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Autore: Hermia    09/12/2005    24 recensioni
Due vite.
Due passati.
Due mondi separati e distinti che non avranno mai nulla in comune. Luce e ombra, calore e freddezza, amore e odio.
E’ possibile per essi incontrarsi?
"Per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla. E così ho fatto." (La Chimera – S. Vassalli)
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Io § Tu

Io § Tu

 

~  Il nostro erede  ~

 

 

Il silenzio calò sulla buia camera, non appena si udì il rumore della porta chiudersi alle loro spalle.

Il momento era arrivato.

Il ticchettare delle scarpe sul parquet.

Tensione.

L’uomo appena entrato si avvicinò cautamente al letto appena illuminato dalla fioca luce di un candeliere in argento, le cui candele erano ormai quasi del tutto consumate.

Quattro respiri irregolari ed il resto era silenzio, carico di ansia ed aspettativa.

-Allora, dottore?-

Era stata l’ansiosa richiesta della donna sdraiata sul letto, intenta a torturare il pregiato tessuto con cui era confezionata la sua camicia da notte.

Silenzio.

Esitazione.

Paura.

-Ho esaminato attentamente, molto attentamente, il sua caso. Lei è molto giovane, Signora, senza contare che questa è la sua prima gravidanza...E’ normale che i primi mesi non siano del tutto indolori-

Pausa.

-Tuttavia...-

Altra pausa.

-Tuttavia?-

-Tuttavia i dolori non dovrebbero oltrepassare determinati limiti. Insomma, siamo entrati nella 20° settimana, il rischio di aborto spontaneo dovrebbe essere già superato!-

-Dovrebbe? Parli chiaro, dottore!- l’uomo biondo, che fino a quel momento aveva passeggiato su e giù per la stanza, lentamente, senza lasciar trapelare alcuna emozione, aveva parlato.

La sua voce atona e fredda contraddiceva le sue parole di interessamento. Ma aveva al contempo un effetto intimidatorio.

Altro silenzio.

Nuova esitazione.

Maggiori timori.

-Quello che intendo dire è che sono deboli.- un leggero tremore di paura nascosto nella voce del medico -Sua moglie e suo figlio sono troppo deboli, un minimo affaticamento e la gravidanza è compromessa. Sempre che non sia già accaduto, il che spiegherebbe i dolori al ventre.-

-Quindi lei mi sta dicendo che non sono capace di far sopravvivere mio figlio? Che non c’è nulla da fare?- una voce incrinata dal pianto, la disperazione che emanava la sua figura, piccole gocce di rugiada che brillavano nel buio della stanza.

-No. Sto solo mettendo in chiaro i rischi che corre, Signora. E’ ancora troppo presto per...-

-E allora cosa devo fare? Me lo dica, Dottore!-

-Le raccomando assoluto riposo. Potrà alzarsi unicamente se strettamente necessario. Mi rendo conto che è un grande sacrificio ma, ripeto, un altro sforzo e il rischio non sarà solo per il bambino.-

Chiaro e dritto al punto.

–Le preparerò una pozione a base di estratto di cuore di drago come ricostituente, vi rimetterà un po’ in forze.-

Sguardo basso, timoroso.

Una mano tesa in segno di saluto, da tutti ignorata.

Il fruscio di una veste e altri passi veloci e spaventati sul parquet.

-Arrivederci, Signori-

Poi il cigolio della porta che si chiude.

Silenzio.

E singhiozzi soffocati della giovane donna, unici rumori a riempire quel vuoto.

Poi una mano, asciutta e gelida come il marmo, stretta con forza sulla spalla della giovane gravida fece cessare quell’unico rumore.

-Ti prego di mostrare un minimo di contegno, Narcissa-

Di fronte alla figura altera della anziana signora, la giovane si asciugò gli occhi ed il viso, per poi indossare la solita maschera di schizzinosa freddezza che era diventata il suo secondo volto, ormai. Cinque anni da Malfoy ti temprano a tutto.

-E tu, Lucius,- il tono si fece leggermente più autoritario –non crucciarti. Il bambino ce la farà. E’ pur sempre un Malfoy, dopotutto.-

-Non ne dubito, madre. I Malfoy ce la fanno sempre.-

 

Costa Azzurra, Francia, 30 Maggio 1988, 8:15 a.m.

