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Autore: Keily_Neko    19/12/2010    2 recensioni
cosa succederebbe se in un futuro prossimo l'umanità ricevesse in dono dei poteri? e se un'organizzazione reclutasse con la forza persone per imporre il proprio dominio? e se l'unica umana priva di poteri fosse una ragazza con un passato ignoto?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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hola! finalmente ho deciso di rifare la presentazione al capitolo XD visto che era la prima storia che pubblicavo su efp avevo seri problemi O.O ma passiamo oltre XD
questa è la mia prima storia originale; l'idea mi è venuta in mente in un tema in classe di seconda media e circa un anno dopo ho iniziato a scrivere questi capitoli; sono passati tre anni da quella volta, quindi questi primi capitoli saranno sicuramente peggiori di quelli che posterò (eventualmente) in futuro, quindi abbiate pazienza XD
detto questo vi lascio al primo capitolo *^*



“Areyl! Muoviti dormigliona!”. La voce di Seth mi arrivò all’orecchio molto attutita e distante, ma riuscii comunque a sentirla e a malincuore mi alzai dal letto e raggiunsi la finestra; dal terzo piano vidi Seth che stava creando una sfera di fuoco nella mano; scattai: “Non provarci neanche! L’altra settimana hai dato fuoco alle tende e per poco non mi incendiavi la casa!”

“Ma non l’ho fatto apposta! Mi è scivolata la mano”.

Sì, bella scusa. Se a lui era scivolata la mano, io riuscivo a percorrere i cento metri in due secondi.

“Dai muoviti che Zefren ha trovato qualcosa”, urlò lui.

Questa sì che era una notizia!

“Ok, scendo subito”.

Andai in bagno, mi cambiai, mi infilai un paio di jeans, una maglietta a maniche corte e le scarpe. In quattro secondi netti chiusi la porta di casa e mi precipitai giù dalla rampa di scale. Il mio era uno dei pochi palazzi in cui la tecnologia delle scale mobili non si era ancora stabilita, perciò arrivai da Seth con il fiatone.

“Uf, era ora che arrivassi! Da quando è che dormi così tanto?”

Avevo appena finito di leggere un libro per non perdere la calma perché l’ultima volta a Seth era arrivato un bello schiaffo.... 'Regola n°4: fare un bel respiro'. Prima di rispondergli inspirai tanta aria da avere i polmoni pieni: “Ieri sera.. anzi ieri notte sono andata a dormire alle cinque”.

Funzionava. Non gli avevo ancora fatto niente. Mi sistemai la bandana rossa, che tenevo sempre al collo, e aspettai una sua contestazione; ma si limitò solo a dire: “Dai muoviti, Zefren ci aspetta”; ma dopo nemmeno cinque secondi aggiunse, con il suo tipico “sorrisetto furbetto”: “… e neanche lui ha dormito stanotte”.

Tipico di Seth, doveva avere sempre lui l’ultima parola.

Sorrisi accorgendomi che proprio quel giorno, molto tempo prima, la mia vita aveva preso una piega inaspettata.

 

Circa un anno prima mi ero svegliata su un divano bianco, senza sapere né dove, né come, né quando ci fossi finita sopra; l’unica cosa che ricordavo del mio passato era il mio nome.

Mi alzai e mi guardai intorno: le pareti che mi circondavano erano candide come il divano ma non mi dicevano niente; avrei potuto restare lì in attesa di qualcosa, o qualcuno, ma data la mia incapacità di stare ferma, decisi di uscire per magari scoprire qualcosa che mi fosse familiare. Quindi uscii dalla stanza e, passando per alcuni corridoi bianchi e pulitissimi senza incontrare nessuno, varcai quella che doveva essere la porta d'ingresso, per recarmi all'aria aperta; mi ritrovai in una immensa città, con edifici futuristici e altissimi, di cui la cima andava oltre le nuvole.

