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Autore: oldenuf2nobetter    23/12/2010    8 recensioni
Ci sono delle volte in cui non si può compiacere tutti. Qualche volta riconoscerlo è la propria ricompensa. Il seguito di If Wishes were children
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Ed eccoci qui. Sinceramente l'idea iniziale era pubblicare domani, ma al momento la RL mi ha un po' travolta, per cui...eccovi qui il mio regalo di Natale per tutte voi! Un grazie immenso a Lyrael che l'ha betata al volo in pochissimo tempo. La storia originale la trovate qui

Sir_Black, a te un abbraccio unico e pieno di affetto, Buon Natale cherié. Le dichiarazioni te le ho già fatte <3

Una dedica specialissima a Loux che per la prima volta non ha letto questa storia in anticipo.

Che dire? BUON NATALE e enjoy!

Era un suono sommesso ma non era necessario che fosse più alto. Harry era così sintonizzato su ogni singhiozzo e ogni cigolio delle molle del letto, che in un attimo si era svegliato, seduto ed aveva preso gli occhiali sul comodino. Muovendosi con cautela in modo da non disturbare l’altro occupante dell’ampio letto, si sedette sul bordo e infilò i piedi nelle pantofole ai piedi del letto. Appena alzato, si passò la mano tra i capelli folti e  attraversò la stanza.
 
Il corridoio era scuro e freddo ma la porta subito dopo la stanza padronale era spalancata e un alone di luce creava delle ombre sul tappeto lussuoso. Facendo più piano possibile, spinse la porta ed entrò in un mondo meraviglioso.
 
Delle fatine dipinte sgambettavano sopra campi verdeggianti in movimento, saltando di fiore in fiore e facendo le piroette verso il cielo di un azzurro acceso che copriva tutte e quattro le pareti. I draghi volavano sul soffitto e quelle creature, solitamente feroci, avevano degli occhi grandi e dolci e degli inusuali, ampi sorrisi. Su una collina lontana, un castello magico si stagliava all’orizzonte contro il cielo, con gli stendardi rosso oro e verde argento che sventolavano dalle torri, mossi dalla brezza. E dietro il castello c’era un campo da gioco magico, con tre anelli alle due estremità e delle piccole figure che volavano sulle scope.
 
Dall’altra parte del tappeto, che assomigliava ad un curato prato inglese cosparso di margherite, proprio vicino alla finestra chiusa per la notte, c’era una culla che era stata intagliata amorevolmente in modo da assomigliare ad una locomotiva. Steso sulla schiena, in un groviglio di coperte, c’era un bimbo davvero piccolo con una tutina blu, con ciocche di capelli neri che andavano in tutte le direzioni circondandogli il visetto rotondo ed il naso rosso ed escoriato. Respirava rumorosamente e, se Harry aveva visto giusto, si stava preparando per un bel pianto.
 
“Ah, ometto. Non riesci a dormire?” mormorò Harry avvicinandosi. Il bimbo lo vide ed immediatamente iniziò a tirare su con il naso e i grandi occhi grigi si riempirono di lacrime. “Su, non farlo.” Harry arrivò accanto alla culla e si chinò, prendendo il bambino da sotto le braccia e portandoselo al petto. Il piccolo sembrava congestionato e quando respirava si sentiva un fischio dalla gola. “Se piangi, il tuo naso starà solo peggio. Shhh tesoro, sono qui.”
 
Le piccole mani si arricciarono contro il cotone morbido della maglietta di Harry e strinsero forte, proprio come quelle stesse manine si erano aggrappate al suo cuore sette mesi prima e da allora non avevano mai lasciato la presa. Non avrebbe mai immaginato che fosse possibile amare qualcuno o qualcosa quanto amava quella piccola creatura, eppure, era così. Il suo sole sorgeva e tramontava in quei grandi occhi grigi.
 
“Mipsy,” chiamò piano Harry, piegando il braccio sotto il corpicino caldo e cullandolo dolcemente. Ci fu un pop sommesso proprio al suo fianco.
 
“Si, Padron Harry?”
 
