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Autore: Tears_and_Rain    16/12/2010    3 recensioni
E' bello essere vivi, ci sono tante cose che non si possono fare da morti.(Mel Brooks)
Il Natale è un periodo felice per tutti, tranne che per le persone che si trovano in un piccolo ospedale di provincia. Il 23 Dicembre è diventato un incubo per loro. Questa è la storia di una donna e di due uomini che hanno dovuto affrontare quella terribile giornata.
Tratto dal testo: ...la verità è che agognavo rimanere in ospedale. Non fraintendetemi, non sono masochista, semplicemente le mie giornate erano allietate da una persona che potevo vedere solo rimanendo in quell'edificio incolore.
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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_Christmas nightmare_


Durante la lettura vi consiglio di ascoltare:
Flowers for a ghost
Run






E' bello essere vivi, ci sono tante cose che non si possono fare da morti.

Mel Brooks





Ero ricoverata in ospedale da circa due settimane. Ormai non tenevo neanche più il conto dei giorni che passavo stesa in quel letto, con la flebo al braccio.

Il tempo passava a singhiozzi, il giorno si confondeva con la notte e la monotonia regnava sovrana. I miei genitori passavano il loro tempo con me, preoccupati ed ansiosi.
Non credete alla mie parole: la verità è che agognavo rimanere in ospedale. Non fraintendetemi, non sono masochista, semplicemente le mie giornate erano allietate da una persona che potevo vedere solo rimanendo in quell'edificio incolore.
So quello che state pensando ora: -E i tuoi genitori? Non pensi a loro?-
Vi ho mentito anche su quello. I miei genitori non sapevano niente. Avevo un prolasso dello stoma e degli squilibri elettrolitici. I chirurghi dovevano eseguire una colostomia inversa. Un piccolo intervento, semplice e abitudinale, sarebbe bastato a sistemare tutto. Per questo non avevo avvertito i miei genitori: che senso aveva far saper loro del mio piccolo malanno e farli preoccupare inutilmente quando presto sarei stata di nuovo in forma?
La cosa però era andata avanti per le lunghe perchè l'ospedale aveva dovuto affrontare una grave crisi a causa della mancanza di personale, degli scioperi delle infermiere e delle dimissioni del primario di chirurgia. La mia solita "fortuna sfacciata", insomma.
-Peggio di così non potrebbe andare- mi dicevo.
Almeno di questo ero convinta, ma mi sbagliavo. Eccome se mi sbagliavo.
Il 23 Dicembre l'ospedale non era più il mio santuario, ma il mio inferno.
Incominciamo dall'inizio...
Camminavo per l'ospedale, come mi era solito fare prima del giro delle visite. Il corridoio era pieno di ghirlande, pupazzetti ritraenti renne, pupazzi di neve e Babbo Natale. Il Natale era arrivato e forse il luogo in cui si faceva maggiormente sentire era l'ospedale, dove c'è senz'altro bisogno di speranza e felicità.
Quest'anno, nel reparto di Pediatria, era stato aggiunto anche un enorme albero di Natale, dove i bambini potevo appendere le loro palline con all'interno un bigliettino con scritto il loro desiderio più grande.
Mi vergogno nel dirlo, ma quel giorno anch'io appesi una pallina. L'avevo comprata qualche giorno prima nel negozio di souvenirs dell'ospedale, insieme a qualche cartoncino colorato e penna glitterata. Avevo passato i giorni precedenti a decorarla con il materiale acquistato, non facendomi scoprire da infermieri, specializzandi e medici. Sarebbe stata troppa la vergogna.
-Il desiderio?- chiederete voi. Beh, il mio sogno era il più semplice, ma allo stesso tempo complesso di tutti.
Sul foglietto avevo scritto: Vorrei essere notata da Lui.
-Chi sarà questo Lui?- starete scalpitando sulla sedia. Non vi preoccupate, lo capirete presto.
Il personale ospedaliero era in tono con le decorazioni. Non in senso letterale, ovviamente, non vestivano di rosso, nè avevano un sorriso stampato in faccia. Figuravano semplicemente più speranzosi, meno preoccupati. Questa sensazione si trasmetteva anche ai pazienti ed aleggiava nell'aria un senso di armonia impropria dell'ospedale. Il mio santuario personale.
La mia vita non era tanto male, a dispetto di quanto starete pensando voi. Lavoravo in un'antica libreria del centro, adoro i libri e consigliarli a qualcuno era sempre stato il mio sogno. La paga non era ottima, ma avevo realizzato il mio desiderio.
Non avevo un fidanzato, uscivo qualche volta con un tizio che lavorava nella caffetteria vicino, ma niente di serio. Essendo una tipa solitaria e timida, avevo pochi amici. Passavo il sabato nella galleria d'arte di Angela Webber e la domenica al cinema con Jessica Stanley. Un'altra mia passione sono i film, vecchi e nuovi. Probabilmente perchè come i libri riescono a catapultarmi in un'altro mondo...
Chiudiamo la parentesi sulla mia vita.
Finita la sgranchita di gambe, mi apprestai a ritornare nel mio scomodo lettino.
Aspettavo pazientemente la visita giornaliera. Era il momento migliore della giornata perchè potevo parlare con Lui.
