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Autore: Rei Hino    16/12/2010    11 recensioni
Missing moment ambientato dopo l'episodio 'The Coscience of the King' 1x13...
l’aver rivisto Kodos lo aveva più scosso e agitato di quanto avesse mai creduto possibile, con la sua morte si era illuso che tutto potesse finire ‘i morti ora riposeranno in pace’...i loro visi… e il sangue… le corse, gli spari… “Va tutto bene Jim… sono qui…”
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Missing moment ambientato dopo l'episodio 'The Coscience of the King' 
(1x13, per chi non lo ha presente qui c'è un riassuntino  http://en.wikipedia.org/wiki/The_Conscience_of_the_King, sennò ve lo dico in due parole XD Kirk ritrova Kodos, un genocida che aveva massacrato 4000 persone su una colonia 20 anni prima e tra i sopravvissuti c'era Jim piciolo piciolo TAT e vabbè poi Kodos muore... ) 

E' da troppo tempo che ho in testa questa scena, la dovevo scrivere, questo episodio mi ha sempre colpito per quel che racconta sul passato di Jim T_____T Quest'uomo ne ha avuti di traumi nella vita eppure tutti continuano a pensare che sia solo un figaccione spensierato TAT Quindi perdonatemi ma dovevo mettere per iscritto questa cosa, per il Mio Amato Capitano *A*

Un doveroso ringraziamento a mio marito Bones (aka Maya) che mi supporta -ma soprattutto sopporta- ogni giorno (ma come fai??? XDD)
(Il titolo è una canzone dei The Ark che amo particolarmente e che mi fa sempre da sfondo quando penso a questi 3!)

**
Non vi era ombra di dubbio che giocare a scacchi con Spock quella sera non era stata l’idea migliore che Jim potesse avere, ma la volontà di mostrarsi sereno, tranquillo, come al solito, era alla fine prevalsa, nulla doveva dare addito a preoccupazioni o pensieri verso di lui, doveva mostrarsi il solito sorridente, allegro e baldanzoso capitano.
“Jim…”
Spock gli sfiorò appena la mano, abbandonata scompostamente sulla scrivania, Jim sussultò a quella calda carezza appena accennata, doveva averlo chiamato già parecchie volte per essere arrivato al contatto fisico
“Ah, scusami Spock… tocca a me?”
Alzò la mano verso la scacchiera, senza pensare
“No”
Sentì distintamente lo sguardo scuro e deciso di Spock puntato su di lui, talmente profondo da oltrepassargli l’animo, percepì la preoccupazione sul viso del suo primo ufficiale, senza neppure guardarlo. Abbozzò l’ombra di lieve sorriso
“Sono un po’ distratto, avrai la vittoria facile stasera!”
Poggiò di nuovo la mano sul tavolo bianco dell’alloggio, Spock pressò insieme le labbra, aveva realmente pensato che avrebbe potuto fare qualcosa per il suo capitano, anche solo fargli passare una piacevole serata, ma ora, davanti a quegli occhi d’oro, bassi e lontani, quel sorriso vacuo, incapace di nascondere una così profonda ferita bruscamente e inaspettatamente riportata in superficie, si ritrovò impotente, incapace di dire una sola parola che avrebbe potuto portare un minimo di sollievo a Jim. Non era in grado di concepire, anche solo vagamente, lo stato d’animo nel quale il Suo umano versava, non poteva elaborare una tale profondità di sentimenti né una così umanamente complicata psicologia, non riusciva a vedere una logica via d’uscita… solo un piccolo gesto, per quanto illogico fosse… tenendo gli occhi fissi sulla scacchiera posò delicatamente la sua calda mano vulcaniana su quella dell’uomo davanti a lui, sentendosela stringere all’istante, senza un attimo di esitazione.
 
