Libri > Cronache del mondo emerso
Ricorda la storia  |      
Autore: Jo_March_95    17/12/2010    3 recensioni
Ho finito da poco di leggere il nono libro della saga del Mondo Emerso. Non dirò che non mi è piaciuto per niente (oops mi sa che l'ho detto n____n)ma vi posso dire che avevo già in mente di scrivere qualcosa su San e Ido. Perchè il loro rapporto è il più profondo di cui abbia mai letto, e sentivo di /doverci/ scrivere qualcosa. Naturalmente io non sono Licia (che comunque è una scrittrice che stimo moltissimo) quindi non è un capolavoro, ma mi sono impegnata. Ah giusto partecipa ad un contest, poisoned. La storia sarebbe incentrata su una delle tante lettere che San scrive per Ido, ormai defunto. Sa che lui non potrà leggerle, ma il desiderio di comunicare con il suo maestro è più forte del concetto di morte. Detto questo potete leggere :D
Genere: Fantasy, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ido, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Maestro, ti ricordi di me?
Era così che iniziava ogni lettera. Maestro. Non lo chiamava papà, un padre l’aveva avuto. Non lo chiamava semplicemente Ido, non rendeva le dimensioni dei suoi sentimenti. Non lo chiamava tesoro, perché non era la sua donnetta e non lo chiamava amore, perché era una parola banale, che troppo spesso era usata con leggerezza da persone che neanche sapevano che cosa volesse dire, amare. Maestro. Ecco il termine perfetto, quello che racchiudeva in sette lettere emozioni disarmanti. Tutte le sere scriveva una lettera al suo mentore, alla sua metà. Sapeva che non poteva sentirlo, sapeva che non aveva senso, ma nonostante tutto la sera si sedeva alla scrivania, impugnava il pennino intinto d’inchiostro e metteva su carta le sue emozioni, rendendo il foglio l’unico testimone dei suoi pensieri. Viveva con la paura di essere dimenticato dall’unica persona che avesse avuto importanza per lui. Anche se sapeva benissimo che i morti non provano niente, semplicemente restano sottoterra, covava il desiderio di un amore che supera ogni barriera, persino la morte.

Ero un bambino quando ci siamo incontrati, ma sono diventato un uomo dopo la tua scomparsa.
Aveva perso il padre, aveva perso la madre, brutalmente assassinati sotto i suoi occhi, aveva perso tutto. Ma poi era arrivato lui, l’aveva aiutato, l’aveva preso con sé, gli aveva dato un nuovo scopo per cui vivere, anche se all’inizio non se n’era accorto. Gli aveva dato una speranza, gli aveva dato amore. Aveva creduto, come un ingenuo che avrebbero vissuto per sempre insieme. Quell’errore infantile, quello sbaglio dettato dall’orgoglio e dalla smania di agire poteva essere superato, ecco cosa gli gridava la sua vocina interiore. Ma il cadavere davanti a lui raccontava un’altra verità. E allora era cresciuto. Aveva abbandonato ogni comportamento infantile, ogni pensiero puerile, ogni atteggiamento immaturo. Quando si sarebbero rivisti Ido avrebbe trovato un uomo davanti a sé. Almeno così credeva San, senza sapere di non essere stato mai più bambino di adesso. Perché sperava con la forza che solo un infante può avere, cose che solo un fanciullo può credere possibili.
Maestro, ti ricordi di me?

Tu sei stato l’unico che abbia mai amato, l’unico che abbia voluto amare.

Amore, amore. Forse non era il termine adatto, ma non ne trovava uno migliore. Non c’era altro tocco che desiderasse, non c’era altra voce che volesse sentire, non c’era altro viso che volesse accarezzare. Non si era mai lasciato andare a gesti troppo espliciti con lo gnomo, ma non aveva desiderato altro dopo la sua scomparsa. Parlare di affetto era scontato, di semplice amicizia era banale. Parlare di rispetto o dedizione era una riduzione. Erano tante le cose che lo legavano a lui, ma una sola a separarli. La morte. Insormontabile, insuperabile, invincibile. Fino ad adesso. Perché forse c’era una speranza, forse c’era una possibilità. Ed eccolo di nuovo a sperare come un bambino mascherandosi con una faccia da adulto. Quante lettere gli aveva scritto? Tante. Quante parole aveva usato? Poche. Quante gliene servivano? Tre. Ti voglio bene. Parole che era difficile dire, ma non a lui. A Ido le avrebbe dette. Solo che lui non poteva sentirlo, ma morte gli aveva tappato le orecchie. Non poteva rispondergli, la morte gli aveva tolto la voce. Non poteva abbracciarlo, la morte gli aveva tolto il controllo del corpo. Non poteva ricambiarlo, la morte gli aveva rubato i sentimenti.