-Salve Isabella!- salutò una voce cordiale. Non era la persona che aspettavo, ma sapevo che presto sarebbe arrivato.
-Come stai oggi?- chiese Garrett, afferrando ,come di routine, la mia cartella clinica.
-Bene, grazie. Come è andato il turno serale?-
-Il solito. Sono riuscito a dormire più di quando avrei voluto.- ridacchiò per qualcosa che non riuscivo a capire. Gli sorrisi cordiale.
Garrett era riuscito a scavalcare la mia corazza di timidezza con la sua simpatia. Era una persona semplice, modesta ed allegra, ma allo stesso tempo determinata, sapeva il fatto suo insomma.
L'avevo conosciuto il primo giorno che ero entrata in ospedale: era assegnato al Dr. Cullen e così aveva seguito con lui il mio caso fino ad all'ora. Ci siamo subito piaciuti e credo che ormai ci potevamo considerare amici, nonostante erano passate solo due settimane.
-Dalle analisi, sei stabile. Sapevo che sei una forte! Domani l'operazione andrà benissimo.- esclamò, riponendo la cartella. Adoravo il suo sorriso, era così sincero.
-Speriamo...-bisbigliai in risposta.
-Ne sono sicuro.-
Domani sarei stata finalmente operata. Quest'anno non avrei potuto festeggiare il Natale con la mia famiglia, ma me ne ero fatta una ragione. Ogni Natale era la stessa storia: passavo la vigilia con mio padre e il Natale con mia madre. Sì, avete capito bene, sono divorziati. Quest'anno avevo raccontato loro che avevo organizzato con le mie amiche una vacanza ai Caraibi, e si erano dimostrati stranamente felici. Forse, nel loro intimo, speravano che mi facessi una vita separata dalla loro, che fossi più indipendente.
Nonostante mi avessero tutti rassicurato sull'esito dell'operazione, la paura che qualcosa sarebbe andato storto non riusciva ad abbandonarmi...o semplicemente era io che non volevo mi abbandonasse. Perchè si sa, è quando si smette di preoccuparsi che iniziano i guai.
-Come sta Kate?- cambiai argomento.
Kate era la fidanzata di Garrett. Vivevano insieme da tre mesi e lui la amava alla follia, anche se non glielo aveva ancora dichiarato. Mi aveva promesso che lo avrebbe fatto oggi.
-Bene, grazie. Ultimamente abbiamo avuto qualche diverbio riguardo le ore che passo in ospedale. Sai, le vorrei che passassimo più tempo insieme, ma sono uno specializzando! Devo impegnarmi più degli altri per passare il corso. Comunque appena ho finito il turno torno a casa da lei, almeno non da di matto come l'ultima volta. Continua a ripetermi l'importanza di passare il Natale insieme da giorni e di certo non voglio deluderla.-
-Forse si preoccupa solo per te- azzardai, sorridendo.
-Forse...a proposito di preoccuparsi. Lo sai chi si preoccupa per te?- chiese retorico.
-Emm...non saprei-
Eppure dentro di me una speranza l'avevo.
-Io!- esclamò entuasiasta, tirò fuori dalla tasca destra del camice un pacchettino rosso e me lo passò.
Lo scartai lentamente, attenta a non tagliarmi con la carta. All'interno di un involcro dorato vi era un braccialetto: una semplice catenina d'argento con appeso un ciondolo a forma di siringa.
-Ohh...Gar. Non dovevi!- ringraziai, abbracciandolo di slancio. Sapevo che in ospedale non era ammesso un comportamento così intimo tra paziente e medico, ma Garrett mi aveva appena donato non solo un regalo perfetto, ma anche un sorriso.
-Sì che dovevo. Insomma, non potevo perdermi l'opportunità di regalarti un braccialetto così, visto il tuo amore per gli aghi- rispose, liberandosi dal mio abbraccio.
Ridacchiai per la sua battuta. Sapevamo entrambi che odiavo gli aghi.
-Io non ho niente da darti, però- chinai il capo. Mi vergognavo per non avergli regalato niente, ma sinceramente non me l'aspettavo.
In ospedale non avevo portato niente con me, tranne qualche vestito, quindi era bocciata anche l'idea di un regalo riciclato.
-Non importa. Il ragalo più grande è stata la tua faccia quando hai visto la siringa- mi sorrise.
Restammo per un po' in silenzio. Ognuno immerso nei propri pensieri. Inevitabilemente i miei andarono a Lui
-Non ti preoccupare, arriverà tra poco- sussurrò complice Garrett.
Gar era a conoscenza della mia infatuazione per il chirurgo che mi avrebbe operato, ecco un'altro motivo per cui era mio amico.
Mi aveva confidato di averlo capito subito, da come lo guardavo e da come arrossivo. Inoltre ,quando mi era vicino e soprattutto parlava con me, l'elettrocardiogramma impazziva.
Sicuramente se ne era accorto anche lui, ma non ne aveva mai fatto parola, nonostante ci siano state parecchie occasioni. Probabilmente non me ne aveva mai parlato perchè tutte le sue pazienti erano vittime del suo fascino e reagivano come me, oppure (come io speravo) si era accorto del mio imbarazzo e aveva voluto lasciar correre. Non volevo sembrargli una ragazzina, ma il mio cuore e le mie guance sembravano avere vita propria.
