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Autore: GreedFan    18/12/2010    4 recensioni
"Non si può dire certamente che il suo fosse uno sport semplice, eppure i fallimenti lo innervosivano sempre. Anche quando si trattava del percorso sette, che di per sé era particolarmente ostico.
D'altra parte, era proprio quello in bello del suo sport. Ogni pista era completamente diversa dalle altre, piena di ostacoli e barriere da superare, sempre ricca di attrattive e, soprattutto, sempre nuova. Erano percorsi fatti di adrenalina, di spirito, di forza fisica e vento e sudore.
Il parkour, in fondo, non è che questo."
Genere: Comico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kiba Inuzuka, Naruto Uzumaki, Sabaku no Gaara , Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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There's only so much you can learn in one place,
the more that I wait, the more time that I waste.”

Madonna, Jump

Step 0 - Welcome to the Jungle

Tokyo è una città davvero ricca di attrattive.

Cultura, tradizioni e modernità si mescolano con una tale grazia ed eleganza da attirare ogni anno migliaia di turisti, disposti a spendere e spandere nei mille, caotici negozi della “città che non dorme mai”. Si calcola infatti che, tra il giorno e la notte, nelle strade di Tokyo vi sia un aumento di popolazione che sfiora i due milioni.

E' il paese della perdizione e del lusso, della vita sfrenata sotto le luci delle discoteche, delle lotte tra famiglie Yakuza e dei bordelli dorati dei quartieri alti.

Tuttavia, come tutto ciò che appare perfetto, anche la bella Tokyo ha il suo lato oscuro, che non mostra mai, come la luna. Tutti sanno che esiste, tutti ne avvertono la presenza, ma nessuno ne parla mai. E' come se la città fosse spaccata in due mondi, l'alto borgo e i bassifondi, e nessuno fa nulla per appianare questa differenza.

La periferia di Tokyo è un ambiente sporco, pericoloso e malsano, dove sola vige la regola del più forte. Coloro che vi abitano sanno perfettamente di vivere appesi ad un filo di seta, e tirano avanti con la consapevolezza che, probabilmente, non si allontaneranno mai che di pochi passi dal luogo in cui sono nati.

Ma, se prima abbiamo detto che la luce si vede contrapposta l'oscurità, in misura così grande ed evidente, anche l'oscurità, dunque, deve possedere in sé qualche piccola traccia di luce.

E, se di luce vogliamo parlare, un solo nome sale alle labbra, spontaneo.

-Naruto!-

-Allora, quanto?-

-Otto minuti e trentadue secondi! Hai battuto il tuo record, stavolta!-

Un ragazzo dai capelli castani, raccolti in una coda alta che aveva le bizzarre fattezze di un ciuffo d'ananas, teneva un cronometro in una mano e un taccuino nell'altra, e su quest'ultimo aveva annotato due lunghe colonne di cifre. Gli occhi neri, intelligenti, erano illuminati da una vaga sensazione di euforia, e la bocca restava piegata in un ghigno vittorioso.

L'altro, Naruto, era invece alto e biondo, con la pelle color biscotto resa lucida dal sudore, e sorrideva con un'allegria che ne accendeva gli occhi azzurri di una luce squisita.

-Evviva! E' da settimane che mi alleno su quel percorso, 'ttebayo!-

-Complimenti, Naruto... allora, abbiamo più o meno un quarto d'ora prima che inizi la scuola. Vuoi provare un'altra volta?-

-E me lo chiedi? Certo!- esclamò il biondo, prima di voltarsi e iniziare a correre verso l'inizio del percorso.

Ora, vi starete probabilmente chiedendo come sia possibile, nei bassifondi di Tokyo, trovare infrastrutture sportive degne di tale nome. Effettivamente, non ce ne sono.

-Pronto?- urlò Shikamaru, voltato verso un vicolo, certo che l'altro lo stesse ascoltando -VIA!-

Il castano azionò il cronometro, sedendosi su una panchina, mentre una serie di strani rumori si facevano strada nel groviglio di impalcature alla sua destra. Infatti, il percorso sette era noto, tra i cultori dell'attività fisica, proprio per la sua particolare conformazione: una casa diroccata e piena di ponteggi e balconate offriva, ovviamente, svariate possibilità e punti d'appoggio.