 

Il parco di Château Blanc non era mai stato così allettante come quell’anno. L’estate nel sud della Francia non aveva nulla a che vedere con le uggiose stagioni londinesi, ma quell’anno il caldo afoso che si era abbattuto sulle regioni mediterranee era stata una sorpresa per tutti.

Non soffiava un minimo alito di vento. Avrebbe pagato milioni di galeoni per ricevere un soffio di ristoratrice aria fresca sul viso, sulla candida pelle di pesca leggermente imperlata di sudore.

Un piccolo sollievo ad alleviare la sua già pesante condizione.

Sdraiata sul letto matrimoniale in piume d’oca, avvolto in un elegante baldacchino di pregiata seta cinese bianca e oro, la donna si accarezzò il ventre ormai gonfio e prominente, coperto dal lino leggero del suo abito, sospirando.

Purtroppo, data la situazione, non le era permesso il lusso di farsi scortare fino in giardino e godere dell’ombra dai faggi che lei stessa aveva fatto piantare intorno allo splendido roseto della villa. Buffo, no? Ma il medico era stato chiaro, fin troppo forse: o riposo assoluto o aborto spontaneo.

“Troppo fragile” era stata la prognosi di tutti i medici che da allora l’avevano visitata. Lei ed il suo piccolo erano troppo deboli. Un minimo sforzo, affaticamento o trauma, e di loro due non sarebbe rimasto altro che due nomi incisi sul candido marmo nel mausoleo di famiglia.

Certo, avrebbe potuto anche scegliere la via più semplice, di “risolvere il problema” , come aveva suggerito la sua adorata sorella con gran tatto e sensibilità inaudita.

Certo, avrebbe potuto. Ma poi cosa si sarebbe detto di lei?

Una donna incapace di dare un erede alla propria famiglia, un essere incompleto, mancato, un disonore. Questo avrebbe detto sua suocera, la grande Vexandra Malfoy; questo avrebbe pensato, ma non avrebbe osato dirlo, il suo Lucius, prima di abbandonarla al suo destino e cercare qualche nobildonna purosangue capace di dargli un erede degno di portare il nobile nome della casata Malfoy; questo si sarebbe detto in tutta l’alta società londinese e non.

Quindi aveva accettato con altezzosa indifferenza il suo triste destino ed era stata segregata nella sua ‘gabbia dorata’. Tutti, nessuno escluso, avevano pensato che le motivazioni fossero quelle.

In realtà, Narcissa Black in Malfoy, non avrebbe rinunciato al suo bambino mai e poi mai, perché dietro a quella facciata di altezzosa indifferenza che si era dovuta costruire quando era stata promessa a Lucius Malfoy e, con grande amarezza, aveva dovuto accettare passivamente la crudele realtà che lui non l’avrebbe mai vista come più che una convivente, una compagna di letto come tante altre, con la piccola differenza che lei aveva la fede al dito. Ma non aveva mai pensato che un cerchietto d’oro e diamanti facesse la differenza.

Dietro tutto questo si nascondeva una donna innamorata del proprio marito, una madre pronta a tutto pur di difendere quella creatura frutto del suo amore, non ricambiato ma pur sempre amore, che forse un giorno sarebbe stata capace di colmare col suo affetto quel vuoto che ormai da cinque anni albergava nel suo cuore.

Narcissa amava già il suo piccolo o piccola.

E il resto era solo un mucchio di stupide bugie.

 

Château Blanc, Camera di Narcissa, 10:40 a.m.

 

Un leggero bussare al lucido legno della porta segnalò l’ingresso delle dame di compagnia che le erano state assegnate dalla data della segregazione.

Come ogni mattina, infatti, una dozzina di giovani donne irrompeva nella tranquillità della sua dolce prigione per lavarla, vestirla, pettinarla, truccarla ed agghindarla, tutto allo scopo di renderla ‘presentabile’ per suo marito, che come consuetudine, veniva a farle visita ogni mattina.

Un vero supplizio, nelle sue condizioni, ma era per lei un’abitudine. Mai nella sua vita era stata abituata ad alzare un dito in casa: da sola non sarebbe riuscita a far nulla. Cercò di rilassarsi sotto il tocco delle mani esperte di Tessa mentre le cospargeva il corpo di olio di rose.