-Grazie, Gar. Pensi...insomma, credi si sia accorto degli strani sbalzi che fa il mio cuore quando è nella stanza?- balbettai imbarazzata.
-Bella, se ne sono accorti pure i muri. Anche le infermiere lo sanno, ma non parlano male di te. Anche loro reagiscono così. A proposito, non capisco cosa ha più di me? Anche io sono molto affascinante-.
-Certo, in realtà siamo tutte innamorate di te. Spero solo non se ne sia accorto...-
-Chi non si è accorto di cosa?- chiese divertita una voce celestiale.
Edward Cullen, il Dr. Medico-Chirurgo Edward Cullen. Il mio paradiso personale era appena entrato.
Oggi sembrava di buon'umore, come tutti d'altronde. Lui però aveva un non so che di incoraggiante. I capelli ramati erano come sempre scompigliati e qualche ciocca ricadeva sulla fronte perlacea. Gli occhi verdi non sembravano sconvolti come i capelli, nonostante le occhiaie marcate, erano svegli e splendenti. Il sorriso che tanto amavo era sempre sul suo viso serafico e la barba era cresciuta rispetto l'ultima volta. Aveva un'aspetto trasandato, ma nonostante questo affascinava tutti, compresa me.
-Niente di importante, Dr. Cullen. Non ci siamo accorti che ha iniziato a nevicare- rispose garbatamente Garrett.
Spostai immediatamente l'attenzione verso il paesaggio fuori la finestra: piccoli fiocchi di neve galleggiavano nell'aria, confondendosi con il blu del cielo, fino a scoparire a terra. Era bellissimo. Adoravo il Natale "innevato", nonostante le neve non fosse un bene per me: troppo umida e scivolosa.
-Non è bellissima?- chiesi sovrappensiero.
-Sì...bellissima- acconsentì Edward, mantenendo lo sguardo fisso nel mio.
Questi momenti di intimità mi mettevano a disagio. Quando mi guardava negli occhi, mi sembrava di essere nuda, esposta. Ragion per cui distolsi immediatamente lo sguardo.
-Come sta, Isabella?- chiese, avvicinandosi.
Immediatamente le mie guance si tinsero di rosso.
-Vado a finire il mio giro di visite- ci informò Garrett prima di scomparire dietro la porta.
-Bella- lo corressi.- Mi chiami Bella...e sto bene, grazie- dissi imbarazzata dalle sue attenzioni. Era normale che si preoccupasse della mia salute, è un medico, il mio medico...eppure perchè il mio cuore non la smetteva di battere all'impazzata?
Mi sorrise e osservò l'elettrocardiogramma. Un altro sorriso.
Sì, si era sicuramente accorto degli strani sbalzi del mio povero cuore.
-Sarà sicuramente imbarazzante- mugugnai indistintamente.
-Io...- iniziò con dire, ma venne interrotto dal "bip" del cercapersone.
-Scusami- bisbigliò, mentre prendeva il carcapersone dalla tasca. Lo osservò per un secondo, ma questo bastò ad innervosirlo. Improvvisamente non sembrava più l'uomo pacato di prima...sudava freddo.
-Il suo battito sta rallentando, nonostante ora l'elettrocardiogramma mostri il contrario. Dobbiamo ancora...dobbiamo controllare i globuli rossi, ma...credo proprio che domani sarà pronta per l'intervento.-balbettò, cercando di evitare il mio sguardo.
Strano. Non era da lui balbettare. Era davvero nervoso. Mentre controllava la cartella per la centesima volta, compieva dei movimenti bruschi, pensava sicuramente ad altro...inoltre era la quarta, anzi mi correggo, quinta volta che guardava il cercapersone.
-Dr. Cullen- iniziai.
-Edward- mi corresse come poco prima avevo fatto io. 
-Edward, è la terza volta che guarda il cercapersone-
-Emm...-mugugnò, mentre si passava una mano tra i capelli- è solo un'abitudine-. Il suo sguardo sfuggì di nuovo al mio.
-Dr. Cullen lei sta perdendo tempo con me e non mi sembra il tipo che perde tempo- presi un profondo respiro e mi abbandonai con la schiena sui cuscini- che sta succedendo?-
Mi guardò un attimo, indeciso se parlarmene o meno, ed infine ammise:- D'accordo, abbiamo una certa situazione. Non so esattamente di che situazioni si tratti, ma la procedura dell'ospedale specifica che quando siamo...-
-E' qui al piano- lo interrumpe Garrett, rientrano trafelato nella stanza. La porta dietro di lui si chiuse con un tonfo, annunciandoci la sua entrata.
Per il resto regnava un silenzio inquietante.
Anche lui sembrava scosso, agitato, proprio come Edward.
-Chi?- chiese Edward perplesso.
-Lui. L'uomo armato.- disse Garrett, come se fosse una cosa ovvia.
-Un...c'è un uomo armato in ospedale?- chiese Edward con voce spezzata.
Quando Garrett annuì, smisi di ascoltare la loro conversazione.
-Oh mio Dio- farfugliai, tirandomi su.
Un uomo armato si aggirava per l'ospedale.
La mia mente si svuotò immediatamente, troppo sconvolta dalla notizia. Il mio corpo però reagì diversamente: immediatamente l'elettrocardiogramma impazzì ed iniziai a sudare freddo. Sentivo gli occhi lucidi.