Le cifre sullo schermo dell'apparecchio si susseguivano velocemente, l'una dopo l'altra, finché Naruto, compiendo un salto spettacolare, si fece strada tra i tubi metallici. Balzò su una ringhiera, preciso come un'equilibrista, poi flesse le gambe e si lasciò cadere lungo il muro, aggrappandovisi con una mano per rallentare la discesa. Toccò terra con grazia, piegandosi sulle punte delle scarpe da ginnastica, e poi, con un'andatura potente e fluida, simile a quella di un puma, si portò di corsa di fronte al castano.

-Com'è andata? Eh, Shika? Un po' male, vero? Beh, ho sbagliato un salto e ho dovuto rico...-

-Frena, Naruto... sono nove minuti e venticinque secondi.-

-Uffa...- borbottò il biondo, gonfiando le guance con fare scocciato.

Non si può dire certamente che il suo fosse uno sport semplice, eppure i fallimenti lo innervosivano sempre. Anche quando si trattava del percorso sette, che di per sé era particolarmente ostico.

D'altra parte, era proprio quello in bello del suo sport. Ogni pista era completamente diversa dalle altre, piena di ostacoli e barriere da superare, sempre ricca di attrattive e, soprattutto, sempre nuova. Erano percorsi fatti di adrenalina, di spirito, di forza fisica e vento e sudore.

Il parkour, in fondo, non è che questo.

 

***

 

-Naruto, sbrigati... faremo tardi!- urlò Shikamaru, lanciando l'ennesimo sasso sulla finestra del suo migliore amico.

-Ecco... un attimo...- fece una voce, da dietro le imposte chiuse. I vetri si spalancarono poi dall'interno, di botto, e Naruto saltò di sotto, atterrando morbidamente nonostante l'altezza di circa cinque metri.

-Avevi detto che ci avresti messo cinque minuti.- puntualizzò il castano, battendo con l'indice sull'orologio da polso che indossava -Ne sono passati quasi venti.-

-Ehi, 'ttebayo, non posso mica andare a scuola sudato, neh!-

-No, ma potresti rientrare prima e farti la doccia con più calma.-

-E dai, Nara... chi vuoi che faccia caso se entriamo in ritardo o no?-

Shikamaru fu costretto a capitolare, stringendosi nelle spalle, mentre l'amico, assicuratasi una sdrucita borsa nera sulle spalle, iniziava a correre, come di consueto, verso la "Konoha Gakuen".

Era, Naruto, un orfano figlio di nessuno che viveva da solo in un vecchio appartamento pagatogli da sua zia, Tsunade, dopo che sua madre era morta in un incidente d'auto. Il cognome, Uzumaki, era proprio quello della mamma, Kushina, perché né lei né chiunque altro nel quartiere sapevano esattamente chi fosse il padre.

Sin da piccolo si era appassionato allo sport, e, siccome nelle zone limitrofe non c'erano palestre o strutture consimili per praticarlo, Naruto aveva dapprima ripiegato sul calcio di strada, poi sul parkour. Benché fosse un'attività difficile e pericolosa, dove si rischiava sempre di cadere e rompersi qualcosa, lo faceva sentire libero. Quando saltava da un palazzo all'altro, perfezionando i percorsi già fatti o creandone di nuovi, gli sembrava quasi di poter spiccare il volo e andarsene via, come un uccello finalmente libero dopo anni e anni passati in gabbia.

In un certo senso, il parkour era il suo sport e la sua filosofia, la sua più grande ragione di vita.

E, contando anche i risvolti più frivoli della faccenda, gli aveva fatto sviluppare un fisico niente male.

Naruto, a furia di allenamenti, era diventato alto, sottile e muscoloso, quasi totalmente privo di grasso. Aveva un corpo bello, virile, ben proporzionato, il che, sommato al suo carattere a metà tra il dolce e l'esuberante e ai suoi sorrisi da star di Hollywood, gli aveva procurato una certa fama.