Ero smarrita, non sapevo dove andare né cosa fare, la città mi appariva estranea e spaventosa; per le strade un brulichio di gente camminava o correva, se era in ritardo per qualcosa; con mio enorme stupore e spavento notai anche che c’erano persone che volavano, senza ali, turbopropulsori, o robe del genere: semplicemente fluttuavano e si spostavano in aria. Ma sembrava che solo io ne fossi sorpresa o li vedessi, perché le persone che camminavano tranquille per strada non sembravano stupite o colpite, come se fosse un fatto naturale e ovvio; magari però lo era, in fondo non ricordavo niente del passato... forse anch'io ero vissuta fra loro... eppure dentro di me sentivo che non era così: quel modo di spostarsi era completamente estraneo a quello che usavo io nella mia, diciamo esistenza precedente. Mi sentivo spaventata e a disagio tra la gente che fluttuava, ma soprattutto che sapeva chi era e dove stava andando, quindi svoltai in una stradina solitaria; ok, la prima cosa da capire era dove fossi, al resto avrei pensato dopo. Cercai cartelli in giro che magari indicassero il nome di qualche via o altro, ma non ne trovai; mi parve strano però che avessi dimenticato solo quello che riguardava il mio passato e non i nomi degli oggetti per esempio... non sapevo bene come funzionava un'amnesia, ma ero sicura che la mia non era normale.

Mi accorsi solo in quel momento di cosa avessi al collo: una bandana rossa, tra l'altro anche molto bella; me la sciolsi e la guardai: sopra di essa c’erano vari disegnetti in bianco che non capivo cosa significassero, ma quello che catturò di più la mia attenzione fu una scritta in alto a destra: “IDASTYS LENNDI”. Ci pensai sopra, ma non mi diceva niente.

Ammirando quel pezzo di stoffa rosso stavo per girare l’angolo quando… STUNG! E caddi a terra. Mi ero scontrata con un ragazzo di circa diciotto anni, alto, con i capelli neri ribelli e uno sguardo da sedicenne che ne ha combinato una delle sue: “Chiedo scusa, non…” , iniziai, ma il ragazzo mi prese per un braccio e mi trascinò per un’altra via: “Non c’è tempo!”, esclamò, “Penseranno che anche tu sei con me.”, mi disse.

“Penseranno… chi?”, chiesi perplessa.

In risposta dall’angolo provennero delle voci “è andato per di qua. Svelti, non lasciamocelo scappare!”.

“Cavolo!”, disse il ragazzo, “ per caso hai qualche potere che facilita la fuga?”

Prego?

Dopo un attimo di smarrimento gli risposi “Ma io non ho poteri”, ma le mie parole furono coperte da un ruggito e, girandomi, vidi una tigre bianca spuntare dall’angolo: “E quella da dove arriva?”, urlai al ragazzo, sempre correndo.

“è un Mutaforma”, mi rispose lui, continuando a trascinarmi dietro di lui tenendomi per il polso destro.

Splendido, ci stavo capendo sempre meno, ma non avevo fiato per chiedergli cosa diavolo fossero i Mutaforma, anche se ne intuivo il significato.

“Per di qua!”, urlò lui e io lo seguii lungo una via strettissima; a circa metà di quell'angusta strada c'era una scala di ferro che saliva verticalmente. Il mio 'sequestratore' prese quella direzione e io dietro come un cane; ad un tratto saltò dentro una finestra aperta e naturalmente lo seguii.

Ci ritrovammo in una specie di soggiorno con ampie vetrate dalla parte opposta rispetto a quella da dove eravamo entrati; sulla destra troneggiava una scrivania con sopra un computer apparentemente di ultima generazione; a fianco c'era una libreria stracolma di libri, apparentemente anche antichi; per concludere addossato alla parete era posizionato un elegante divanetto di pelle nera.

“Seth, sei tu?”, chiese una voce maschile da un’altra stanza, riscuotendomi dai miei pensieri.

“E chi potrebbe essere se no!”, urlò il ragazzo vicino a me, che doveva essere Seth.

“Cos’hai combinato stavolta?”, chiese la voce.

“Niente di grave”, rispose Seth, “ho solo fatto arrabbiare un po’ la Ares”.

Se prima ci capivo poco, ora mi ero completamente persa; almeno avevo inquadrato Seth come persona: uno spirito libero che se ne va in giro a combinare guai.

“Spero che tu sia presentabile Zefren”, disse Seth, alla persona nell’altra stanza, interrompendo le mie riflessioni “abbiamo un’ospite”.

