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Autore: TakyRiida    20/12/2010    0 recensioni
2021, il mondo è cambiato, ora per le strade di Seattle girano i transgenici, e la gente ha paura. E la vita di persone normali si intreccia con le loro. E questa è la storia di una di quelle persone.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alec
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 07
 
20 Aprile 2021 Italia, Cagliari, ore 12.00

Il sole primaverile, si rifletteva sull'acqua del mare. La lieve brezza di vento faceva muovere la gonna, e la modellava attorno alle gambe. Le passeggiate sulla spiaggia il quel periodo erano favolose, basta che non ci si avvicinava all'acqua, ancora troppo fredda.
Gli auricolari del lettore mp3 nelle orecchie.

“Nessuno sa chi sono realmente.
Non mi sono mai sentita così vuota prima d'ora.
E se io avessi sempre bisogno di qualcuno per non essere sola...
Chi mi conforterà e mi farà sentire forte?”
 

La canzone di Rie Fu risaliva ad almeno una quindicina di anni prima, ma si adattava completamente al suo stato d'animo. Appoggiò la mano sinistra sul ventre.
Ormai non aveva più dubbi.
Doveva solo trovare il coraggio di dirlo ad Ice, e poi a suo padre, e al resto della famiglia. Dopotutto una notizia così non se la sarebbe potuta tenere per se troppo a lungo.
 

“E ancora, il viaggio continua.
anche in un così tranquillo giorno.
ed ogni nuova fase della luna
brilla sul mio cuore benevolmente
così noi offriamo una preghiera
aspettando per un nuovo giorno da condividere.”
 

Appena la canzone fu finita, spense il lettore mp3 e si girò, incamminandosi verso casa. Zack, più di un mese prima, le aveva portate in quella cittadina. Precisamente non aveva ben capito dove si trovasse, la geografia non era il suo forte, ma sapeva che se usciva di casa e seguiva l'odore della salsedine, arrivava al mare, e dopo un po' di volte che si era messa a seguire il suo naso, aveva imparato la strada. Andava li tutti i giorni, a fare una passeggiata.
Vivevano lì lei, Ice e Zack.
Ma solo Zack conosceva la lingua. Lei ed Ice parlavano in inglese quando capitava di venir interpellate da un abitante di quella cittadina. E, sempre Zack, si occupava di andare a fare la spesa, e le accompagnava se dovevano comprare qualcosa di particolare.
 
Quando entrò nell'appartamento, uno stano odore le arrivò alle narici. Le venne subito la nausea.
-Chi diamine si è messo ai fornelli?- domandò alla casa apparentemente vuota. -Ice? Dannazione!- quasi urlò andando in cucina. C'era qualcosa nella padella, che ormai era da buttare.
-Cosa?- chiese la cugina arrivando alle sue spalle.
-Quante volte ti devo ripetere che quando cucini, devi rimanere qui ed assicurarti che non bruci niente! Il cibo non va sprecato!- le urlò contro spegnendo il fornello e buttando il tutto nella pattumiera.
-Ops.. ero andata.. ehm.. in bagno!- cerco di giustificarsi.
Takami la guardò inarcando le sopraciglia.
-Chiama la pizzeria.- disse solamente andando nel salottino e sedendosi sul divano.
Prese il libro appoggiato sul comodino e continuò.
Era un libro di poesie di un autore americano e, fortunatamente, anche se l'edizione era italiana, sul lato sinistro ogni poesia era in inglese. Se non fosse stato così non sarebbe riuscita a capire neanche una parola.
 
Quando Zack tornò, con le buste piene di bottiglie in vetro, appena riempite d'acqua alla fonte, vide la pizza sul tavolo. Guardò le due ragazze, entrambe sul divano, ma solo Ice era sveglia.
-Cos'hai bruciato?- le chiese mentre riponeva le bottiglie nella dispensa.
-Cosa ti fa pensare che io abbia bruciato qualcosa?- rispose lei a bassa voce.
-Semplicemente perchè c'è la pizza.- ghignò tornando in sala e sedendosi sulla poltrona davanti ad Ice -E Takami ci permette di mangiare la pizza, solo quando tu bruci qualcosa e lei non ha voglia di cucinare.-
-Non pensi che io mi sia messa a far finta di cucinare perchè, forse, avevo voglia di mangiare della pizza?-
-La cosa non mi stupirebbe ma.. hai pur sempre bruciato qualcosa.-
La discussione terminò li con Ice imbronciata, Zack che si tratteneva dallo scoppiare a ridere e Takami che dormiva tranquilla.
 
 
10 Maggio 2021 Italia, Cagliari, ore 09.00

-Takami non si è ancora alzata?- chiese Zack entrando in cucina.
-Oh si che si è alzata.- mormorò Ice mentre sorseggiava il caffè. Nella cucina c'era odore di croassant.
-E dovè?- il ragazzo piegò la testa guardando verso la sala, ma anche li non vi era traccia di Takami.
-In bagno. A vomitare.- mormorò lei con una smorfia.
-E' la terza mattina di seguito. Ma che è? Incinta?- i due si guardarono.
-No.- esclamarono in coro scuotendo la testa.
-Ma ci pensi? La nostra, sempre attenta amica, che commette un errore di percorso.- rise Zack, sedendosi e prendendo una brioche, addentandola.
Ma il dubbio rimase ad entrambi. E subito dopo quel pensiero, un altro, lo stesso nella mente di entrambi, lo seguii. “Ma chi diavolo potrebbe essere il padre?”
 