Non si rendeva pienamente conto dell'attrazione che esercitava sulla popolazione femminile della sua scuola, (il che, per un ragazzo di diciassette anni, era piuttosto insolito), e Shikamaru lo aveva ben presto etichettato come "baka".

Un baka molto simpatico, ma pur sempre tale.

-Ehi, aspettami! Non corro mica come te!-

-Pelandrone, pelandrone!- gridò Naruto, canzonandolo, mentre lo distanziava sempre di più con la sua tipica andatura felina. Com'era naturale, fu il primo a varcare il malridotto cancello della Konoha Gakuen.

Per molti versi, Shikamaru si riteneva fortunato a frequentare un simile istituto.

La struttura era vecchia e malridotta, e cadeva a pezzi in più punti, mettendo in bella mostra crepe e chiazze di umidità che avrebbero scoraggiato chiunque dall'entrarvi. Il cortile era sporco, pieno di immondizia, e, come ogni mattina, vi si erano affollati i migliori tra i tanti casi umani usciti dai bassifondi. Be', "migliori", dopo tutto, è un aggettivo molto relativo.

In ogni caso, rifiuti umani a parte, la Konoha era una delle poche scuole superiori che permettevano l'accesso anche a gente di ceto più che basso, offrendo così una possibilità che difficilmente veniva concessa a quelli come loro.

-Ohayō, Sai! Fatto niente di particolare?-

-No, Naruto. Tu?-

-Ah, non ci crederai mai! Ho battuto il mio record sul percorso sette! Sono a...-

Prima che potesse finire la frase fu interrotto dal rumore della campanella, e il boato di disapprovazione degli studenti gli impedì di continuare. Alla fine, una volta entrati in classe, riuscì a comunicare a Sai i suoi risultati, cosa che al moro non sembrò interessare particolarmente.

Era difficile che a Sai interessasse veramente qualcosa.

Si sedettero nei propri posti, rimasti gli stessi da quando avevano cominciato le superiori, e attesero (non proprio pazientemente) l'arrivo dell'insegnante della prima ora, Kakashi Hatake.

Ma, prima di cominciare, è certamente meglio offrire una rapida panoramica della classe 4° - 3.

In prima fila, saccente e profondamente convinta del proprio genio, stava Sakura Haruno, migliore amica di Naruto, famosa in tutto l'istituto per il suo gusto vagamente maschile nel vestire (la Konoha, infatti, era una scuola di profilo talmente basso da non richiedere agli alunni nemmeno l'acquisto delle divise canoniche) e per il carattere ben poco dolce e propenso allo scherzo.

Accanto a lei stava Ino Yamanaka, aspirazione segreta di metà dei ragazzi dell'istituto, che, come per contrapposizione, era invece estremamente femminile, sia nell'aspetto che nelle movenze e nella scelta degli abiti. Erano opposte persino nei capelli: Sakura li aveva di un rosa pastello delicato, tenuti corti fino al mento, mentre Ino li portava lunghi fino ai fianchi, color biondo platino ("finti, da battona" come l'Haruno le ricordava spesso).

La fila retrostante era occupata da Shikamaru (che non perdeva occasione per smontare le continue filippiche egocentriche della Yamanaka) e Choji, un ragazzo praticamente obeso che trascorreva la quasi totalità delle ore di lezione mangiando patatine e sfogliando fumetti hentai con le dita grassocce.

A destra, vicino alla porta, c'erano Neji, un appartenente alla famiglia yakuza Hyuga, il cui padre era caduto in disgrazia a causa di problemi con il fratello, e Tenten, una cinese che, scappata dal proprio paese d'origine insieme ai propri parenti, tirava avanti come poteva. Davanti a loro stavano Sai Ichihara e Shino Aburame, rispettivamente un writer famoso nel quartiere per i suoi murales a tema erotico e uno dei pochi pusher ancora affidabili della zona.

Infine, all'ultimo banco, accanto alla finestra, stava il duo più improbabile e chiacchierato della scuola.