“Chi?”, chiese Zefren e sentii che la voce era più vicina; dopo un attimo, da una delle stanze collegate al salotto, uscì un ragazzo anche lui sui diciotto-venti anni, di corporatura media, più basso di Seth, con i capelli color castano chiaro; ma quello che mi colpì di più fu il colore degli occhi: verde smeraldo. Nel complesso era… ok, va bene, lo ammetto, era molto molto carino.

“Salve”, mi salutò Zefren, “posso sapere con chi ho l’onore di parlare?”.

Wow, era anche educato; forse avevo trovato la mia idea di uomo perfetto.

“Areyl”, risposi meccanicamente, almeno il mio nome lo ricordavo ancora.

“Sei un’amica di Seth?”, mi chiese fissando l'amico.

“No, veramente l’ho appena incontrato perché mi è arrivato addosso”, gli spiegai.

“Non è andata veramente così”, cercò di giustificarsi Seth, “sì, le sono arrivato addosso, perché ero inseguito dalla Ares e…”, non finì la frase perché lo interruppi.

“Fermo, fermo, fermo. Chi è la Ares?”, chiesi.

Mi guardarono come se provenissi da un altro pianeta.

“Stai scherzando, vero?”, disse Seth e poi, vedendo la mia espressione seria, proseguì, “Davvero non sai cos'è la Ares? Ma cosa insegnano a scuola ai nostri giorni!”

Zefren gli lanciò un'occhiataccia così Seth iniziò a spiegare: “La Ares è un’organizzazione attiva dal 2220 che si occupa di trovare, catturare e addestrare gli esseri umani dai poteri più promettenti per imporre il proprio dominio sul mondo”, concluse.

“Vedo che abbiamo studiato”, disse ironicamente Zefren.

“Ah-ah”, fu l'unico commento di Seth.

Mi ci vollero quei venti secondi per assimilare quell’affermazione: poteri? Impossibile, da quello che ricordavo i poteri esistevano solo nei fumetti e nei film! Eppure… “Esistono umani provvisti di poteri?”, chiesi.

Mi guardarono come se fossi impazzita “Certo, tutti gli uomini hanno poteri, anche noi due”, mi rispose dolcemente Zefren, indicando lui e Seth.

“Ma da dove vieni, dalla luna?”, chiese Seth quasi esasperato, “avrai anche tu un potere, no?”.

“No io non ho poteri”, risposi sempre più sorpresa; almeno, non che io lo sapessi.

“Impossibile”, esclamò Seth.

“Infatti”, concordò Zefren, “nessun potere”.

A quel punto mi stufai ed esclamai “Ehi, non è mica colpa mia se mi sono svegliata un paio di ore fa su un divano, sono uscita dall’edificio che sapevo solo il mio nome, mi sono trovata in una città in cui le persone fluttuano in aria, ho incontrato voi due e casco dalle nuvole perché non ho né alba né tramonto di che cosa stiate parlando!”.

Dopo quella sfuriata che li lasciò zitti mi sentii meglio.

“Quindi ricapitolando…”, iniziò Zefren dopo un attimo di silenzio, “hai perso la memoria, non sai dove sei e non hai neanche indizi su chi eri, giusto?”.

Esatto, niente indizi… no, aspetta, la bandana! Me la sfilai dal collo e feci leggere loro la scritta: “E non sai cosa significa?”, chiese Seth.

“No, ma è l’unico oggetto che ha qualche riferimento con chi ero”, risposi.

“Non è molto, ma ci lavorerò su; in una settimana circa dovremmo sapere almeno cosa vuol dire”, disse Zefren.

“Cosa? Ma allora mi aiuterete?”, chiesi stupita.

“Certo, per chi ci prendi? Non è da me lasciare una donzella in difficoltà”, confermò Seth battendosi una mano sul petto.

Donzella in difficoltà. Non sapevo perché, ma sospettavo che mi sarei abituata alle sue uscite. Guardai Zefren che annuì.

“E visto che sono in debito con te di uno scontro”, continuò Seth, “ti posso offrire un posto dove stare”.

“Una casa?”, chiesi.

“Beh, chiamarla casa è un po’ troppo, ma è confortevole e non dà nell’occhio. Il proprietario mi deve un favore”.

“Grazie, grazie, grazie, grazie!”, dissi un po’ commossa.

