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Autore: Eclair    17/12/2010    4 recensioni
Chiamatela perversione personale, mi piace fissare negli occhi sconosciuti.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tra le luci del centro commerciale,

in auto mentre aspetto il verde o meglio, quando è in movimento,

al bar di fronte scuola mentre chiedo un bicchiere d'acqua,

a piedi per il marciapiede scuro:

in qualunque posto dove non sto più di qualche secondo,

mi piace fissare negli occhi sconosciuti,

è il mio modo di dare una possibilità a questa gente marcia, vuota.

Un pezzo di me a questa società che non mi avrà mai.

E mi diverto da morire!

Mi sento viva come non lo sono mai stata,

sicura di me e di quello che sto facendo, il mio piccolo segreto con il mondo.

E vi assicuro, non sono tentativi occasionali di abbordaggio con gente sconosciuta.

Ma in realtà non è neanche gente presa a caso:

chiunque non sia così preso dalla sua vita da accorgersi che qualcuno sta guardando verso di lui, qualcuno che sia così meravigliosamente fuori dall'ordinario da non distogliere lo sguardo per paura o peggio, indifferenza o stupida razionalità.

In genere non sono mai ragazze: troppo... intelligenti, forse. Un'intelligenza diversa da quella maschile, rischierei di fare cadere la loro attenzione sui miei dettagli fisici per puro confronto fra donne. Maschi tra i sedici e i venticinque anni distratti e stanchi della loro vita, della loro routine, con idee strambe e rivoluzionarie in testa che non sarebbero capaci di mettere su carta, come me. Non importa la nazionalità, il ceto sociale, l'aspetto e l'abbigliamento: tutto di me e dello sconosciuto in quel momento sembra sparire.


Non riesco a trovare niente per descrivervi che effetto fa: semplicemente lo fisso negli occhi, e lui ricambia.

Per un momento sembra che stia avvenendo uno scambio di idee,
ambizioni, paure, gusti, vita quotidiana e persone care, passato e presente, pregi e difetti che ognuno mette a disposizione dell'altro per cinque secondi o poco meno, una gara a chi abbassa lo sguardo prima.

La cosa sorprendente è che non capita mai che qualcuno distolga lo sguardo: tutto finisce quando sono troppo lontana per mantenere il contatto visivo, quando mi volto e me ne vado, quando smetto di giocare a chi finisce il suo bicchiere d'acqua per primo. Per questo non posso vedere mai le reazioni. Metto fine a questo gioco, sorrido soddisfatta nella mia solitudine, di un sorriso obliquo.

...

Mi dimenticherà anche lui, come fanno tutti, come faccio io, ma in realtà ho in mente ogni volto e ogni particolare, distinto e allo stesso tempo confuso con altri centinaia di chi ha intercettato il mio sguardo e non ha abbassato il suo. Ognuno di loro rimane nella mia mente per tutto il giorno prima di essere consumato di ogni stralcio di anima ed andare nell'angolo dove stanno quelli come lui: sconosciuti fuori dall'ordinario che hanno condiviso solo e unicamente con me pochi secondi della loro breve vita. Sorrido perchè so che ricorderanno la quindicenne dagli occhi a mandorla, che con il tempo dubiteranno anche di aver davvero visto.


Ma sapete, mi è anche capitato di tenere questo gioco non per mia iniziativa, che ci sia qualcun'altro come me?




Chiamatela perversione personale. Chiamatela Irene, come me.





















____________________________

Già, non ha un significato preciso e forse risulterà incomprensibile a chiunque non sia io, ma me l'aspettavo, esiste per essere una nonsense. A presto!

Arrenuccya


  
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