Restò immobile qualche momento assaporando l’illogica beatitudine che quel semplice contatto gli provocava, prima di alzare lo sguardo sul capitano, quasi con imbarazzo… Jim gli stringeva la mano e un timido sorriso sincero gli illuminava i delicati lineamenti mentre gli occhi di quell’oro così brillante erano fissi sul disegno delle loro dita intrecciate, il tempo si bloccò e nell’universo non vi fu altro.
 
Sentì da una distanza infinita il cicalino della porta suonare, ritrasse di scatto la mano solo quando intravide la figura azzurra del medico di bordo entrare a passo lento e cadenzato nell’alloggio. Kirk alzò immediatamente gli occhi verso il dottore, il sorriso si spense d’improvviso non appena vide la sua espressione greve
“Signori…”
Il vulcaniano si alzò elegantemente dalla sedia, seguito subito da Jim che si protese verso di lui
“Spock non…”
Non era necessario che se ne andasse? Probabilmente Jim lo pensava davvero, ma per quanto a Spock costasse doverlo ammettere, ora doveva ritirarsi e lasciare che fosse il dottor McCoy a curare le ferite di Jim, era l’unico che fosse sempre stato in grado di farlo –con le buone maniere o le cattive eventualmente-, e l’unico al quale Jim lasciasse raccogliere i suoi pezzi. Sapeva che un giorno ne sarebbe stato in grado anche lui, un giorno Jim si sarebbe mostrato nella verità del suo essere anche a lui, e per allora sarebbe stato pronto ad accoglierlo.
“Continueremo domani Jim…”
Inarcò lievemente gli angoli della sottile bocca, un impercettibile sorriso che fece saltare un battito al cuore di Kirk
“…buonanotte, dottore…”
Fece un lieve inchino del capo
“Spock…”
McCoy ricambiò il gesto ma il suo sguardo restava incatenato sul capitano. Con la solita altera postura e le mani dietro la schiena, il vulcaniano uscì soavemente dalla porta.
 
Bones non fece in tempo a fare un passo verso Jim che questi si scostò all’istante, abbassando lo sguardo e avviandosi al replicatore alimentare accanto al letto, scappando da quelle domande e da quella colpa e rimorso che sarebbero seguiti.
“La ragazza è stata portata in un centro di riabilitazione e Riley è un po’ sotto shock, ma sta bene, dovresti dargli un paio di giorni di riposo”
Sentì la voce calma e pacata di Bones dietro di lui e percepì il suo sguardo preoccupato e addolorato sul collo, uno sguardo che non poteva sopportare. Annuì automaticamente fingendo di scegliere tra i dischetti degli alimenti
“Si, va bene”
“Dovresti prenderli anche tu”
“Sto bene, Bones”
La solita ripetitiva tiritera alla quale ormai non credeva nemmeno lui, tanto meno McCoy vi aveva mai creduto.
Infilò un dischetto, non sapeva neppure cosa sarebbe uscito fuori, fu lieto nel sentire l’odore del caffè appena fatto
“Vuoi qualc…”
Le mani di Bones stentatamente poggiate sulle sue spalle lo fecero trasalire, non si era neppure reso conto che si fosse avvicinato, lo sentì sospirare con il viso che sfiorava appena i suoi capelli
“Una risposta…”
Jim aggrottò le sopracciglia e volse di poco il viso, guardandolo con la coda dell’occhio
“Una risposta?”
“Si, perché? Perché Jim?”
Non vi era ombra di rimprovero nella sua voce, stanca, preoccupata… addolorata, nella quale si affacciava prepotentemente il suo pesante e adorabile accento. L’ultima cosa che voleva era provocare dolore a Bones… aveva sbagliato di nuovo… e continuava imperterrito a sbagliare… cadeva sempre negli stessi errori, a volte si chiedeva come facesse, come potesse essere fatto a quel modo, per quale arcana ragione non era in grado di imparare dai propri sbagli… e quando questi sbagli non sarebbero più stati perdonati…
 