Il fatto che due ragazzi, che fino a tre ore prima non sapevo neanche che esistessero, mi stavano dando una mano, mi fossero amici e mi dessero pure una casa era magnifico.

“A proposito”, cominciò Zefren, “non ci siamo presentati a dovere. Io sono Zefren Leris e ho il potere di spostare gli oggetti”.

Senza che me ne rendessi conto il divano dietro di me cominciò a fluttuare; riuscii per poco a non cacciare un urlo.

“E io sono Seth Ranger e controllo il potere del fuoco”.

Nella sua mano, come per magia, dal nulla, si creò una sfera di fuoco che ardeva senza bisogno di combustibile; non era un’illusione, e neanche un ologramma: era fuoco vero.

“Bene”, iniziò Seth, “è il caso che ti accompagniamo alla tua nuova casa”.

Zefren mi fece segno di seguire Seth che si era già avviato verso la porta.

Appena uscita notai che non c’erano scale normali, ma delle scale mobili; Seth ci salì su e io lo seguii a ruota. Dopo essere usciti dall’edificio, che era uno dei più alti che avessi visto, Zefren mi parlò: “Dunque, visto che non ricordi niente del mondo attuale, ho pensato che potremmo farti una lezione di storia accelerata, tanto per capire dove ti trovi”.

“Togli il plurale”, puntualizzò Seth iniziando a camminare, “lo sai che sono una frana in storia”.

“Sì, come in tutte le altre materie. Mi chiedo ancora come tu sia riuscito a uscire dalle superiori con tutte quelle insufficienze”.

Seth sbuffò “Uffa, allora non perdere tempo e fai un resoconto della storia attuale; così ripasso anch’io, maestro”, finì con un sorrisetto.

Zefren doveva essere abituato alle battute dell’amico perché si rivolse a me e iniziò a raccontare: “Per iniziare devi sapere che questo è l'anno 2331; la storia contemporanea inizia nel 2160, con lo scoppio a catena di molte centrali nucleari nell’America settentrionale. Quel disastro di origini mondiali ha causato varie mutazioni genetiche: terra, cielo, acqua, aria, piante, animali e uomini non erano più come prima. Dopo un paio di generazioni, alcuni umani si accorsero di avere dei poteri, che chiamarono semplicemente doti particolari, che permettevano loro di correre molto più veloce degli altri o di levitare da terra concentrandosi. Dapprima questi dotati erano pochi, poi generazione dopo generazione, tutta l’umanità ha acquisito un potere, che si manifesta in maniera diversa a seconda delle persone. Esistono i Mutaforma, che riescono a trasformarsi in un animale in particolare con cui hanno qualche affinità; gli Incendiari, come Seth; i Move, come me e altre categorie di poteri.

In tutta questa storia, nel 2220, venne creata la Ares, un’organizzazione il cui compito è trovare gli umani più promettenti e usarli per imporre il proprio dominio. Anno dopo anno, decennio dopo decennio, la Ares è cresciuta di numero ed ora può contare su poteri eccezionali dalla propria parte. Attualmente il suo capo si chiama Artax e si dice che abbia un potere straordinario, anche se nessuno sa quale sia”.

“Ma deve essere eccezionale se riesce a tenere a bada centinaia di esseri umani!”, lo interruppe Seth.

“Ma come fanno a convincere una persona ad unirsi alla Ares?”, chiesi.

“Beh, prima ci provano con le buone, poi con la forza e alla fine, se non cedi, ti iniettano una sostanza cancella-memoria e poi te la riparano a loro piacimento”, mi spiegò Zefren.

Cancella-memoria…

Mi si accese subito la lampadina in testa. E se…

“E se la Ares avesse usato con me quella sostanza…”, iniziai.

“…e che per cause anomale ti abbia cancellato sia la memoria che i poteri? Non è da escludere”, concluse Zefren.

Continuando a discutere su questa ipotesi non mi accorsi che ci eravamo fermati di fronte ad un palazzo che, rispetto agli altri edifici, pareva risalire ad almeno cinquant'anni prima. Vicino alla porta che conduceva alle scale un signore sulla sessantina stava spazzando per terra; appena ci vide il suo volto si illuminò: “Seth, Zefren, che piacere vedervi!”, esclamò.

“Ciao Daster, come va, vecchio mio?”, lo salutò Seth.