Ecco da dove nasceva il nervosismo di Edward e di Garrett.
Un uomo armato, pericoloso ,e probabilmente sconvolto, si aggirava per l'ospedale. Tutti erano in pericolo. Anche noi, se davvero l'uomo si trovava in questo piano.
Sarei morta oggi? Edward? Garrett? Quell'uomo aveva già ucciso qualcuno? Cercava qualcuno in particolare?
L'adrenalina in circolo si fece subito sentire ed inizia ad immaginare varie ipotesi. Tutte terminavano alla stesso modo: la morte di qualcuno.
Mentre cercavo di calmarmi e di regolarizzare il respiro, Edward si diresse in punta di piedi fino alla porta. Dalla finestrella di vetro, osservò la situazione fuori.
Sentì il suo respiro bloccarsi. Si passò una mano tra i capelli, come quando era agitato, ma questa volta la strinse in un pugno.
Oh no...ti prego no. Signore, fa che sia solo un incubo, fa che non sia su questo piano. Ti prego.
-Dr. Brown si nasconda- disse Edward girandosi.
-Cosa?- chiese Gar sconvolto.
Dal corridoio si sentivano distintamente delle urla. Improvvisamente la tensione venne spezzata dal rumore di due spari.
-Oh Dio- ripetei, con voce rotta. Sentì le guance bagnarsi. Spazzai nervosamente via le lacrime con le mani.
- Si nasconda!-. Questa volta era un ordine.
Edward mi guardò un secondo e nel suo sguardo potei scorgere reale preoccupazione. Corse velocemente verso di me, stacco l'elettrocardiogramma e abbasso lo schienale del letto. Compieva gesti frettolosi, le sue mani tremavano, ma continuava il suo lavoro.
-Bella, lei si finga morta.- mi sussurrò.
-Aspetti! Che-che succede?-
-Shh...non si muova- mi ordinò. -Non respiri-.
Distolse l'attenzione da me e si rivolse di nuovo a Garrett, che era rimasto immobile accanto la finestra.- Ho detto: si nasconda!-
Garrett lo osservò un attimo, come a prendere in considerazione la cosa. Cosa diavolo faceva?! Doveva nascondersi!
Gar mi guardò, forse nel mio sguardo vide preoccupazione o paura...qualunque cosa sia stata, afferrò la maniglia della porta del bagno e vi entrò dentro.
Tirai un sospiro di sollievo.
Edward inspirò profondamente e così feci anch'io, poi mi coprì il volto con le coperte.
Da quel momento in poi iniziai a ripetermi come un mantra: -Bella, stai calma. Regolarizza il respiro, anzi meglio, respira il meno possibile. Devi sembrare morta, cavolo!
Cercavo in tutti i modi di non pensare ad Edward. Si era nascosto? Lo avrebbe trovato?
Mi focalizzai sui rumori esterni, pronta a captare qualsiasi suono molesto.
Sentii un respiro pesante, spezzato...Edward.
-Ok-kay- lo sentii farfugliare agitato. Un tonfo, un fruscìo di lenzuola e poi il nulla.
Probabilmente si era nascosto sotto il letto. Bene.
Ora non mi restava che sperare con tutta me stessa che quell'uomo non entrasse, o anche se fosse, che non si accorgesse della nostra farsa.
Mi sembrava di vivere un film, in quel caso però, in questo momento avrei sentito la solita musichetta "metti brividi".
Udii la porta aprirsi lentamente, con un cigolìo, e così come si era aperta si richiuse. Era qui dentro.
Trattenni il respiro e chiusi gli occhi.
Dei passi si fecero sempre più vicini, fino a fermarsi. Uno spostamento d'aria e la coperta che mi copriva il viso fu spostata con un colpo secco.
-Sei morta, Isabella- mi ripetevo internamente.
Il respiro dello sconosciuto aumentò, si fece spezzato e lo sentii indietreggiare.
-Oh...oh...Questo è troppo- lo sentii ansimare.
I passi si fecero nervosi, febbrili. Aveva avuto un ripensamento?
Il rumore si spostò dall'altra parte del letto, andava avanti e indietro, continuava ad ansimare.
-Okay, okay, okay- ripeteva sovrappensiero. La tensione si poteva tagliare con un coltello. Il silenzio era estenuante.
Poi un rumore. Proveniva dal bagno.
Garrett!
Udii l'uomo fermarsi e dirigersi verso la porta del bagno. La aprì e vi entrò.
-L-la prego io...- sentii distintamente la voce di Gar. Balbettava impaurito. Sembrava sul punto di piangere.
-Lei è un chirurgo?- chiese una voce baritonale e bassa. L'uomo armato.
-La prego...- supplicò Gar con voce tremante.
-E' un chirurgo?- ripetè ,apparentemente calmo, l'uomo.
-Sì, signore...Sì, sig-signore. Son-sono un ch-chirurgo.-
Silenzio.
-No, no...oh no- piangeva ormai Garrett. Continuava a supplicare.
Un altro rumore: una pistola veniva caricata.
-No, no, no...la prego, n...-
Uno sparo. Il silenzio.
Improvvisamente un tonfo accanto al letto.
Sentii qualcuno ansimare fortemente, in cerca d'aria.
Cercai di rimanere immobile, quando in realtà avevo solo voglia di urlare.