Harry diede un’occhiata in basso e vide la piccola elfa domestica che lo stava guardando con i grandi occhi verdi spalancati. “Padroncino Jamie ha bisogno della sua pozione decongestionante,” disse. “Potresti prendermela per favore?”

“Certamente Signore.”
 
L’elfa scomparve e riapparve nello spazio di un battito di ciglia con in mano un contagocce contenente una pozione rosa.
“Grazie,” disse Harry prendendola. Il bimbo, vedendo il contagocce avvicinarsi al suo viso, girò la testa di lato, mettendo il broncio. “No tesoro, non fare così,” disse Harry dolcemente. “Ti farà sentire meglio.” Jamie si contorse, allontanando ancora di più il viso. “James,” disse di nuovo Harry, con voce un po’ più dura. Il bimbo lo guardò con la coda dell’occhio. “Devi prendere la pozione adesso.”

Alla fine dovette inserirgli di forza il contagocce nell’angolo della bocca e spremervi il contenuto, facendo sputacchiare il piccolo che iniziò a piangere, ma inghiottì comunque la maggior parte della pozione. Harry passò a Mipsy il contagocce vuoto e spostò il bambino sulla sua spalla
 
“Dolce agnellino,” mormorò empaticamente la piccola elfa. “Non si sente molto bene, vero.”
 
“No,” convenne Harry, dando delle piccole pacche sul sedere del piccolo e cullandolo mentre piangeva. “Mipsy, se tu potessi portarmi un biberon…”
 
“Subito, padron Harry.” Andò e tornò con la stessa velocità di prima e Harry era sempre stupito dalla sua efficienza. L’elfa teneva il biberon in mano. “Vuole che Mipsy dà a padroncino Jamie il suo biberon, signore? Così lei può tornare a dormire.”
 
“No, va bene così Mipsy,” rispose Harry, prendendo il biberon che l’elfa gli stava porgendo. “Lo porterò giù in salone e ci siederemo vicino all’albero. Magari così non disturberà troppo Draco. Tu puoi tornare a letto.”

“Va bene signore. Buonanotte.” Scomparve con un altro suono sommesso appena accennato.

“Okay, ometto,” mormorò Harry al bambino, che si stava ancora agitando, anche se più piano. “Andiamo di sotto e lasciamo che papà dorma un po’, sì?”

Lasciò la stanza del piccolo, guancia a guancia con il bambino, mormorando dolcemente mentre oltrepassava la stanza padronale al buio e scendeva le scale.
 
C’era stato un momento nella sua vita in cui Harry aveva disperato di diventare padre. Ginny si era innamorata di Neville e quella parte della sua vita si era conclusa. Poi c’era stata la sua presa di coscienza che non solo non voleva sposare Ginny, ma che non voleva sposarsi per nulla. Amava le donne nella sua vita ma erano come sorelle, o madri. Venire a patti con la sua stessa sessualità era stato uno dei viaggi più dolorosi che avesse intrapreso, principalmente perché metteva la paternità fuori portata. O così aveva pensato.
 
E poi aveva riallacciato i rapporti con un vecchio rivale scolastico e si era reso conto che colui che una volta era stato la sua spina nel fianco era anche l’amore della sua vita. Avevano iniziato una relazione tumultuosa ma passionale e per molto tempo Harry rimase convinto che non avrebbe mai potuto avere figli; aveva l’amore di quell’uomo meraviglioso e gli bastava. E poi quel grande amore lo aveva lasciato in modo crudele e Harry ne era rimasto distrutto. Così tanto che aveva lasciato l’Inghilterra per gli otto mesi successivi.

Era tornato solo per il matrimonio di Neville e Ginny. Aveva previsto di rimanere nel paese per meno di una settimana ed era quasi pronto a scusarsi e lasciare il ricevimento quando Narcissa Malfoy aveva fatto la sua comparsa.

Le ore successive furono tra le più surreali di tutta la sua esistenza.
 