Quando Takami tornò dal bagno, si sedette il più lontano possibile dalle brioche.
-Allora?- le chiese Zack -Ti devo portare in ospedale?-
-No. Non ce né bisogno, so benissimo che cos'è.- sorrise, rilassata.
-E..?- stavolta fu Ice a parlare. Nessuno dei due le toglieva gli occhi di dosso.
-E cosa?- li guardò, complottavano alle sue spalle? Non capiva.
-E che cos'hai?-
-Ah! Quello.- rise, ma stavolta fu una risata nervosa ad uscirle dalle labbra -Ehm.. sono incinta.-
-COSA?- entrambi scattarono in piedi appoggiando le mani sul tavolo.
-Incinta. Gravidanza. Aspetto un bambino.- incrociò le braccia al petto -Vi sembra strano che io abbia fatto del sesso? Guardate che uso sempre precauzioni.-
-Se le avessi davvero usate, non saresti in questo... questo... stato!- esclamò la cugina avvicinandosi.
-Su ogni confezione, c'è scritto che funzionano solo al 97%. C'è sempre quella minima percentuale di fallimento.- borbottò la rossa -Sono stata sfortunata, in un certo senso.-
 
15 Maggio 2021 Inghilterra, periferia di Londra, ore 17.00

-L'avete trovata?- domandò Pyrgus entrando nel salottino al piano terra. Nella stanza, Diaz e Vicktor erano seduti a bere il thè mentre Alexander, osservava delle fotografie.
-Si.- fu quest'ultimo a parlare -Ma sembra ci siano delle novità.-
-Quali?- Pyrgus prese una tazza pulita, posata sul tavolino e si versò del thè.
-Takami. Aspetta un bambino.-
Ghignò, girandosi a vedere la reazione del fratello. Sembrava impassibile, ma lui sapeva che se avesse avuto tra le mani il padre, il quieto Alexander, sarebbe stato in grado di ucciderlo.
-Chi è il padre?- domandò avvicinando la tazza alle labbra.
-Non lo sappiamo, ma da quel che abbiamo potuto capire, Takami vuole tornare a Seattle, probabilmente per dare la lieta novella al futuro papà.- ora fu Diaz a parlare.
-E ovviamente la mia Erin, l'accompagnerà. Andate a Seattle, voglio la mia Erin. Cercate di scoprire chi è il padre del bambino. Se è un banale idiota lasciate stare Takami.-
 
15 Maggio 2021 America, Seattle, ore 11.00

Seduta sul palazzo più alto di TerminalCity, Max osservava la città.
Ormai era passate due settimane da quando era riuscita a portare la maggior parte dei suoi fratelli in quella zona della citta. Dove, dopo l'incidente biochimico, le scorie tossiche si erano sparse per tutto il settore sette.
Era l'unica zona della città sicura per loro. Nessuno andava li, a meno che non erano immuni ad ogni virus, o scoria tossica. E per sfortuna dell'uomo, solo quelli di Manticore lo erano.
La guerra ormai era aperta.
Ogni singolo agente della polizia, aveva circondato le recinzioni del settore. Li volevano morti. Ma loro, uniti, avevano issato la loro bandiera, dipinta da Joshua, il primo “mutante” che Sendman, il loro padre come lo chiamava il suo cucciolone, aveva creato. Una bandiera divisa in tre parti. Quella più bassa era nera, indicava Manticore, e il buio da dove arrivavano. In mezzo una striscia rossa, dove si trovavano ora, e in altro la striscia bianca, dove volevano andare. Al centro c'era disegnata una colomba. Erano loro quella colomba.
Era lei a guidarli, a far si che avessero scorte di cibo e armi, con l'aiuto di Alec e Logan. E sempre lei, a quanto avevano scoperto da poco, era quella perfetta. Per colpa di un difetto, a suo parere, nel suo codice genetico. Che neanche uno dei suoi cloni, come l'x5-453, o la piccola pipistrella x7-452, avevano. E la prima doveva sperare di non contrarre mai la malattia che aveva infettato la seconda. Stessa malattia che aveva contratto anche Brin.
Tra tutti i “soldati geneticamente modificati” presenti li a TerminalCity, gli unici che voleva al suo fianco, a parte Joshua e Alec, i suoi undici fratelli scappati con lei nel 2009, anche se ormai era meglio dire sette, visto che tre erano morti e uno non aveva più la memoria. Loro sette non erano li con lei. Ancora nascosti, con le vite che si erano create.
Non aveva più avuto notizie neanche di Jace, e del suo bambino. Il bambino che portava il suo nome. “Chissà se è maschio o femmina” pensò sorridendo.
 