Gli stessi passi di prima si confusero con un respiro spezzato.
-No, no, no! - urlò Edward.
Sentii uno strano stridolìo, come se qualcosa venisse trascinato sul pavimento.
Aveva trovato Edward. Lo stava trascinando da sotto il letto.
Questa volta non potei fermare una lacrima che percorse solitaria la mia guancia destra. Sperai non se ne accorgesse, ma soprattutto sperai che Edward riuscisse a non farsi uccidere e che Garrett non fosse già morto.
-Lei è un chirurgo?- richiese arrabbiato l'uomo. Quella voce metteva i brividi.
-Ti prego Edward non fare l'impavido, dì di no- pensavo, quasi i miei pensieri potessero trasmettersi ad Edward.
-Risponda!- urlò, ma Edward continuava a balbettare terrorizzato.
Dopo qualche secondo sentii quello che speravo. Tra i balbettii, Edward disse: -N-no!-
-No, n-no...son-sono un...un inferm-infermiere-  farfugnò.-Son-sono un infermiere...sono un- un infer-miere- continuava.
Un respiro profondo.
-Mi dispiace- disse l'uomo ad Edward. Sentii il rumore di un proiettile usato cadere a terra. - per il disturbo, per il casino.- La pistola venne ricaricata e il respiro di Edward si fece più agitato.
-Mi dispiace-.
Chiusi gli occhi più che potevo, terrorizzata.
Nessuno sparo. Sollievo improvviso. Speranza.
I passi ricominciarono, allontanandosi. La porta venne aperta e lentamente si richiuse.
Spalancai gli occhi e ricominciai a respirare. Non mi ero accorta di aver smesso di respirare ed ora i polmoni bruciavano, reclamando ossigeno.
Volevo scendere dal letto, avvicinarmi ad Edward e Garrett, ma il mio corpo non obbediva al mio volere. Lacrime amare rigavano il mio viso.
Sentii il respiro di Edward regolarizzarsi, mentre quello di Gar si fece ,se possibile, più veloce.
Edward si alzò lentamente, non mi guardò neanche, si dedicò immediatamente a Garrett.
Non so come, ma trovai anch'io la forza di scendere dal letto. Appena mi misi seduta su di esso, vidi Gar. Aveva gli occhi spalancati, la bocca aperta e si affannava in cerca d'aria. Le mani coprivano una macchia rossa. Era ferito.
Alla vista del sangue la vista mi si offuscò e mi sentii sul punto di svenire. Inspirai profondamente e chiusi gli occhi, poggiai un piede a terra, poi un altro. Non mi sentivo stabile, ma dovevo aiutare Gar.
Non volevo essere un peso.
Mi inginocchiai a terra, e solo in quel momento aprii gli occhi.
-Oh Dio, oh Dio...- iniziai a balbettare, quando vidi Garrett in posizione fetale.
-Mi ha sparato...sparato- farfugliò.
-Vedrai che andrà tutto bene- lo rincuorò Edward. Sembrava essersi calmato, ma era un bravo attore. Anche lui era sconvolto come tutti.
Senza farsi prendere dal panico, Edward lo fece stendere supino e gli alzò la maglia.
Chiusi gli occhi.
Non ce la facevo, non ce la potevo fare.
-Bella, laggiù ci sono delle garze e dei tamponi chirurgici. Puoi passarmeli?- mi chiese con tono deciso Edward.
Aprii di scatto gli occhi e rimasi a bocca aperta di fronte alla scena che mi si parò davanti: Edward che tentava di fermare la fuoriuscita di sangue con le mani. Garrett che urlava dal dolore e si contorceva sotto le mani di Edward.
-D-devo...devo andare. Devo an-dare a casa. Non do-dovremmo stare qui. Io...quell'uomo potrebbe tornare...- inizia a balbettare.
Edward mi guardò preoccupato e Garrett urlò agonizzante.
-Bella, Bella- ripetè, puntando il suo sguardo nel mio.-non andrai da nessuna parte perchè quell'uomo non tornerà. Ora cerca di tornare in te e dammi quello che ti ho chiesto.-
Aprii più volte la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Guardai Garrett e mi decisi: basta essere una fifona!
Mi alzai e barcollando portai ad Edward quel che mi aveva chiesto.
-Andrà tutto bene- continuava a ripetere Edward.
Le urla si fecero sempre più forti e i brividi sulla mia pelle sempre più insistenti.
-Stai tranquillo, sei forte. Ce la farai.- disse Edward prima di strappare con la bocca il pacchetto delle garze.
Udii un suono insensato, un controcanto strano e strappato. Distratta dal mio tremore, non riuscii a capire da dove venisse.
-Shh, Bella, shh- disse Edward.
A quel punto capii. Il rumore proveniva da me. Erano i singhiozzi che mi perforavano il petto. Ecco perchè tremavo.
-Va tutto bene, Bella. Sei al sicuro. Ora respira e calmati- mi intimò Edward.
Respirai a fondo e cercai di calmarmi. Ero solo di impiccio se continuavo a piagnucolare.
Abbassai lo sguardo e vidi Garrett muoversi in modo convulso.
Edward iniziò a tamponare la ferita.
-Su...- mi disse ansante.- Va alla finestra, guarda e dimmi se c'è qualcuno là fuori che può venire ad aiutarci.-
Non mi riuscivo a muovere. Cavolo, perchè ero così suscettibile?! Perchè non riuscivo una buona volta nella mia vita a servire a qualcosa?!
