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Autore: Isidar Mithrim    06/12/2005    16 recensioni
Quando l'ispirazione ti giunge inaspettata. Quando le mani formicolano dalla voglia di scrivere, e la mente lavora frenetica alla creazione di una nuova storia. Quando le tue emozioni straboccano, cogliendo la vita dei personaggi che stai raccontando, che stai vivendo attraverso le pagine.
E' allora che non puoi fare a meno di mettere nero su bianco le tue sensazioni, i tuoi pensieri.
Devi per forza raccontare di quando Ron ed Hermione si abbracciarono, in alcune delle pagine più gravose della Saga...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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FRAMMENTI

-Tra le sue braccia-
 

"Esiste un momento in cui le parole si consumano, e il silenzio comincia a raccontare."
 
Il caldo sole di giungo la sfiorava dolcemente, senza realmente scaldarla.

Discorsi sommessi di una folla silenziosa li avvolgevano impotenti.

Il prato verde e curato piangeva, puntellato da tante figure nere e titubanti.

Un canto delicato, drammatico, triste e di speranza le penetrava nei pensieri, stimolando un pianto desiderato, uno sfogo spontaneo che per troppo tempo aveva represso.

Lo sciabordio del lago e il canto delle Sirene riempivano l’aria, stringendole il cuore in una morsa sofferente, come un albero che, morente, irrigidisca le sue radici per sostenere il dolore della passione.

Volti tristi, visi indifferenti, emozioni esplicite e lacrime represse erano distribuiti disordinatamente tra la folla, come una manciata di caramelle variopinte tirata ad alunni esultanti.

Avvolto sontuosamente in un velluto viola trapuntato di astri, il corpo di Silente era trasportato da un Hagrid distrutto da tanta sofferenza: un’animo così sensibile, in un corpo così resistente. Un’accoppiata forse un po’ paradossale, ma certamente vincente.

Il gigante avanzava dolorosamente, come se ad ogni passo un chiodo acuminato gli trafiggesse la pianta callosa, facendo scaturire lacrime che mai avrebbe nascosto.

Un velo di drammaticità si distese sulla gente disciplinatamente seduta, appesantendo gli animi prima leggiadri, oscurando i volti di centinaia di spiriti.

Le parole dell’uomo scialbo che tratteneva le persone davanti a lui, non poté fare a meno di notare Hermione, erano solo una serie ininterrotta di prolisse frasi fatte, elenchi di meriti risaputi, di encomi ambiziosi.

Le tornò alla mente come i discorsi del Preside, il loro amato Preside, le stringessero il cuore. Ricordava perfettamente la differenza tra le parole di quell’uomo così misterioso e meraviglioso, semplice ma contorto, ed il discorso ipocrita della Umbridge, che, seduta in prima fila, assisteva alla cerimonia ostentando un pianto falso e attirandosi gli sguardi dolenti e irati della McGranitt.

Hermione non poté fare a meno di ringraziare mentalmente la sua insegnante di Trasfigurazione, ringraziarla per tutte le volte che aveva aiutato i suoi studenti, li aveva puniti, li aveva rispettati, li aveva difesi. Lodarla per la sua stima, il suo rispetto, la sua infinita fiducia verso quel fagotto viola, e al contempo non riusciva a non condannare la Umbridge per tutto il male che aveva loro procurato, per tutte le volte in cui aveva dimostrato di non sapere cosa fosse il rispetto, per tutte le volte che non si era resa degna di meritare la loro fiducia.

Al suo fianco le lentigginose guance di Ginny erano imperlate di lacrime salate; i suoi occhi rossi e appesantiti parvero cogliere, come aspettandosi qualcosa, lo sguardo di Harry, privato del consueto brillio sfavillante dei due smeraldi incastonati sul suo volto contratto.

Anche se Hermione non aveva né la forza né la voglia di carpire le loro frasi dolenti, li osservò alle prese con un chissà che discorso, fatto di parole sommesse, occhiate intense.

Trasalì.

Una mano gentile le sfiorò il palmo con una calma rassicurante.

Sembrò esitare, incerta, per poi farsi coraggio, mentre le loro dita si intrecciavano saldamente.

Una goccia dispettosa le rotolava sul volto, scivolandole sugli zigomi.

E poi si fermò, all’improvviso, quando lui posò l’indice sul suo percorso, ponendogli fine.

Al contatto, Hermione di sentì mancare per l’emozione. Quella carezza gentile, quel simbolico gesto di raccogliere il suo dolore, di sopportarlo con lei: erano l’esprimersi di anni di sentimenti repressi.

La sua mano le accarezzò il volto con tenerezza, alzandole il viso con la pressione cortese di due dita sotto il mento.

Gli occhi nocciola di Hermione si incontrarono con quelli di Ron, in piedi di fronte a lei, i suoi profondi zaffiri circondati da una spruzzata di efelidi.

Sotto i capelli rosso fuoco, le sue orecchie non accennavano ad arrossarsi: non c’era paura, nè imbarazzo, nè rabbia in quel discorso muto.

E poi, si ritrovò ad assaporare il profumo di quell’oceano di fuoco, stretta tra le sue braccia calde, sostenuta da quell’abbraccio così sincero, da quel gesto così spontaneo e fin troppo desiderato.

Hermione strinse forte la presa, come se in quelle braccia fossero intrise tutte le certezze della sua vita, e la risposta non tardò ad arrivare, rincuorandola.

Il capo di Hermione era poggiato sulla sua spalla, protetta dal viso di Ron, e le proprie piccole mani erano aggrappate alla sua schiena, con una disperazione tale da lasciar apparire che lo staccarsene equivalesse ad un addio.

Il palmo di Ron percorse cauto la sua schiena morbida, per infilarsi tra i capelli crespi, accompagnando il movimento della nuca, scosso dai singulti, mentre l’altro braccio le cingeva la vita, in alto.

In quello sciabordio di sensazioni, anche l’ascoltatore più distratto avrebbe potuto sentire dolci mormorii, seppur inespressi; era un atto più esplicito di tante parole, un contratto silenzioso, una promessa nascosta in quel vortice caldo di lacrime e capelli.
 
Così. Io e te.
Insieme.
E per sempre.
 


   
 
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