Deglutii e si spostò con noncuranza
“Perché cosa?”
Chiese sedendosi ai piedi del letto, Bones allargò le braccia, stanco e spossato
“Sono dieci anni che ci conosciamo… eppure mi rendo conto volta dopo volta che non ti conosco affatto… e mi chiedo semplicemente il perché…”
“Mi conosci Bones… meglio di quanto mi conosca io…”
Mormorò appena, continuando a fissare il pavimento, fino a che vide apparire gli stivali neri del dottore e subito dopo la sua maglia azzurra, piegato sulle ginocchia, davanti a lui, gli prese le mani, lasciate cadere in mezzo alle gambe, Jim cercò, impulsivamente, di tirarle via, ma il dottore non lo permise e le strinse a sé più forte
“Può darsi, ma non conosco il tuo passato, quello che hai vissuto, che hai sofferto, e che ti ha portato ad essere la persona che sei adesso e…”
Scosse il capo
“Jim, maledizione! Dieci anni e devo venire a sapere le cose dalle ricerche di Spock?!”
Jim non fu in grado di contenere un sorriso appena divertito dal cambiamento repentino di tono del dottore, finalmente arrabbiato e colpevolizzante Spock per arcane elucubrazioni della sua mente.
“Quindi te lo richiedo, Jim… perché?!”
Perché? Perché… c’erano un miliardo di risposte a questa domanda, che comprendevano una vasta gamma di motivi… dal carattere fondamentalmente introverso quando si trattava di questioni personali, alla sua totale incapacità di affrontare i suoi tormenti interiori, dall’insensato desiderio di voler sempre apparire al meglio davanti agli altri alla sua totale inettitudine di fronte alla morte, dalla sua ostinazione nel seppellire i problemi, le angosce… fino a mille altri motivi. Mille altri motivi che Bones conosceva benissimo, uno per uno…
 
Sopraffatto dalle emozioni, Jim gli portò le braccia intorno al collo e abbandonò il viso sulla sua spalla, senza emettere suono, mentre le immagini abominevoli del tremendo massacro al quale aveva assistito da ragazzino gli tornavano violentemente davanti agli occhi… come succedeva talvolta, in qualche agghiacciane incubo. Dopo anni passati a nasconderle e a sopprimerle, l’aver rivisto Kodos lo aveva più scosso e agitato di quanto avesse mai creduto possibile, con la sua morte si era illuso che tutto potesse finire ‘i morti ora riposeranno in pace’, una lieve certezza, che al momento non era in grado di portargli alcun sollievo, non ora, non con le grida di quattromila persone disperate e morenti nella testa… un cruento spettacolo, una strage di innocenti vista con i suoi occhi di semplice adolescente… e i loro visi… e il sangue… le corse, gli spari…
 
Bones sentì le dita di Jim artigliarsi alla sua maglia azzurra, il respiro accelerare e il suo corpo scosso da un leggero tremito mentre riviveva quelle bieche immagini, nella mente, nell’animo, immagini che obbligavano quell’inconscio infantile a riaffiorare impetuosamente alla luce e lo guidavano nella ricerca di un semplice abbraccio, nella ricerca di quella Difesa, quella Protezione amorevole e Paterna che non aveva avuto allora, che l’aveva lasciato scoperto e Solo nell’affrontare quella macabra contingenza.
Bones gli portò una mano ai capelli e senza smettere di stringerlo a sé, si alzò delicatamente e si sedette affianco a lui
“Va tutto bene Jim… sono qui…”
Mormorò carezzandogli le chiare ciocche, rassicurando quell’animo inquieto e ferito tra le braccia di un Padre che finalmente erano lì per soccorrerlo
“Non sei solo…”
E non c’era altro da poter dire, se non quelle semplici e veritiere parole in quella calda e amorevole stretta nella quale finalmente quel ragazzo trovava quel Conforto che gli era stato negato, scorgeva Riscatto e conquistava la sua Liberazione.
   
 
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