-Bella, muoviti- mi ordinò. -Avanti, vai alla finestra e guarda se c'è qualcuno che può aiutarci. Bella, coraggio. -mi incitava.
Mi aggrappai al mobile dietro di me e lentamente mi tirai su. Le gambe mi tremavano e la vista era appannata.
Arrivai alla finestra e con uno strattone tirai su le tendine.
Non riuscivo a vedere niente a causa delle lacrime, solo il manto innevato che ricopriva tutto.
Mi ero data per vinta, quando vidi una macchia nera.
Scacciai via le lacrime con una mano e...era un uomo!
-C'è un uo- uomo.Sem-bra un agente del-della sicu-rezza.- inizia, la voce rotta dai singhiozzi. Lo osservai meglio e...- E' mor-to. Non-non c'è nessun'altro che può aiu-tarci, nessun'altro- urlai sconvolta.
Garrett continuava ad urlare dolorante ed Edward continuava a guardarmi. Era in difficoltà, lo capivo dai suoi occhi.
Cosa avremmo fatto? Qualcuno doveva pur esserci, dannazione! Gar non poteva morire! Non così...
Crollai nuovamente sul pavimento e ,nel sentire il tonfo, Edward sembrò risvegliarsi, prese altre garza per tamponare la ferita. Tutte le garze era rosse del sangue di Garrett, così come il pavimento sotto di lui.
Mi mancò il respiro ed iniziai a singhiozzare più forte.
-Andrà tutto bene. Va tutto bene- continuava a ripetersi Edward. I suoi occhi erano lucidi e la voce rotta.
-Vi giuro che ce la caveremo- ci promise. Prese un respiro profondo e ordinò: -Vedi quei rotoli adesivi laggiù? Dammene tre-.
Come faceva ad essere così? Come faceva a mantenere la mente lucida quanto io avevo solo voglia di strapparmi i capelli? Dove trovava la forza di svolgere il suo lavoro in certi momenti?
Mise una mascherina a Garrett, per aiutarlo a respirare e ripetè: -Bella passamene tre...e quell'altra cosa-.
Annuii incapace di fare altro e ,con mani tremanti, afferrai quel che mi aveva chiesto.
-Bene, grazie- disse, quando gli passai i rotoli adesivi.
-Questa cosa qui?- chiesi.
-No, l'altra con i cavi-.
-Sto morendo- disse Garrett per la prima volta.
-No, non stai morendo- dicemmo io ed Edward nello stesso momento.
-Non è vero, Dr. Cullen. Non mi dica la bugia che diciamo a tutti: andrà tutto bene, te la caverai. Non mi dica bugie- disse Gar con affanno. Mi afferrò la mano sinistra ed io ricambiai la stretta.
-La prego dottore, mi prometta di dirmi la verità- mugugnò Gar.
-Garrett, non stai morendo. Se fosse così te lo direi. - lo rassicurò Edward.-Bene questo è fatto.-
-Tu non stai morendo- sussurrai al mio amico.-Ci siamo noi con te.-
-Cazzo- imprecò Edward a mezza voce.- Il bendaggio non tiene.-
-Che vuol dire?- chiesi.
-Vuol dire che devo portarlo in sala operatoria.-
Impossibile. Non saremmo mai riusciti a spostarlo, ora che era un peso morto. Avremmo peggiorato la situazione.
-Verrà qualcuno, ne sono sicura. Magari un poliziotto...-
-No, non verrà nessuno.- disse Edward, per la prima volta con tono duro.- Lo dobbiamo portare in sala operatoria. E' la sua ultima speranza se vogliamo salvarlo, okay?-
-E come facciamo? Possiamo a malapena reggerlo su un fianco-.
-Emm...- Edward si guardò intorno.-Ecco come. Dammi il lenzuolo-
Glielo passai.
-Bene, ora cerca di reggerlo su un fianco-
Seguii i suoi ordini, non mi fermai neanche quando Gar urlò dal dolore.
-Bene. Ora aiutami a passare il lenzuolo sotto di lui.-
Con un po' di fatica facemmo anche quello, con sottofondo le urla di Gar.
Edward si alzò in piedi e corse alla porta. Osservò fuori dalla finestrella e dopo qualche minuto ritornò da noi, prese il lembo destro del lenzuolo, vicino la testa di Garrett.
-Aiutami- disse Edward. Afferrai l'altro lembo a sinistra.
-Bene, ora lo strasciniamo fuori, fino agli ascensori. Da lì lo porteremo in sala operatoria.- mi istruì.
-E se è ancora qui fuori?- chiesi con voce spezzata.
-Bella, se non lo opero morirà. Dobbiamo sbrigarci.-
Annuii e cominciammo a trascinarlo.
Uscimmo nel corridoio e quando vidi degli uomini accasciati a terra in una pozza di sangue mi mancò il respiro.
Mi fermai improvvisamente e le lacrime ricominciarono a sgorgare.
-Bella, guardami.- mi disse dolcemente Edward. -Ce la puoi fare-.
Annuii poco convinta e ,mantenendo il mio sguardo fisso sul viso di Edward, continuai a trascinare Garrett.