Appoggiato al vetro caldo e impolverato, la fronte illuminata dai raggi del sole e gli occhi socchiusi dal piacere provocatogli dal tepore, Naruto sonnecchiava, stanco dopo l'allenamento mattutino. Nel banco attaccato al suo, il mento poggiato su una mano, Sasuke Uchiha fissava senza particolare enfasi la lavagna verde attaccata al muro di fronte a lui.

Era, Sasuke, uno dei due discendenti della Yakuza Uchiha, altra famiglia mafiosa (in passato alleata con quella Hyuga) che per lungo tempo aveva dominato le scene della criminalità giapponese. Tuttavia, a causa di un incidente avvenuto anni prima tra sua madre e una delle guardie del corpo, Sasuke, suo fratello Itachi e Mikoto erano stati scacciati dalla dimora familiare, costretti a vivere come mendicanti con quei pochi soldi che Fugaku, il marito, si dava pena di inviare, una volta al mese.

Per questo, oltre che per una sua predisposizione naturale, l'Uchiha si era sempre dimostrato un tipo estremamente chiuso e cupo, scoraggiando chiunque dall'avvicinarglisi.

Chiunque, eccetto Naruto.

L'Uzumaki, infatti, si era dimostrato a dir poco infaticabile nella sua missione di far aprire il moro, riportando alla fine un clamoroso successo. Sasuke aveva imparato a sopportare le assurde pretese del biondo (giustificate ogni volta con un "perché sei mio amico, teme!") e a rapportarsi un po' di più con i suoi compagni di classe, tanto da riuscire a farsi addirittura degli amici. Appellativo che gli suonava ancora come un'imposizione, ma non poteva rifiutarlo, non di fronte alla caparbia determinazione di un certo dobe.

Improvvisamente, complice una nuvola che aveva a coperto il sole, Naruto si riscosse dal dormiveglia, indirizzandogli un'occhiata luminosa.

-Sas'ke, oggi ho battuto il mio record! Otto minuti e trentadue secondi sul percorso sette!-

-Non dovresti vantarti di una cosa del genere, dobe. Finirai per romperti qualche osso, un giorno di questi.-

-Tsk... ha parlato quello che va in moto anche se non ha la patente.-

-So comunque come si guida, non mi serve a nulla un pezzo di carta. Come se poi ci fosse qualcuno pronto a controllare se ne sono provvisto, in questo buco di fogna.-

Naruto sospirò, fissando con un certo dispiacere la smorfia seccata dell'amico. Era piuttosto difficile prenderlo in giro senza incorrere in discorsi spiacevoli, e quella poteva considerarsi come l'ennesima riprova.

-Scusa, Sas'ke.- fece, lanciandogli uno sguardo preoccupato di sottecchi. L'altro si giro a guardarlo, aggrottando le sopracciglia.

-Nulla. Non scusarti sempre per tutto, dobe.-

-Io non mi scuso per tutto, Sas'ke.-

-No, infatti. Lo fai solamente quando è completamente inutile.-

La replica piuttosto volgare di Naruto fu fermata sul nascere dall'arrivo di Kakashi, il professore di Letteratura, che entrò, come di consueto, sbadigliando sotto la mascherina nera che gli copriva il viso.

-Bene, ragazzi... avete svolto i compiti assegnati?-

Naruto, espirando lentamente, si portò una mano alla fronte, decisamente poco propenso a cominciare quella che si sarebbe certamente rivelata come l'ennesima giornata infernale dell'ennesimo anno scolastico in quella dannata scuola a cui sua zia lo aveva iscritto.

"Che poi, in fondo, ne varrà veramente la pena?"

 

***

 

Respiro.

Portò indietro le braccia, finalmente nude ed esposte alla luce del sole. Il giubbotto del jumper giaceva abbandonato qualche metro più in basso, accanto alla cartella scolastica, che Sai gli aveva promesso di sorvegliare. Il vociare degli studenti lo circondava, e ne era inebriato.

Respiro.

Saltò.