“Non c’è male, ragazzo; ma dimmi… chi è questa incantevole fanciulla?”, chiese Daster guardandomi.

Incantevole? Daster doveva avere sicuramente gli occhiali ed essersi dimenticato di metterli.

“Lei è Areyl”, disse Zefren, “è… una nostra vecchia amica che non vediamo da tempo”.

“Si è appena trasferita in città e pensavamo di farla abitare nell’appartamento al terzo piano, visto che non sa dove andare”, disse Seth.

Io abbozzai un sorriso, impaurita che potesse rispondere un “no” secco. Invece Daster mi sorrise con cordialità e disse: “Ma certo! Agli amici di chi ha salvato mia figlia faccio qualsiasi favore!”.

Avrei chiesto dopo ulteriori spiegazioni su quella frase.

Daster ci invitò a seguirlo su per una normale rampa di scale fino al terzo piano; arrivato davanti ad una porta si fermò e tirò fuori un mazzo di chiavi: “Era da tempo che nessuno ci abitava più. Non fate caso al disordine e alla polvere: basta pulire un attimino e tornerà come nuova”.

La serratura scattò e ci ritrovammo in un piccolo soggiorno, metà di quello di Zefren, che dava su un corridoio collegato a tre stanze, in una delle quali identificai un bagno; le altre due erano una cucina e una camera, con un letto e una scrivania con sopra un computer risalente a una decina, se non più, di anni prima. La casa era piena di polvere, ma nel complesso era molto bella e confortevole: nessuno avrebbe potuto darmi fastidio, tanto meno la Ares.

“è splendida! Anzi, è perfetta!”, esclamai.

“Guarda che non serve fare finta che ti piaccia”, mi disse Seth.

“Ma a me piace veramente!”, protestai.

“Beh, in questo caso sono contento per te”.

“Se avete bisogno di qualcosa, chiamatemi. Sono in casa mia al piano di sotto. È stato un piacere conoscerti, signorina Areyl”, e detto questo Daster fece un inchino, come quelli dell'età medievale, e se ne andò.

Rimasti soli Seth si rivolse a me: “Dai, ora puoi dire che questo posto fa schifo”.

“Io ti continuo a dire che mi piace; basta solo dare una pulitina”, risposi, quasi seccata per l’insulto che aveva rivolto alla mia nuova casetta.

“Vuoi che ti diamo una mano?”, domandò Zefren.

“No, grazie, ma non serve. Preferisco fare da sola”, gli risposi.

“Molto bene, allora noi ti lasciamo. Se hai bisogno di qualcosa sai dove abita Zefren: troverai lì anche me”, disse Seth.

Annuii.

“Seth”, lo chiamai, lui si girò, “puoi dirmi cos’hai fatto per quell’uomo da meritarti tanto ringraziamento?”.

Lui sorrise: “qualche mese fa la Ares voleva prendere sua figlia per il suo potere di solidificare l’acqua in ghiaccio; allora io li ho aiutati e ho dato una lezione con i fiocchi e controfiocchi a quella dannata organizzazione”.

Dalla faccia di Zefren capii che doveva aver esagerato almeno un po’, ma non indagai mai.

 

Da quel giorno passò un anno: la mia casa era pulita e ordinata; avevo stretto amicizia con Daster (il quale, come pensavo, portava gli occhiali); Seth aveva fatto arrabbiare ancora la Ares; andavo ogni giorno a casa di Zefren per continuare le ricerche sul mio passato.

Meditai parecchie volte sulle parole che disse Zefren quando lui e Seth mi offrirono il loro aiuto: “Non è molto, ma ci lavorerò su; in una settimana circa dovremmo sapere almeno cosa vuol dire”; non per mettere in dubbio le capacità di Zefren, ma era passato un anno.

Quella mattina Seth era venuto da me con la rivelazione che Zefren aveva trovato qualcosa: chissà cosa, ma non vedevo l’ora di scoprirlo…

“E allora? Stai dormendo in piedi?”, disse Seth distogliendomi dalle mie riflessioni.

Non so cosa avesse trovato Zefren, ma ero sicura al cento per cento (non so come, forse intuito femminile) che fosse qualcosa di importante.



spero che la storia vi abbia incuriositi *^* al prossimo capitolo *A*

  
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