Narcissa adorava quella donna. Era come una madre, una sorella ed un’amica per lei. Tessa era la governate cui era stata affidata fin dalla nascita, l’aveva vista crescere e sposarsi, ed ora la guardava mettere al mondo il suo primo figlio. Forse, era la persona al mondo che la conosceva meglio. Sono incredibili i segreti che una donna può avere con la propria dama di compagnia. Confidente da una vita, saggia consigliera, fedele custode dei suoi più intimi segreti.

Quando le donne ebbero finito di acconciarle i lisci fili d’oro che le adornavano il volto in una elegante e morbida treccia e renderle la carnagione esangue di un roseo naturale, una ragazza si lasciò sfuggire un sospiro di ammirazione.

-Vous etes merveilleuse, Madame!- sussurrò guardando il riflesso allo specchio della donna bionda, fasciata in una veste color panna e con il volto eccessivamente scarno.

Narcissa le sorrise educatamente, prima che le donne uscissero silenziosamente dalla camera, lasciando posto ad un altro ospite. Un ospite abituale, un ospite padrone di casa e della sua vita.

Quell’ospite era suo marito.

 

Château Blanc, Camera di Narcissa, Francia, 11:00 a.m.

 

-Buongiorno, Narcissa.- disse Lucius Malfoy, sfiorando la guancia della moglie in un breve bacio di saluto, prima di porgerle un mazzolino di delicate rose bianche.

La donna rispose cordiale al saluto, non riuscendo a reprimere una leggera nota di felicità nella voce, nel vedere il proprio marito riservarle tali premure. Ogni mattino, da quando si era trasferita in Francia, Lucius si presentava da lei con una mazzolino di fiori sempre diversi. Un pensiero molto dolce visto attraverso gli occhi di un innamorato.

Ma la sua felicità non era legata ad una così semplice accortezza, che, lei lo sapeva bene, per il marito non aveva alcun significato.

Da quando aveva lasciato Malfoy Manor per trasferirsi a Chateau Blanc aveva visto il marito sempre meno, un paio di ore al mattino se tutto andava bene, unicamente perché obbligato dai doveri coniugali.

In un altro momento la cosa non le sarebbe importata, ci aveva fatto l’abitudine, molto spesso non si faceva vedere per intere settimane, per viaggi di ‘lavoro’. Ma con la guerra che imperversava, viveva nel terrore che il mattino successivo non l’avrebbe rivisto, vivo, entrare in quella stanza e porgerle il solito mazzolino di fiori.

Era un’attesa estenuante, una paura cieca di non rivedere l’uomo amato, che la faceva star male, che la rendeva ‘debole’, ne era certa. Ma cosa poteva fare? Chiedergli di non essere più un Mangiamorte? Andare da Tu-sai-chi in persona e dirgli di perdonare il marito per il suo ammutinamento, ma, doveva capirlo, lei era incinta? Non aveva alcun senso.

Fissò le spalle del marito che, come ogni mattina, fissava il grande giardino della tenuta con grande interesse, sicuramente molto più di quello riservato alla la moglie.

Perché mi fai questo, Lucius?

La sua era una muta domanda che mai avrebbe avuto il coraggio di formulare ad alta voce.

 

-Ho parlato con il dottor Ornoby stamani.- disse Lucius con lo sguardo fisso al cielo azzurro, il tono di voce piatto -Dice che manca poco al parto, questione di giorni. Ho dato disposizione ai domestici di prestare maggiore attenzione alle tue condizioni: quando sarà il momento saranno tutti pronti. Non c’è alcun motivo per preoccuparsi.-

Di certo tu di motivi per preoccuparti non ne vedi nemmeno uno. Tu questo figlio non lo vuoi.

Narcissa annuì impercettibilmente col capo, abbassando lo sguardo verso il pavimento per nascondere la delusione. Quel muro di freddezza che c’era tra loro, che c’era sempre stato tra loro, sembrava insormontabile e mai come in quel momento le gravava addosso come un enorme macigno.

In pubblico i Malfoy erano una altolocata famiglia, non era implicito che in essa vi fosse un rapporto d’amore, ma che almeno vi fosse un rapporto, si. Loro erano due perfetti estranei, che per pura costrizione dividevano letto, casa e vita.

Dopotutto, vi si era abituata in fretta. Ma ora...tra poco non sarebbero stati più soli, loro due con la loro indifferenza.

Ci sarebbe stata una giovane vita che avrebbe preteso delle attenzioni, affetto, amore. Nella sua famiglia non vi era mai stato niente di tutto questo, ed era il motivo per cui si era ripromessa che lei non sarebbe stata così.