Il vento iniziò a fischiargli nelle orecchie, veloce, mentre afferrava l'asta di un lampione e, ruotando velocemente con il corpo in posizione quasi orizzontale, si dava la spinta per lanciarsi contro il muro di un palazzo e spingersi poi nella direzione opposta. Si arrampicò agilmente sul davanzale di una finestra, cosa che gli diede la possibilità di guadagnare il tetto del condominio. La folla trattenne il respiro, fissandolo.

Respiro.

Poi iniziò a correre.

Assaporò la sensazione dell'adrenalina pura che gli inondava le vene, come una droga, donandogli la forza, la potenza e la precisione di cui aveva bisogno. Sentiva il petto riempito da qualcosa di nuovo, eppure così familiare, una bolla di energia pura che premeva sui suoi polmoni allenati e sembrava quasi mozzargli il respiro.

Il tetto scivolava sotto i suoi piedi, docile, così come gli ostacoli che incontrava, schivati ed elusi grazie ad una serie di capriole e salti mortali imparati negli anni, con il sudore e la fatica di chi non si arrende di fronte a nessuna difficoltà.

Respiro.

Conosceva il suo corpo perfettamente, a menadito.

Sapeva cosa fare e quando farlo, come utilizzare gli stimoli corretti e in che misura sfruttarli per aumentare velocità ed equilibrio. Calcolava a mente le distanze, senza sbagliare mai di un solo centimetro, e percorreva in velocità tutta una serie di ostacoli che, per chi guardava, potevano sembrare addirittura invalicabili. Il cielo e la terra si confondevano nei suoi occhi, quasi del tutto privi di importanza, mentre l'unica percezione stabile rimaneva il vento, quella brezza fresca e vivace che gli sferzava il viso e il corpo accompagnandolo in tutte le sue evoluzioni.

Respiro.

Con un ultimo salto si portò al centro del cortile della scuola, atterrando sulle gambe piegate.

Non c'era goffaggine nelle sue mosse, solo precisione e potenza.

-E bravo il nostro traceur...- disse Sai, avvicinandoglisi, mentre dalla folla si levava un applauso.

-Devo migliorare ancora di più... non sono abbastanza bravo.-

-Abbastanza bravo per cosa?-

-Oh, niente. Un desiderio che mi piacerebbe realizzare, nulla di particolare.

Sai gli allungò la cartella, sorridendogli come suo solito. Naruto non ricordava di aver mai visto altre espressioni sul viso del moro, ed era perciò giunto alla conclusione che la serenità dell'Ichihara non poteva essere che fittizia. Essere sempre dell'umore giusto per sorridere non è possibile.

-Vai da qualche parte oggi pomeriggio?-

-Uhm, vediamo...- il biondo levò lo sguardo al cielo, alzando un dito per ogni cosa che diceva -... allenamento sul percorso sette, anche se credo che poi andrò anche sull'otto, esercizi in palestra da Rock Lee, compiti...-

-... ok, saltando tutte le cose noiose...-

-Il mio allenamento non è noioso! Beh, i compiti lo sono, ok...-

-Naruto, quello che volevo chiederti è: oggi vai a divertirti da qualche parte?-

-Stasera. Penso che andrò allo Yorokonde.-

-Il pub di tua zia?-

-Esatto.-

-Ma non è vietato ai minorenni?-

-Come se qualcuno ci facesse caso... invitiamo anche gli altri?-

Sai sembrò soppesare la proposta, poi annuì come suo solito.

-Va bene. A che ora?-

-Otto e mezza. Minuto più, minuto meno.-

 

***

 

Alle nove e dieci in punto, trafelato e con i capelli quasi completamente fradici, Naruto si presentò di fronte all'entrata del "Yorokonde", dove la sua folla di - imbufaliti - amici lo attendeva da più di mezz'ora.