Dopo qualche minuto, chiesi: -Quanto manca ancora?-.
-Ci siamo quasi.- mi rassicurò. -Lo mettiamo nell'ascensore e poi saliamo al piano della sala operatoria-.
Osservai la scia di sangue che segnava il percorso che avevamo seguito, come le briciole di pane di Hänsel e Gretel. Spostai poi lo sguardo su Garrett: il suo viso era imperlato di sudore, il suo petto pieno di sangue e il respiro pesante.
Finalmente arrivammo all'ascensore. Edward corse a premere il pulsante di chiamata.
-Okay...- sussurrai a Gar.-Ehi Gar, ci siamo-. Sorrisi tra le lacrime.
-Manca poco?- ansimò speranzoso.
-Sì, mancano pochi minuti e poi tutto andrà bene.- lo rassicurai.
Mi voltai verso Edward, ma quello che vidi mi fermò il cuore.
-Dr. Cullen...- mugugnai.
Edward premeva più volte il pulsante, ma niente. Si accostò lentamente alle porte dell'ascensore in ascolto.
-C'è un rumore quando gli ascensori sono in funzione- disse lentamente tra sè.-c'è un rumore-.
Scostò la guancia dal metallo delle porte, lentamente, come se non ci fosse più niente da fare. Era impietrito, lo sguardo perso.
-Non c'è nessun rumore.- sussurrò, abbassando lo sguardo.
-Ch-che vuol dire?- chiesi.
-Vuol dire...che gli ascensori sono spenti!- urlò, con le lacrime agli occhi, infuriato.
Si portò le mani ai capelli e corse verso gli ascensori dal lato opposto. Premette anche i pulsanti di questi, ma niente. Sembrava impazzito. Non lo riconoscevo.
-Gli ascensori non vanno!- urlò nuovamente.- Questi cazzo di ascensori sono spenti!-. Si muoveva convulsamente.
-Dobbiamo salire di sopra!- gridò, il viso trasfigurato dalla rabbia. -Dobbiamo salire subito!-
-Shh...Dr. Cullen- gli intimai timidamente, tra i singhiozzi. -Ci sentirà-.
Avevo di nuovo lo sguardo appannato dalle lacrime, il petto scosso dai singhiozzi.
Non doveva andare così. A quest'ora Garrett doveva già essere a casa con Kate, ad addobbare l'albero e a cucinare il pranzo di Natale con lei. Oggi è il giorno prima della Vigilia, porca miseria! Non l'apocalisse!
-Riaccendete gli ascensori! Riaccendete gli ascensori!- continuava ad urlare Edward. Ora sbatteva con rabbia cieca i pugni sulle porte dell'ascensore.- Dovete accendere questi cazzo di ascensori!-
-Dr. Cullen, la prego.- riprovai. -Ci sentiranno. La-la prego, basta, basta, basta! La sentirà, la prego basta-. Mi portai le mani alla bocca, tremavano.
Ormai neanch'io ci credevo più. Speravo in un miracolo di Natale che non sarebbe mai arrivato.
Anche Garrett cominciò ad agitarsi, gli mancava il respiro e annaspava nel dolore.
Edward nel sentire le mie suppliche sembrò finalmente rendersi conto di quello che era successo. Si accorse di aver perso la ragione e si calmò. Come se avesse corso la maratona di New York, si chinò, appoggiando le mani sulle ginocchia, il fiato pesante.
Era distrutto.
Gli occhi verdi ardevano nelle orbite, fuori fuoco o concentrati su cose che non c'erano. La bocca era spalancata, come se stesse per urlare, ma non ne uscì alcun suono.
Era il volto di un uomo che bruciava sul rogo.
-Ch-che cosa facciamo? Che facciamo?-. E dicendolo ebbi la certezza che la mia faccia era una copia sbiadita della sua. Più incerta e diversa, perchè io era ancora sotto shock.
Edward si allontanò senza neanche guardarmi. Quello che vidi non era il solito Edward sorridente, era un uomo divorato dalle fiamme.
Seguii il suo percorso finchè non si fermò davanti ad una vetrata. Lo vidi abbassare il capo e rimanere in silenzio.
L'aria era spezzata solamente dai miei singhiozzi e dai respiri spezzati di Garrett.
-Edward...Qual'è il piano? Hai un piano, vero? C-cosa facciamo?-continuai a supplicarlo. Da parte sua ricevetti solo un gemito.
Dopo minuti, che a me parvero ore, Edward si voltò e ritornò da noi. Il suo volto era bagnato da qualche lacrima, che si asciugò appena si accorse che lo stavo osservando.
Per un attimo Edward incrociò il mio sguardo: sotto il velo del controllo, il suo viso era in preda al delirio.
Si tolse i guanti chirurgici che qualche minuto prima aveva indossato e si chinò su Gar. 
-Non possiamo arrivare in sala operatoria? M-ma lui deve andare in sala operatoria. D-deve essere operato oppure...Dr. Cullen.-
-Edward. Dovremmo chiamarci sempre per nome-. La sua voce perfetta agonizzava.
Mi sorrise tristemente.
Si sedette a terra, appoggiando la schiena al muro, e portò sulle gambe stese la testa di Gar, per aiutarlo a respirare meglio. Quest'ultimo cercò di sfilarsi la mascherina ed Edward lo aiutò senza opporre resistenza.
