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Autore: Bad A p p l e    17/12/2010    7 recensioni
-Seconda classificata al contest "Le tre follie" indetto da Kaifan su EFP forum-
Breve raccolta di tre capitoli su: L, Mikami e Misa.
«Non ho bisogno di nessuno» mormorò il piccolo, atono, rivolto alla “persona” che gli stava di fronte, troppo evanescente per essere concreta ma troppo tangibile per essere completamente irreale.
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Misa Amane, Teru Mikami
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Trois folie -Un pazzo sa di esserlo?

 

Retrace 01: Lonely.

 

 

 

Lo specchio rifletteva la figura gracile e ricurva di un bambino che non doveva avere più di otto anni.

Lo sguardo annoiato vagava su tutta l’immagine del suo corpo offerta dalla lastra, mentre la sua mente viaggiava veloce, lontana, assente.

«Non ho bisogno di nessuno» mormorò il piccolo, atono, rivolto alla “persona” che gli stava di fronte, troppo evanescente per essere concreta ma troppo tangibile per essere completamente irreale.

Una blanda imitazione di sé stesso.

Un’entità a sé stante, se pur solo grazie all’ausilio dello specchio.

Un fantoccio creato ad arte, per non soffrire troppo della solitudine a cui lui stesso s’era condannato senza un apparente motivo.

Stupido. Ridicolo. Pazzo.

Si rendeva conto a malapena di ciò che gli capitava attorno, mentre osservava quella singola goccia di sudore che gli rigava lentamente la fronte, appiccicandovi sopra una piccola ciocca dei capelli che mai avevano conosciuto un pettine; «neanche di te, Ryuzaki» concluse, senza che il lampo di un’emozione gli attraversasse il viso.

In parte era vero, non aveva mai bisogno di nessuno, solo del silenzio e della solitudine che gli permettevano di pensare e, in qualche modo, di creare.

Alcuni l’avrebbero chiamato genio, molti l’avrebbero additato come un pazzo… lui semplicemente non era a conoscenza del termine adatto per descriversi.

“Eppure non è normale una persona che parla allo specchio come se si trattasse di un’altra persona” lo punzecchiò una voce nella sua mente.

“Non è normale nemmeno una persona che risponde alla propria testa, quindi penso che t’ignorerò”.

“Però mi hai appena risposto”.

L Lawliet scosse il capo, accucciandosi sul pavimento. Per sfuggire a quella melliflua voce, si concentrò su ciò che aveva ignorato per tutto quel tempo: la realtà.

Rimase impassibile pure quando vide le lingue di fuoco avvolgere impietosamente la porticina bianca della sua stanza, anzi, accolse con condiscendenza quella nuova scoperta.

«Adesso si spiega il perché del caldo e del sudore» sussurrò impassibile, lasciando che le fiamme si specchiassero nei suoi occhi, rendendoli rossi.

Poggiò il mento sulle mani giunte e calcolò che, dato l’ammontare di legno presente, il fuoco ci avrebbe messo circa cinque minuti a divorare l’intera stanza… e chi vi stava all’interno.

La percentuale di sopravvivenza era dello 0,1%, poiché ancora non sentiva in lontananza nessuna assordante sirena annunciante l’imminente arrivo dei Vigili del Fuoco.

“Non ho bisogno nemmeno di Ryuzaki, che crepi pure” pensò, ancora.

“Ma Ryuzaki sei tu” gli fece notare la solita voce molesta.

Il bambino si guardò attorno con ovvietà, sentendo sulla pelle sempre più calore, ogni secondo più insostenibile.

Il legno che incorniciava lo specchio prese fuoco e velocemente si consumò, lasciando la lastra riflettente in balia del nulla; ineluttabilmente cadde sul pavimento per infrangersi con facilità impressionante, fragile come una vita umana –forse, dopotutto, Ryuzaki era esistito sul serio-.

Gli occhi di L si sgranarono per lo stupore nel fare quella semplice constatazione, sentendosi più solo che mai, comprendendone solo in quel momento il vero significato.

“Sono solo” pensò, quasi in preda al panico. Nonostante il calore, sudò freddo.

“Sono… solo”.

Respirare si fece difficile, il fumo occupava prepotentemente il posto dell’ossigeno all’interno dei suoi polmoni.

Era sul punto di cadere nell’incoscienza, quando senti un paio di braccia afferrarlo e portarlo rapidamente, con urgenza, al freddo vento invernale che infuriava impietoso all’esterno.

“Sono… solo?”

 

 

Death Note: Come spero si sia capito, qui si parla del momento in cui L diventò orfano. Ho ipotizzato che potesse essere successo a causa di un incendio e L, chiuso nella sua solitudine e nelle sue riflessioni, non se ne rende neanche conto. Senza dubbio è lui che può incarnare la pazzia dettata dalla solitudine: i suoi modi di fare dicono chiaro e tondo “non ho bisogno di nessuno” anche quando collabora con la polizia Giapponese, al principio, lo fa solo in parte, tenendo la vera indagine esclusivamente per sé stesso.

Qui si ipotizza anche di come sia nato lo pseudonimo “Ryuzaki”, una semplice “seconda versione” di sé stesso per rendere più sopportabile la solitudine.

Il bambino L, nonostante ciò, in un certo senso odia Ryuzaki, lo vede come una debolezza, sempre il solito “io non ho bisogno di nessuno… neanche di Ryuzaki” e che quindi crepi pure, anche se col senno di poi, dopo aver finalmente capito che Ryuzaki era semplicemente sé stesso, si rivela la scelta peggiore.

Quello che lo salva sarà stato un Vigile del Fuoco o direttamente Watari? A voi la scelta.

   
 
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