Narcissa gli disse che Draco aveva bisogno di aiuto, ma rimase sul vago. Quando Harry arrivò alla casa in rovina dove si erano ridotti a vivere, all’inizio fu orripilato da quanto Draco sembrasse malato. Pallido ed esangue, decisamente più magro dell’ultima volta che l’aveva visto, era disteso su un divano rovinato, respirando faticosamente nel sonno, con delle rughe di dolore e fatica attorno alla bocca. Istantaneamente Harry ebbe paura che stesse morendo. E poi sua madre lo aveva svegliato e Draco si era contorto per sedersi ed Harry era rimasto… a fissarlo.

Era come minimo surreale. Harry era stato allevato dai babbani; gli uomini non restavano incinti, non avevano l’attrezzatura necessaria. Eppure lì, seduto su un divano sfondato, c’era la prova inconfutabile che nel mondo magico assolutamente nulla era impossibile. Magro com’era, l’addome enorme e gonfio di Draco era la testimonianza silenziosa della verità.
 
Grazie ad un antico incantesimo pronunciato da un antenato di Malfoy, in determinate condizioni un maschio poteva infatti restare incinto e avere un bambino. La magia sarebbe stata necessaria per portare avanti la gravidanza e per dare alla luce il bambino, ma visto che la produzione di un erede era l’unico obiettivo, poteva essere fatto. Senza nemmeno sapere che lo stavano facendo, Harry e Draco avevano compiuto la loro parte della condizione posta; entrambi desideravano dei figli dall’altro, anche se pensavano che fosse comunque impossibile. Il risultato, in quel momento, stava masticando il colletto della maglia di Harry, che era appena arrivato in fondo alle scale e stava entrando nel salotto buio e silenzioso.

A causa delle leggi emesse alla fine della guerra, che avevano reso illegale per chiunque portasse il Marchio nero avere delle cure mediche, Draco non aveva avuto alcuna assistenza prenatale. Al momento in cui Harry entrò nel quadro, Draco era in travaglio, senza che ci fosse alcun modo per il suo corpo di partorire. Narcissa era andata da Harry in un atto di disperazione, poiché l’alternativa era la morte sia del bambino che del padre.

Ovviamente Harry non poteva permetterlo. Per quanto surreale fosse l’intera situazione, che fondamentalmente lo scosse direttamente nel profondo, quello era suo figlio e avrebbe smosso cieli e mari per vederlo sopravvivere insieme a Draco. Non fu necessario riallineare i pianeti: ridecorare la stanza del pronto soccorso con un’eruzione di magia involontaria era stato sufficiente. Il bambino era stato fatto nascere con un cesareo di emergenza e sia padre che figlio si erano salvati.
 
Ma altro fu salvato in quella notte stupefacente. Draco aveva lasciato Harry solo per toglierlo dall’imbarazzo che gli avrebbe creato la loro… situazione… singolare. Si era convinto che qualsiasi notizia della gravidanza in qualche modo avrebbe irrevocabilmente distrutto la reputazione di Harry. Ma a Harry sembrava che l’universo gli avesse offerto il più grande dei doni; poteva avere Draco e potevano avere loro figlio. Per Harry non era per nulla un’aberrazione; era un miracolo.
 
Attraversò il salone in penombra fino ad una meravigliosa sedia a dondolo in mogano, che si trovava vicino ad un imponente albero di Natale con le luci spente. Era quasi la vigilia e avevano fatto l’albero la settimana prima. Sapendo che il piccolo ne era affascinato e pensando che avrebbe aiutato a distrarlo dal malessere fino a quando la pozione non avesse fatto effetto, Harry si avvicinò all’albero e guardò tra i fitti rami. Alla fine avvistò quello che stava cercando.
 
“Signore,” disse piano. “Posso chiedervi un favore, se non vi dispiace?”
 
Seduta accanto al tronco, una fatina dai capelli scuri alzò la testa dalla posizione accoccolata in cui si trovava. Vide Harry ed aggrottò appena la fronte ma poi vide il bambino e, tubando appena, spiegò le ali e si librò in volo di fronte a loro. Jamie la vide e smise di agitarsi mentre la fissava meravigliato. Era una cosettina carina e Harry sorrise.
 