Stare con te era il mio sogno, ma avendoti vicino non me ne ero reso conto.
Era stato un trauma perdere i genitori. Un trauma scoprire di essersi affezionato così tanto a quello gnomo, essere mistico che popolava i racconti narrati davanti al fuoco. Viveva con una leggenda, ma non pensava che potesse essere più umano. Gli parlava da pari, lo trattava come un suo simile. Non credeva di essere superiore, non si abbatteva pensando di non essere all’altezza. La sofferenza lo aveva reso più forte, più combattivo, la morte gli aveva dato la dimensione del tempo che gli restava. No, Ido non era semplicemente un eroe, era anche un amico, un padre, un confidente, a modo suo un amante. Amante è colui a cui doni il tuo cuore. San glielo avrebbe ceduto volentieri. Eppure allora non si era accorto di tutto questo. Pensava che l’eccessivo attaccamento fosse dovuto alla mancanza di affetti. Non capiva che era davvero la presenza dello gnomo a farlo sentire bene, non poteva sapere di non provare la stessa cosa per tutti, perché le giornate le passavano fianco a fianco. Quella certezza era nata dopo. Accorgersi di una cosa solo dopo averla persa. Capitava a tutti. Era capitato anche a lui. Ora l’unica felicità che voleva era nelle sue braccia, l’unica certezza che aveva era che avrebbe fatto di tutto per essere felice.

Ti davo per scontato, dimenticando che la tua presenza non mi era dovuta, senza sapere che avrei rimpianto ogni momento passato a litigare, ogni istante in cui non ero con te.
Si era successo. Come succede tra padre e figlio, come succede tra amici, come succede tra innamorati. Anche loro avevano litigato. Motivi stupidi che adesso neanche ricordava. Ne aveva sofferto, ma allora non sapeva che quella angoscia non sarebbe stata nulla in confronto al senso di perdita e sconforto che provava ora. Avrebbe preferito mille volte vederlo arrabbiato che morto. Rosso per l’ira che bianco come un cadavere. In moto per smaltire l’arrabbiatura che immobile perché privato di ogni forza. Rimpiangeva tutto. Non c’era un ordine preciso per i rimorsi, perché non c’era nulla che ritenesse superfluo se accanto a lui c’era Ido.

Maestro ti ricordi di me?

I morti non hanno ricordi, è solo questo che mi differenzia da te.
Dopo la morte dello gnomo aveva provato a rimuovere ogni traccia di sentimenti dal suo cuore. Aveva provato a rendere il suo animo immune alla sofferenza. Ma non c’era riuscito. Ido riempiva i suoi sogni e i suoi incubi, per quello che aveva rappresentato e quello che aveva perso. Pensare a lui, ogni giorno era come prendere una dose di veleno. A lungo andare sarebbe dovuto diventare immune, ma invece l’aveva reso ancora più sofferente e sensibile al dolore. Risentiva di ogni istante che la sua mente vagava verso lo gnomo, come se una sostanza tossica gli infettasse il sangue e la mente, ma allo stesso tempo lo ritemprasse e gli desse una nuova ragione per vivere.
Ido, il veleno che lo corrodeva e la linfa che lo teneva in vita.

Perché per il resto sono un cadavere che non ha trovato la pace.
Vagava per questo mondo come un morto a cui non è concessa l’espiazione dei propri peccati. Perché anche i bambini devono pagare per i propri errori?
Perché lui aveva dovuto vivere con il rimpianto di una vita? Perché non gli era stata concessa la felicità? Perché quell’errore di valutazione che aveva commesso nei confronti di sé stesso lo aveva portato a questo? A scrivere lettere per una persona che non poteva leggerle, verso un destinatario a cui era impossibile consegnarle.