-TU!- urlò Sakura, afferrandolo per il colletto della camicia che indossava e spiegazzandolo inevitabilmente -A che ora pensavi di venire, eh!?-

-I-io... Sakura-chan, Rock Lee mi ha trattenuto per una sessione di allenamento speciale, e allora...-

-Non me ne frega niente di ciò che fai con quel pazzo psicopatico, chiaro!? La prossima volta vedi di arrivare in orario, sai che non ci fanno entrare se non ci accompagni tu!-

Sospirando di fronte alle motivazioni molto poco spontanee dell'amica, Naruto si avvicinò al buttafuori appostato all'ingresso. Lo riconobbe immediatamente, benché la luce arancione dell'insegna al neon gli infastidisse notevolmente gli occhi.

-Morino-san! Non ci si vede da un sacco di tempo, eh?-

L'uomo gli rivolse un mezzo sorriso, facendosi da parte.

-Naruto... i tuoi amici urlano troppo forte, per i miei gusti.-

-Ma se non ci ha fatto entr...- la protesta di Ino fu velocemente smorzata da Sakura, che le mise una mano sulla bocca, arginando così la catastrofica parlantina della bionda.

-Scusali, Morino-san... un po' è anche colpa mia, li ho fatti aspettare un po' troppo.-

-Per questa volta va bene, ma che non si ripeta. Non voglio che i clienti vengano infastiditi, Tsunade-sama potrebbe indisporsi. Entrate pure.-

"Alla faccia della cordialità..." pensò Naruto, con una smorfia, varcando la soglia del locale.

Il gruppetto (composto, per l'occasione, da Sakura, Sai, Ino, Shikamaru, Neji, Tenten e persino un recalcitrante Sasuke) lo seguì all'interno chiacchierando animosamente, chi per protestare sul trattamento ricevuto, chi per fare programmi su come avrebbe trascorso la serata.

Lo Yorokonde, infatti, era un locale che offriva molte, moltissime differenti possibilità.

Ci si accorgeva delle sue varie funzioni non appena si entrava nella sala principale: era un ambiente ampio e semibuio, il pavimento piastrellato, in cui si affollavano decine di divanetti rossi disposti attorno ad altrettanti tavoli di vetro e acciaio. Sul fondo stava il bancone, puro stile anni '50, un ripiano lungo e abbastanza largo che, quando non era letteralmente preso d'assalto dagli avventori, rimaneva sempre e comunque costellato di bottiglie di alcolici.

Infine, principale attrazione dello Yorokonde, sulla parete di destra si poteva ammirare una fila di giovani, ragazzi e ragazze, che sorridevano, ammiccanti, ai clienti appena entrati. Tutti, nessuno escluso, indossavano le divise del locale (pantaloni neri e farfallino per i ragazzi, nessuna camicia; completini provocanti per le ragazze, rigorosamente in pizzo bianco e nero) ed erano lì, come i frequentatori più assidui ben sapevano, per compiacere gli avventori.

Naturalmente, "compiacere" non nel senso più strettamente erotico del termine.

Il loro scopo era divertire i clienti, lasciarsi guardare e, ogni tanto, rubare qualche bacio fugace. Nulla più di questo, eppure quella piccola chicca dello Yorokonde attirava ogni sera decine di persone, alcune anche provenienti dai quartieri alti.

Be', il buon gusto dei padroni nello scegliere i ragazzi era risaputo da mezza Tokyo.

-Naru-chan... non mi dire che è questo il posto dove lavori!- soffiò Ino, sconvolta, adocchiando un ragazzo statuario dai capelli di un castano smorto appoggiato alla parete.

-Ehm... più o meno...- confessò il biondo, avvampando. Sasuke, ovviamente, non si lasciò sfuggire l'occasione di punzecchiarlo.

-Mi stai dicendo che ti infili quella divisa? Devi essere una gioia per gli occhi, eh, dobe?-

-Neh Sas'ke, dillo che ti piacerebbe vedermi...- fu la risposta di Naruto, a metà tra la sfida e lo scherzo malizioso. L'Uchiha indirizzò al biondo un'occhiata gelida, infilandosi le mani in tasca come per un atto di vergogna bambinesca.