-Allora è così...è tutto finito- mi dissi, con un groppo allo stomaco.- Non faremo più niente. Lo guarderemo morire.-
Mi morsi la lingua per non esprimere ad alta voce i miei pensieri. Tutti noi lo sapevamo e la mia boccaccia avrebbe solo peggiorato la situazione.
-Sto per morire.- gemette Garrett. Spostò lo sguardo su di Edward e poi su di me. -Sto per morire ora.-
-Sì...sì Garrett. Stai per morire.- disse Edward, con voce piatta, incolore.
Ed ecco il punto di rottura. Sentendo le parole di Edward tutti fummo investiti dalla verità di quell'affermazione. Se prima continuavamo a sperare inconsciamente e stupidamente, ora non lo facevamo più. Era tutto finito.
Anche Garrett fu sommerso da quella verità ed incominciò a piangere silenziosamente.
Strinsi maggiormente la mano di Gar.
-Ma non voglio che ti preoccupi. Non voglio che tu abbia paura.- sussurrò Edward con voce agonizzante. -Per-perchè io non ti lascerò, vero Bella?-.
Prese l'altra mia mano, quella che non stringeva la mano di Garrett, e la portò tra i capelli del mio amico. Incomiciai ad accarezzarglieli, lentamente.
-Bella ed io resteremo con te per tutto il tempo. Tu non sei solo.- ribadì. -Riesci a sentirmi?-
-Tu non sei solo.- gli sussurrai anch'io, lasciandogli un bacio tra i capelli.
Dopo qualche minuto di silenzio, Gar ricominciò a parlare: -Non sento più dolore. Il dolore è andato via...è un brutto segno, vero?- chiese ingenuamente.
-Sì- rispose solamente Edward.
-Potete fare un cosa per me?- ci chiese Gar.- Potete andare da Kate e dirle che sono sempre stato pazzo di lei...non so se lei lo sappia.-
-Lo sa.- lo rassicurai.
-Sì?- chiese Gar, dubbioso.
-Una donna lo sa sempre.-gli risposi.
-Ma puoi dirglielo lo stesso. Puoi trovarla e dirle che l'amavo con tutto me stesso?- ricominciò a piangere al pensiero di Kate. Era terribile vederlo in quello stato.
-L'amavo moltissimo- aggiunse tra le lacrime.
-Va bene.-
-E dille che ero un grande, che ero uno forte e che sono stato coraggioso, anche se fra un attimo mi metterò a piangere e a chiamare la mia mamma. Dille che sono morto con onore.-
-Tu sei molto coraggioso, Garrett- si intromise Edward, che fino ad ora era rimasto in silenzio. -Lo sai, sono io il vigliacco. Ho detto a quell'uomo di essere un infermiere.-
-Tu sei un grande chirurgo.- gemette Gar. -Sei in gamba. Sei stato bravo. Vorrei essere stato bravo come te. Dille che l'amavo e non lo dimenticare.-
-Non lo dimentico- gli rispose Edward.
-Lo so che non ti sono mai piaciuto.- ansimò Garrett, le labbra si piegarono in un lieve sorriso.
-No, sei un bravo specializzando- rispose Edward.
-No, non è vero, ma sei sempre stato il mio medico preferito e io...-annaspò, ma non riuscì a continuare la frase. Non sarebbe mai riuscito a completare quella frase.
Garrett Brown morì lì, in quel corridoio d'ospedale, il 23 Dicembre del 2010. Era un gran chirurgo, un perfetto fidanzato e un fidato amico, ma soprattutto un uomo coraggioso.
Qualche ora dopo l'uomo che aveva sparato a Garrett si tolse la vita e gli agenti della S.W.A.T. riuscirono ad entrare, mettendo in salvo medici e pazienti. Molti furono feriti ed altrettanti morirono.
Quel giorno oltre a Garrett persi una parte di me, ma in compenso instaurai un profondo legame con Edward, con cui ero unita dal dolore.
Quello stesso giorno capii che la vita umana è fatta di scelte: sì o no, dentro o fuori, su o giù. E poi ci sono le scelte che contano: amare o odiare, essere un eroe o essere un codardo, combattere o arrendersi...vivere o morire, questa è la scelta più importante...e non sempre dipende da noi.
 

THE END






Grazie per essere arrivati alla fine. Mi rendo conto che non ho trattato un argomento facile in questa one-shot, ma spero di aver scritto quanto meno decentemente. Un grazie enorme va, più che altro, a Grey's Anatomy che continua sempre ad ispirarmi.

Mi dispiace di essere stata molto sbrigativa, probabilmente sarebbero servite più pagine per descrivere un argomento del genere, ma è nata come una one-shot e così ho cercato di riassumere il più possibile.
Un'altra cosa: uno dei protagonisti è Garrett e non un altro Cullen o qualcuno comunque molto presente nella Saga perchè per me quei personaggi sono intoccabili. Non li vedrete mai morire nelle mie storie.
Mi scuso per gli errori, che saranno presenti nonostante abbia ricontrollato.
Spero vi sia piaciuto questo mio piccolo regalo di Natale. :)

















































O no?























   
 
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