-Tu mi guardi dall’alto in basso e mi giudichi, Cissy, ma solo perchè non hai il coraggio di ammettere che tu sei come me. Non è una nostra colpa se noi abbiamo un cuore! Siamo forse nate sbagliate noi? O loro...-

Quella era stata l’ultima volta che aveva parlato con Andromeda Black, sua sorella, scappata di casa a diciannove anni perché rimasta incinta di un babbano di cui si era innamorata, e per questo rinnegata da tutta la famiglia. Andromeda Black non esisteva più, per tutti era morta.

Aveva rivisto Andromeda Tonks altre volte, ma non si erano più parlate da allora, ed ogni volta le ritornava in mente quella frase.

Siamo nate sbagliate?

Forse si.

Ma non avrebbe continuato a reprimere la sua vera essenza, non adesso che finalmente aveva la possibilità di amare ed essere amata dal suo bambino. Dal loro bambino.

-Secondo te,- disse quasi stesse esprimendo un pensiero ad alta voce –sarà un maschio o una femmina?-

-Come posso saperlo, Narcissa?- rispose Lucius leggermente spazientito, sempre rivolgendole le spalle.

-Già, come puoi...- sussurrò Narcissa tra sé e sé, rassegnata. Ma perché ti illudi ancora, eh?

-Non abbiamo nemmeno scelto i nomi.- continuò ancora, con sguardo spento, in quella stupida finzione che era la sua vita coniugale. E si stupì vedendo il marito voltarsi verso di lei, e, per la prima volta da quando era entrato in quella stanza, prestarle un minimo di attenzione.

-Ora devo andare, mi aspetta una riunione importante. I nomi puoi sceglierli tu. – Si avvicinò al letto e stampò un frettoloso bacio sulla fronte della moglie, allontanandosi poi per prendere il mantello.

-Tornerò più tardi.- disse prima di smaterializzarsi.

Era una bugia, lo sapevano entrambi, ma non aveva importanza.

Ancora si chiedeva come riuscisse ad amarlo nonostante tutto, come dopo una così palese manifestazione di disinteresse verso lei, il suo bambino e tutto ciò che li riguardasse, le uniche parole che aveva dirgli fossero:

-Fa attenzione...-

Sei una sciocca sentimentale, Narcissa. Altro che nata sbagliata.

 

Château Blanc, Sala da The, 5 Giugno 1988, 22:00 p.m.

 

La donna, seduta elegantemente su una delle sedie a dondolo della sala da the di Chateau Blanc, picchiettava ritmicamente le lunghe dita appuntite contro la porcellana francese della sua tazza, unico segno della sua leggera preoccupazione. Dalla sua espressione non permeava alcun tipo di emozione.

Doveva essere quasi ora, ormai.

Tempo qualche ora ed i Malfoy avrebbero avuto un nuovo erede. Guardò con apprensione l’orologio a pendolo appeso sulla parete di fronte a lei e prese un altro sorso di the.

Avrebbe aspettato tutta la notte, se necessario. Non c’era fretta, dopotutto.

L’importante era che il piccolo, o la piccola, nascesse sano. Forte lo sarebbe diventato col tempo, i Malfoy conoscevano ottimi rimedi per questo.

Solo Narcissa la preoccupava. Quella donna aveva decisamente troppe emozioni per poter essere una degna Malfoy. L’aveva detto anche a Dominic, il suo defunto marito, quando aveva combinato le nozze di Lucius con la ragazza, che non era una buona idea. Non che i Black fossero una cattiva famiglia. Assolutamente. Erano un’ottima casata di maghi purosangue da moltissime generazioni, legati alla magia nera ed al Signore Oscuro, quindi degni di ogni rispetto.

Ma si sa che in ogni famiglia c’è una pecora nera. E nei Black Narcissa poteva essere considerata sul grigio tendente al nero. Molto meglio Bellatrix, le era sempre piaciuta quella ragazza, peccato fosse già promessa. Le migliori venivano prese subito, del resto.

Ma ormai era inutile piangere sul latte versato.

Lanciò un altro sguardo all’orologio, erano le 22:30.

Strano. La sua veggente le aveva assicurato che il piccolo, un maschio, sarebbe nato alla metà perfetta tra le 22 e le 23. E fino a quel momento non si era mai sbagliata.