-Perdonami, dobe, ma sono ancora etero.-

Ad interrompere la discussione, fattasi vagamente pesante, fu un intervento di Sakura: la ragazza si staccò dal gruppo, procedendo a passo spedito verso la fila di host attaccati al muro, e, dopo quella che parve una sorta di indecisione (durata, peraltro, pochi secondi) ne afferrò uno per il papillon e se lo trascinò dietro, fino a sedersi con lui su un divanetto.

-Però, Sakura-chan ha dei gusti davvero bizzarri...- interloquì Naruto, fissando i capelli bianco-bluastri e gli occhi ametista del ragazzo.

-Bizzarri!? Ma, dico, hai visto che fisico?-

-Ino-chan, guarda che puoi prenderne uno anche tu... stasera offro io.-

-Da-davvero?- gli occhi della bionda, per un attimo, si illuminarono di una strana luce, forse riconducibile alla perversione.

-Certo. Beh, infondo è baa-chan che offre, però non credo che si offenderà se vi divertirete un po' anche voi, neh?-

Poi, lasciando la ragazza con il solo imbarazzo della scelta, l'Uzumaki si diresse verso il bancone, sedendosi su uno degli alti sgabelli che lo affiancavano. Una donna bionda, i capelli raccolti in due codine, era tutta intenta a riempire un boccale con della birra alla spina, e sul momento non lo vide nemmeno. Lo notò all'improvviso, mentre distoglieva lo sguardo dal liquido ambrato per porgere l'ordinazione ad un cliente.

-Naruto!? Da quanto tempo non ci si ved...-

-Da ieri sera, baa-chan. Sono venuto a lavorare qui come al solito, no?-

-Ah... già... ehi, ti ho detto di non chiamarmi in quel modo!- sbraitò la donna, gesticolando concitatamente, quando si accorse del simpatico appellativo con cui il ragazzo le si era rivolto.-

-Ok, scusa... nonna Tsunade.-

-Ehi, ti ho detto...-

Il battibecco continuò più o meno animatamente, finché Naruto non vi pose fine ordinando un'aranciata. In realtà aveva voglia di qualcosa di decisamente più forte, ma, per il bene delle sue prestazioni atletiche, era meglio per lui non consumare alcolici.

-Allora, Naruto, come mai sei qui? Non pensavo che venissi a trovarmi anche durante la tua giornata libera.-

-In effetti... sono stati i miei amici a chiedermi di portarli nel posto in cui lavoro. Potendo scegliere, stasera mi sarei allenato ancora.-

-Ah, ragazzo, tu esageri! Nella tua testa c'è solo quel... parking, parkuns...-

-Parkour, baa-chan. E, comunque, penso solo a quello perché costituisce la mia unica possibilità di andarmene da questo posto.-

-Mh?-

-Ah, non te ne ho ancora parlato? Tra un mese c'è una gara ufficiale di parkour, la PKup, e non posso permettermi di perdere. Sai, le gare di parkour sono eventi praticamente straordinari, e questa, in particolare, è stata organizzata perché la Nike sta cercando di organizzare una campagna pubblicitaria basata proprio sul PK.-

-E il premio in che consiste?-

-In uno sponsor. Fai pubblicità, diventi famoso, prendi un sacco di soldi. Cose così. Ah, e magari, se sei fortunato, ti fanno partecipare a film, documentari d'informazione sportiva e addirittura video musicali.- l'aveva detto con un'aria vagamente triste, tenendo lo sguardo fisso sul bicchiere pieno d'aranciata. Era un sogno, un sogno irrealizzabile, e aveva quasi paura di crederci sul serio.

-Sai quante persone parteciperanno a questa gara?-

-Troppe. Le probabilità che io vinca sono veramente poche, e a volte mi chiedo sul serio se valga la pena rischiare di fare una figuraccia soltanto per uno stupido desiderio. Però...- strinse le mani sul vetro fresco del contenitore, l'espressione improvvisamente sicura -... mia madre mi ha sempre detto di non arrendermi mai, qualunque cosa possa capitarmi. E io terrò fede ai loro insegnamenti.-

-Bravo, Naruto-chan. Kushina sarebbe orgogliosa di te, se potesse sentirti.-

Già. "Se potesse".

Naruto odiava il congiuntivo. Odiava i "se".