Ogni sera, nel letto, mi sento morire.
Era la sera il momento peggiore. Tutto taceva, tutto gridava nel silenzio più assoluto. Niente poteva dargli sollievo, nulla che potesse avere, almeno. Urlare più della notte non serviva a niente, l’aveva imparato a sue spese. Tapparsi le orecchie non aiuta a difendersi dalla calma. E allora prendeva la spada e si sdraiava nel letto. Pensare allo gnomo che accarezzava quella lama gliela faceva amare, e invidiare. Pochi erano stati i contatti tra loro, ma sufficienti a instaurare quel legame indissolubile. Erano state di più le parole taciute che quelle dette, ma in quei silenzi aveva trovato la conferma ai suoi sentimenti. E ora quegli stessi silenzi lo uccidevano, lo assordavano. C’era un rimedio? La morte era ancora più silenziosa.

Ma è con enorme dispiacere che la mattina mi sveglio e mi rendo conto di essere vivo.
E nonostante il tormento, nonostante le crisi, al sorgere del sole era ancora lì, nel letto. Sudato, accaldato, ferito a furia di stringere l’arma. E la tristezza lo assaliva e gli inumidiva gli occhi, ma un senso di sollievo gli lambiva il cuore malato. Perché significava che non tutto era perduto, ma anche che altra sofferenza lo aspettava. Era disposto a sopportare tutto questo per un'altra giornata? Si, lo avrebbe fatto. Pur di riaverlo indietro, pur di poterlo abbracciare. In confronto alla gratificazione che avrebbe provato poi, questo non era niente. Ido aspettami, gli gridava. Ido aspettami sto venendo a prenderti.

Eppure il mio desiderio di morte non è abbastanza forte, non è abbastanza prepotente da spingermi a togliermi la vita con le mie stesse mani.
Una volta ci aveva pensato, al suicidio. Si era appoggiato la lama nera sulla gola. Ma quando la carne aveva iniziato ad aprirsi e a far uscire il sangue non aveva provato nessun sollievo. Quello che voleva non era la morte, ma la vita con Ido.

Perché sei stato tu a donarmela e solo tu puoi prendertela.
Quando l’aveva salvato gli aveva dato una seconda possibilità. Ma non era quello a cui alludeva nella lettera. La vita gliela aveva donata poi dopo, quando era riuscito a trasformare il suo odio verso il mondo in amore per lui. Perché il disprezzo non ti permette di vivere. La cattiveria ti rende impassibile verso la vita. E lui la rivoleva quella vita e solo Ido poteva dargliela. O togliergliela.

E’ per questo che ho preso la decisione.
Pensava davvero di morire quella volta. E si sentiva stupido, si sentiva sciocco. Catturato dagli elfi a causa della sua voglia di sangue, solo per far tacere il silenzio. Era stato condannato a morte, ma poi eccola, la speranza di una nuova possibilità per stare con Ido. La proposta lo aveva colto alla sprovvista ma non si era fatto attendere per una risposta. Il gioco valeva la candela? Ido meritava qualsiasi tipo di sacrificio. Il Mondo Emerso non meritava Ido, ma Ido meritava il Mondo Emerso.

E’ per questo che lo farò.
La decisone era stata presa e non poteva più tornare indietro. Non voleva più tornare indietro.

Per noi mi metterò in gioco, per rivederti venderò l’anima agli elfi.
Pensava di aver perso l’anima durante gli anni che aveva vissuto da emarginato. Si sbagliava. Non era niente in confronto a quello che avrebbe fatto. Uccidere animali, torturarli, godere della loro sofferenza gli era sembrato meschino, ma nonostante tutto non poteva smettere. Ora sarebbe stato l’artefice di qualcosa di molto più grande, di molto più importante. E non l’avrebbe fatto perché era scritto nel suo destino. No, sarebbe stato per Ido e per nessun altro.

E quando tornerai, se non sarai contento di me, maestro, per favore toglimi la vita e regalami la pace in questo mondo di sofferenza, donami la tranquillità in questo mondo rumoroso, ma prima stringimi in un abbraccio perché ne ho bisogno.
Cosa avrebbe pensato lo gnomo vedendo il suo prezioso Mondo Emerso rovinato, la gente che lo abitava e per la quale aveva dato la vita estinta e gli elfi che tornavano a fare i padroni? Cosa avrebbe detto? Sicuramente si sarebbe arrabbiato, ma sarebbe stato solo un sollievo. Voleva che qualcuno lo incolpasse, anzi voleva che Ido lo incolpasse. E poi voleva essere perdonato. Solo allora avrebbe potuto morire felice.

Maestro, se non ti ricordi di me.. tranquillo ti aiuterò io a recuperare la memoria.





  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Cronache del mondo emerso / Vai alla pagina dell'autore: Jo_March_95