Appoggiò nuovamente le labbra al recipiente, quando un urlo a dir poco disumano attraversò tutta la casa, provocando un trambusto tra elfi e domestiche esagitate.

Vexandra Malfoy, mantenendo il suo sangue freddo, terminò velocemente il the e poi raggiunse la giovane nuora leggermente contrariata. Dopo cinque anni vissuti nella sua casa, non aveva ancora imparato a comportarsi come una vera Malfoy.

Per lo meno la veggente non si era sbagliata nemmeno stavolta.

 

Château Blanc, Camera di Narcissa, 6 Giugno 1988, 04:20 a.m.

 

Il parto fu a dir poco estenuante.

Narcissa aveva perso parecchio sangue, ma fortunatamente stava bene. E così stava anche il suo bambino, un maschio.

Appena nato, gli elfi lo avevano portato via, per renderlo ‘presentabile’, come se a lei importasse qualcosa del fatto che il figlio fosse presentabile o meno, e così Narcissa non aveva potuto vederlo.

Il medico, data la precedente situazione ed il parto travagliato, le aveva somministrato un infuso soporifero, per farla rimettere in forze.

Quando la ragazza si svegliò, il suo primo pensiero fu quello di vedere il bambino. Stupidamente aveva pensato che lo avrebbero fatto dormire nella sua stessa camera, ma si rendeva conto che una cosa simile andava contro ogni tipo di etichetta, per cui scese dal letto e, scalza, uscì in corridoio alla ricerca di suo figlio.

Narcissa ispezionò con attenzione tutte le stanze del suo piano, con scarsi risultati. Era assurdo che una madre non conoscesse in che stanza dormisse il figlio! Ma se aveva intenzione di guardare in tutte la stanze della villa lo avrebbe trovato capace di parlare e camminare.

Quindi, ancora mogia e stremata, scese al piano terra per chiedere al maggiordomo di portarla da suo figlio. Passando davanti ad una delle tante stanze del maniero, si stupì di sentire delle voci. Chi poteva essere a quell’ora di notte? A volte poteva capitare che Lucius portasse alcuni Mangiamorte per una riunione segreta che spesso aveva luogo in sede notturna, tuttavia le sembrava una strana coincidenza che avvenisse il giorno del parto. Un moto di paura si impossessò della ragazza al pensiero che la riunione avesse a che fare col bambino. Che Tu-sai-chi volesse suo figlio?

Senza rendersene conto, Narcissa si avvicinò alla porta e si mise in ascolto. Quello che sentì la lasciò sconvolta.

 

Château Blanc, Biblioteca, 6 Giugno 1988, 04:45 a.m.

 

-In queste accademie si viene iscritti fin dalla nascita, Lucius, e garantiscono una superba educazione. Penso che sia la scelta migliore. In famiglia tutti vengono cresciuti in questo modo e mai nessuno si è permesso di avere qualcosa da eccepire su un Malfoy.-

-Lo so.-

-Naturalmente è tuo figlio, quindi spetta a te decidere della sua educazione. Hai già deciso qualcosa?-

-Madre, permettimi di contraddirti dicendo che c’è ancora tempo. E’ nato solo questa notte.-

-...-

-...-

-L’hai già visto?-

-...-

-...-

-No-

-Perché?-

-Non mi interessa.-

-Lo vedrai?-

-Prima o poi dovrà capitare, suppongo.-

-Adesso basta, Lucius. Il tuo comportamento verso tua moglie e tuo figlio non è accettabile. Non ti permetto di disinteressarti in questo modo della tua famiglia. Quel bambino è il nostro erede che tu lo voglia o no, ed è tuo compito che venga educato come tale, in modo che onori il buon nome della nostra famiglia. Sceglierai il collegio che più ti aggrada, se non vuoi mandarlo in quello dove la nostra famiglia va da generazioni, non importa. Non vorrai farlo crescere in casa?-

-No, certo che no.-

-Quale disonore, cresciuto dalla sua stessa madre. Un rammollito, ecco cosa produrrebbe la tua indifferenza. E’ inammissibile.-

-Ho già detto che lo porterò io stesso in un collegio, non appena sarà grande abbastanza-

-E poi potresti mandarlo a Durmstrang. E’ un’ottima scuola, lontana dalla guerra e da quegli stupidi bambocci di Silente, che cercano continuamente nuovi soldati.-

-Questa non è una cattiva idea.-

-Io penso proprio di si.-

Narcissa, nella sua fragile e composta figura, comparve sulla porta appena spalancata. Incredula e arrabbiata. Era una situazione assurda! Si stava decidendo del futuro di suo figlio e nessuno sembrava intenzionato a renderla partecipe della cosa.