Sua madre non c'era più, punto, e quella continua ostinazione di Tsunade nel ricordargli che "sarebbe stata certamente felice di lui" era totalmente insensata. Non poteva essere felice per il semplice fatto che non esisteva più. Era carne morta, figura nebbiosa fatta di ricordi, lapide bianca in un cimitero dimenticato.

Rispettarne le volontà era più che giusto, ma considerarla alla stregua di una persona viva non aveva senso.

-Io vado dai miei amici. Go made, baa-chan.-

Quando tornò al tavolo, Naruto trovò ad attenderlo una "sorpresa" bizzarra. Ino, infatti, come stabilito, si era scelta un ragazzo, e il biondo rimase per un attimo disorientato: come mai non lo conosceva? Era matematicamente certo di aver almeno rivolto la parola alla totalità dei suoi colleghi, ma quello non l'aveva mai visto.

Rivolse un'occhiata interrogativa a Suigetsu, il ragazzo dai capelli bluastri, che gli rispose strizzando l'occhio on fare complice. Ah, bene, un nuovo arrivato.

-Kon'nichiwa, molto piacere di conoscerti.- gli porse la mano, sorridendo allegramente com'era solito fare con i novellini -Mi chiamo Naruto Uzumaki, e lavoro anch'io qui, anche se oggi è la mia giornata libera. Hai cominciato stasera?-

L'altro annuì, ricambiando la stretta con un certo vigore e fissandolo, interessato, nelle iridi azzurre.

-Sono Kiba Inuzuka, e ho appena iniziato. Molto piacere.-

Il novellino, oltre che per la straordinaria spigliatezza con cui aveva parlato, colpì sin da subito Naruto per la sua notevole avvenenza. Non era certamente bello come Sasuke o Sai, questo no, ma possedeva un viso magnetico ed energico che non aveva nulla a che spartire con l'eleganza tipicamente orientale dei due mori.

Aveva i capelli castani, tenuti leggermente più corti di quelli di Naruto, sparati in tutte le direzioni in piccoli ciuffi disordinati. Ad accentuare l'aspetto ferino, che già di per sè la chioma gli conferiva, si aggiungevano anche degli occhi di un colore stranissimo (giallo dorato, come quelli di un gatto) e due triangoli rossi tatuati sulla faccia, che gli coprivano le guance e una porzione degli zigomi alti.

L'Uzumaki, anche se inconsapevolmente, ne rimase fin da subito molto colpito.

-Come mai da queste parti? Non ti ho mai visto...-

-Ah be'...- il viso dell'Inuzuka si illuminò di una luce malandrina -... hai mai sentito parlare di parkour? Sono un traceur, e tra un mese circa da queste parti dovrebbe esserci una gara. Sai, io sono di Osaka, così ho colto l'occasione per fare una piccola vacanza a Tokyo, e...-

-Gara? Tu parteciperai alla gara?- domandò Naruto, a metà tra l'irritato e l'esterrefatto. Non poteva evitarsi una certa ostilità nei confronti del castano, ora che sapeva qual'era il suo reale obiettivo.

Erano rivali.

-Oh, sì! E vincerò, potete starne certi.-

 


 


 


 


 


 


 


 


 

_Angolo del Fancazzismo_

Ecco, questa è (più o meno) la long-fic per cui la pubblicazione di Prototype ha subito quel mostruoso ritardo. Si è classificata 4° (e quindi penultima) al contest "I Quattro Elementi" di Deidaradanna93, e, vista la scarsa cura che le ho dedicato (la Narukiba è una coppia che letteralmente odio, al pari forse della SasuIno) è un risultato che mi ha davvero soddisfatta. Sono fiera di questo piccolo mostriciattolo, la mia prima long non sasu-naru (anche se poi, proseguendo con la lettura, vedrete che ho tentato di infilarlo in ogni buco disponibile).

Duuunque, giudizio e banner verranno postati con l'ultimo capitolo, così non vi rovinerete la "sorpresa" (massì, siamo generosi) del finale.

See you soon,

Roby

   
 
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