-Ehi cucciolina.- la voce di Joshua interruppe il corso dei suoi pensieri -Alec dice che ha chiamato Logan. Ti sta aspettando a casa sua. Dice che è urgente, ma non dice altro.-
-Va bene, cucciolone.- si alzò dando una pacca sulla spalla del ragazzo-cane -Allora io evaporo. Mentre non ci sono state attenti.-
 
Appena arrivò nella casa di Sandman, dove ora si nascondeva Logan, si appoggiò con una spalla allo stipite del salotto.
-Ciao straniera.- la salutò Logan con un sorriso, dalla sua postazione davanti ai pc nuovi.
-Hai chiamato?-
-Si. Non indovinerai mai chi mi ha contattato, e chi sta tornando a Seattle.- lo vide ghignare, mentre Asha appariva alle sue spalle.
-Asha?- chiese sorridendo.
-No ma che centra?- scosse la testa -Lei è qui per delle questioni del S1W.-
-Ciao Max.- disse lei, bionda con i capelli a caschetto “Quel taglio gli sta proprio male” pensò sorridendole.
-Allora? Chi? No non dirmelo in nostro caro amico Donald è vivo?- incrociò le braccia al petto -Oppure White ha radunato qui tutta quella sua strampalata setta?-
-Takami.- Logan si appoggiò allo schienale incrociando le braccia al petto.
-Ah.- si girò e andò in cucina a prendere una lattina di soda nel frigo -E come mai?-
-Non lo so. Ma deve parlare, con molta urgenza con Alec.- la sua voce la raggiunse in cucina mentre lei apriva la soda e beveva un sorso.
-Ma quanti mesi sono passati? Tre? Quattro?- domandò tornando verso la zona dei computer.
-Tre. A quanto mi hanno detto si sono nascoste in Italia, e visto che le acque sembrano calme hanno deciso di tornare qui, momentaneamente, per poi tornare probabilmente in giappone.- gli spiegò lui aprendo una l'ultima e-mail di Hiei.
-Non ho voglia di combattere pure con la famiglia di quelle due.- sbuffò lei leggendo la mail a un metro di distanza da Logan.
-Non credo ce ne sarà bisogno.-
 
20 Maggio 2021 America, Seattle, ore 09.30

E così erano di nuovo in quella città. Zack, dopo che le aveva accompagnate in aereoporto a Milano, era tornato a casa sua. E loro dopo ore di viaggio erano di nuovo li.
Dovevano fare in fretta. Presto Takami non sarebbe più potuta salire su un aereo. Ice, ancora non riusciva a digerire la notizia che solo dieci giorni prima la cugina le aveva dato.
Da allora aveva passato ogni singolo momento al telefono con Hiei, ad organizzare il viaggio, e a trovare un appartamento, per il loro soggiorno.
Hiei le aveva anche aggiornate sugli ultimi avvenimenti di Seattle, e avevano deciso che tramite Logan, avrebbero contattato Alec perchè, ovviamente, nelle condizioni in cui si trovava Takami, non potevano avvicinarsi al settore 7.
 
Ai posti di blocco c'erano meno guardie, infatti quasi tutte erano intorno al TerminalCity, ci misero poco ad arrivare al palazzo, dove Hiei gli aveva affittato un appartamento.
Dopo aver sistemato le loro cose, Takami si andò a sdraiare sul letto, mentre Ice sistemava le provviste. La maggior parte di esse era composta da ramen in scatola “Scaldi l'acqua, versi e mangi” pensò mentre riponeva l'ultima scatola.
Si avvicinò poi alla finestra, e si tolse il maglione. Rimase con addosso solo il top rigorosamente nero. Con la mano destra andò a sfiorare il tatuaggio che aveva sulla schiena: un'ala nera da demone e una bianca da angelo, unite nel centro da un Tao.
Takami l'aveva sempre presa in giro, soprattutto per l'ala bianca “Te sei un demone, come puoi avere un'ala bianca” pensò con una smorfia a quella frase che praticamente le ripeteva almeno una volta ogni mese da che avevano 16 anni.
 
Sentii il cellulare di Tak squillare, si allontanò così dalla finestra e guardò il numero.
* Mamma * lesse nel riquadro verde.
-Pronto?-
-*Ice?*- chiese la voce dall'altro capo della linea.
-Si sono Ice.-
-*Takami?*-
-In questo momento sta dormendo. Il viaggio l'ha stancata.- si avvicinò alla porta della stanza della cugina osservandola mentre dormiva in posizione fetale.
-*Ma è andato tutto bene? Il bambino sta bene?*- maledì il giorno che quella stupida chiamò Hazuki, la madre, per dirle del bambino. Da allora quella santa donna chiamava almeno una volta al giorno.
-Si, zia. Stanno entrambi bene. Ora ti saluto. Il fuso orario mi ha stravolto pure a me.-
-*Va bene. Ciao Erin, e state attente.*-
-Ciao.- chiuse la telefonata con una smorfia. Erin. Continuavano a chiamarla così nonostante tutti sapessero quanto odiava quel nome.
Appoggiò il telefono sul tavolo e andò a sedersi sulla poltrona chiudendo gli occhi.
 
 

Fine capitolo 07
  
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