-Narcissa, cara, dovresti essere a letto a riposarti invece di occuparti di faccende che non – ti – riguardano.-

-Vexandra, cara, credo che l’unica a cui non spetti decidere del destino di mio figlio sia tu. Ho sempre assecondato le tue assurde regole maniacali sul ‘rispetto del buon nome della famiglia’, sul comportamento di un ‘vero Malfoy’, hai persino deciso tu come arredare la mia casa. Adesso basta, sono stanca di non essere altro che un soprammobile impolverato ed ignorato da tutti, di non contare nulla all’interno della mia casa e della mia famiglia. Ti ringrazio vivamente per esserti occupata di tutto in questi cinque anni, ma adesso prenderò io le redini della mia casa. E mio figlio non andrà in un collegio. Mai.-

Il tono di voce della donna era stato duro, così in contrasto con la sua persona all’apparenza così fragile e delicata. Sul viso vi era un’espressione fredda e calcolatrice, i pugni stretti in una morsa di ferro.

-Forse non ti è chiaro come funzionano le cose nella nostra famiglia, Narcissa. Tu non hai alcuna voce in capitolo, non sta a te decidere, ma a Lucius. E se lui lo vorrà, a te non resterà altro da fare che a..-

-Prendere mio figlio e portarlo via da questo inferno!- terminò per lei, risoluta.

-Che intendi dire?- chiese Lucius, che aveva seguito in silenzio il battibecco, particolarmente contrariato dalla scenata della moglie.

-Intendo dire, Lucius, che pretendo di veder crescere mio figlio. Come ogni mago di buona famiglia andrà in una prestigiosa accademia, fin quando non compirà sei anni, poi tornerà a casa, dalla sua famiglia, dove è giusto che un bambino stia. Se preferisci gli verrà preso un tutore, il migliore in circolazione, ovviamente, e poi andrà ad Hogwarts. La presenza di Silente non è mai stata un problema per nessuno di noi, e Durmstrang è lontana, troppo. Non manderò mio figlio in quella rovina arroccata su un ghiacciaio. E questo è quanto.-

Terminò di parlare con quella voce strascicata e fredda made in Malfoy che tanto odiava e fissò la suocera, sostenendo il suo sguardo sconcertato e sorpreso. Stessa reazione aveva avuto Lucius, il quale per la prima volta vedeva la moglie sotto una luce totalmente diversa.

Sulla stanza calò un silenzio teso. Le due donne si scambiavano occhiate raggelanti degne di due vere Malfoy.

-E sia. Avrai ciò che chiedi.- disse alla fine Vexandra, rompendo quel rapporto di sguardi che si era creato, per prendere un bicchiere di cherry.

Narcissa ne rimase leggermente stupita ma cercò di non darlo a vedere, spostando lo sguardo dal marito, che la fissava infuriato e al contempo stupito, alla suocera, che sorseggiava placidamente il suo liquore. Non si aspettava una resa tanto rapida, pensava che avrebbe dovuto lottare con le unghie e con i denti contro l’anziana donna, ma invece...

-Ma ad una condizione, però.- il suo sguardo di ghiaccio nuovamente fisso su di lei, ma stavolta sulle sue labbra era stampato un ghigno perfido di chi sa di avere la bacchetta dalla parte del manico. –Esigo che per una buona volta ti comporti come si addice ad una nobildonna di alto rango quale tu sei. Esigo rispetto, per tuo marito, per me e per il nome che porto e che porti anche tu, che lo voglia o meno. Esigo che tu educhi mio nipote al rispetto delle regole, come un degno erede di una grande casata. Sarò io stessa ad insegnarti cosa significa essere la moglie e la madre di un Malfoy, e se non rispetterai tale accordo, non esiterò un istante a toglierti il bambino!-

Al monologo seguì una breve pausa studiata, in modo che la ragazza avesse la possibilità di considerare tutte le eventualità. Il suo sguardo dardeggiante ed indignato era fisso sulla austera figura di Vexandra Malfoy, che prendeva un altro sorso di cherry.

