco interessata alle sorti di una figlia. Non che Andromeda pensasse che sua madre si preoccupasse della sua felicità, tuttavia Druella era sempre alla ricerca del partito più vantaggioso a cui darla in sposa e in qualche modo percepiva in quel gesto un lieve interessamento. Non era come con Narcissa, alla quale aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per farle sposare quel Malfoy per cui aveva una cotta, ma era pur sempre qualcosa.
«Non posso fare diversamente» mormorò Andromeda dopo qualche istante, cercando di smuovere la madre da quell'inquietante comportamento.
«Non puoi? - Andromeda percepì l'esasperazione nelle parole di Druella – Non vuoi, piuttosto. Potresti avere tutto – soldi, un buon nome, un marito nobile e dei figli Purosangue – ma tu non vuoi tutto questo»
«E la felicità dov'è nel tuo piano di vita? Dov'è l'amore?» Druella sospirò profondamente, come sempre quando era seccata da una qualche discussione. Andromeda si portò esasperata una ciocca di capelli dietro l'orecchio, per poi sistemare meglio lo zaino che portava sulle spalle.
«Belle parole, ma la vita è una cosa diversa»
«La vita vera o quella che vuoi impormi? - Druella rimase in silenzio, tornando a picchiettare nervosamente la pantofola – Potrà aver funzionato con Bellatrix, ma io voglio cose diverse»
«E allora vattene, costruisci la tua vita nel disprezzo per chi ti ha messo al mondo. Nessuno ti trattiene» con un gesto improvviso, secco e poco coerente con la sua figura elegante Druella si voltò e risalì la scala.

Andromeda rimase ferma, immobile su quel quinto scalino. Non seguì la madre con lo sguardo, tuttavia nel silenzio della notte riuscì a percepire perfettamente il suo passo pesante. Capì quando arrivò davanti alla porta della sua camera da letto, davanti alla quale si fermò. Andromeda la sentì sospirare e da un rumore diverso delle pantofole intuì che si era rivoltata verso le scale, ma il suono si ripeté, seguito dall'aprirsi e chiudersi della porta. Se n'era andata. Sua madre le aveva detto di lasciare casa sua, l'aveva invitata a fare quello che stava già progettando da mesi. E allora per quale motivo le sembrava tutto così triste? Non riusciva a togliersi dalla testa la figura di Druella in camicia da notte e vestaglia, una scena che in una qualsiasi altra situazione le avrebbe fatto piacere per la familiarità che poteva trasmettere. In quel momento, invece, riusciva solo a metterle un profondo senso di tristezza. Scosse la testa e si morse il labbro, cercando di trarre forza da quei gesti automatici. Con molta meno prudenza e calma che in precedenza, Andromeda cancellò gli ultimi cinque gradini della scala in un attimo. Quasi con rabbia aprì la grande porta, venendo investita dall'aria fresca della notte. Inspirò profondamente, quindi mosse un passo verso l'esterno. Non si voltò indietro ma rimase qualche istante sulla soglia, massaggiandosi la guancia ancora dolorante.
“Se non mi vuole non mi avrà.”
Si allontanò da casa Black a passi corti e rapidi. Riusciva a pensare solo a quel rumore di pantofole che si allontanavano, a quanta indifferenza ci fosse in quel gesto. Forse non era mai stata realmente considerata parte di quella famiglia, diversa com'era dalle sue sorelle. Sorrise appena al pensiero che, in fondo, quelli non erano più suoi problemi. Da quel momento sua madre avrebbe tranquillamente potuto dire di avere due figlie modello, senza doversi vergognare della babbanofila.
Quello che non sapeva era che Druella l'aveva osservata mentre se ne andava, tamponandosi gli occhi con un fazzoletto.






























Nona classificata e vincitrice del premio caratterizzazione al contest "Come madre e figlio" indetto da LyndaWeasley sul forum di Efp.

Come prompt avevo scala, schiaffo e pantofole. Di seguito il giudizio di Lynda e gli splendidi banner *-*

Grammatica: 9.35/10
Stile e lessico: 9/10
Utilizzo dei prompt: 20/20
Caratterizzazione: 10/10
Originalità: 18/20
Giudizio personale: 5/5
Per un totale di 71.35/75 punti.

Innanzitutto voglio farti i complimenti per come hai caratterizzato il personaggio di Druella Black: è dura, fredda. E’ una donna che incute timore e mi piace il modo in cui si oppone a lei sua figlia.
Entrambe sono perfette, a parer mio e questo ti ha permesso il punteggio massimo nella caratterizzazione!
La pecca di questa tua shot sta nella grammatica e nell’originalità: non ci sono errori gravissimi come ad esempio verbi o frasi contorte, semplicemente la mancanza di maiuscole dopo i punti fermi nei dialoghi. Ero indecisa se l’errore stava nell’aver inserito il punto o proprio nella mancanza di maiuscole dopo. Ho optato per il punto, ma tanto il valore da sottrarre al punteggio era lo stesso, quindi nessun problema!
Per quanto riguarda l’originalità, invece, ho dovuto a malincuore sottrarti due punti perché hai semplicemente riportato una cosa successa nella famiglia Black e interpretata a tuo piacimento: ti faccio i complimenti per l’interpretazione comunque, perché hai creato un’atmosfera di tensione lì, in quella scala, che ho apprezzato davvero molto *-*
Inutile dire che i prompt sono stati inseriti con successo!
Bravissima!




   
 
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