“Non si sente bene,” disse sottovoce. “Mi stavo chiedendo se per te non è un problema svegliare le altre e chiedere loro di illuminare l’albero per un po’, solo finché non si addormenta di nuovo. E’ abbastanza preso da voi…” La fatina ondeggiò davanti agli occhi spalancati del bambino, facendo qualche suono empatico, poi annuì e volteggiò di nuovo nell’albero. Pochi attimi dopo svegliò le altre fatine e l’albero iniziò ad illuminarsi piano.
 
“La tua prima conquista, James Arthur,” mormorò Harry, sprofondando nella sedia a dondolo e sistemandosi Jamie tra le braccia. “Le fatine dell’albero.”
 
In realtà, come Harry sapeva perfettamente, la sua prima conquista era stato lui stesso. Gli era bastata una sola occhiata a quel visino, a quei capelli neri indomabili e si era innamorato. E da allora nulla era cambiato. Qualche volta, lo spaventava quanto amasse suo figlio. Non aveva mai sentito nulla di simile alla morsa ferrea che Jamie aveva messo sul suo cuore. Adorava Draco, stavano insieme ed erano più felici di quanto Harry avesse mai immaginato, ma c’era qualcosa di profondamente unico nell’amore che provava per suo figlio.
 
Lo amava così tanto da fare qualcosa che una volta aveva giurato che non avrebbe mai fatto: era entrato in politica.
 
Le leggi che avevano quasi condotto Draco e Jamie alla morte dovevano essere cambiate e c’era un solo modo per farlo. Dall’interno. Harry era ora uno dei membri eletti più giovani nella storia del Wizengamot e molti pensavano che fosse sulla buona strada per diventare Ministro un giorno. Non era interessato a quella carriera; gli interessava solo cambiare l’opinione pubblica abbastanza da superare i vecchi pregiudizi e le ostilità.
 
Non era stato, e non lo era tutt’ora, facile. Il suo status di eroe aiutava ma c’erano ancora streghe e maghi, prevalentemente della vecchia scuola, che pensavano che i Mangiamorte meritassero di non avere alcun diritto, incluse le cure mediche d’emergenza. E c’erano altri che pensavano che Harry e Draco fossero un’aberrazione e che Jamie non sarebbe mai dovuto nascere.
 
Istintivamente Harry rafforzò la presa su suo figlio. All’inizio c’erano state le Strillettere che sputavano odio sulla nascita di Jamie e sulla relazione tra Harry e Draco. Avevano smesso di arrivare ma c’era ancora chi li guardava con disapprovazione e disgusto. Harry non era sicuro di quale fosse in realtà il loro problema. Per lui, anche se il concepimento e la nascita di Jamie erano quasi un miracolo, non era diverso dalla Smaterializzazione di un mago da un posto per apparire in un altro o dal trasformare una tazza di the in un animale vivente. Era stato allevato in un mondo senza magia; tutto quanto per lui era magia. Lo aveva sorpreso e allarmato scoprire che, anche tra i maghi, alcune pratiche erano sospette. Aveva rotto una delle sue promesse di vecchia data e aveva rilasciato un’intervista alla Gazzetta del Profeta quando erano iniziate le voci che Draco era stato in grado di portare avanti una gravidanza solo grazie ad un incantesimo oscuro lasciato da Voldemort.
 
Harry guardò in basso, al viso di suo figlio mentre beveva rumorosamente dal suo biberon, e non riuscì ad immaginare nessuno che lo potesse guardare e pensare che era il prodotto di qualcosa di oscuro. Era bellissimo e perfetto e Harry avrebbe fatto tutto e qualsiasi cosa fosse in suo potere per far sì che crescesse felice, in salute e sapendo di essere amato. Incluso concorrere in politica e concedere interviste a quel maledetto giornale.
 
Jamie finì il biberon e Harry lo posò a lato prima di sollevarlo e appoggiarselo contro la spalla, dandogli delle pacche delicate sul suo sederino rotondo. Dopo un momento fece un ruttino rumoroso.
 
“Ecco, questo sì che era un ruttino,” ridacchiò Harry. Jamie rispose strofinandosi il nasino sulla sua spalla e lamentandosi  piano. “Lo so piccolo,” disse, mentre accarezzava la schiena del piccolo e lo tranquillizzava con dei leggeri movimenti circolari. “Lo so, la pozione farà effetto tra poco, te lo prometto.”
 