-Mi sembra un accordo più che equo, non trovi, Narcissa?- sulle sue labbra un sorrisetto in segno di sfida.

Altro silenzio cadde sulla sala.

Lucius doveva ammettere che mai aveva visto qualcuno con un briciolo di intelligenza e di attaccamento alla sua vita, ribellarsi al volere di Vexandra Malfoy. Non se lo sarebbe mai aspettato da Narcissa. In realtà non poteva dire di conoscere realmente la moglie, non gli era mai importato. Il matrimonio era solo un vincolo imposto, da sfoggiare nell’alta società, nessuno aveva mai preteso che fosse amore. Nella loro classe sociale non era possibile, quindi che motivo c’era di perdere del tempo con una persona di cui non ti importa nulla? Magari quella notte avrebbero potuto conoscersi meglio, l’avrebbe premiata e al contempo punita per quella assurda trovata.

I suoi pensieri ormai spintisi oltre il limite della pudicizia furono interrotti dai movimenti che stavano avvenendo intorno a lui.

Narcissa si era avvicinata con passo fermo alla donna che, nonostante l’età avanzata, manteneva ancora un ottimo aspetto, e le aveva porto la mano.

-Accetto.- disse con voce ferma.

Vexandra Malfoy rispose alla stretta di mano, con un’espressione vittoriosa dipinta sul volto ancora straordinariamente levigato. In fondo, avevano vinto entrambe.

Non l’avrebbe mai espresso ad alta voce, nemmeno in punto di morte, ma con quella manifestazione della sua vera indole, Narcissa Black in Malfoy si era guadagnata tutta la sua stima.

 

Château Blanc, Camera avorio, 6 Giugno 1988, 06:15 a.m.

 

Sfiorò il lucido legno con la punta delle dita, cercando di far il minimo rumore possibile.

Le prime luci dell’alba filtravano attraverso le tende chiuse color avorio che coprivano alla vista una grande finestra che dava sul parco.

L’arredamento era ancora da sistemare, lo spoglio mobilio di legno dipinto in tonalità avorio conferiva alla camera un’aria fresca e pulita.

Ci sarebbe stato tempo per modificare l’arredamento, una volta tornati a casa.

Camminando in punta di piedi, si avvicinò al centro della stanza, e sbirciò all’interno della culletta bianca come la neve d’inverno, trattenendo il respiro come una bambinetta.

In un attimo tutte le amarezze ed il cattivo umore che aveva portato con se in quella camera scivolarono via, sostituite da una stretta alla bocca dello stomaco e da una strana ed inspiegabile sensazione di calore nel petto.

All’interno della culla giaceva un fagottino avvolto in copertine del medesimo colore, dalle quali era possibile vedere solo un viso rotondo dall’espressione serena ed un ciuffo dorato a coprirgli la testolina. Era suo figlio, il suo bambino.

Avvicinò una mano tremante verso quella del bimbo, così piccola, delicata e perfetta. La sfiorò, piano. Era calda e profumava di buono, come solo una creatura innocente può. Con un dito ne accarezzò il microscopico dorso, liscio e vellutato come i petali di rosa.

Osservò come ammaliata quel corpicino alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, su e giù, lentamente, e si stupì di come un tale miracolo fosse scaturito da un matrimonio tanto sbagliato.

Calde lacrime salate le rigarono le gote pallide, mentre si lasciava sfuggire un singhiozzo.

A quel rumore, il piccolo si svegliò di soprassalto, il suo pancino che si sollevava sempre più in fretta. Aveva aperto gli occhi: erano plumbei come quelli di tutti i neonati. Il bimbo sbatté le palpebre un paio di volte, come a voler mettere a fuoco qualcosa che ancora non poteva vedere, poi le richiuse, avvolgendo le piccole dita affusolate intorno al dito della madre.

Un’altra lacrima, ma stavolta di dolce commozione, le sgorgò dagli occhi. L’asciugò con il palmo della mano, schiarendosi la voce.

 

-Benvenuto al mondo, Draco Dominic Malfoy-.

 

 

 

 

Due vite.

Due passati.

Due mondi separati e distinti che non avranno mai nulla in comune. Luce e ombra, calore e freddezza, amore e odio.

E’ possibile che per essi incontrarsi?

Per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla. E così ho fatto. (La Chimera – S. Vassalli)

 

  
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