Il piccolo era stato agitato e febbricitante negli ultimi due giorni. Aveva preso qualcosa dal più piccolo di Ron e di Hermione; la sua prima volta e non si stava dimostrando molto paziente. Ma poi, pensò Harry con un leggero sorriso, provava solo quanto fosse simile a suo padre.
 
La ripresa di Draco dopo la nascita di Jamie era stata lenta e difficile. Non aveva avuto cure prenatali ed il cesareo d’emergenza gli aveva provocato un’emorragia piuttosto seria. Era guarito lentamente e si stancava ancora con molta più facilità di quello che avrebbe dovuto. Ecco perché Harry si era preso in carico i turni notturni con il bambino; Draco aveva più bisogno di dormire di lui, nonostante avesse discusso la questione strenuamente. Stava bene, diceva. Mai stato meglio. Harry sorrideva appena e gli baciava la fronte mentre scivolava nel sonno, ancora protestando che non era stanco.
 
Jamie iniziò a dimenarsi irrequieto e Harry si alzò dalla sedia per cullarlo mentre camminava per la stanza. Il movimento sembrava tranquillizzarlo e Harry iniziò a canticchiare sottovoce, fermandosi per accennare un passo avanti ed uno indietro e poi ripetere il percorso nell’altra direzione. Non era sicuro di cosa stesse canticchiando; pensava vagamente che fosse una canzone natalizia, e sembrò avere conferma quando le fatine che stavano svolazzando tra i rami dell’albero sempreverde iniziarono ad accompagnalo con le voci dolci, acute e pure. Smise di camminare avanti indietro ed iniziò ad ondeggiare al ritmo della dolce melodia. Gli sembrava di ricordare vagamente le parole.
 
Silent Night, Holy night, all is calm, all is bright…

Continuò a canticchiare e sentì Jamie abbandonarsi tra le sue braccia, la testolina poggiata sulla sua spalla, e Harry continuò a muoversi, canticchiando con l’accompagnamento delle fatine sull’albero.
 
Non era sicuro di come sapesse che non era più solo nella stanza. Presumeva nello stesso modo in cui lo sapeva sempre. C’era una… consapevolezza. Si voltò leggermente, senza spostarsi, muovendosi ancora dolcemente al suono della canzone e trovò Draco in piedi sulla soglia, con indosso un accappatoio bianco, le braccia incrociate sul petto e la testa chiara appoggiata alla cornice della porta, che lo guardava con gli occhi spalancati, dello stesso grigio di suo figlio.
 
“Cosa stai facendo?” mormorò. Harry sorrise.
 
“Sto ballando con Jamie,” rispose, parlando sottovoce.
 
Un leggero ghigno incurvò le labbra piene. “Beh, deve essere lui a condurre allora, perché noi due sappiamo che non ne sei capace.” Il sorriso di Harry si riscaldò a quella presa in giro bonaria. “Sta bene?”
 
Harry annuì. “Si, tutto a posto. Infatti credo...” Allontanò di poco la testa e guardò in basso. Le labbra rosee di Jamie erano rilassate ma gli occhi erano ancora socchiusi. “No, non ancora.” Accarezzò la schiena del piccolo con gli occhi ancora fissi su Draco. “Dovresti tornare a letto.”
 
“No,” rispose, spostandosi dalla soglia e dirigendosi verso Harry. Si fermò davanti a loro. “Direi che preferisco ballare con mio marito e con mio figlio, se per te è lo stesso.”
 
Harry sorrise e allungò l’altro braccio, avvolgendo Draco e stringendo il corpo magro al suo fianco. Draco fece scivolare un braccio attorno al torace di Harry ed appoggiò la testa su una spalla, Jamie invece rimaneva sull’altra e i tre ondeggiarono dolcemente alla luce incantata dell’albero, accompagnanti dalla melodia ammaliante.
 
E Harry seppe, in quel momento, che non importava quello che chiunque altro poteva pensare. Quella era la sua realtà, la sua famiglia, la sua vita. Ed era perfetta.
 
 
 
  
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